Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2966 del 10/02/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 2966 Anno 2014
Presidente:
Relatore:

SENTENZA

sul ricorso 14974-2008 proposto da:
GENOVESE

FRANCANTONIO

(C.F.

GNVFNC68T24F158M),

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CARLO
MIRABELLO 23, presso l’avvocato NATALE MICHELA,

Data pubblicazione: 10/02/2014

rappresentato e difeso dall’avvocato SCILLIA
CARMELO, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –

2014
118

contro

E.S.A. – ENTE DI SVILUPPO AGRICOLO, AGENZIA
REGIONBALE PER I RIFIUTI E LE ACQUE DELLA REGIONE

1

SICILIANA, ANSELMO AURELIO, CASTIGLIONE FRANCESCO;
– intimati –

sul ricorso 16503-2008 proposto da:
E.S.A. – ENTE SVILUPPO AGRICOLO, in persona del
legale rappresentante pro tempore, domiciliato in

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende
ope legis;
– controricorrente e ricorrente incidentale contro

GENOVESE FRANCANTONIO, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA CARLO MIRABELLO 23, presso l’avvocato
NATALE MICHELA, rappresentato e difeso
dall’avvocato SCILLIA CARMELO, giusta procura a
margine del controricorso al ricorso incidentale;
– controri corrente al ricorso incidentale contro

ANSELMO AURELIO, CASTIGLIONE FRANCESCO;
– intimati –

avverso la sentenza n.

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

378/2007 della CORTE

D’APPELLO di PALERMO, depositata il 16/04/2007;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 17/01/2014 dal Consigliere
Dott. LOREDANA NAllICONE;
udito,

per il

controricorrente e ricorrente

2

incidentale, l’Avvocato GIACOBBE DANIELA che ha
chiesto il rigetto del ricorso principale;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FEDERICO SORRENTINO che ha concluso
per il rigetto del ricorso principale, assorbito il

ricorso incidentale condizionato.

3

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Francantonio Genovese ricorre, sulla base di tre motivi, avverso la
sentenza della Corte d’appello di Palermo del 16 aprile 2007, la quale ha
dichiarato la nullità del lodo arbitrale del 6 aprile 2004, che, decidendo a
maggioranza, aveva condannato l’Ente di Sviluppo Agricolo (ESA) al
di C 410.892,00 ciascuno; provvedendo in sede rescissoria, la corte
territoriale ha respinto le domande dei medesimi, volte alla
rideterminazione del compenso spettante per l’incarico collegiale
espletato in esecuzione della convenzione conclusa fra le parti il 29
luglio 1998.
Ha ritenuto la corte, per quanto qui rileva, che la regola della
inderogabilità dei minimi tariffari, prevista dall’art. 24 della legge 13
giugno 1942, n. 794, all’epoca vigente, non si applica allorché l’incarico
abbia natura atipica e l’attività sia svolta dal legale quale componente di
una commissione rappresentativa di altre professionalità, in quanto, in tal
caso, essa non è valutabile all’esterno come attività del singolo
componente, ed, inoltre, trattandosi di prestazione a favore di un ente
pubblico, tenuto ad osservare il principio di buona amministrazione, in
ordine alla scelta del contraente non ricorre la ratio della norma
tariffaria, costituita dall’intento di impedire l’accaparramento della
clientela ed assicurare la dignità della professione.
Per la cassazione della sentenza ricorre il professionista. Resiste
l’ESA con controricorso e ricorso incidentale condizionato per tre
motivi.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. — Con il primo motivo, il ricorrente principale deduce la nullità
della sentenza e la violazione dell’art. 24 della legge 13 giugno 1942, n.
794, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., per avere la corte
territoriale respinto la domanda dell’avvocato Genovese, sulla premessa
4
R.G. 14974/2008

11 cons. r est.
Loredana
cone
P

pagamento, in favore del Genovese e di Aurelio Anselmo, della somma

di diritto che l’inderogabilità dei minimi tariffari, per gli avvocati, non
fosse applicabile per la particolarità della fattispecie di incarico conferito
da ente pubblico. Si formulano i quesiti se il principio d’inderogabilità
dei minimi tariffari, stabilito dalla citata disposizione, possa essere
derogato qualora il mandato sia stato conferito all’avvocato da un ente
andamento della P.A. possa giustificare la violazione di leggi imperative
e inderogabili, quali l’art. 24 della legge n. 794 del 1942.
Con il secondo motivo, denunzia la violazione del medesimo art.
24, per avere la corte territoriale ravvisato una prestazione di natura
“atipica” rispetto a quella contemplata nelle tariffe, reputando così lecito
un accordo, come quello intercorso fra le parti, che indicava un
compenso a forfait (lire 45 milioni per ciascun componente della
commissione), non consentito in presenza di tariffe inderogabili. I quesiti
chiedono se dall’atipicità di un incarico conferito ad avvocato possa
derivare la deroga convenzionale ai minimi tariffari ed il compenso
forfetario.
Con il terzo motivo, deduce la motivazione contraddittoria, per
avere la corte dapprima ritenuto l’inderogabilità delle tariffe anche in
ipotesi di prestazione stragiudiziale, e poi annullato il lodo.
2. — Il ricorso non merita accoglimento.
La questione è stata di recente risolta da questa Corte con la
sentenza del 13 dicembre 2013, n. 27919, su ricorso proposto da altri due
professionisti, nominati come componenti della medesima commissione,
con argomenti pienamente condivisibili e che, quindi, il Collegio intende
ribadire.
La soluzione accolta dalla corte territoriale circa la questione di
diritto posta dal primo e dal secondo motivo — da trattare congiuntamente
in quanto fra di loro connessi — non merita, invero, censure, sebbene non
del tutto correttamente motivata.
5
R.G. 14974/2008

11 coj. r est.
Lored
icone

pubblico in funzione della sua natura pubblica, e se il principio di buon

È bensì vero, che, nella motivazione dell’impugnata sentenza,
sembra volersi affermare che la deroga ai minimi stabiliti dalla tariffa per
le prestazioni professionali di avvocato sarebbe consentita in ragione
della particolarità della fattispecie (principio che, nei termini appena
indicati, sarebbe errato); tuttavia, nell’illustrazione della particolarità
e precisamente il fatto che si tratta di attività svolta dal legale nell’ambito
di una commissione della pubblica amministrazione, rappresentativa di
altre professionalità, non valutabile all’esterno come attività del singolo
componente — tali da escludere che la prestazione in questione fosse
compresa nel novero di quelle tipiche dell’esercizio della professione di
avvocato, per le quali soltanto trovano applicazione i minimi tariffari.
Le tariffe professionali degli avvocati e procuratori legali, infatti,
sono applicabili solo per quelle attività tecniche o comunque collegate
con prestazioni di carattere tecnico che siano considerate nella tariffa,
oggettivamente proprie della professione del legale in quanto
specificamente riferite alla consulenza o assistenza delle parti in affari
giudiziari o extragiudiziari, e non possono essere, pertanto, applicate,
solo perché rese da un professionista iscritto all’albo, alle prestazioni che
richiedono solo un’approfondita conoscenza del diritto, senza alcun
riferimento a una pratica o affare determinato (Cass. 19 agosto 1994, n.
7438) e che non siano attribuibili all’esterno al singolo componente.
Si tenga anche presente quanto questa Corte ha statuito in materia
di commissioni arbitrali miste, dove, analogamente, si è precisato che la
disposizione di cui al punto 9 della tariffa di cui al d.m. 5 ottobre 1994,
n. 585, sui compensi spettanti al collegio arbitrale composto da avvocati,
non è applicabile nel caso di collegi arbitrali a composizione mista ed il
presidente del tribunale non è vincolato, nella liquidazione del compenso
ex art. 814, secondo comma, c.p.c., ad alcun parametro normativo (Cass.
15 maggio 2006, n. 11128, ove fra i membri vi era un architetto; 23
6
R.G. 14974/2008

11 co
1. est.
Loreda Naz2icone

della fattispecie, la sentenza impugnata pone bene in evidenza elementi —

aprile 2004, n. 7764 e 7 gennaio 2003, n. 53, ove erano stati nominati
anche degli ingegneri).
Con riferimento alla fattispecie in esame, quale emerge dalla
riferita motivazione della corte territoriale, deve escludersi che
costituisca esercizio tipico della professione forense la partecipazione a
diverse, giacché tale partecipazione si traduce in atti imputabili
esclusivamente all’organo collegiale, ed è come tale incompatibile con il
principio del carattere personale della professione forense.
Il ricorso proposto dall’avvocato Genovese deve essere, pertanto,
respinto, in forza del principio di diritto per il quale, nella vigenza delle
tariffe professionali di avvocato che stabilivano dei minimi tariffari, il
divieto di derogare ai predetti minimi non trovava applicazione per le
prestazioni diverse da quelle tipiche della professione forense, tra le quali
non può annoverarsi la partecipazione a una commissione della pubblica
amministrazione a composizione mista di tecnici di professionalità
diverse, alla quale sia imputatile il risultato dell’attività.
I — Il terzo motivo è inammissibile per violazione dell’art. 366
bis c.p.c. (introdotto dall’art. 2 d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, ed
applicabile al caso di specie, poiché la causa è stata introdotta prima del
4 luglio 2009), attesa la mancanza del momento di sintesi, posto che,
quando si deduce il vizio di motivazione della sentenza impugnata in
merito ad un fatto controverso, l’onere di indicare chiaramente tale fatto
e le ragioni per le quali la motivazione è insufficiente va adempiuto non
solo illustrando il relativo motivo di ricorso, ma anche formulando, al
termine di esso, un’indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un
quid pluris rispetto alla illustrazione del motivo, così da consentire al
giudice di valutare immediatamente l’ammissibilità del ricorso stesso:
sintesi che, appunto deve riguardare il fatto controverso (e multis, Cass.,
sez. I, l° settembre 2013, n. 21334; sez. V, 8 marzo 2013, n. 5858; sez.
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R.G. 14974/2008

Il cons. re1 st.
Loredana)’azjicbne

una commissione, a composizione mista e comprendente professionalità

V, 18 novembre 2011, n. 24255; sez. un., 1° dicembre 2009, n. 25254;
sez. III, ord. 7 aprile 2008, n. 8897; sez. III, ord. 4 febbraio 2008, n.
2652; sez. un., 10 ottobre 2007, n. 20603).
Tale indicazione, nel caso di specie, è assente, non potendo affatto
ritenersi tale la trascrizione di interi passi della sentenza impugnata, dai
se l’enucleazione del fatto controverso, laddove, al contrario, in tal modo

questa viene lasciata in ammissibilmente alla Corte.
4. — Il rigetto del predetto ricorso comporta l’assorbimento del
ricorso incidentale condizionato, proposto dall’Ente di Sviluppo
Agricolo.
5. — Le spese processuali seguono la soccombenza e si liquidano
come nel dispositivo, ai sensi del d.m. 12 luglio 2012, n. 140, applicabile
anche alle prestazioni professionali eseguite nel vigore delle previgenti
tariffe (Cass., sez. un., 12 ottobre 2012, n. 17405).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito l’incidentale;
condanna il ricorrente principale al pagamento delle spese del giudizio di
legittimità in favore dell’ESA-Ente di Sviluppo Agricolo, liquidate in C
15.200,00, di cui E 200,00 per esborsi, oltre agli accessori come per
legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 17 gennaio 2014.

quali, nelle intenzioni del ricorrente, dovrebbe evidentemente scaturire ex

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