Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2965 del 10/02/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 2965 Anno 2014
Presidente: VITRONE UGO
Relatore: GENOVESE FRANCESCO ANTONIO

Rep.

SENTENZA
Ud. 14/01/2014

sul ricorso 21962-2011 proposto da:
PU

CURATELA DEL FALLIMENTO SYSTEM S.R.L.

(C.F.

00699870556), in persona del Curatore rag.

Data pubblicazione: 10/02/2014

GIOVANNI PACE, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIALE GIULIO CESARE 95, presso l’avvocato MAGRINI
2014
64

SABRINA, rappresentata e difesa dall’avvocato
SANTARELLI GUGLIELMO, giusta procura a margine del
ricorso;
– ricorrente –

1

contro

PRELIOS

CREDIT

SERVICING

S.P.A.(nuova

denominazione della PIRELLI RE CREDIT SERVICING
S.P.A.), nella qualità di mandataria di CALLIOPE
S.R.L., a sua volta cessionaria del credito della

00651990582), in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA DI VAL GARDENA 3, presso l’avvocato DE ANGELIS
LUCIO, che la rappresenta e difende unitamente
all’avvocato COACCIOLI ANTONIO, giusta procura in
calce al controricorso;

avverso la sentenza n.

controricorrente

67/2011 della CORTE

D’APPELLO di PERUGIA, depositata il 28/01/2011;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 14/01/2014 dal Consigliere
Dott. FRANCESCO ANTONIO GENOVESE;
udito, per la ricorrente, l’Avvocato SANTARELLI

BANCA NAZIONALE DEL LAVORO S.P.A. (C.F.

GUGLIELMO che si riporta;
udito,

per

la

l’Avvocato

controricorrente,

COACCIOLI ANTONIO che si riporta;
udito

il

P.M.,

in

persona

del

Sostituto

Procuratore Generale Dott. AURELIO GOLIA che ha
concluso per

l’inammissibilità,

in

subordine

4.

2

rigetto del ricorso.
Rilevato che la Curatela del fallimento

System srl

ha

impugnato la sentenza della Corte d’Appello di Perugia
che ha rovesciato le statuizioni del Tribunale di Orvieto
al

ed ammesso la Banca Nazionale del Lavoro Spa (Bnl spa)

passivo del fallimento menzionato, così come da questa
richiesto al GD, prima, e al giudice dell’opposizione
allo stato passivo, poi, e ciò per l’importo di C
725.226,92, di cui C 97.022,73 in via privilegiata
pignoratizia ed il resto in via chirografaria, ponendo il
50% delle spese a carico della parte vittoriosa per la
tardiva produzione documentale (avvenuta solo nel
giudizio di appello);
che, secondo il giudice di appello, il gravame andava
accolto in ragione della documentazione acquisita nel
giudizio di seconde cure, essendo essi indispensabili per
la decisione, concernendo la sussistenza dei rapporti
bancari oggetto di causa che mai avrebbero formato
oggetto di contestazione nell’an, bensì solo nel quantum,
e cioè in ordine alla capitalizzazione degli interessi, e
delle risultanze della CTU, i cui risultati erano stati
fatti propri dal giudice, per l’obiettività degli
elementi acquisiti e la logicità delle argomentazioni
esposte;

3

che le risultanze della CTU erano da accogliersi
• integralmente, per la obiettività degli elementi sui
quali si basava e per la logicità delle argomentazioni
svolte nonché l’assenza di errori, tranne uno

immediatamente rettificabile e rettificato;
che era da respingere la doglianza relativa alla validità
della clausola di capitalizzazione trimestrale degli
interessi passivi sui conti correnti intrattenuti presso
la Banca;
che, infatti, in ossequio ad una giurisprudenza ormai
prevalente,

andava sì ribadita la nullità delle

pattuizioni di capitalizzazione trimestrale degli
interessi ma il credito andava ammesso nella minore
misura, cioè in quella derivante dalla capitalizzazione
annuale di tali interessi passivi, e ciò in forza della
clausola uniforme generale, riportata nei contratti
bancari, di chiusura dei conti al 31 dicembre di ogni
anno, e della delibera Cicr che contempla proprio
l’anatocismo annuale, oltre che dalla previsione
dell’art. 1284, primo co., c.c.;
che,

con riferimento alla domanda in privilegio,

l’appello andava accolto, respingendosi le contrarie
deduzioni della Curatela, in quanto la lettera, con la
quale era stato costituito il pegno sulla polizza,
4

conterrebbe la sottoscrizione di tutti gli interessati
(il creditore, il debitore ed il terzo) e, quindi, anche
l’accettazione del terzo, in data anteriore al 16
novembre 2001 (ossia oltre due anni prima della
dichiarazione di fallimento della società), come
risulterebbe dai timbri postali ivi apposti e recanti la

data certa;
che il possesso del documento polizza non sarebbe
necessario ai fini della costituzione del pegno,
trattandosi di un titolo non al portatore, ma
semplicemente di un documento comprovante l’esistenza di
un rapporto assicurativo;
che la polizza del 2003 non avrebbe sostituito
l’originario titolo ma solo esteso i contenuti di quello;
che le spese andavano liquidate secondo la prevalente
soccombenza della curatela, ma venivano compensate per
metà a seguito della produzione dei documenti solo nel
giudizio di appello;
che avverso tale decisione la Curatela fallimentare ha
proposto ricorso per cassazione affidato ad otto motivi;
che la Prelios Re Credit Servicing spa

(così denominata

ora l’odierna cessionaria del credito trasferito dalla
Banca) resiste con controricorso;

5

che, in prossimità dell’udienza, entrambe le parti hanno
depositato, ai sensi dell’art. 378 c.p.c., memoria
contenente note illustrative.

Considerato che il ricorso è affidato ad otto motivi;

che con il primo la Curatela censura la sentenza
impugnata per: a) insussistente, contraddittorietà e/o
illogicità della motivazione della sentenza, ai sensi
dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c in relazione ai nuovi
documenti prodotti in appello; b) violazione dell’art.
132, n. 4, in relazione all’art. 345 c.p.c., ex art. 360,
comma 1, n. 3, c.p.c.;
che la ricorrente lamenta un cattivo governo da parte del
giudice del gravame della nozione di indispensabilità
della prova, di cui all’art. 345 c.p.c., posto che la
Corte territoriale avrebbe dovuto dichiarare
inammissibile la produzione documentale, da sempre in
possesso della Banca;
che con il secondo si lamenta la: a) omessa e/o
insufficiente, nonché contraddittoria motivazione della
sentenza, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c in
relazione alla ipotizzata violazione dell’art. 134
c.p.c.; b) violazione e/o falsa applicazione degli artt.
2697 c.c., 112 e 115 c.p.c., in relazione all’art. 360,
comma 1, n. 3, c.p.c.;
6

che, secondo la ricorrente, la Corte territoriale avrebbe
erroneamente affermato che il Fallimento non avrebbe mai
posto in discussione le ragioni creditorie della Banca,
essendosi limitato a contestare l’applicazione della
capitalizzazione trimestrale degli interessi e

l’inesistenza del privilegio pignoratizio;
che, con il terzo, la Curatela lamenta la: a) omessa e/o
insufficiente, nonché contraddittoria motivazione della
sentenza, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c in
relazione alla ipotizzata violazione dell’art. 132 n.4
c.p.c.; b) violazione e/o falsa applicazione degli artt.
112, 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma
1, n. 3, c.p.c.;
che, secondo la ricorrente, la Corte territoriale avrebbe
erroneamente aderito alle risultanze della CTU sebbene il
perito avesse espresso l’opinione che i documenti oggetto
della sua analisi non fossero, a suo parere, utilizzabili
e, ciò nonostante, di essi egli avrebbe fatto uso;
che con il quarto mezzo la Curatela censura la: a) omessa
e/o insufficiente, nonché contraddittoria motivazione
della sentenza, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5,
c.p.c in relazione alla ipotizzata violazione dell’art.
134 c.p.c.; b) violazione e/o falsa applicazione degli

7

artt. 1283 e ss. c.c. nonché del D. Lgs. n. 342 del 1999,
in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.;
che, secondo la ricorrente, la Corte territoriale avrebbe
errato perché, pur dichiarando la nullità dell’uso

negoziale della capitalizzazione trimestrale degli
interessi, avrebbe comunque ritenuto applicabile una
forma di capitalizzazione (quella annuale), non richiesta
neppure dalla Banca;
che con il quinto, sesto e settimo mezzo la Curatela
censura la decisione di appello nella parte relativa al
riconoscimento del privilegio pignoratizio perché: 5 ° ) la
garanzia pignoratizia, costituita dal pegno su una
polizza assicurativa, non sarebbe stata validamente
costituita in quanto la polizza non sarebbe stata
consegnata al creditore (sotto il profilo della: a)
omessa e/o insufficiente, nonché contraddittoria
motivazione della sentenza, ai sensi dell’art. 360, comma
1, n. 5, c.p.c.; b) violazione e/o falsa applicazione
degli artt. 2786 e 2787 c.c., in relazione all’art. 360,
comma 1, n. 3, c.p.c.); 6 ° ) il diritto reale di garanzia,
invocato dalla

Banca,

non sarebbe sorto in quanto

mancante della notificazione al terzo debitore o
dell’accettazione di quest’ultimo, con scrittura avente
data certa, tale non essendo la lettera, a cui si afferma
allegata la copia della polizza in realtà mancante e
8

munita di un timbro postale, non si sa da chi spedita ed
a chi diretta (sotto il profilo della: a) omessa e/o
insufficiente, nonché contraddittoria motivazione della
sentenza, ai sensi dell’art. 360, comma l, n. 5, c.p.c.;
b) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2800 c.c.,

in relazione all’art. 360, comma l, n. 3, c.p.c.); 7 ° ) la
garanzia invocata e datata 15.10.2001 sarebbe stata
sostituita da altra, recante la data del

28/1/2003,

costituente un vero e proprio nuovo contratto sostitutivo
del primo, che invece non avrebbe avuto più efficacia e
che non avrebbe potuto essere interpretato, come fatto
dal giudice dell’appello, come una semplice estensione
del primo patto (sotto il profilo della: a) omessa e/o
insufficiente, nonché contraddittoria motivazione della
sentenza, ai sensi dell’art. 360, comma l, n. 5, c.p.c.,
in relazione alla ipotizzata violazione dell’art. 134
c.p.c.; b) violazione e/o falsa applicazione dell’art.
1230 c.c., in relazione all’art. 360, comma l, n. 3,
c.p.c.); che con l’ultimo ed ottavo);
che, infine, con l’ottavo motivo di ricorso (con il quale
si lamenta la: a) omessa e/o insufficiente, nonché
contraddittoria motivazione della sentenza, ai sensi
dell’art. 360, comma l, n. 5, c.p.c., in relazione alla
ipotizzata violazione dell’art. 134 c.p.c.; b) violazione
e/o falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., in
9

relazione all’art. 360, comma l, n. 3, c.p.c.);

si

– censura la statuizione della sentenza di appello con la
quale sono state poste parzialmente a carico del
fallimento le spese dei due gradi di giudizio;

***
che deve pervenirsi alla reiezione della quasi totalità
dei mezzi di impugnazione proposti, non senza aver
rilevato l’inammissibilità di alcuni nuovi profili di
doglianza contenuti nella memoria

ex

art. 378 c.p.c.,

depositata dalla ricorrente, e dei quali non si terrà
conto;
che, a tale proposito, infatti, vige il principio di
diritto (posto, tra gli altri, da Cass. Sez. 3, Sentenza
n. 9387 del 2003) secondo cui «Le memorie consentite
dall’art. 378 cod. proc. civ., possono essere utilizzate
esclusivamente per illustrare e chiarire i motivi di
impugnazione ritualmente proposti con il ricorso, ma non
per specificare, integrare o ampliare il contenuto dei
motivi originari, né per dedurre nuove censure o
illustrare nuove questioni, che non siano rilevabili
anche d’ufficio.»;
che il primo motivo di ricorso è infondato atteso che, in
relazione al provvedimento che ha reputato ammissibili i
documenti

prodotti

in

appello

dalla

Banca,

la
10

motivazione, che si assume assente, contraddittoria o
illogica, è ben presente ed espressa, in modo immune da
vizi logici, nell’affermazione, contenuta nella sentenza
di appello, circa l’indispensabilità di quegli atti,
anche se non prodotti in prime cure, in ragione della

mancata contestazione da parte della Curatela
dell’esistenza del credito (in relazione alla quale la
ricorrente ha altresì svolto altro motivo di ricorso, che
si esaminerà di seguito);
che, peraltro, a voler duplicare l’esame della doglianza
sotto il profilo della violazione di legge, non sussiste
neppure la lamentata violazione (originariamente indicata
nella lesione dell’art. 345 c.p.c. ed ora, in sede di
memoria ex art. 378 c.p.c. – ma inammissibilmente: cfr.
Cass. Sez. 3, Sentenza n. 7237 del 2006 -, nella
violazione degli artt. 115 e 116 del codice di rito),
in ossequio al principio di diritto già espresso da
questa Corte (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 14766 del 2007) e
secondo il quale, nel giudizio di appello, è
inammissibile la produzione di nuovi documenti, salvo che
la parte sia stata nella impossibilità incolpevole di
produrli,

ovvero il giudice non li reputi indispensabili

per la decisione (e, nella stessa direzione, anche Cass.

Sez. 3, Sentenza n. 26020 del 2011);

11

che, in conclusione, la loro indispensabilità è stata
nella specie giustificata dal giudice in modo congruo ed
immune da vizi logico-giuridici, comunque non
adeguatamente criticati nel ricorso odierno;

che, come si è detto, il ricorrente ha pure contestato
(con il secondo motivo) l’affermazione fatta dal giudice
di appello circa il fatto che il Fallimento non avrebbe
mai posto in discussione le ragioni creditorie della
Banca, essendosi soltanto limitato a contestare
l’applicazione della capitalizzazione trimestrale degli
interessi e l’inesistenza del privilegio pignoratizio;
che anche tale motivo è infondato atteso che la Corte
territoriale ha rettamente motivato e che i brani delle
proprie difese, richiamate nel ricorso per cassazione per
provare l’inesattezza della decisione censurata,
dimostrano l’esatto contrario, ossia che la Curatela ha
contestato solo la quantificazione del credito oggetto
della richiesta di ammissione allo stato passivo
fallimentare, senza mai eccepire l’inesistenza del
credito

tout court

[senza dire delle significative

contraddizioni tra il capoverso

Ma

(a p. 2), ove si

afferma la contestazione della sola entità del credito, e
quello

Ovviamente

contestazione
memoria

ex

(a p. 6), ove si ribadisce la

dell’intero

credito,

contenuti

nella

art. 378 c.p.c., ove nel capoverso A
12

sgomberare,

si richiama la propria costituzione in primo

grado, ove però è detto solo

«rileva la necessità, in

ipotesi, di una riquantificazione del credito oggetto di
domanda», a dimostrazione di una mai effettuata specifica

negazione dell’esistenza del credito in sé e per sé] ;
che le espressioni richiamate, nella parte in cui posson
far credere che una contestazione nell’an vi sia stata (e
lo si esclude), sono generiche e incapaci di costituire
idonea contestazione, secondo quanto questa Corte ha già
chiarito (ad es. nella Sentenza n. 10182 del 2007, ove si
è ricordato che la non contestazione della domanda deve
essere inequivocabile, di talché non può ravvisarsi né in
caso di contumacia del convenuto, né in ipotesi di
contestazione meramente generica e formale, la quale
tuttavia costituisce un comportamento valutabile da parte
del giudice di merito: cfr. anche Cass. Sez. 3, Sentenza
n. 10860 del 2011);
che, nella specie, la motivazione del giudice di appello
è resa a p. 9 della sentenza ed essa non è in contrasto come si è detto – neppure con gli equivoci brani
riportati alle pp. 18-20 del ricorso per cassazione;
che, secondo la ricorrente, la Corte territoriale avrebbe
erroneamente (terzo motivo) aderito alle risultanze della
CTU, sebbene il perito avesse espresso l’opinione che i
13

documenti oggetto della sua analisi non fossero, a suo
parere, utilizzabili e ciononostante di essi egli avrebbe
fatto uso;
che anche tale mezzo di ricorso non può trovare

accoglimento: sia perché la valutazione del perito circa
la utilizzabilità dei documenti non ha rilievo ai fini
del giudizio,

essendo esso giudizio di esclusiva

pertinenza del giudice (il quale, nella specie, li ha
ritenuti indispensabili per la sua pronuncia), e sia
perché il giudice di merito non è tenuto a motivare
l’adesione alle conclusioni del CTU, ma solo a prendere
in esame i rilievi critici mossi dalla parte all’operato
del CTU, che nella specie non risultano proposti o, se
proposti, non richiamati nello specifico motivo di ‘
ricorso;
che, infatti, con l’adesione del giudice alle risultanze
peritali, non contrastate da critiche specifiche poste
dalla parte che se ne duole, si realizza un’economia di
scrittura che non è suscettibile di doglianza per tale
solo fatto, anche in adesione all’indirizzo ermeneuticovaloriale volto alla semplificazione ed all’economicità
dei riti civili e dei conseguenti mezzi d’impugnazione;
che, invece, il quarto motivo di ricorso è fondato e deve
essere accolto in quanto sussiste il segnalato errore di
14

diritto causato, a seguito della dichiarazione di nullità
dell’uso negoziale della capitalizzazione trimestrale
degli interessi da parte della Banca, dall’applicazione
della capitalizzazione annuale in contrasto con il
principio di diritto già affermato dalle sezioni unite di

questa Corte (Sentenza n. 24418 del 2010) secondo cui,
una volta dichiarata la nullità della previsione
negoziale di capitalizzazione trimestrale, per contrasto
con il divieto di anatocismo stabilito dall’art. 1283
cod. civ. (il quale osterebbe anche ad un’eventuale
previsione negoziale di capitalizzazione annuale), gli
interessi a debito del correntista devono essere
calcolati senza operare alcuna capitalizzazione;
che, in ragione del riportato principio, cui deve darsi
continuità in relazione al caso esaminato, la sentenza
deve essere cassata in parte qua,

non essendo necessari

altri accertamenti in fatto, la causa deve essere decisa
nel merito, ai sensi dell’art. 384, secondo comma,
c.p.c., escludendo ogni forma di capitalizzazione nel
computo degli interessi, giusta il richiamato principio
di diritto;
che, invece, vanno respinti i restanti motivi svolti con
riferimentoi alla polizza assicurativa oggetto di pegno,
non sussistendo alcuno dei lamentati errori in diritto o
motivazionali lamentati dal ricorso:
15

non quello (quinto motivo) nascente dal mancato possesso
del documento da parte del creditore, che non è affatto
necessario ai fini della costituzione del pegno, atteso
che il documento di cui si parla non comprova l’esistenza
di un titolo al portatore ma di un credito nascente da un

rapporto assicurativo e ciò perché i documenti che
esigono le forme di cui all’art. 2786 c.c. sono solo
quelli che hanno contenuto e portata di titoli
rappresentativi; che, infatti, nella specie si verte in
materia di pegno su crediti, regolato dall’art. 2800
c.c., e di conseguenza non è necessario che vi sia stata
la consegna del documento al creditore, bastando la
c–notifica al debitore del credito dato in pegno;
non quello (sesto motivo) riferito alla violazione
dell’art. 2800 c.c., atteso che nella specie il giudice
di merito ha accertato, in mancanza di fatti impeditivi,
l’avvenuta notifica per equipollente, mediante la
spedizione postale del documento, attestata dal timbro
che attribuisce certezza di data della scrittura, ai
sensi dell’art. 2704 c.c., e in assenza di vizi,
rilevabili anche d’ufficio

icto ocull,

attinenti alla

formazione del documento che possa far ipotizzare la
separata apposizione di parti di scrittura sul supporto
cartaceo ov’era già presente il timbro postale (infatti,
Il timbro postale deve ritenersi idoneo a conferire

16

carattere di certezza alla data di una scrittura tutte le
volte in cui lo scritto faccia corpo unico con il foglio
sul quale il timbro stesso risulti apposto, poiché la
timbratura eseguita in un pubblico ufficio deve
considerarsi equivalente ad un’attestazione autentica che
il documento è stato inviato nel medesimo giorno in cui
essa è stata eseguita:

a

Sentenza n. 5561 del 2004); e

neppure il presunto difetto di completezza del documento,
avendo il giudice di appello congruamente motivato al
riguardo, trovando qui applicazione il principio espresso
da questa stessa sezione (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 1532
del 2006) e secondo cui, agli effetti dell’art. 2787,
terzo comma, cod. civ., in tema di prelazione del
creditore pignoratizio, perché il credito garantito possa
ritenersi sufficientemente indicato, non occorre che esso
venga specificato, nella scrittura costitutiva del pegno,
in tutti i suoi elementi oggettivi, bastando che la
scrittura medesima contenga elementi che comunque portino
alla identificazione del credito garantito, i quali siano
presenti all’interno della scrittura o anche ad essa
esterni, purché il documento contenga indici di
collegamento utili alla individuazione del credito e
della cosa, ciò che nella specie ha formato oggetti di
specifica motivazione da parte del giudice di appello;
non quello di cui alla doglianza (settimo motivo), atteso
che il giudice di merito ha adeguatamente motivato in
17

ordine alla mancata novazione del rapporto oggetto di
pegno, per essere il documento del 2003, solo
un’appendice del primo, costituendo la contraria opinione
del ricorrente una richiesta indebita e inammissibile di

rivalutazione dei fatti;
che l’ottavo motivo di ricorso, attenendo al governo
delle spese dei due gradi di giudizio di merito, resta
travolto dall’accoglimento del quarto motivo sopra
menzionato, in base al principio di diritto (si veda
Cass. Sez. L, Sentenza n. 6938 del 2003) secondo il quale
«In forza del cd. effetto espansivo, la cassazione anche
parziale della sentenza si estende e quindi travolge la
statuizione sulle spese e allorquando la Corte cassi e
decida nel merito, ai sensi dell’art. 384 cod. proc.
civ., deve essa stessa provvedere alla liquidazione delle
spese dell’intero giudizio.»;
che, l’andamento del giudizio, già oggetto di una
consistente compensazione di esse con riferimento alla
fase di merito (per le condivisibili ragioni già esposte
dal giudice di appello), induce, in ragione
dell’ulteriore parziale cassazione della decisione di
secondo grado, in favore della Curatela fallimentare, di
operare una loro integrale compensazione.
PQM
18

Accoglie il quarto motivo ricorso, assorbito l’ottavo e
respinti i restanti; cassa l’impugnata sentenza e
decidendo

la

capitalizzazione

causa
di

nel

merito,

interessi.

esclude

Compensa

le

ogni
spese

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della I
sezione civile della Corte di cassazione, il 14 gennaio
2014, dai magistrati sopra indicati.

dell’intero giudizio.

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