Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29648 del 16/11/2018

Cassazione civile sez. II, 16/11/2018, (ud. 28/03/2018, dep. 16/11/2018), n.29648

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – rel. Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13446/2013 proposto da:

G.I. e D.T.S.R., eredi di D.T.R.

elettivamente domiciliati in ROMA, VICOLO ORBITELLI 31, presso lo

studio dell’avvocato GIOVANNA MARTINO, che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

L.E., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA ADRIANA 15,

presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO FERRAZZA, che lo

rappresenta e difende giusta procura speciale del 30.1.2018 in

Avezzano per Notaio avv. Nicola Taccone;

– c/ricorrente –

contro

D.T.O., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FRATTINA 89,

presso lo studio dell’avvocato ANDREA GREFFI, che lo rappresenta e

difende;

– c/ricorrente e ricorrente incidentale –

e contro

L.M., L.V., D.T.N., D.T.P.,

L.A.P.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 841/2012 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 11/06/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/03/2018 dal Consigliere RAFFAELE SABATO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE ALBERTO, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

incidentale e per l’assorbimento del ricorso principale o,

eventualmente per il rigetto del ricorso principale;

udito l’Avvocato GIOVANNA MARTINO, difensore dei ricorrenti, ed anche

per delega dell’Avvocato ANDREA GREFFI, difensore del Sig.

D.T.O., che ha chiesto l’accoglimento delle conclusioni in atti per

entrambe le parti;

udito l’Avvocato Maria Cerula, con delega dell’avvocato FRANCESCO

FERRAZZA, che si è riportata agli atti depositati.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con citazione notificata tra l’11 e il 23 maggio 1995 i coniugi L.O. e D.T.N. hanno convenuto innanzi al tribunale di Avezzano D.T.R., P., O. e N. lamentando la realizzazione attuata o in corso da parte di questi ultimi di costruzioni prossime al confine, in violazione delle norme antisismiche, delle distanze legali, del divieto di stillicidio e con impedimento di una veduta esercitata da essi attori, nonchè chiedendo la condanna all’arretramento delle fabbriche alle distanze imposte dalle norme anche antisismiche, l’accertamento dell’inesistenza della servitù di stillicidio e la condanna alla demolizione del muro impeditivo di veduta.

2. Sull’originaria resistenza di D.T.R., che in via riconvenzionale ha chiesto accertarsi essere le costruzioni degli attori a violare i distacchi minimi e condannarsi gli attori all’arretramento, oltre che dichiarararsi l’usucapione quanto al diritto a mantenere il fabbricato di tre piani, essendo gli altri stati realizzati con il consenso delle controparti. Si sono costituiti – stanti i decessi di D.T.N. prima e di L.O. poi – gli eredi L.E., V. e M.. Dichiarata il (OMISSIS) l’interruzione del processo per morte di D.T.R., L.E. ha depositato atto in data 14/08/2002 con cui ha proseguito il giudizio nei confronti di L.V. e M. come coeredi di L.O., nonchè collettivamente e impersonalmente nei confronti degli eredi di D.T.R. e personalmente di D.T.O., N. e P.; ha altresì chiamato in causa L.A.P..

3. Si sono costituiti G.I. e D.T.S.R., quali eredi di D.T.R., nonchè D.T.O., nella contumacia delle altre parti. D.T.O. ha eccepito l’estinzione del processo per mancata riassunzione nel termine, nonchè la nullità della citazione per essere stato omesso l’avvertimento di cui all’art. 163 c.p.c., n. 7.

4. Con sentenza depositata il 28/08/2005 il tribunale di Avezzano ha ritenuto infondata l’eccezione di estinzione e, in accoglimento della domanda attrice, ha condannato i convenuti all’arretramento a m. 5 dal confine del fabbricato di tre piani e di quello destinato a stalla-garage, oltre al pagamento di Euro 11.000 per danni.

5. Su appello principale di G.I. e D.T.S.R. e incidentale di D.T.O., nonchè sulla resistenza di L.E. nella contumacia di L.M., L.V., D.T.N., D.T.P. e L.A.P., con sentenza depositata in data 11/06/2012 la corte d’appello dell’Aquila ha respinto le impugnazioni e confermato la sentenza impugnata.

5.1. A sostegno della decisione, la corte d’appello ha considerato per quanto ancora rileva:

– essere infondata l’eccezione di estinzione per tardiva riassunzione dopo la dichiarazione dell’interruzione, in quanto alla data del deposito in cancelleria del ricorso in riassunzione (14/8/2002), tenuto conto della sospensione feriale, non era ancora decorso il termine previsto decorrente dal 5/2/2002, essendo il momento del deposito rilevante per il rispetto del termine impeditivo dell’estinzione e non essendo invece rilevante il mancato rispetto del termine successivo assegnato dal giudice per la notificazione del ricorso;

– essere stata sanata dalla costituzione senza eccezioni del convenuto la nullità della citazione per mancanza dell’avvertimento, non essendo stato proposto appello dalle altre parti contumaci quanto alla rilevanza del vizio nei confronti di quelle;

– essere emersa dalla c.t.u. l’epoca di costruzione del fabbricato abitativo dei signori L. nel (OMISSIS), essendo riconducibile al (OMISSIS) il garage-magazzino, onde le edificazioni erano regolari;

– essere infondata la deduzione di riconducibilità delle fabbriche dei D.T. agli anni ‘70, non essendovi riscontro univoco nelle deposizioni testimoniali, oltre che smentita da ammissioni delle parti e dalle risultanze di c.t.u., che le collocano al 1993; onde non risulta compiuto il termine di usucapione nè ex art. 1158 c.c., nè ex art. 1159-bis c.c.;

– essere rimasta priva di prova la deduzione circa la natura agricola dei fondi, sulla cui base le eredi D.T. hanno sostenuto l’inapplicabilità della distanza di m. 5 dal confine.

6. Per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorso G.I. e D.T.S.R. sulla base di sei motivi illustrati da memoria. D.T.O. ha proposto ricorso incidentale su due motivi. Ha resistito L.E. con separati controricorsi illustrati da memorie, previa costituzione di nuovo difensore con procura speciale. Non hanno svolto difese L.M., L.V., D.T.N., D.T.P. e L.A.P..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso principale si deduce omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo, nonchè violazione degli artt. 872 e 873 c.c., in relazione al p.r.g. di Avezzano approvato dalla g.p.a. il 28/8/1968; nel ricondurre al (OMISSIS) l’epoca di realizzazione delle fabbriche dei signori L. e quindi escluderle dall’applicazione delle norme sulle distanze invocate con riconvenzionale la corte d’appello, al pari del tribunale e del c.t.u., avrebbe omesso l’esame di due documenti attestanti la costruzione successivamente all’11/6/1969.

2. Con il secondo motivo di ricorso principale si deduce violazione dell’art. 116 c.p.c., comma 1 e art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, nonchè omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo, costituito dalla riconducibilità delle fabbriche dei signori D.T. agli anni ‘70 con conseguente usucapione; sarebbe apodittica la motivazione per cui non sarebbero univoche le testimonianze assunte sul punto.

3. Con il terzo motivo di ricorso principale si denuncia violazione dell’art. 116 c.p.c. e artt. 2697 e 1158 c.c., oltre che insufficiente e contraddittoria motivazione, lamentandosi – mediante trascrizione dei capitoli di prova e delle risposte dei testi – l’erronea esclusione della prova della predetta usucapione.

4. Con il quarto motivo di ricorso principale si censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 873 e 1158 c.c., oltre che per insufficiente motivazione, contestandosi che la riconducibilità della costruzione dei signori D.T. agli anni ‘70 fosse smentita – come invece ritenuto dalla corte d’appello – da asserzione degli stessi, riferita invece all’ultimazione delle opere nel (OMISSIS); la corte d’appello neppure avrebbe indicato i passaggi della relazione di c.t.u. a supporto.

5. Con il quinto motivo di ricorso principale si denuncia illogida e contraddittoria motivazione, violazione dell’art. 116 c.p.c. e artt. 2697 e 1158 c.c., nonchè ulteriormente omessa motivazione, evidenziandosi presunti errori in cui sarebbe incorso il c.t:u. nel datare al 1993 il manufatto c.d. stalla, nonchè l’omesso esame delle deposizioni testimoniali invece attestanti la realizzazione nei primi anni ‘70.

6. Con il sesto e ultimo motivo di ricorso principale si deduce violazione degli artt. 872,873 e 2697 c.c., nonchè del predetto p.r.g. del comune di Avezzano, per avere il c.t.u. accertato la distanza del fabbricato come inferiore a m.. 5 dalla recinzione, senza che sussista la prova dell’identificabilità di detta recinzione con il confine al quale soltanto la disciplina urbanistica integrativa dell’art. 873 c.c., fa riferimento.

7. I motivi predetti, strettamente connessi dal punto di vista che segue, vanno trattati congiuntamente e dichiarati inammissibili. Invero, sotto la veste di denunce di violazioni di legge (spesso riferite a norme in materia di prova o di motivazione della sentenza, oltre che di distanze legali e usucapione) e di vizi di motivazione, in effetti la parte ricorrente censura la sentenza della corte territoriale non già in relazione all’applicazione effettuata di una norma di diritto o a carenze nell’apprezzamento motivazionale di un fatto storico, bensì in relazione all’accertamento – di natura fattuale – relativamente al se, in rapporto alle risultanze istruttorie, sussistessero i presupposti per ritenere le edificazioni per cui è causa collocabili in determinate epoche, o destinate a uso agricolo, ai fini delle distanze applicabili e dell’usucapione.

7.1. Per consolidato orientamento di questa corte, invece, la violazione di legge in materia di norme sulle prove si ha allorchè il giudice abbia errato nell’applicazione dei criteri relativi all’onere probatorio o altri criteri in materia, mentre la motivazione omessa, insufficiente o contraddittoria è configurabile soltanto qualora dal ragionamento del giudice di merito, come risultante dalla sentenza impugnata, emerga o la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione, ovvero quando sia evincibile l’obiettiva carenza, nel complesso della medesima sentenza, del procedimento logico che lo ha indotto, sulla base degli elementi acquisiti, al suo convincimento. I vizi in questione non si hanno invece quando, come nel caso di specie, vi sia difformità rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte ricorrente sul valore e sul significato dal giudice di merito attribuiti agli elementi delibati, risolvendosi, altrimenti, il motivo di ricorso in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento di quest’ultimo tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione.

7.2. Già discendendo da quanto innanzi l’inammissibilità dei motivi, resta esentata questa corte dal rilevare (ma v. Cass. n: 18021 del 14/09/2016 e n. 21611 del 20/09/2613) ulteriore profilo di inammissibilità per essere formulati i motivi di impugnazione con prospettazione – non facilmente scindibile – di una pluralità di questioni precedute unitariamente dalla elencazione delle norme asseritamente violate e dalla deduzione di vizio di motivazione, richiedenti in quanto tali un inesigibile intervento della corte volto ad enucleare dalla mescolanza dei motivi le parti concernenti le separate censure.

7.3. Resta parimenti esentata la corte dal valutare concorrenti profili di inammissibilità di taluni motivi che non danno pieno conto (pur spesso riportando trascrizioni) dei luoghi processuali ove, nei giudizi di merito, produzioni o deduzioni siano state effettuate, nonchè della coltivazione in appello delle relative deduzioni (cfr., per la necessità di tali indicazioni, anche quando si deducano errores in procedendo, in prosieguo); in ordine a taluni elementi probatori, poi, non si illustra la decisività (ad es., quanto al primo motivo, non si indica il luogo processuale della produzione dei due documenti, nè si argomenta in ordine alla loro decisività, a fronte degli elementi istruttori comunque apprezzati).

8. Con il primo motivo del ricorso incidentale si denuncia violazione degli artt. 291,305,307,153 e 154 c.p.c., deducendosi come erroneo il rigetto dell’eccezione di estinzione del giudizio per tardiva riassunzione; dichiarando consapevolezza circa l’essere la derisione della corte d’appello conforme a orientamento giurisprudenziale di questa corte, se ne invoca il ripensamento alla luce di spunti di altra giurisprudenza e del principio di durata ragionevole del processo.

8.1. Il motivo è infondato. La corte di merito, come del resto anche il ricorrente incidentale riconosce, si è attenuta al – consolidato orientamento giurisprudenziale (anche di recente ribadito ad es. da Cass. n. 2174 del 04/02/2016 e n. 21869 del 24/09/2013, e fermo almeno da Cass. sez. U n. 14854 del 28/06/2006), da cui non vi è ragione per allontanarsi, per cui la riassunzione di un processo che sia stato dichiarato interrotto è tempestiva e integralmente perfezionata quando il corrispondente ricorso sia stato depositato in cancelleria, come nel caso di specie, nel termine semestrale previsto dall’art. 305 c.p.c. (nel testo, applicabile ratione temporis, anteriore alla modifica apportata dalla L. 18 giugno 2009, n. 69). La notificazione di copia di esso, unitamente a quella del pedissequo decreto di fissazione dell’udienza, non rileva dunque ai fini del rispetto del termine e dell’esclusione dell’estinzione; ove viziata o inesistente, o comunque non correttamente compiuta per erronea o incerta individuazione del suo destinatario, il giudice deve ordinarne la rinnovazione, fissandone il nuovo termine, e non può dichiarare l’estinzione del processo.

9. Con il secondo motivo del ricorso incidentale si deduce violazione degli artt. 159,163 e 164 c.p.c., lamentandosi l’erroneo rigetto dell’eccezione di nullità dell’originaria citazione per mancanza dell’avvertimento ex art. 163 c.p.c., n. 7. Si sostiene, in particolare, che – essendosi D.T.O. costituito tardivamente solo a seguito di riassunzione e avendo eccepito la nullità – il giudice avrebbe dovuto ai sensi dell’art. 163 c.p.c., comma 3, fissare nuova udienza nel rispetto dei termini a comparire, ciò che non era avvenuto; non potendo rilevare in contrario il fatto che egli si fosse difeso anche nel merito.

9.1. Il motivo è inammissibile, in quanto il ricorrente incidentale non trascrive le espressioni con le quali egli ha svolto l’eccezione, nè fa cenno concreto alle difese di merito spiegate (cfr. p. 21, ove solo generici riferimenti ad atti processuali). Se è vero infatti che la corte di cassazione, allorquando sia denunciato un error in procedendo, è anche giudice del fatto ed ha il potere di esaminare direttamente gli atti di causa, tuttavia, non essendo il predetto vizio rilevabile ex officio, è necessario che la parte ricorrente indichi gli elementi individuanti e caratterizzanti il fatto processuale di cui richiede il riesame e, quindi, che il corrispondente motivo sia ammissibile e contenga tutte le precisazioni e i riferimenti necessari ad individuare la dedotta violazione processuale (cfr. ad es. Cass. n. 2771 del 02/02/2017).

9.2. Conseguentemente resta questa corte esentata dal prendere posizione in ordine alla questione (su cui v. ad es. Cass. n. 21910 del 16/10/2014) relativa al se, in ipotesi di nullità della citazione per inosservanza del termine di comparizione o mancanza dell’avvertimento ai sensi dell’art. 163 c.p.c., n. 7, l’art. 164 c.p.c., comma 3, (che esclude che la nullità della citazione sia sanata dalla costituzione del convenuto, se egli eccepisca tali nullità, dovendo in tal caso il giudice fissare nuova udienza nel rispetto dei termini) presupponga che il convenuto, nel costituirsi, si limiti alla sola deduzione della nullità, senza anche svolgere difese.

10. In definitiva i ricorsi rincipale e incidentale vanno rigettati. Tra i ricorrenti principali e quello incidentale vanno compensate le spese per soccombenza reciproca, restando esse regolate secondo soccombenza, con riparto ex art. 97 c.p.c., comma 2 e liquidate come in dispositivo nel rapporto processuale tra i predetti ricorrenti principali e incidentale, da un lato, e il controricorrente L.E., dall’altro.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, va dato atto del sussistere dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti sia principali sia incidentale dell’ulteriore importo pari al contributo unificato dovuto a norma dell’art. 13 cit., comma 1-bis.

P.Q.M.

la corte rigetta i ricorsi principale e incidentale; compensa le spese del giudizio di legittimità tra i ricorrenti principali e il ricorrente incidentale; condanna i ricorrenti principali e il ricorrente incidentale alla rifusione a favore di L.E. delle spese stesse, che liquida in Euro 200 per esborsi ed Euro 4.000 per compensi, oltre spese generali nella misura del 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto del sussistere dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti sia principali sia incidentale dell’ulteriore importo pari al contributo unificato dovuto a norma dell’art. 13 cit., comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della seconda sezione civile, il 28 marzo 2018.

Depositato in Cancelleria il 16 novembre 2018

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