Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29635 del 28/12/2020
Cassazione civile sez. II, 28/12/2020, (ud. 30/06/2020, dep. 28/12/2020), n.29635
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente –
Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –
Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
Dott. DE MARZO Giuseppe – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 20407-2019 proposto da:
M.Y., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE ANGELICO 38
ROMA – presso lo studio dell’avvocato MARCO LANZILAO, che lo
rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS) IN PERSONA DEL 2020 MINISTRO
PRO-TEMPORE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI
12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e
difende;
– controricorrente –
avverso il decreto del TRIBUNALE di TRIESTE, depositata il
29/05/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
30/06/2020 dal Consigliere Dott. DE MARZO GIUSEPPE.
Fatto
FATTI DI CAUSA
1. Con decreto depositato il 29 maggio 2019 il Tribunale di Trieste ha rigettato l’opposizione proposta, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35, nell’interesse di M.Y., cittadino del Pakistan.
2. Per quanto ancora rileva, alla luce dei motivi di ricorso, il Tribunale ha rilevato: a) che la narrazione del richiedente, quanto alle ragioni per le quali avrebbe abbandonato il Paese, era inverosimile, per la sua genericità, confusione e contraddittorietà; b) che non ricorrevano i presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria, alla luce della non credibilità delle ragioni dell’espatrio e dell’assenza nel Punjab, alla luce delle informazioni specificamente indicate nel decreto, di una situazione di violenza generalizzata; e) che i motivi dell’espatrio non potevano essere presi in considerazione, ai fini della cd. protezione umanitaria, alla luce della ritenuta inverosimiglianza del racconto e che, comunque, il richiedente non aveva svolto puntuali allegazioni relativa a situazioni di vulnerabilità, anche in ragione dell’assenza di un sufficiente radicamento nel territorio italiano, comprovato dalla mancata, adeguata conoscenza della lingua.
3. Avverso tale decreto, nell’interesse del soccombente, è stato proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi. Il Ministero intimato non ha svolto attività difensiva.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, si lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e 5, “omesso l’erroneo esame delle dichiarazioni rese dal ricorrente alla Commissione territoriale e delle allegazioni portate in giudizio per la vaiutazione della condizione personale del ricorrente”.
La doglianza, prospettata tanto con riguardo alla protezione sussidiaria che a quella cd. umanitaria, è inammissibile – e ne è chiaro indizio anche la formulazione della rubrica che si colloca palesemente al di fuori del catalogo di vizi denunciabili ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, – dal momento che, attraverso mere asserzioni, aspira, nella sostanza, ad una rivalutazione delle risultanze istruttorie preclusa in questa sede.
2. Con il secondo motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e 5, violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, omessa applicazione dell’art. 10 Cost., contraddittorietà tra le fonti citate e il loro contenuto, insistendo per la rischiosità della situazione in Pakistan.
La doglianza è inammissibile.
Quanto alla domanda di protezione sussidiaria, il Tribunale ha escluso, sulla base della consultazione di fonti informative qualificate delle quali ha dato puntualmente conto, che il Pakistan sia da considerare teatro di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno od internazionale.
Il giudice di merito ha altresì rilevato che manca l’allegazione di fatti che rendano il ricorrente personalmente esposto al rischio di un danno grave in caso di rimpatrio, tale non potendosi ritenere la situazione di grave instabilità del Paese. A fronte di tali rilievi, il ricorrente si limita a contrapporre alla ricostruzione da parte del Tribunale della situazione generale del suo Paese di origine una propria ricostruzione, fondata su diverse informazioni, sostanzialmente con l’obiettivo di conseguire una rivisitazione delle valutazioni di merito del Tribunale inibita, invece, a questa Corte.
3. Con il terzo motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e 5, omessa applicazione dell’art. 10 Cost., errata valutazione delle condizioni personali del ricorrente, ai fini della concessione della cd. protezione umanitaria, ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6.
L’ampio motivo è inammissibile, in quanto al netto di considerazioni di carattere generale, non si confronta con la motivazione del decreto impugnato sopra riassunta e aspira meramente ad una rivalutazione delle risultanze istruttorie.
4. In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile e il ricorrente condannato al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, alla luce del valore e della natura della causa nonchè delle questioni trattate.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese di controparte, che liquida in Euro 2.100,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 30 giugno 2020.
Depositato in Cancelleria il 28 dicembre 2020