Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29648 del 14/11/2019

Cassazione civile sez. trib., 14/11/2019, (ud. 17/09/2019, dep. 14/11/2019), n.29648

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – rel. Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 15793/2013 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato.

– ricorrente –

contro

ACTV SPA, rappresentata e difesa dall’avv. Michele Mascolo,

elettivamente domiciliata in Roma, via Ovidio n. 32, presso lo

studio Malena & Associati.

– controricorrente, ricorrente incidentale –

Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del

Veneto, sezione n. 1, n. 10/1/13, pronunciata il 18/12/2012,

depositata il 22/01/2013.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 17 settembre

2019 dal Consigliere Riccardo Guida;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

generale Tommaso Basile che ha concluso chiedendo il rigetto di

entrambi i ricorsi;

udito l’avv. Michele Mascolo.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. ACTV Spa, con sede legale in Venezia, esercente attività di trasporto passeggeri per via d’acqua interna, in data 9/06/2009, presentò istanza di rimborso, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 38, di Euro 1.087.945,00, versata a titolo di IRAP, per l’annualità 2007, assumendo di avere diritto alla riduzione della base imponibile dichiarata in applicazione delle deduzioni introdotte dalla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 266, (c.d. riduzione del cuneo fiscale prevista dalla legge Finanziaria 2007), che aveva modificato il D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 11, comma 1, lett. a), n. 2.

Al diniego di rimborso opposto dall’Amministrazione finanziaria, che riteneva che la società operasse in regime di concessione con sistema tariffario e che, dunque, non presentasse i requisiti richiesti per fruire del beneficio, seguì il contenzioso, promosso dalla contribuente, e la CTP di Venezia, con sentenza n. 131/5/2011, accolse la domanda di rimborso.

2. Interposto gravame dall’ufficio, la CTR del Veneto, con la sentenza in epigrafe, per quanto tuttora rileva, ha rigettato l’appello e ha confermato la decisione di primo grado, ritenendo che la società avesse i requisiti per godere dell’agevolazione, in quanto non svolgeva la propria attività in regime di concessione traslativa, ma in virtù di un contratto d’appalto di servizi e anche perchè, nell’ambito del rapporto contrattuale con gli enti territoriali, non era individuabile la corresponsione di una tariffa remunerativa.

3. L’Agenzia ricorre per la cassazione, sulla base di dieci motivi, cui ACTV Spa resiste con controricorso, nel quale articola ricorso incidentale, affidato ad un unico motivo, illustrato anche da memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

a. Preliminarmente ritiene questa Corte che debbano essere disattese le censure della contribuente d’inammissibilità del ricorso per cassazione, per difetto del requisito dell’autosufficienza e della puntuale indicazione dei motivi di ricorso per cassazione.

Relativamente agevole si appalesa, infatti, la comprensione dei diversi, minuziosi profili di critica rivolti dall’ufficio alla sentenza d’appello, i quali, per soddisfare il requisito dell’autosufficienza, riproducono persino i passi salienti della decisione impugnata.

1. Con il primo motivo del ricorso principale, denunciando, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 11, della L.R. Veneto n. 25 del 1998, art. 30 e dei principi in materia di concessione, l’Agenzia assume che la contribuente svolgeva attività di trasporto pubblico locale in forza di contratti di servizio ai sensi della L.R. Veneto n. 25 del 1998, ex art. 30, stipulati con vari enti locali del Veneto, i quali, ai sensi del combinato disposto del detto del D.Lgs. n. 46 del 1997, art. 11, della L.R. Veneto n. 25 del 1998, art. 30 e dei principi in materia di concessione, sono inquadrabili nella categoria della concessione – contratto traslativa.

Censura, quindi, la sentenza impugnata per avere qualificato il contratto come appalto di servizi, anzichè come concessione traslativa, ostativa al conseguimento dell’agevolazione fiscale IRAP, introdotta per abbattere il cuneo fiscale, dal quale sono escluse le imprese operanti in virtù di “concessione traslativa” e con “tariffa remuneratoria”.

2. Con il secondo motivo, denunciando, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, della L.R. Veneto n. 25 del 1998, art. 30, dell’art. 2697 c.c., e dei principi in materia di concessione, l’Agenzia assume che il contratto di servizio ex art. 30, cit., è compatibile tanto con una concessione-contratto traslativa che con un appalto di servizi.

Sostiene, altresì, che, anche a volere negare, nella specie, la concessione, posto che era la contribuente ad agire per la restituzione di un’imposta indebitamente versata, la CTR ha erroneamente ritenuto dimostrata l’esistenza di un appalto di servizi in forza di un solo elemento, del tutto inconferente, quale l’assunzione, da parte della società veneta, del servizio con organizzazione dei mezzi necessari e gestione a proprio rischio.

3. Con il terzo motivo, denunciando, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione della L.R. Veneto n. 25 del 1998, art. 30 e del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 11, in combinato disposto, l’Agenzia censura la sentenza impugnata per avere escluso che la contribuente svolgesse il servizio di trasporto pubblico locale in virtù di concessione traslativa, pur essendo pacifico che si era in presenza di contratti di servizio c.d. ponte, che non sono affatto contratti di appalto, ma sono convenzioni (nella specie stipulate da ACTV Spa con i comuni di Chioggia, Venezia e con la provincia di Venezia), che accedono (alle) e integrano le originarie concessioni del servizio di trasporto pubblico.

4. Con il quarto motivo, denunciando, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 11 e dell’art. 2697 c.c., l’Agenzia premette (e l’assunto vale anche per tutti i successivi “motivi”) che i benefici IRAP connessi al cuneo fiscale non spettano all’impresa operante nel settore dei trasporti in concessione e a tariffa e, ancora, che la contribuente, oltre a dedurre di non operare in concessione, aveva anche negato di svolgere la propria attività di trasporto pubblico locale applicando una “tariffa remuneratoria”, in quanto, secondo la sua prospettazione, la tariffa massima non era idonea a compensare effettivamente il costo dell’impresa.

Svolta questa premessa, l’Agenzia imputa alla CTR di avere ritenuto fondata la domanda di rimborso perchè non era dimostrato che la tariffa corrisposta dagli utenti all’impresa fosse remunerativa, laddove, invece, idonea ragione per accogliere la domanda di rimborso, in base alle norme appena richiamate, non poteva che essere l’effettiva dimostrazione (ossia la prova positiva), da parte della richiedente, che la tariffa applicata non era remunerativa.

5. Con il quinto motivo, denunciando, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione della L.R. Veneto n. 25 del 1998, art. 31, degli artt. 2697 e 2909 c.c., in combinato disposto, l’Agenzia censura la sentenza impugnata, ove si debba intendere che la CTR abbia negato che la contribuente, oltre a ricevere dai clienti una tariffa, percepisse anche un “corrispettivo” dall’ente locale che le aveva affidato il servizio di trasporto pubblico locale, trattandosi di un aspetto ammesso dalla contribuente, riconosciuto dal giudice di primo grado e, pertanto, ormai coperto da giudicato.

6. Con il sesto motivo, denunciando, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., l’Agenzia censura la sentenza impugnata per vizio di ultrapetizione, nel caso in cui la si debba interpretare nel senso che essa neghi la circostanza (ammessa da controparte) che la contribuente, nell’esercizio del servizio di pubblico trasporto locale, percepiva dalla clientela prezzi fissati da una tariffa.

7. Con il settimo sesto motivo, denunciando, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., l’Agenzia censura la sentenza impugnata per violazione del giudicato interno sulla circostanza (ove si ritenga che la CTR l’abbia negata), definitivamente accertata dal giudice di primo grado, che la contribuente, nell’esercizio del servizio di pubblico trasporto locale, percepiva dalla clientela prezzi fissati da una tariffa.

8. Con l’ottavo motivo, denunciando, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 11 e del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 117, in combinato disposto, l’Agenzia assume che controparte svolgeva l’attività di pubblico trasporto locale applicando tariffe che, per legge (art. 117, cit.), sono determinate in misura tale da assicurare l’equilibrio economico-finanziario dell’esercizio dell’impresa, sicchè ACTV Spa presentava uno dei due elementi ostativi alla fruizione del beneficio IRAP connesso al cuneo fiscale (e cioè l’esercizio dell’attività con “tariffa remuneratoria”); pertanto, ascrive alla CTR di avere errato nell’escludere il carattere remunerativo della medesima tariffa.

9. Con il nono motivo, denunciando, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione della L.R. Veneto n. 25 del 1998, artt. 30 e 31, del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 117 e del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 11, in combinato disposto, l’Agenzia censura la sentenza impugnata per avere affermato che la remuneratività delle tariffe (imposte all’impresa con i contratti di servizio) debba essere valutata solo prendendo in considerazione le tariffa medesime, senza tenere conto anche dei corrispettivi pagati all’impresa dall’ente affidante (sempre) in forza del contratto di servizio.

10. Con il decimo motivo, denunciando, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, “motivazione omessa su fatto decisivo della controversia ed omesso esame su fatto decisivo per il giudizio sul quale le parti hanno discusso”, l’Agenzia censura la sentenza impugnata per non avere esaminato e non avere motivato sul fatto, decisivo e controverso, relativo al se le tariffe imposte con i contratti di servizio, stipulati dalla contribuente con i vari enti locali, fossero o meno idonee ad assicurare l’equilibrio economico-finanziario dell’investimento e della relativa gestione, tenuto conto dei corrispettivi che gli stessi enti dovevano riconoscere all’impresa, ai sensi dei medesimi contratti di servizio.

11. Il primo, il secondo, il terzo, il quarto, il quinto, l’ottavo e il nono motivo, da esaminare congiuntamente perchè avvinti da una matrice giuridica unitaria, sono inammissibili.

11.1. Va richiamato il principio di diritto, espresso anche di recente da questa Corte (Cass. 14/03/2019, n. 7280), secondo cui l’interpretazione degli accordi negoziali intercorsi tra le parti è riservata al giudice del merito ed è sindacabile, in sede di legittimità, solo per vizi di motivazione o per violazione delle regole di ermeneutica contrattuale sulla base dell’indicazione specifica del modo attraverso il quale si è realizzata la anzidetta violazione, non potendo le censure risolversi nella mera contrapposizione di una interpretazione diversa da quella criticata (come affermato da Cass. 19/02/2004, n. 3296).

L’interpretazione del contratto, concretandosi nell’accertamento della volontà dei contraenti, si traduce in un’indagine di fatto affidata al giudice di merito e censurabile, in sede di legittimità, solo per il caso di insufficienza o contraddittorietà della motivazione, tale da non consentire la ricostruzione dell’iter logico seguito per giungere alla decisione, o per violazione delle regole ermeneutiche, con la conseguenza che deve essere ritenuta inammissibile ogni critica della ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito che si traduca nella prospettazione di una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto vagliati dal predetto giudice di merito. (Cass. 29/07/2003, n. 11679).

11.2. Nel caso in esame, il giudice di appello, sulla base delle allegazioni delle parti e alla luce del “chiarimento interpretativo indicato dalla Commissione Europea del 12/11/2007” (recte: 12/09/2007) (cfr. pag. 3 della sentenza impugnata), preliminarmente ha negato che il beneficio fiscale spetti per i servizi pubblici svolti in regime di concessione e a tariffa e, quindi, ha escluso che il contratto di servizio concluso da ACTV Spa con gli enti locali fosse riconducibile alla figura della concessione traslativa e lo ha qualificato, invece, come un “contratto-appalto di servizi” (cfr. pagg. 3 e 4 della sentenza impugnata).

11.3. I motivi di ricorso in esame non si appuntano su alcuna specifica violazione delle regole legali di interpretazione del rapporto giuridico intercorso tra la contribuente e gli enti locali veneti, ma piuttosto propongono, in modo non consentito in questa sede di legittimità, di valutare diversamente il contenuto concreto dei detti negozi e la connessa qualificazione giuridica del rapporto giuridico insorto (in senso conforme, sulla non sindacabilità, in sede di legittimità, della distinzione in fatto tra affidamento del servizio di trasporto pubblico locale in regime di concessione ovvero a mezzo di contratto di appalto, vedi anche: Cass. 19/01/2018, n. 1315; 30/01/2018, n. 2244; 30/01/2018, n. 2245).

11.4. Del resto, in nessuna parte del ricorso la difesa erariale assume che la convenzione di cui è titolare la società contribuente si discosti dallo schema legale tipico definito dal D.Lgs. n. 442 del 1997, artt. 18 e 19, per i servizi di trasporto.

La sentenza d’appello, in punto di diritto, è in linea con la giurisprudenza di legittimità (es. Cass. 22/10/2014, n. 22425 – in materia d’imposta di registro), secondo cui i contratti di servizio, espressamente previsti dal D.Lgs. n. 442 del 1997, artt. 18 e 19, sono, di per se stessi, appalti pubblici di servizio.

Il che è conforme alla giurisprudenza amministrativa (Cons. Stato Sez. V, 07/02/2012, n. 64; id. 03/06/2012, n. 2531; id. 03/05/2012, n. 2537; id. 19/03/2018, n. 1746; conf.: T.A.R. Molise Campobasso Sez. I, 07/07/2011, n. 446), che esclude i contratti di servizio dal novero delle concessioni, classificandoli tra gli appalti di servizi.

Infatti, lo strumento attraverso il quale la Pubblica amministrazione affidante e il gestore del servizio di trasporto disciplinano le condizioni e le modalità di esecuzione di quest’ultimo è nient’altro che un contratto, avente carattere onnicomprensivo di tutti gli aspetti del servizio medesimo (così Cons. Stato, n. 1746/2018 cit.) e, se nel regime transitorio è consentito di derogare all’obbligo della gara, lo strumento di regolazione del servizio di trasporto rimane sempre e comunque quello del contratto di servizio (ult. cit. in motivazione).

Ciò che vale a differenziare la fattispecie legale dai diversi connotati legali della concessione c.d. traslativa, dove il concessionario agisce, invece, come organo indiretto della P.A. e produce, nei confronti dei terzi, gli stessi effetti che determinerebbe l’azione amministrativa diretta della P.A. medesima (Cass. 14/06/2016, n. 12260).

Nulla di tutto ciò risulta dal D.Lgs. n. 442 del 1997, artt. 18 e 19 e dalla legge regionale di riferimento (L.R. Veneto, n. 25 del 1998, art. 30), conformemente alla linea tracciata, per il trasporto pubblico, dal diritto dell’UE (Reg. n. 1893 del 1991, art. 14, del Consiglio, del 20/06/1991; cfr. art. 5, c. I, della Direttiva n. 440 del 1991 del Consiglio).

Sicchè non operando, di norma, il regime della concessione traslativa bensì quello dell’appalto, viene meno il primo e assorbente requisito di esclusione dal beneficio, secondo le indicazioni della Commissione dell’UE e i chiarimenti governativi dati in quella sede (cfr. Comm. UE, 12/09/2007; vedi sent. CTR, pag. 3).

12. Il sesto e il settimo motivo, da esaminare congiuntamente per connessione, sono inammissibili.

Le relative doglianze (espresse dall’ufficio in termini puramente eventuali, in relazione ad un ipotetico significato della sentenza d’appello), non colgono la ratio decidendi della decisione della commissione veneta che, lungi dal disconoscere che ACTV Spa svolgesse il servizio di pubblico trasporto senza applicare una tariffa, ha ritenuto (piuttosto) che la società contribuente potesse fruire del beneficio fiscale in quanto la tariffa (sicuramente applicata) non era “remuneratoria”.

13. Il decimo motivo è infondato.

Posto che la sentenza della CTR è stata pubblicata il 22/01/2013, il motivo di ricorso è quello dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), nella nuova formulazione introdotta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, che si applica in relazione alle sentenze d’appello pubblicate a partire dall’11/09/2012.

Secondo l’insegnamento delle Sezioni unite di questa Corte: “La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.” (Cass. sez. un. 7/04/2014, n. 8053).

Nel caso concreto, esclusa la sussistenza di un’anomalia motivazionale radicale (nel senso esposto dalle sezioni unite), è dato rilevare che la CTR, diversamente da quanto denuncia la difesa erariale, non ha omesso l’esame di alcun “fatto decisivo per il giudizio” (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), e, anzi, ha specificamente affrontato la questione della remuneratività o meno della tariffa, alla quale ha dato una risposta negativa, ritenendo che tale soluzione non fosse influenzata dal fatto che, in base ai contratti di servizio, l’ente locale era obbligato a riconoscere alla contribuente un “corrispettivo chilometrico”, qualificato dalla CTR come una “controprestazione nel sinallagma negoziale” (cfr. pag. 4 della sentenza impugnata).

14. Con l’unico motivo del ricorso incidentale, denunciando “1) Violazione del D.Lgs. n. 466 del 1997, art. 11, comma 1, lett. a), punto 2. Violazione del Trattato CE, artt. 87 e 88. Omessa pronuncia e/o insufficiente motivazione.”, la contribuente censura la sentenza impugnata che, pur ammettendo l’impresa a fruire dell’agevolazione del cuneo fiscale, aveva omesso ogni delibazione circa l’inefficacia delle risoluzioni dell’Agenzia delle entrate che legittimavano l’azione impositiva dell’Amministrazione finanziaria.

14.1. Il ricorso incidentale è inammissibile perchè proposto dalla parte totalmente vittoriosa in appello (Cass. 7/03/2016, n. 4472, ha stabilito che il ricorso incidentale per cassazione, anche se qualificato come condizionato, presuppone la soccombenza e non può, quindi, essere proposto dalla parte che sia risultata completamente vittoriosa nel giudizio di appello).

15. Le spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza, attribuibile all’Agenzia in via assolutamente prevalente.

16. Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1- quater, (Cass. 29/01/2016, n. 1778).

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della contribuente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso incidentale a norma del cit. art. 13, comma 1 – bis, se dovuto.

PQM

la Corte rigetta il ricorss3 il ricorso principale e dichiara inammissibile il ricorso incidentale; condanna l’Agenzia delle entrate a corrispondere alla contribuente le spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 8.700,00, a titolo di compenso, Euro 200,00 a titolo di rimborso spese, oltre al 15% sul compenso, a titolo di rimborso forfetario delle spese generali, e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della contribuente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso incidentale a norma del cit. art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, il 17 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 14 novembre 2019

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