Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29648 del 29/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 29/12/2011, (ud. 14/12/2011, dep. 29/12/2011), n.29648

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

TRENITALIA SPA (OMISSIS) – Società con socio unico soggetta

all’attività di direzione e coordinamento di Ferrovie dello Stato

SpA in persona dell’institore, elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZA G. MAZZINI 27, presso lo STUDIO TRIFIRO’ &

PARTNERS,

rappresentata e difesa dall’avvocato TRIFIRO’ SALVATORE, giusta

delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

A.G. (OMISSIS), C.R.

(OMISSIS), S.W. (OMISSIS), A.

M. (OMISSIS), H.S. (OMISSIS), L.

P.S. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avv.

FRANCESCHINIS LORENZO, giusta procura speciale in calce al

controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 327/2010 della CORTE D’APPELLO di MILANO del

10.2.2010, depositata il 24/05/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/12/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO IANNIELLO;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. MARIO FRESA.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

La causa è stata chiamata alla adunanza in camera di consiglio del 14 dicembre 2011 ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art. 380-bis c.p.c.:

“Con ricorso notificato in data 23 novembre 2010, la s.p.a.

Trenitalia chiede, con due motivi, la cassazione della sentenza depositata il 24 maggio 2010, con la quale la Corte d’appello di Milano ha confermato la decisione di primo grado dichiarativa del diritto di A.G. e degli altri sei litisconsorti, tutti dipendenti di Trenitalia s.p.a. inquadrati nel livello F1/F2 (ex 2A area) quale operatori specializzati della circolazione, a percepire dal 1.9.03, alla stregua dell’Accordo di confluenza entrato in vigore unitamente al C.C.N.L. del 16.4.03, la terza misura dell’indennità di utilizzazione professionale, in quanto in precedenza fruenti della 7^ misura dell’indennità secondo la precedente disciplina contrattuale collettiva del 1990/1992.

I due motivi attengono:

– alla violazione dell’art. 34 punto 1 e 41, punto 3 dell’Accordo di confluenza del 16 aprile 2003 in relazione all’art. 1362 cod. civ., in quanto interpretati nel senso che l’attribuzione della misura dell’indennità, nel caso di più misure previste nell’ambito della medesima qualifica, debba avvenire sulla base della mera ricognizione della misura riconosciuta secondo la disciplina contrattuale collettiva precedente (nel caso in esame, la 7^) e non anche in base ai parametri della produttività e della complessità delle attività espletate;

– alla violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. per non aver ammesso le prove testimoniali richieste dalla società in primo grado e ribadite in appello relative alle effettive mansioni svolte dagli appellati prima del 1.9.2003, utili ai fini della individuazione della misura dell’indennità loro spettante secondo la precedente disciplina collettiva (misura inferiore a quella che sarebbe stata riconosciuta dalla società solo per errore) e quindi, nella logica della interpretazione censurata col precedente motivo, per l’individuazione anche della misura successiva.

Resistono alle domande con rituale controricorso A.G. e altri cinque litisconsorti mentre D.L.M. non svolge difese in questa sede.

Il procedimento è regolato dall’art. 360 c.p.c., e segg. con le modifiche e integrazioni successive, in particolare quelle apportate dalla L. 18 giugno 2009, n. 69.

Il ricorso è improcedibile e va pertanto trattato in camera di consiglio.

Il primo motivo di ricorso fonda infatti sulla invocazione delle norme dell’accordo di confluenza, la cui natura di accordo collettivo nazionale di lavoro appare evidente, sia perchè la relativa interpretazione viene censurata nel ricorso ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, sia perchè risulta dal corpo del ricorso che esso modifica, in materia, le disposizioni di un precedente C.C.N.L. ed è collegato al nuovo C.C.N.L. Ciò posto, sarebbe stata necessaria, ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, la produzione in giudizio, a pena di improcedibilità, di copia integrale di tale Accordo (con l’indicazione della relativa collocazione tra gli atti), mentre la ricorrente si limita a richiamare, oltre ai fascicoli di parte, una (peraltro imprecisa) “copia dello stralcio del C.C.N.L. delle Attività Ferroviarie”, insufficiente, secondo la giurisprudenza ormai consolidata di questa Corte (cfr., Cass. S.U. n. 20075/10), ad assolvere l’onere stabilito dal codice di rito.

Resta pertanto incontestabile l’interpretazione delle norme collettive indicate così come resa dalla Corte territoriale.

Analogo vizio di improcedibilità presenta il secondo motivo di ricorso, che presuppone la conoscenza della disciplina dettata nella materia dal C.C.N.L. del 1992 – ai fini della attribuzione ai compiti affidati ai ricorrenti prima del 1 settembre 2003 dell’8A o la 9A o addirittura 10A misura dell’indennità, in ipotesi corrispondenti alla 1A o alla 2A misura secondo la nuova disciplina -, mentre non risulta in proposito in ricorso l’indicazione della integrale produzione di tale C.C.N.L. in questo giudizio di cassazione”.

Sono seguite le rituali comunicazione e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in camera di consiglio.

Il Collegio condivide il contenuto della relazione. Il ricorso va pertanto dichiarato improcedibile, con la conseguente condanna della società ricorrente alle spese di questo giudizio, regolate e liquidate in dispositivo. Nulla per le spese dell’intimato non costituito.

P.Q.M.

La Corte dichiara improcedibile il ricorso e condanna la società ricorrente a rimborsare ai resistenti le spese di questo giudizio, liquidate in Euro 30,00 per esborsi ed Euro 2.500,00 per onorari, oltre spese generale (12,50%), IVA e CPA; nulla per le spese di D. L.M..

Così deciso in Roma, il 14 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2011

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