Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29639 del 12/12/2017


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Civile Ord. Sez. 3 Num. 29639 Anno 2017
Presidente: CHIARINI MARIA MARGHERITA
Relatore: POSITANO GABRIELE

ORDINANZA

sul ricorso 11179-2015 proposto da:
PACE DI RICCI CARMELA & C SNC , in persona del legale
rappresentante

pro

tempore,

CARMELA

elettivamente domiciliata in ROMA,

RICCI,

VIA FILIPPO

CORRIDONI 14, presso lo studio dell’avvocato MARCO
PAOLETTI, rappresentata e difesa dagli avvocati

SERGIO CENNI, STEFANO PELLEGRINO, ROBERTO PELLEGRINO
giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –

2017

contro

1257

MINISTERO INTERNO , PREFETTURA-UFFICIO TERRITORIALE
GOVERNO

NAPOLI

in

persona

dei

rispettivi

rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliati

Data pubblicazione: 12/12/2017

in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI

12,

presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende
per legge;
– controricorrenti
avverso

la

sentenza

n.

4688/2014

della

CORTE

udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del

25/05/2017

dal Consigliere

Dott.

GABRIELE POSITANO;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero,
in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
CORRADO MISTRI che ha concluso chiedendo la
declaratoria di parziale inammissibilità e comunque
rigetto del ricorso;

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D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 26/11/2014;

Rilevato che:
sulla base di due contratti stipulati, rispettivamente, il 17 maggio e il 12
ottobre 2000, tra la Prefettura di Napoli e la società Pace s.n.c., specializzata
nella custodia di veicoli sequestrati, si autorizzava la società ad acquistare i
veicoli, scomputando il corrispettivo dovutogli per la custodia, con
l’obbligazione accessoria di quest’ultima di curarne la demolizione e,

targhe dei veicoli. In esecuzione di tale accordo la società provvedeva a
rottamare migliaia di veicoli, ricevendo l’importo di euro 1.683.991. Con
riferimento al pagamento dei successivi veicoli, per i quali la società era
incorsa in ritardo nell’attività di radiazione e consegna delle targhe, a seguito
dell’inerzia del P.R.A, richiedeva e otteneva dal Tribunale di Napoli un decreto
ingiuntivo per il pagamento dell’importo di euro 1.056.981, notificato il 4
dicembre 2003;
con atto notificato il 13 gennaio 2004 proponeva opposizione il Ministero
dell’Interno, ufficio territoriale del Governo di Napoli, eccependo l’infondatezza
della pretesa, l’inesigibilità ai sensi dell’articolo 1460 del codice civile e la
riduzione delle somme in applicazione dei provvedimenti prefettizi relativi alla
clausola penale (articolo 7) fissata nella misura di lire 100.000 per ogni veicolo
e giorno di ritardo nella demolizione, richiesta di radiazione e dichiarazione di
avvenuta demolizione dei veicoli. Nelle more del giudizio di opposizione
venivano emessi i decreti prefettizi relativi alla penale, per importi
notevolmente superiori alla somma ingiunta;
il Tribunale, con sentenza n. 6138 del 2008 rigettava l’opposizione
ritenendo illegittimo il rifiuto all’adempimento ai sensi dell’articolo 1460 del
codice civile opposto dal Ministero e tardiva l’eccezione o domanda di
compensazione relativa alla corresponsione delle penali contrattuali;
avverso tale decisione proponeva appello il Ministero, con atto notificato il
15 maggio 2009 e la Corte d’Appello di Napoli, con sentenza del 26 novembre
2014, nella contumacia della s.n.c. Pace, in accoglimento dell’appello proposto,
rigettava la domanda dell’opposta, condannandola al pagamento delle spese di
lite e ritenendo provata la sussistenza del credito attestato dai decreti prefettizi
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successivamente, la radiazione attraverso il deposito presso il P.R.A. delle

per un importo notevolmente superiore alle somme oggetto di decreto
ingiuntivo;
avverso tale decisione propone ricorso per cassazione Pace s.n.c. di
Carmela Ricci & C. sulla base di quattro motivi. Resiste in giudizio il Ministero
dell’Interno, per la Prefettura-Ufficio territoriale del Governo di Napoli, con
controricorso. La società ricorrente deposita memorie ex art. 380 bis c.p.c. e la

trattazione del ricorso in pubblica udienza e, nel merito, per la parziale
inammissibilità o, comunque, per il rigetto del ricorso.
Considerato che:

preliminarmente va rilevato che con il ricorso introduttivo la società ha
fatto presente di avere comunicato alla controparte in data 22 luglio 2010 la
volontà di rinunziare a parte delle somme per le quali era pendente il giudizio
di appello e relative alla misura degli interessi, a fronte di ogni rinunzia da
parte dell’amministrazione a pretese a titolo di penale o di risarcimento di
danni e che la Prefettura aveva provveduto a corrispondere esattamente
l’importo relativo alla misura degli interessi oggetto di transazione. L’eventuale
cessazione della materia del contendere, per transazione intervenuta nel corso
del giudizio di secondo grado / non forma oggetto di un’eccezione in senso
stretto e, pertanto, può essere rilevata dal giudice d’ufficio non essendo il
relativo rilievo subordinato alla specifica e tempestiva allegazione della parte
(Sez. 2 – , Sentenza n. 10728 del 03/05/2017 e ), in quanto il regime delle
eccezioni si pone in funzione del valore primario del processo, costituito dalla
giustizia della decisione, che resterebbe svilito ove anche le questioni rilevabili

Procura Generale deposita conclusioni scritte, con richiesta preliminare di

d’ufficio fossero subordinate ai limiti preclusivi di allegazione e prova previsti
per le eccezioni in senso stretto (Sez. U, Ordinanza interlocutoria n. 10531 del
07/05/2013, Rv. 626194 – 01);
nel caso in esame, il presunto perfezionamento della transazione sarebbe
intervenuto nel corso del giudizio di secondo grado, nel quale l’odierno
ricorrente è stato contumace, pertanto, è stato allegato con il ricorso per
cassazione che costituisce la prima difesa utile al fine di documentare la
circostanza. Orbene, alla luce dei motivi di ricorso, del comportamento/
4
i/j/

processuale della P.A., anche in questa fase, deve escludersi che la proposta
della società ricorrente, sul presupposto del passaggio in giudicato della
sentenza di primo grado di esclusione delle penali, sia stata accettata
dall’amministrazione che, infatti, ha proseguito il giudizio di secondo grado
sull’inadempimento e sui danni derivatine. Pertanto, la vicenda relativa alla
dedotta transazione non incide su questa parte della controversia e, ai fini che

nel merito, con il primo motivo la società deduce la violazione dell’articolo
112 c.p.c, nonché degli articoli 324 e 329 dello stesso codice, ai sensi
dell’articolo 360, n. 3 c.p.c, nonché violazione, anche sotto il profilo
dell’omessa motivazione o della mera apparenza della motivazione, degli
articoli 111 della Costituzione, 132 n. 4 del c.p.c. e 118 delle disposizioni di
attuazione, con riferimento all’articolo 360, n. 3 c.p.c. Lamenta la società che
la Corte avrebbe errato nell’accogliere il sintetico terzo motivo di appello
relativo all’omessa pronuncia riguardo alla domanda di riduzione delle somme,
senza avvedersi che il Tribunale aveva esaminato e rigettato la domanda,
precisando che non vi era stata istanza a titolo di compensazione o, in via
riconvenzionale, formulata nei termini di rito con riferimento alla
corresponsione delle penali contrattuali;
con il secondo motivo deduce violazione degli articoli 24 e 111 della
Costituzione, nonché degli articoli 1242 e 1243 del codice civile, nonché
articolo 183, quinto comma c.p.c. (nella versione applicabile al giudizio in
oggetto), ai sensi dell’articolo 360, n. 3 c.p.c. Lamenta che la Corte avrebbe
ritenuto provato il controcredito dell’Amministrazione sulla base della mancata

qui interessano, non è rilevante;

impugnazione dei decreti prefettizi, che non avrebbero potuto essere contestati
perché venuti in esistenza successivamente alla prima udienza di comparizione
e depositati oltre i termini dell’articolo 183 c.p.c. e che la domanda non è stata
formalizzata all’udienza di precisazione delle conclusioni, udienza alla quale il
Ministero non era comparso;
con il terzo motivo deduce violazione delle disposizioni oggetto del
precedente motivo, nonché dell’articolo 1372 del codice civile, con riferimento
al contenuto dei contratti sottoscritti dalle parti e violazione degli articoli 2697,[
L’/Vt6
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1382-1384 e 1242-1243 del codice civile, ai sensi dell’articolo 360 n. 3. La
società rileva che i decreti prefettizi non avrebbero potuto attestare un credito
certo, liquido ed esigibile dell’Amministrazione, trovando applicazione, in tema
di contratti conclusi a trattativa privata, la disciplina contrattuale, per cui il
credito relativo alla penale avrebbe dovuto essere accertato dal giudice sul
presupposto dell’inadempimento. Censura, infine, la circostanza che

40% degli interessi maturati, aveva proseguito il giudizio di appello;
con il quarto motivo lamenta la contraddittorietà e l’illogicità manifesta
della motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’articolo 360
n. 5 c.p.c, nella parte in cui la Corte, da un lato, rileva che la società Pace non
era inadempiente ed aveva eseguito gli oneri ad essa incombenti con
trascurabile ritardo, tanto da rendere illegittimo il rifiuto all’adempimento ai
sensi dell’articolo 1460 del codice civile, nello stesso tempo, pur rilevando un
più grave inadempimento dell’Amministrazione, ha ritenuto fondata l’eccezione
di compensazione che si basava sull’accertamento dei medesimi inadempimenti
degli obblighi scaturenti dai contratti, precedentemente negati;
i primi due motivi possono essere trattati congiuntamente perché
strettamente connessi. La ricorrente censura l’asserita assenza di eccezione o
di domanda riconvenzionale di compensazione e rileva che il presunto
controcredito dell’Amministrazione troverebbe fondamento in atti entrati nel
processo oltre la scadenza dei termini di decadenza del thema decidendum;
le censure sono infondate ricorrendo l’ipotesi di compensazione impropria,
che si verifica quando i contrapposti crediti e debiti delle parti hanno origine,
come nel caso di specie, da un unico rapporto. A tale ambito non si applicano
le norme processuali che pongono preclusioni o decadenze alla proponibilità
delle relative eccezioni, poiché la valutazione delle reciproche pretese importa
soltanto un semplice accertamento contabile di dare ed avere, al quale il
giudice può procedere anche in assenza di eccezione di parte o della
proposizione di domanda riconvenzionale (Sez. 3, Sentenza n. 8971 del
19/04/2011, Rv. 617816 – 01). Pertanto, il calcolo delle somme a credito e a
debito può essere compiuto dal giudice d’ufficio, in sede di accertamento della
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l’amministrazione pur avendo aderito all’accordo transattivo, risparmiando il

fondatezza della domanda, attesa l’inapplicabilità delle norme processuali che
pongono preclusioni o decadenze alla proponibilità delle relative eccezioni (Sez.
3, Sentenza n. 17390 del 08/08/2007, Rv. 598660 – 01). Per il resto, sin
dall’atto di opposizione l’odierna controricorrente aveva contestato la propria
debenza in conseguenza dei ritardi che avevano caratterizzato l’esecuzione dei
contratti, il che equivale a proporre una domanda di accertamento

consente di superare le doglianze della ricorrente fondate, per entrambi i
motivi, sulle decadenze e preclusioni;
il terzo motivo è inammissibile attesa la novità della censura relativa alla
eccessività della penale, in considerazione, altresì, del fatto che la società
ricorrente non ha contestato o impugnato i decreti prefettizi che
determinavano l’ammontare delle penali e non ha sottoposto al giudice
elementi per rideterminare ed eventualmente ridurre le penali ritenute
eccessive e determinate in via autoritativa dall’amministrazione. Sotto tale

profilo il potere di riduzione ad equità della clausola penale, di cui all’art. 1384
c.c, che pure compete d’ufficio al giudice, è subordinato all’onere di allegazione
della parte, riguardo alle ragioni della presunta eccessività della penale;
il quarto motivo è inammissibile poiché si tratta di una censura che
riguarda la contraddittorietà della motivazione che non è consentita ai sensi
dell’attuale testo dell’articolo 360, n. 5 c.p.c. applicabile rationis temporis,
il ricorso deve essere rigettato; le spese del presente giudizio di
cassazione possono essere compensate in considerazione delle alterne vicende
processuali che hanno interessato le parti e per la riferita esistenza di un
accordo transattivo. Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui al
D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. n. 228 del
2012, art. 1, comma 17: “Quando l’impugnazione, anche incidentale, e’
respinta integralmente o e’ dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte
che l’ha proposta e’ tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione,
principale o incidentale, a norma del comma 1-bis. Il giudice da’ atto nel
provvedimento della sussistenza dei presupposti di cui al periodo precedente
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dell’ammontare concreto dell’eventuale credito vantato dalla s.n.c. Pace. Ciò

e l’obbligo di pagamento sorge al momento del deposito dello stesso”.
P.T.M.
Rigetta il ricorso e compensa integralmente tra le parti le spese
processuali.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.p.r. 115 del 2002, daàtto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente,

ricorso principale, a norma del comma ibis dello stesso articolo 13.
Così deciso nella camera di Consiglio della Terza Sezione della Corte
Suprema di Cassazione in data 25 maggio 2017

dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il

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