Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29637 del 28/12/2020
Cassazione civile sez. II, 28/12/2020, (ud. 21/07/2020, dep. 28/12/2020), n.29637
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente –
Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –
Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –
Dott. VARRONE Luca – Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 23374-2019 proposto da:
N.M., ammesso al patrocinio a spese dello Stato e rappresentato
e difeso dall’avv. Maria Cristina Romano con studio in Milano via
Fontana, 2;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro-tempore
rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura dello Stato presso i
cui uffici domicilia in Roma, via dei Portoghesi, 12;
– resistente-
avverso il decreto n. 5180/2019 del Tribunale di Milano pubblicato il
14/6/2019;
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
21/07/2020 dal Consigliere CASADONTE Annamaria.
Fatto
RILEVATO IN FATTO
che:
– il ricorrente N.M., cittadino senegalese, ha impugnato il decreto del tribunale di Milano di diniego della protezione internazionale e di quella umanitaria;
– a sostegno della propria richiesta, il richiedente asilo ha dichiarato di essere originario della regione di Louga, trasferitosi a (OMISSIS) e di avere cominciato a lavorare presto per le difficoltà economiche della sua numerosa famiglia composta dai genitori, ancora viventi, e da 12 figli, dei quali egli è il secondogenito; ha aggiunto di aver lavorato come scaricatore di porto, muratore, panettiere e di essere espatriato per motivi di salute legati alla lesione del timpano all’orecchio sinistro da cui è affetto e che gli procurava otiti ricorrenti che causavano spesso gravi infezioni; ha precisato che a causa del costo elevato dei medicinali e della difficoltà di reperirli non aveva potuto curarsi adeguatamente e che a seguito dei dolori lancinanti dovuti all’infezione che gli impedivano di recarsi al lavoro, era stato più volte licenziato;
– una volta giunto in Italia, nel giugno 2017, era stato sottoposto ad intervento chirurgico di miringoplastica; temeva tuttavia il rientro forzato che avrebbe potuto determinare l’impossibilità di curarsi qualora il problema di salute si fosse riproposto;
– il tribunale di Milano non accoglieva le sue domande di protezione, argomentando la sua decisione sulla base dell’insussistenza delle condizioni legittimanti la concessione dei benefici richiesti;
– la cassazione del provvedimento è chiesta dal richiedente asilo con ricorso tempestivamente notificato ed affidato ad un unico motivo;
– l’intimato Ministero si è costituito ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, secondo periodo.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
che:
– con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di fatti decisivi ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, con particolare riguardo a quanto prospettato nella memoria depositata il 17/7/2018 nell’ambito del procedimento avanti al tribunale e, in particolare, nella relazione medica alla stessa allegata come documento 19, ove la Dott.ssa T. aveva attestato che il ricorrente, dopo essere stato sottoposto nel giugno 2017 all’intervento di miringoplastica sinistra per via auricolare con buon esito nel brevissimo periodo, nell’agosto 2017, nel gennaio 2018 del maggio 2018 aveva manifestato nuovi episodi di otite che avevano richiesto terapie antibiotiche e cure in ambito specialistico; ad avviso di parte ricorrente si tratta di certificazione idonea ad attestare la portata dell’indicato handicap da cui egli è affetto e che conferma la necessità del costante monitoraggio e di cure frequenti;
– sotto altro profilo, ma sempre nell’ambito del medesimo motivo, il ricorrente deduce l’omessa valutazione di alcune circostanze allegate a comprova dell’integrazione del ricorrente in Italia, quali il conseguimento della licenza media, la frequenza di corsi di specializzazione e lo svolgimento di tirocinio come addetto alla cucina;
– il motivo è inammissibile con riguardo ad entrambi i profili;
– per quanto concerne il primo la doglianza non attinge la statuizione del tribunale milanese, che ha negato il riconoscimento dei requisiti per il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari sulla scorta della motivazione che i dedotti motivi di salute all’esito dell’intervento di miringoplastica, dovevano ritenersi migliorate e che all’esito dell’acquisizione di informazioni attraverso fonti specificamente indicate nel decreto, era stato accertato che nella regione di provenienza del richiedente vi è un ospedale regionale ed un centro sanitario dove sono reperibili antibiotici e medicinali essenziali; inoltre il decreto del tribunale ha ulteriormente considerato che l’insufficienza del sistema sanitario pubblico senegalese segnalato da varie fonti, con necessità di ricorrere a strutture sanitarie private a pagamento nonostante l’implementazione di assicurazioni carattere comune, non pone il ricorrente in una posizione di particolare svantaggio rispetto a quella degli altri suoi connazionali in ragione della remissione significativa della sua patologia a seguito dell’intervento di miringoplastica eseguito in Italia; tale statuizione non viene efficacemente invalidata dalla censura e, pertanto, non può trovare accoglimento;
– con riguardo al livello di integrazione socio-lavorativa, il tribunale ha evidenziato come il ricorrente viva in un appartamento in condivisione con altri connazionali e lavori in nero a giornata come magazziniere, in una condizione sociale cioè che, in assenza di situazioni di specifica ed insuperabile vulnerabilità correlata al rischio di violazione dei diritti umani fondamentali nel suo paese di provenienza, non rappresenta di per sè elemento sufficiente ai fini del rilascio della c.d. protezione umanitaria;
– poichè nemmeno tale statuizione è efficacemente censurata, il ricorso va complessivamente dichiarato inammissibile;
– nulla va disposto sulle spese di lite, stante il mancato svolgimento di effettiva attività difensiva da parte dell’intimato Ministero;
– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Seconda sezione civile, il 21 luglio 2020.
Depositato in Cancelleria il 28 dicembre 2020