Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29656 del 29/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 29/12/2011, (ud. 16/12/2011, dep. 29/12/2011), n.29656

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – rel. Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

RAI – RADIOTELEVISIONE ITALIANA SPA, in persona del suo procuratore

speciale, Vicedirettore degli Affari Legali e Societari,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CLAUDIO MONTEVERDI 16, presso

lo studio dell’avvocato CONSOLO GIUSEPPE, che la rappresenta e

difende giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

R.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE MAZZINI

134, presso lo studio dell’avvocato DE MARINIS NICOLA, che lo

rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 617/2009 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 09/11/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16/12/2011 dal Presidente Relatore Dott. BRUNO BATTIMIELLO;

è presente il P.G. in persona del Dott. MAURIZIO VELARDI.

Fatto

IN FATTO E DIRITTO

La causa è stata chiamata alla odierna udienza camerale ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c..

“Con ricorso al Tribunale, giudice del lavoro, di Roma, depositato il 2.7.2004, R.M., premesso di aver lavorato in qualità di aiuto scenografo alle dipendenze della RAI Radiotelevisione Italiana s.p.a. con una serie di sette contratti a termine, succedutisi tra il 6.9.1995 ed il 4.10.2002, in violazione della L. 18 aprile 1962, n. 230, artt. 1 e 2 nonchè della L. n. 1987 del 1956, art. 23 (rectius: L. n. 56 del 1987), chiedeva che il Tribunale volesse dichiarare la nullità e comunque la illegittimità del termine apposto ai singoli contratti e volesse di conseguenza dichiarare l’esistenza di un unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato a far data dalla stipula del primo, ordinando alla RAI la reintegra nel posto di lavoro con condanna al risarcimento del danno in ragione di tutte le retribuzioni non percepite dal giorno della illegittima risoluzione del rapporto di lavoro sino all’effettiva reintegra.

Con sentenza in data 21.6.2005 il Tribunale adito dichiarava la nullità della clausola di apposizione del termine ai contratti in questione, e per l’effetto dichiarava che tra le parti si era istaurato un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato dal 6.9.1995; dichiarava il diritto del lavoratore al ripristino della concreta funzionalità del rapporto; condannava la società appellata ai risarcimento del danno nella misura di tutte le retribuzioni maturate dal 17.10.2002, con rivalutazione ed interessi legali.

Avverso tale sentenza proponeva appello la RAI lamentandone la erroneità sotto diversi profili e chiedendo il rigetto delle domande proposte da controparte con il ricorso introduttivo.

La Corte di Appello di Roma, con sentenza in data 27.1 – 9.11.2009, rigettava il gravame.

Avverso questa sentenza propone ricorso per cassazione la RAI con due motivi di impugnazione.

Resiste con controricorso il lavoratore intimato.

Col primo motivo di ricorso la società ricorrente lamenta violazione e/o falsa applicazione della L. 18 aprile 1962, n. 230, art. 1, comma 2, lett. e) come modificato dalla L. 23 maggio 1977, n. 266; vizio di motivazione su fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5).

Rileva in particolare che la Corte territoriale aveva erroneamente inteso il requisito della “specificità” del programma, omettendo di considerare che tale requisito, secondo quanto disposto dalla Corte di Cassazione, non importava la straordinarietà o la eccezionalità del detto programma, ma richiedeva che lo stesso fosse destinato ad una temporanea necessità e fosse inoltre individuato, determinato e nominato.

Col secondo motivo di ricorso lamenta violazione e/o falsa applicazione della L. 18 aprile 1962, n. 230, art. 1, comma 2, lett. e) come modificato dalla L. 23 maggio 1977, n. 260 (art. 360 c.p.c., n. 3).

In particolare rileva che la Corte territoriale aveva erroneamente ritenuto l’esigenza del vincolo di “necessità diretta” tra l’assunzione a termine del lavoratore ed un determinato programma, omettendo di considerare che la novella del 1977 ricollegava la legittimità dell’apposizione del termine esclusivamente alla specificità del programma, così determinando la assoluta irrilevanza del vincolo di necessità diretta.

Ritiene lo scrivente che il ricorso è manifestamente infondato.

Ed invero sul punto questa Corte di Cassazione, argomentando dal rilievo che il prescritto requisito della specificità del programma non ne implicava la straordinarietà o la occasionalità ma richiedeva che lo spettacolo o il programma fossero destinati a sopperire ad una temporanea necessità, ha avuto modo a più riprese di evidenziare come anche un programma specifico e temporaneo – nella accezione sopra indicata – non legittimasse di per sè una assunzione a termine per prestazioni generiche (comunque reperibili attingendo all’organico stabile dell’impresa), che era viceversa consentita solo quando alla specificità dello spettacolo concorresse necessariamente il peculiare apporto professionale, tecnico o artistico degli autori che lo realizzavano, degli attori che lo interpretavano, del personale che contribuiva alla realizzazione ed alla messa in onda, apporto che non era facilmente fungibile col contributo realizzabile dal personale a tempo indeterminato dell’impresa”.

E’ seguita la rituale notifica della suddetta relazione, unitamente all’avviso della data della presente adunanza in camera di consiglio.

Il collegio condivide e fa proprie le considerazioni svolte nella relazione che precede, essendo la sentenza impugnata conforme alla giurisprudenza della Corte in materia (v. Cass. n. 774 del 2000, n. 17150 del 2008, n. 24330 del 2009).

Il ricorso va pertanto rigettato, con le conseguenze di legge in ordine alle spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente alle spese, in Euro 30,00 per esborsi e in Euro 3000,00 per onorari, oltre a spese generali, IVA e CPA. Così deciso in Roma, il 16 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2011

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