Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29655 del 12/12/2017


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Civile Ord. Sez. 3 Num. 29655 Anno 2017
Presidente: CHIARINI MARIA MARGHERITA
Relatore: DELL’UTRI MARCO

ORDINANZA

sul ricorso 10010-2015 proposto da:
LABORATORIO ANALISI CLINICHE FANARA DIEGO & C SAS ,
in persona del legale rappresentante pro-tempore Sig.
Diego Fanara, considerato domciliate ex lege in
ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI
CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato
DAVIDE LO GIUDICE giusta procura a margine del
ricorso;
– ricorrente contro

AZIENDA SANITARIA PROVINCIALE AGRIGENTO , in persona
del

Direttore

Generale,

Dott.

SALVATORE LUCIO

FICARRA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

Data pubblicazione: 12/12/2017

ANGELICO, 78, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO
IELO, rappresentata e difesa dall’avvocato FERDINANDO
MAURELLI giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 1816/2014 della CORTE

udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 28/09/2017 dal Consigliere Dott. MARCO
DELL’UTRI;

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D’APPELLO di PALERMO, depositata il 05/11/2014;

Rilevato che, con sentenza resa in data 5/11/2014, la Corte
d’appello di Palermo, in accoglimento dell’appello principale proposto
dall’Azienda Provinciale di Agrigento (già Azienda Unità Sanitaria Locale n. 1 di Agrigento), e in riforma della sentenza di primo grado, ha
accolto l’opposizione proposta dall’Azienda sanitaria agrigentina av-

Fanara Diego e C. s.a.s. per il pagamento di corrispettivi riferiti a prestazioni specialistiche eseguite dalla società ricorrente nel mese di dicembre 2007 non saldati dall’azienda sanitaria avversaria;
che, a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha
rilevato come il giudice di primo grado, nell’affermare il mancato superamento, da parte della struttura privata, del budget alla stessa assegnato per l’anno 2007 (con la conseguente affermazione della fondatezza della pretesa creditoria azionata in sede monitoria), avesse
erroneamente interpretato il decreto assessoriale della Regione Sicilia
n. 2594/2007 del 22 novembre 2007, trascurando di rilevare come
tale decreto subordinasse l’applicazione dei parametri di determinazione del budget per l’anno 2007 alla definizione della negoziazione
delle aziende sanitarie, con l’ulteriore previsione di eventuali riduzioni
aggiuntive, laddove l’aggregato di spesa delle strutture preaccreditate
di specialistica convenzionata non fosse riuscito a contenere l’importo
dei nuovi budget;
che, sotto altro profilo, la corte territoriale ha rilevato come la società appellata non avesse fornito prova dell’identità delle prestazioni
eventualmente eseguite fino al 14 dicembre 2007, indicato come
termine di decorrenza iniziale per l’applicazione delle norme del decreto assessoriale in esame;
che, infine, la corte d’appello, nel disattendere l’appello incidentale del Laboratorio Analisi Cliniche Fanara Diego e C. s.a.s., ha confermato l’inammissibilità della domanda dalla stessa proposta in via
riconvenzionale in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, trattan-

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verso il decreto ingiuntivo ottenuto dal Laboratorio Analisi Cliniche

dosi dell’indebita estensione (a mezzo di reconventio reconventionis)
del contenzioso introdotto con il ricorso originariamente proposto in
via monitoria;
che, avverso la sentenza d’appello, il Laboratorio Analisi Cliniche
Fanara Diego e C. s.a.s. propone ricorso per cassazione sulla base di

che l’Aazienda Sanitaria Provinciale di Agrigento resiste con controricorso;
considerato che con il primo motivo, la società ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli
artt. 2 e 3 del decreto assessoriale della Regione Sicilia n. 2594 del
22/11/2007, e dell’art. 115 c.p.c., nonché per omesso esame del decreto assessoriale della sanità Regione Sicilia del 21/4/2008 (il tutto
in relazione all’art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.), per avere la corte territoriale
trascurato di rilevare come l’azienda sanitaria agrigentina non avesse
fornito alcuna prova che l’Assessorato alla Sanità avesse mai ridotto
la somma eccedente proporzionalmente gli aggregati in relazione
all’anno 2007, con la conseguente apodittica affermazione
dell’esistenza di un dato non comprovato, ed anzi contraddetto dalle
risultanze di causa analiticamente indicate in ricorso;
che il motivo è infondato;
che, infatti, osserva il Collegio come la corte territoriale, muovendo dall’applicazione dell’art. 3 del decreto assessoriale n. 2594/2007
(nella parte in cui dispone che «la procedura di rideternninazione dei
budget 2007 va definita da parte delle aziende sanitarie con la relativa negoziazione entro 30 giorni dalla data del presente decreto»),
abbia correttamente affermato come la definitiva determinazione del
budget relativo all’anno 2007 non potesse prescindere dalla relativa
previa determinazione negoziata da parte delle aziende sanitarie, e
che il provvedimento con il quale l’azienda sanitaria agrigentina ha
successivamente determinato in via definitiva il budget assegnato

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quattro motivi d’impugnazione;

all’odierna società ricorrente per l’anno 2007 (in misura addirittura inferiore a quella precedentemente determinata in via provvisoria) non
fosse stato impugnato dinanzi al giudice amministrativo (cfr. pagg. 5
e 6 della sentenza impugnata);
che, conseguentemente, il richiamo operato dalla corte territoriale

prevede l’eventuale decurtazione dei limiti di budget in relazione
all’entità dell’aggregato di spesa dedicato alle strutture preaccreditate), lungi dall’assumere un ruolo decisivo o determinante nella risoluzione dell’odierna controversia, deve ritenersi destinato a confermare,
sul piano dell’economia argomentativa della decisione impugnata, il
carattere meramente programmatico e previsionale degli importi indicati nell’art. 2 del medesimo decreto assessoriale;
che, pertanto, la pretesa dell’odierna società ricorrente di individuare gli importi di cui all’art. 2 cit. quale fondamento normativo immodificabile e definitivo della propria pretesa creditoria è stata disattesa dal giudice d’appello sulla base di una corretta interpretazione
delle norme di diritto nella specie applicabili;
che, con il secondo motivo, la società ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 4 del decreto assessoriale
sanità della Regione Siciliana n. 2594/2007, nonché per omesso esame e violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. (il tutto in relazione
all’art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.), per avere la corte territoriale erroneamente interpretato il disposto degli articoli 4 e 5 del decreto assessoriale cit., non tenendo conto che il divieto, previsto dall’art. 4, di corrispondere somme extra budget si riferisse esclusivamente ai budget
“rideterminati” sulla base del medesimo decreto, e che, in ogni caso,
ai sensi dell’art. 5, quanto fatturato delle strutture preaccreditate nel
corso del 2007 sino all’entrata in vigore del medesimo decreto assessoriale dovesse essere comunque remunerato, al di là della mancata
impugnazione, dinanzi al giudice amministrativo, dei provvedimenti

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all’art. 3 del decreto assessoriale n. 2594/2007 (nella parte in cui

amministrativi di determinazione del budget per l’anno 2007, della cui
comunicazione alla società ricorrente non vi era alcuna prova;
che il motivo è infondato;
che, infatti, richiamato quanto dedotto in relazione al primo motivo d’impugnazione (ed esclusa alcuna rilevanza, ai fini dell’odierno

rente, dei provvedimenti amministrativi di determinazione del budget
per l’anno 2007, tenuto conto della generale indipendenza
dell’efficacia degli atti amministrativi dalla relativa comunicazione agli
interessati: cfr. Sez. L, Sentenza n. 9485 del 13/06/2003, Rv.
564222 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 774 del 07/02/1989, Rv. 461795 01), osserva il Collegio come il divieto di cui all’art. 4 del decreto assessoriale in esame, proprio in quanto riferito ai limiti di budget rideterminati ai sensi del medesimo decreto, sia stato esattamente interpretato e applicato dalla corte territoriale, avendo quest’ultima correttamente affermato come la rideterminazione dei limiti di budget per
l’anno 2007 non potessero identificarsi in modo definitivo con quanto
indicato nell’art. 2, in assenza delle necessarie procedure di negoziazione di cui all’art. 3;
che, sotto altro profilo, la corte territoriale, pur riconoscendo il diritto delle strutture preaccreditate di conseguire la remunerazione
delle prestazioni fatturate in epoca anteriore alla pubblicazione del
decreto assessoriale oggetto d’esame, ha espressamente affermato,
in punto di fatto, come la società ricorrente non avesse fornito adeguata prova dell’identità delle prestazioni effettuate in epoca anteriore a tale termine;
che, con il terzo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 5 del decreto assessoriale sanità Regione Sicilia n. 2587/2007, nonché degli artt. 4 e 5 del contratto stipulato tra le parti in data 12/7/2006 e degli artt. 1226 c.c. e 191 e 265
c.p.c. (il tutto in relazione all’art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.), per avere la

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giudizio, della mancata prova della comunicazione, alla società ricor-

corte territoriale erroneamente disatteso il disposto dell’art. 5 del decreto in esame, ritenendo insussistente la prova dell’identità delle
prestazioni rese prima dell’entrata in vigore del decreto, trascurando
di tener conto dell’agevole calcolabilità dei corrispettivi dovuti per le
prestaziong rese fino al 14/12/2007, del principio della vicinanza della

probatorio contrario a carico dell’azienda sanitaria), della liquidabilità
del compenso in via equitativa, nonché della possibilità di disporre
una consulenza tecnica contabile ovvero di disporre giuramento ex
art. 265 c.p.c.;
che il motivo è manifestamente infondato;
che, infatti, la corte territoriale ha pacificamente riconosciuto il diritto delle strutture sanitarie private, ai sensi dell’art. 5 cit., di percepire le remunerazioni (anche in eccedenza rispetto ai limiti di budget
stabiliti) relative alle prestazioni effettuate prima dell’entrata in vigore
del decreto assessoriale in esame;
che, viceversa, il rigetto della corrispondente domanda avanzata
dall’odierna società ricorrente è stato dalla stessa corte d’appello riferito al difetto di prova circa l’identità delle prestazioni eseguite entro il
termine indicato;
che del tutto correttamente la corte territoriale ha imposto alla
struttura privata l’onere di comprovare l’avvenuta esecuzione delle
prestazioni indicate a fondamento del credito rivendicato nei confronti
dell’azienda sanitaria, trattandosi della prova di un elemento costitutivo del diritto vantato;
che l’odierna richiesta della ricorrente di procedere alla rivalutazione del materiale probatorio acquisito al giudizio, così come le doglianze relative alla mancata adozione, ad opera della corte territoriale, di iniziative istruttorie ufficiose o della liquidazione equitativa dei
compensi, deve ritenersi inammissibilmente avanzata in questa sede
di legittimità, trattandosi di scelte d’indole istruttoria o di interpreta-

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prova (con il conseguente riconoscimento dell’incombenza dell’onere

zioni del materiale probatorio istituzionalmente riservate al giudice di
merito;
che, con il quarto motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 92 co. 3 c.p.c. (in relazione all’art. 360
n. 3 c.p.c.), per avere la corte territoriale erroneamente condannato

zio in favore dell’amministrazione avversaria, tenuto conto della complessità interpretativa delle questioni poste oggetto dell’odierna controversia;
che il motivo è infondato;
che, infatti, nel pronunciare sul punto concernente la regolazione
delle spese del giudizio, la corte territoriale si è correttamente allineata al consolidato principio, affermato nella giurisprudenza di legittimità, ai sensi del quale, in tema di condanna alle spese processuali, il
principio della soccombenza va inteso nel senso che soltanto la parte
interamente vittoriosa non può essere condannata, nemmeno per una
minima quota, al pagamento delle spese stesse, e il suddetto criterio
non può essere frazionato secondo l’esito delle varie fasi del giudizio,
dovendo essere riferito unitariamente all’esito finale della lite, senza
che rilevi che in qualche grado o fase del giudizio la parte, poi soccombente, abbia conseguito un esito a lei favorevole;
che, ciò posto, con riferimento al regolamento delle spese, il sindacato della Corte di cassazione è limitato ad accertare che non risulti
violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste
a carico della parte vittoriosa, con la conseguenza che esula da tale
sindacato, rientrando nel potere discrezionale del giudice di merito, la
valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese
di lite; e ciò sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca, sia nell’ipotesi
di concorso con altri giusti motivi (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 406 del
11/01/2008, Rv. 601214) delle altre cause legittimanti;

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la società ricorrente al rimborso delle spese del doppio grado di giudi-

che, sulla base delle considerazioni sin qui richiamate, rilevata la
complessiva infondatezza dei motivi d’impugnazione, dev’essere pronunciato il rigetto del ricorso, con la conseguente condanna della società ricorrente al rimborso, in favore dell’amministrazione controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, secondo la

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso, in favore
della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate
in complessivi euro 2.300,00, oltre alle spese forfettarie nella misura
del 15%, agli esborsi liquidati in euro 200,00, e agli accessori come
per legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002,
dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte
della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’art. 1-bis, dello stesso
articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione
Civile della Corte Suprema di Cassazione del 28/9/2017.

liquidazione di cui al dispositivo;

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