Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29642 del 14/11/2019

Cassazione civile sez. trib., 14/11/2019, (ud. 10/09/2019, dep. 14/11/2019), n.29642

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. PENTA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 8606/2013 proposto da:

D.V.V., nato a Napoli il (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)) e

D.V.F., nato a Napoli il (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)), in

qualità di trustee del “TRUST DE.” (C.F.: (OMISSIS)), con sede

legale in Napoli, alla Via Settimio Caruso n. 20, assistiti e

rappresentati, come da procura speciale a margine del ricorso,

dall’Avv. Mario Zema del foro di Reggio Calabria (C.F.: ZME MGV

66P11F112Y) e dall’avv. GUERINO ZARRELLI ed elettivamente

domiciliati in Roma, alla Via Archimede n. 181, presso l’Ing.

B.A.;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F.: (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato

(C.F.: (OMISSIS)) e presso la stessa domiciliata in Roma, alla Via

dei Portoghesi n. 12;

– resistente –

– avverso la sentenza n. 569/39/2012 emessa dalla CTR Lazio in data

22/11/2012 e non notificata;

udita la relazione della causa svolta all’udienza pubblica del

10/09/2019 dal Consigliere Dott. Andrea Penta;

udite le conclusioni rassegnate dal Pubblico Ministero Dott.

Stanislao De Matteis nel senso del rigetto del ricorso;

udite le conclusioni rassegnate dall’Avv. Guerino Zarrelli, per i

ricorrenti, e dall’Avv. Salvatore Faraci per la resistente.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

L’Agenzia delle Entrate Ufficio di Cassino proponeva appello avverso la sentenza n. 79/07/10 della CTP di Frosinone che aveva accolto il ricorso presentato da D.V.V. e D.V.F., quest’ultimo in qualità di trustee del “TRUST DE.”, avverso l’avviso di liquidazione diretto al recupero dell’imposta di registro, degli interessi e delle sanzioni per complessivi Euro 294.807,91.

La controversia scaturiva da un atto del 16.06.2006, registrato a Cassino il 21.06.2006, con cui D.V.V. trasferiva al Truste De. e, per esso, al Trustee costituito D.V.F. alcuni immobili, chiedendo l’applicazione delle agevolazioni fiscali previste della Tariffa parte prima allegata al D.P.R. n. 131 del 1986 e dalla L. n. 512 del 1982 per i trasferimenti di immobili soggetti ad interesse artistico, storico e archeologico soggetti alla L. n. 1089 del 1939.

Premesso che al fine del mantenimento in via definitiva delle agevolazioni richieste in sede di stipula del rogito le parti erano tenute, entro il termine perentorio di anni due dalla registrazione dell’atto, a presentare all’ufficio dove era stato registrato, a pena di decadenza, idonea certificazione attestante la sottoposizione al vincolo, non avendo le parti esibito alcuna documentazione, l’Ufficio, previa revoca delle agevolazioni, procedeva al recupero delle normali imposte con l’applicazione delle relative sanzioni, a mezzo dell’avviso di liquidazione n. 21870/2009.

Con sentenza del 22.11.2012 la CTR Lazio accoglieva l’appello sulla base delle seguenti considerazioni:

1) la notifica a D.V.F. (trustee) risultava eseguita a mezzo del servizio postale nel luogo dal medesimo dichiarato come domicilio ((OMISSIS)) e si era perfezionata “allorchè l’addetto postale, non avendolo rinvenuto, come previsto dalla L. n. 890 del 1992 che disciplina le notifiche, ha inoltrato la raccomandata allo stesso D.V.F.”;

2) nel merito, l’agevolazione è revocata qualora, entro il termine di due anni a decorrere dalla data di registrazione dell’atto, non venga documentata l’avvenuta sottoposizione del bene al vincolo, fermo restando che, se il contribuente ottiene l’attestazione del vincolo oltre il termine di due anni per un fatto non imputabile alla sua volontà, può successivamente richiedere il rimborso dell’imposta non dovuto;

3) nel caso in specie, le parti avevano omesso di dichiarare in atto di quale tipo di vincolo si trattasse, se esistente o, se il vincolo non fosse stato ancora imposto, di presentare contestualmente all’atto da registrare un’attestazione del competente organo dell’Amministrazione dei Beni Culturali e Ambientali da cui risultava che era incorso la procedura di sottoposizione al vincolo;

4) la dichiarazione nell’atto di acquisto degli estremi del vincolo è condizione essenziale per usufruire del regime agevolato, sicchè l’agevolazione non può essere richiesta se gli estremi del vincolo risultante dai registri immobiliari non siano stati indicati nell’atto di trasferimento;

5) qualora sia stato omesso di dichiarare gli estremi del vincolo nell’atto di acquisto, il contribuente può rendere tale dichiarazione anche in sede contenziosa e ha quindi il diritto al rimborso della differenza tra l’imposta di registro pagata nella misura ordinaria e quella agevolata;

6) i contribuenti avevano avuto tutto il tempo per poter integrare la richiesta di agevolazione con l’apporto degli altri essenziali elementi richiesti dalla legge.

Per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorso D.V.V. e D.V.F., sulla base di quattro motivi. L’Agenzia delle Entrate si è costituita al solo fine di partecipare all’udienza di discussione.

In prossimità dell’udienza, i ricorrenti hanno depositato memoria illustrativa ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo i ricorrenti deducono la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 890 del 1982, art. 7 (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per non aver la CTR rilevato che la notifica dell’avviso di accertamento nei confronti del trustee D.V.F. era inesistente, atteso che il consegnatario era stato identificato in un inesistente figlio del D.V..

1.1. Il motivo è inammissibile.

Come è noto, a partire dal 15 maggio 1998, data di entrata in vigore della L. n. 146 del 1998, art. 20 (che ha modificato la L. n. 890 del 1982, art. 14), gli uffici finanziari possono procedere alla notificazione a mezzo posta ed in modo diretto degli avvisi e degli atti che per legge vanno notificati al contribuente. Ne consegue che, quando il predetto ufficio si sia avvalso di tale facoltà di notificazione semplificata, alla spedizione dell’atto si applicano le norme concernenti il servizio postale ordinario e non quelle della L. n. 890 del 1982 (in quanto le disposizioni di cui alla L. 20 novembre 1982, n. 890 concernono esclusivamente la notifica eseguita dall’ufficiale giudiziario ex art. 149 c.p.c.).

Ne deriva altresì che non va redatta alcuna relata di notifica o annotazione specifica sull’avviso di ricevimento in ordine alla persona cui è stato consegnato il plico, e l’atto pervenuto all’indirizzo del destinatario deve ritenersi ritualmente consegnato a quest’ultimo, stante la presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 c.c., superabile solo se il medesimo dia prova di essersi trovato senza sua colpa nell’impossibilità di prenderne cognizione (Sez. 5, Sentenza n. 15315 del 04/07/2014; Sez. 5, Sentenza n. 14501 del 15/07/2016), senza che si renda necessario l’invio della raccomandata al destinatario (Sez. 5, Sentenza n. 8293 del 04/04/2018). D’altra parte, in siffatta evenienza, ai fini della validità della notifica, è sufficiente che il plico sia consegnato al domicilio del destinatario e che il relativo avviso di ricevimento sia sottoscritto dalla persona rinvenuta dall’ufficiale postale, non essendo necessario che da esso risulti anche la qualità del consegnatario o la sua relazione con il destinatario (Sez. 5, Sentenza n. 19795 del 09/08/2017).

Nella sentenza qui impugnata si afferma (pag. 2) che la notifica a D.V.F. (trustee) risulta eseguita a mezzo del servizio postale nel luogo dal medesimo dichiarato come domicilio ((OMISSIS)) e si è perfezionata “allorchè l’addetto postale, non avendolo rinvenuto, come previsto dalla L. n. 890 del 1992 che disciplina le notifiche, ha inoltrato la raccomandata (…) allo stesso D.V.F. (…)”.

Da quanto precede deriva che non vi sono elementi per sostenere che la notifica in esame sia stata effettuata dall’ufficio finanziario direttamente a mezzo del servizio postale, avendo i ricorrenti presunto (pag. 6 del ricorso) il ricorso a tale modalità alla luce di quella adottata per la notifica del medesimo avviso di liquidazione a D.V.V. (disponente).

D’altra parte, non possedendo, per sua stessa ammissione (pag. 6 del ricorso), l’avviso di liquidazione notificatogli, non è dato comprendere da quale atto D.V.F. abbia desunto, oltre che il ricorso, da parte dell’ufficio finanziario, alla notifica diretta, l’avvenuta consegna dell’avviso in prima battuta a soggetto qualificatosi come figlio del destinatario (secondo l’assunto del ricorrente, non esistente). D’altra parte, dallo stralcio della sentenza di primo grado a lui favorevole riprodotto alle pagg. 7 e 8 del ricorso si ricava che la notifica del provvedimento di liquidazione impugnato sarebbe stata “effettuata nei confronti di persona ed in luogo, che nulla hanno a che vedere con il Trust e il trustee ( D.V.F.) suddetti”, senza operare alcun riferimento all’asserita consegna ad un soggetto qualificatosi come suo figlio.

1.2. In ogni caso, anche a voler prestare fede all’assunto dei ricorrenti, il motivo si rivelerebbe infondato.

Invero, in termini generali, è necessario che il plico sia effettivamente pervenuto a destinazione, in quanto il principio di presunzione di conoscenza, posto dall’art. 1335 c.c., opera per il solo fatto oggettivo dell’arrivo della dichiarazione nel luogo di destinazione, ma non quando l’agente postale abbia rispedito l’atto al mittente (Cass. n. 9303/2012, Cass. n. 20924/2005).

Nel caso di specie, trovando applicazione le modalità della notificazione semplificata e, quindi, le norme concernenti il servizio postale ordinario, la cui legittimità è stata di recente riconosciuta dalla Corte Cost. con sentenza n. 175 del 2018, deve rilevarsi che il procedimento notificatorio si è perfezionato, essendo stato il plico consegnato all’indirizzo di residenza del D.V. ((OMISSIS)).

Del resto, qualora si fosse fatto ricorso alla notifica a mezzo del messo comunale (o di messo speciale autorizzato dall’ufficio delle imposte) ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, sarebbe stato posto in essere l’adempimento, reputato dalla giurisprudenza essenziale (Sez. 5, Sentenza n. 2868 del 03/02/2017), dell’invio della raccomandata informativa, adempimento prescritto anche ove l’atto sia consegnato nelle mani di persona di famiglia.

1.3. Ma anche a voler ritenere che sia stata eseguita con i mezzi ordinari, la notificazione è una mera condizione di efficacia e non un elemento costitutivo dell’atto amministrativo di imposizione tributaria, cosicchè il vizio di nullità ovvero di inesistenza della stessa è irrilevante ove l’atto abbia raggiunto lo scopo (Sez. 5, Sentenza n. 654 del 15/01/2014). In particolare, la sua inesistenza o invalidità non determina in via automatica l’inesistenza dell’atto, quando ne risulti inequivocamente la piena conoscenza da parte del contribuente entro il termine di decadenza concesso per l’esercizio del potere all’Amministrazione finanziaria, su cui grava il relativo onere probatorio (Sez. 5, Sentenza n. 8374 del 24/04/2015; conf. Sez. 5, Ordinanza n. 21071 del 24/08/2018).

E così l’inesistenza deve ritenersi irrilevante ove l’atto sia stato impugnato dal destinatario in data antecedente alla scadenza del termine fissato dalla legge per l’esercizio del potere impositivo.

Orbene, nel caso di specie, premesso che il potere impositivo soggiaceva al termine decadenziale di tre anni e che il dies a quo per l’esercizio dello stesso doveva farsi coincidere con la scadenza del termine di due anni entro il quale i contribuenti avrebbero dovuto presentare all’ufficio dove l’atto era stato registrato idonea certificazione attestante la sottoposizione del bene al vincolo di interesse artistico, storico ed archeologico di cui alla L. n. 1089 del 1939 (e, quindi, il termine triennale decorreva dal 21.6.2008, essendo stato l’atto di trasferimento al trustee De. registrato il 21.6.2006), il contribuente, avendo proposto, nella qualità di trustee, impugnazione avverso l’avviso di liquidazione nel 2009, ha di fatto attestato l’avvenuto raggiungimento dello scopo della notifica.

Da ultimo, l’errore circa la persona alla quale deve essere consegnata la copia integra, ai sensi dell’art. 160 c.p.c., una nullità che risulta certamente sanata, in relazione alla natura di provocatio ad opponendum dell’avviso, dalla impugnativa ad opera del contribuente, per raggiungimento dello scopo dell’atto a mente dell’art. 156 c.p.c. (Sez. 5, Sentenza n. 7284 del 29/05/2001; conf. Sez. 5, Ordinanza n. 21071/2018, cit.).

2. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57 (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per aver la CTR ritenuto ammissibile la produzione in appello della raccomandata inoltrata a D.V.F. ai sensi della L. n. 890 del 1982, art. 7, u.c., nonostante tale produzione avrebbe determinato la necessità di ulteriori contestazioni e deduzioni.

2.1. Il motivo è infondato.

Invero, nel processo tributario, il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58, consente la produzione in appello di qualsiasi documento, anche dalla parte rimasta contumace in primo grado, poichè il divieto posto dal detto decreto, art. 57, riguarda unicamente le eccezioni in senso stretto (Sez. 5, Ordinanza n. 29568 del 16/11/2018).

In particolare, nel processo tributario, le parti possono produrre in appello nuovi documenti, anche ove gli stessi comportino un ampliamento della materia del contendere e siano preesistenti al giudizio di primo grado, purchè ciò avvenga, ai fini del rispetto del principio del contraddittorio nei confronti delle altre parti, entro il termine di decadenza di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 32 (Sez. 5, Ordinanza n. 17164 del 28/06/2018). Per stessa ammissione dei ricorrenti (cfr. pag. 9 del ricorso), la raccomandata inoltrata ai sensi della L. n. 890 del 1982, art. 7, u.c., è stata prodotta dall’Agenzia delle Entrate unitamente al ricorso in appello e, quindi, assicurando il contraddittorio sul punto.

Inoltre, il divieto di proporre nuove eccezioni in appello, posto dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 57, comma 2, riguarda l’eccezione in senso tecnico, ossia lo strumento processuale con cui il contribuente, in qualità di convenuto in senso sostanziale, fa valere un fatto giuridico avente efficacia modificativa o estintiva della pretesa fiscale, ma non limita la possibilità dell’Amministrazione di difendersi dalle contestazioni già dedotte in giudizio, perchè le difese, le argomentazioni e le prospettazioni dirette a contestare la fondatezza di un’eccezione non costituiscono, a loro volta, eccezione in senso tecnico (Sez. 6 5, Ordinanza n. 14486 del 07/06/2013).

3. Con il terzo motivo i ricorrenti lamentano l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per non aver la CTR considerato che in sede di tassazione l’atto aveva “scontato” un regime impositivo assolutamente difforme e avulso da quello successivamente applicato in sede di accertamento.

4. Con il quarto motivo i ricorrenti si dolgono della violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, tariffa, art. 1, nota II, lett. a) e b), (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per non aver la CTR considerato che, all’atto della registrazione del rogito, l’Ufficio aveva applicato le imposte nella misura fissa, e non già le agevolazioni fiscali collegate al vincolo insistente sul bene, sicchè non vi era il presupposto per la decadenza.

4.1. I due motivi, da trattarsi, siccome connessi, congiuntamente, sono, per quanto di ragione, fondati.

In tema di imposta di registro, per i trasferimenti di immobili di interesse storico, artistico o archeologico soggetti al vincolo di cui alla L. n. 1089 del 1939 è prevista l’applicazione dell’aliquota agevolata del tre per cento, la quale presuppone che l’acquirente presenti, contestualmente all’atto da registrare e qualora il vincolo non sia stato ancora imposto, una attestazione rilasciata dalla Soprintendenza competente da cui risulti che è in corso il relativo procedimento, dovendo, entro il termine di due anni decorrenti dalla registrazione dell’atto, documentare l’avvenuta sottoposizione, sotto pena di revoca dell’agevolazione (Sez. 5, Ordinanza n. 24134 del 13/10/2017).

Orbene, sebbene debba essere ritenuto legittimo il provvedimento con il quale l’amministrazione recupera l’imposta non versata all’atto della registrazione, non avendo l’acquirente dichiarato alcunchè in ordine alla procedura di sottoposizione del bene al vincolo e non avendo prodotto la documentazione comprovante detta sottoposizione nel termine dei due anni, occorre valutare, nella fattispecie in esame, se l’agevolazione fosse stata concessa, non potendosi, come è ovvio, decadere da un beneficio mai conseguito.

Dall’allegato modello “69” prodotto dai ricorrenti nel primo grado di giudizio (doc. n. 6) e nuovamente depositato nella presente sede (doc. n. 5) si evince che all’atto di trasferimento in oggetto è stata applicata, quanto all’imposta di registro, l’aliquota nella misura fissa (pari ad Euro 168,00).

D’altra parte, i ricorrenti hanno riprodotto, a pagina 11 del ricorso, un ampio stralcio della sentenza di primo grado, secondo cui l’atto “… è stato tassato con aliquota fissa, essendo l’atto valutato per quello che effettivamente era, atto neutro, secondo una opinione vigente su taluni tipi di Trust. La tassazione contestata appare frutto di una diversa valutazione data all’atto: la decadenza di cui parla l’Ufficio è priva di causa perchè ne difettano i presupposti; non si decade da un beneficio mai concesso”.

Corollario inevitabile di quanto precede è che non trova nel caso di specie applicazione la decadenza dalle agevolazioni fiscali “storico-artistiche” a carico di chi, pur avendole inizialmente conseguite in sede di tassazione dell’atto di trasferimento immobiliare, non ha poi potuto conservarle non avendo documentato la sussistenza del vincolo di riferimento nel successivo biennio.

L’applicazione della imposta di registro con l’aliquota fissa è dovuta molto probabilmente al rilievo dell’assenza, in sede di registrazione dell’atto, sia della trascrizione del vincolo storico-artistico sia dell’attestazione amministrativa di pendenza della procedura per la sottoposizione al detto vincolo.

4.2. Del resto, la tassazione cui è stato sottoposto l’atto traslativo è coerente con la natura sostanziale dell’atto medesimo.

In termini generali, ai fini dell’applicazione dell’imposta in misura proporzionale, occorre valutare se sin dall’istituzione del “trust” si sia realizzato un trasferimento definitivo di beni e diritti dal “trustee” al beneficiario: in mancanza di tale condizione, l’atto dovrà essere assoggettato alla sola imposta fissa di registro (Sez. 5, Ordinanza n. 31445 del 05/12/2018; conf. Sez. 5, Sentenza n. 16699 del 21/06/2019). In particolare, ai fini della determinazione dell’imposta di registro – nel regime, applicabile ratione temporis, relativo agli atti formati anteriormente alla data del 3 ottobre 2006 – nell’ipotesi di costituzione di “trust” assume rilevanza l’onerosità ovvero la gratuità dello stesso, posto che, nel primo caso, è soggetto a tassazione in misura proporzionale del tre per cento, ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 9 della Tariffa, parte prima, allegata, mentre nel secondo (ed è il caso di specie) è tassato in misura fissa, ai sensi della medesima Tariffa, ex art. 11 (Sez. 5, Sentenza n. 13141 del 25/05/2018).

Ciò in linea con la recente linea interpretativa formatasi all’interno di questa Sezione, secondo cui, In tema di “trust”, l’imposta sulle successione e donazioni, prevista dal D.L. n. 262 del 2006, art. 2, comma 47, (conv. con modif. dalla L. n. 286 del 2006) anche per i vincoli di destinazione, è dovuta non al momento della costituzione dell’atto istitutivo o di dotazione patrimoniale, fiscalmente neutri in quanto meramente attuativi degli scopi di segregazione ed apposizione del vincolo, bensì in seguito all’eventuale trasferimento finale del bene al beneficiario, in quanto solo quest’ultimo costituisce un effettivo indice di ricchezza ai sensi dell’art. 53 Cost. (Sez. 5, Sentenza n. 19167 del 17/07/2019). In particolare, poichè ai fini dell’applicazione delle imposte di successione, registro ed ipotecaria è necessario, ai sensi dell’art. 53 Cost., che si realizzi un trasferimento effettivo di ricchezza mediante un’attribuzione patrimoniale stabile e non meramente strumentale, nel “trust” di cui alla L. n. 364 del 1989 (di ratifica ed esecuzione della Convenzione dell’Aja 1 luglio 1985), detto trasferimento imponibile non è costituito nè dall’atto istitutivo del “trust”, nè da quello di dotazione patrimoniale fra disponente e “trastee” in quanto gli stessi sono meramente attuativi degli scopi di segregazione e costituzione del vincolo di destinazione, bensì soltanto dall’atto di eventuale attribuzione finale del bene al beneficiario (Sez. 5, Sentenza n. 16699 del 21/06/2019).

4.3. In senso ostativo non può essere invocato quanto (cfr. pag. 3 della sentenza) contenuto a pagina 13 del rogito notarile nella quale, all’art. 8, le parti hanno dichiarato di volersi avvalere delle agevolazioni fiscali previste dalla Tariffa parte prima di cui al D.P.R. n. 131 del 1986. Rispetto a tale clausola inserita dal notaio rogante prevale, infatti, il regime di tassazione in concreto applicato.

5. In definitiva, il ricorso merita accoglimento con riferimento al terzo e al quarto motivo.

La sentenza impugnata va, pertanto, cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito nel senso di accogliere l’originario ricorso dei contribuenti.

La circostanza che l’orientamento in tema di tassazione di atti costitutivi di trust si è consolidato successivamente alla proposizione del ricorso introduttivo del presente giudizio giustifica la compensazione integrale delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo ed il secondo motivo del ricorso, accoglie, nei limiti di cui in motivazione, il terzo e il quarto, cassa la sentenza impugnata con riferimento ai motivi accolti e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso originario dei contribuenti; compensa per intero le spese di lite.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della V Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 10 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 14 novembre 2019

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