Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29634 del 12/12/2017


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Civile Ord. Sez. 3 Num. 29634 Anno 2017
Presidente: DI AMATO SERGIO
Relatore: POSITANO GABRIELE

ORDINANZA

sul ricorso 27742-2014 proposto da:
COMUNE DI MARSALA

in persona del

legale

rappresentante p.t. il vicesindaco ANTONIO VINCI,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA F. CESI 72,
presso lo studio dell’avvocato DOMENICO BONACCORSI,
rappresentato e difeso dall’avvocato MARCO SIRAGUSA
giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente contro

GENNA VITTORIA , elettivamente domiciliata in ROMA,
PIAZZALE BELLE ARTI 8, presso lo studio dell’avvocato
IGNAZIO ABRIGNANI, che la rappresenta e difende
unitamente all’avvocato FRANCO GALFANO giusta procura

Data pubblicazione: 12/12/2017

a margine del controricorso;

avverso

la

sentenza n.

controricorrente

1104/2014

della CORTE

D’APPELLO di PALERMO, depositata il 03/07/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 17/02/2017 dal Consigliere Dott.

GABRIELE POSITANO;

Z-7,4—–1

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Rilevato che:
con atto di citazione del 20 febbraio 2003, Vittoria Genna evocava in giudizio il
Comune di Marsala davanti all’omonimo Tribunale chiedendone la condanna al
risarcimento del danno subìto in conseguenza delle gravi lesioni verificatesi per il
fatto di essere inciampata, in data 31 agosto 2001, su una buca, profonda e non
segnalata, insistente sulla strada pubblica. Costituitosi il Comune di Marsala

dell’insidia ed affermando che l’evento era da attribuirsi esclusivamente a
disattenzione dell’attrice;
il Tribunale, con sentenza del 18 luglio 2007, rigettava la domanda escludendo
che lo stato dei luoghi determinasse una situazione insidiosa, precisando che
l’accaduto avrebbe potuto essere evitato usando la dovuta diligenza ed escludendo
la responsabilità dell’amministrazione comunale anche con riferimento alla
disciplina dell’articolo 2051 c.c, individuando l’ipotesi di caso fortuito nella
condotta colposa della danneggiata;
avverso tale decisione proponeva appello Vittoria Genna e la Corte d’Appello di
Palermo, con sentenza pubblicata il 3 luglio 2014, in riforma della sentenza
impugnata condannava il Comune di Marsala al risarcimento dei danni in favore
dell’appellante, riconoscendo un concorso di colpa nella misura del SO% ai sensi
dell’articolo 1227 del codice civile;
avverso tale decisione propone ricorso per cassazione l’amministrazione
comunale di Marsala sulla base di tre motivi. Resiste in giudizio Vittoria Genna con
controricorso;

Considerato che:
con il primo motivo l’amministrazione comunale lamenta violazione e falsa
applicazione dell’articolo 2051 c.c. degli articoli 112 e 345 c.p.c., in relazione
all’articolo 360, nn. 3 e 4 c.p.c. per avere la Corte territoriale erroneamente
escluso che costituisse mutatío libelli la richiesta dell’appellante di ricondurre la
responsabilità del Comune di Marsala alla fattispecie di cui all’articolo 2051 c.c.
anziché a quella, esclusivamente dedotta dinanzi al Tribunale, di cui all’articolo
2043 c.c.;
il motivo è fondato. La Corte d’Appello ha escluso la sussistenza della
domanda nuova, non perché la responsabilità oggettiva prevista dall’articolo 2051
c.c. non costituisse profilo nuovo e diverso rispetto alla responsabilità per colpa e
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contestava il fondamento della domanda deducendo l’insussistenza dei presupposti

dolo prevista all’articolo 2043 c.c, ma perché la questione, secondo la Corte
territoriale, rientrava nel potere di qualificazione giuridica del fatto spettante al
giudice del merito, sul presupposto che la danneggiata, in citazione, avesse
allegato una situazione di fatto idonea ad integrare la fattispecie contemplata nella
disposizione di cui all’articolo 2051 c.c.;
pertanto, la questione centrale attiene alla circostanza se l’attrice abbia, sin

situazioni fattuali riconducibili all’ipotesi di cui all’art. 2051 c.c, non essendo
sufficiente il generico richiamo alla norma di legge che disciplina suddetta
responsabilità speciale, ove tale richiamo non sia inserito in un’argomentazione
difensiva chiara e compiuta (Sez. 3, Sentenza n. 15666 del 21/06/2013, Rv.
626859 – 01);
rileva la Corte che, quando col ricorso per cassazione venga denunciato un
vizio che comporti la nullità del procedimento o della sentenza impugnata,
sostanziandosi nel compimento di un’attività deviante rispetto ad un modello
legale rigorosamente prescritto dal legislatore, ed in particolare un vizio afferente
all’indeterminatezza dell’oggetto della domanda o delle ragioni poste a suo
fondamento, il giudice di legittimità non deve limitare la propria cognizione
all’esame della sufficienza e logicità della motivazione con cui il giudice di merito
ha vagliato la questione, ma è investito del potere di esaminare direttamente gli
atti ed i documenti sui quali il ricorso si fonda, purché la censura sia stata
proposta dal ricorrente in conformità alle regole fissate dagli artt. 366, primo
comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4 c.p.c. (Sez. U, Sentenza n. 8077 del
22/05/2012, Rv. 622361 – 01);
dall’esame dell’atto di citazione non emerge l’allegazione degli elementi che
caratterizzano la responsabilità ex art. 2051 c.c. (Sez. 3, Sentenza n. 18609 del
05/08/2013, Rv. 627478 – 01), non avendo l’attrice enunciato in modo
sufficientemente chiaro situazioni di fatto suscettibili di essere valutate come
idonee, in quanto compiutamente precisate, ad integrare la fattispecie
contemplata dall’art. 2051 c.c;
a tale fine il nucleo centrale della pretesa è così enunciato i citazione: “ritenuto
che la menomazione subita dalla Genna è direttamente riconducibile alla caduta
della quale la stessa è stata vittima e che la caduta è avvenuta solo ed
esclusivamente per la profondità della buca che non era segnalata e per la
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dall’atto introduttivo del giudizio, enunciato in modo sufficientemente chiaro

pessima manutenzione della strada”. E’ evidente, pertanto, che i due profili della
mancanza di manutenzione e dell’omessa segnalazione involgono profili di
presunta colpa dell’amministrazione comunale, riferibili alla fattispecie di cui
all’art. 2043 c.c. Pertanto, la decisione da parte del giudice del rinvio dovrà essere
emessa sulla base dei criteri della responsabilità extracontrattuale ex art. 2043
c.c;

1227, 2043 e 2051 c.c., in relazione all’articolo 360 n. 3 c.p.c. per avere la Corte
territoriale ritenuto che, ancorché la situazione di pericolo fosse conosciuta dalla
danneggiata e che, pertanto, in considerazione delle concrete condizioni di tempo
di luogo in cui il sinistro si è verificato, la colpa della danneggiata non rappresenti
caso fortuito per il solo fatto che il sinistro si è verificato nel normale utilizzo della
strada;
il motivo è assorbito, in quanto la diversa qualificazione della domanda
oggetto della precedente doglianza costituisce profilo rilevante ai fini della
valutazione delle censure poste a sostegno del secondo motivo;
con l’ultimo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione
dell’articolo 112 c.p.c., in relazione all’articolo 360 n. 4 c.p.c., per avere
condannato il Comune al pagamento di una somma maggiore di quella richiesta
dalla danneggiante, con ciò pronunziando ultra petíta, con conseguente nullità
della sentenza dì appello;
in particolare, l’amministrazione rileva che, nell’operare i conteggi relativi al
risarcimento del danno sulla base delle tabelle del Tribunale di Milano, la Corte
territoriale avrebbe statuito in maniera del tutto svincolata rispetto ai limiti della
domanda originaria formulata ìn citazione dalla danneggiata, liquidando un danno
risarcibile in misura notevolmente superiore a quello richiesto. La pronunzia
sarebbe rientrata nell’ambito dei limiti della domanda solo a seguito della
decurtazione nella misura del 50%, in conseguenza del concorso di colpa ai sensi
dell’articolo 1227 c.c., operata in un secondo momento;
la censura è fondata, in quanto, quando l’attore abbia quantificato la pretesa
risarcitoria in un importo determinato, così limitando l’ammontare del “quantum”
richiesto, il giudice che condanni il convenuto al pagamento di una somma
maggiore di quella risultante dalla quantificazione operata dall’istante incorre in
ultrapetizione (Cass. lav., n. 13876/2016). L’ipotesi sussiste anche quando si
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con il secondo motivo deduce violazione e falsa applicazione degli articoli

pervenga a tale maggiore importo prima di applicare la riduzione conseguente alla
misura del concorso di colpa ex art. 1227 c.c. Infatti, il limite della domanda ed il
conseguente petitum rileva con riferimento all’importo del danno astrattamente
risarcibile, in quanto l’operazione relativa alla decurtazione delle somme riferite
della percentuale di colpa del danneggiato, costituisce profilo eventuale e
successivo a quello del concreto accertamento e della liquidazione del danno;

primo e terzo motivo; la sentenza va cassata con rinvio, atteso che, per quanto
rilevato in premessa, il giudice del merito non ha correttamente qualificato la
domanda proposta e, conseguentemente, non ha valutato la posizione dell’ente
pubblico, che, nella specie, secondo la domanda, risponde dei danni subiti
dall’utente secondo la regola generale dell’art. 2043 cod. civ., sicché in tal caso, il
giudice del rinvio dovrà verificare se il danneggiato abbia provato il fatto illecito
della P.A. ed il nesso causale, mentre ricade su quest’ultima l’onere della prova di
fatti impeditivi o limitativi della propria responsabilità. Nella liquidazione del danno
dovrà attenersi al limite della domanda, con riferimento all’importo del danno
astrattamente risarcibile, prima di operare l’eventuale decurtazione ex art. 1227
c.c.
P.T.M.
La Corte accoglie il primo e terzo motivo di ricorso; dichiara assorbito il
secondo motivo; cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti; rinvia alla Corte
d’Appello di Palermo in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche
sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile della Corte di
Cassazione in data 17 febbraio/5 dicembre 2017.

ne consegue che il ricorso per cassazione deve essere accolto relativamente al

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