Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29633 del 29/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 29/12/2011, (ud. 14/12/2011, dep. 29/12/2011), n.29633

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITA’ CULTURALI, in persona del

Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

S.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA 0TRANT0

18, presso lo studio dell’avvocato ROSSELLA RAGO, rappresentato e

difeso dall’avvocato VERTONE ANTONIO VITO giusta procura a margine

del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1160/2009 della CORTE D’APPELLO di POTENZA del

22/10/09, depositata il 29/10/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/12/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO IANNIELLO;

udito l’Avvocato Vertone Antonio Vito difensore del controricorrente

che si riporta agli scritti ed insiste per il rigetto del ricorso;

è presente il P.G. in persona del Dott. MARIO FRESA che ha concluso

per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

La causa è stata chiamata alla adunanza in camera di consiglio del 14 dicembre 2011 ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art. 380-bis c.p.c.:

“Con ricorso notificato il 2 febbraio 2010, il Ministero per i beni e le attività culturali ha chiesto, con quattro motivi, la cassazione della sentenza depositata il 29 ottobre 2009 e notificata in data 10 dicembre 2009, con la quale la Corte d’appello di Potenza, in riforma della sentenza di primo grado, aveva accolto le domande svolte da S.D. nei confronti di detto Ministero, di annullamento del trasferimento di questi, disposto il 14 maggio 2004 “per incompatibilità ambientale”, dalla Soprintendenza per i beni archeologici per la Basilicata con sede a (OMISSIS), ove il lavoratore era anche componente della relativa R.S.U., alla Biblioteca nazionale di (OMISSIS), geograficamente dislocata in una diversa sede nell’ambito del medesimo comune.

La Corte territoriale – dopo avere respinto la tesi dell’appellante, secondo la quale la possibilità di trasferimento per incompatibilità ambientale previsto per i pubblici dipendenti dall’art. 32 del T.U. n. 3 del 1957 sarebbe venuta meno a seguito dell’abrogazione di tale norma ad opera del D.Lgs. n. 165 del 2001 nonchè la deduzione di violazione della L. n. 241 del 1990, art. 7 – ha valutato come violata dal Ministero la regola, stabilita dalla L. n. 300 del 1970, art. 22 e dall’art. C.C.N.Q. del 7 agosto 1998, in materia di preventivo nulla osta sindacale per il caso di trasferimento di un componente R.S.U., ritenendo assorbita l’ulteriore censura di difetto delle ragioni giustificative del trasferimento ai sensi dell’art. 2103 c.c..

I motivi di ricorso sono i seguenti:

1 – violazione degli artt. 22 S.L. e 18 C.C.N.Q. (Contratto collettivo nazionale quadri) del 7.8.1998, per quanto riguarda l’adozione da parte della Corte territoriale di una nozione di unità produttiva (dalla quale e alla quale, in caso di trasferimento, è necessario il preventivo nulla osta sindacale) che prescinderebbe dalla ratto dell’art. 22 S.L., che consentirebbe di fare riferimento ad una entità non limitata alla singola sede, filiale, stabilimento, ufficio o reparto, ma ad una più consistente e vasta entità aziendale caratterizzata per sostanziali condizioni imprenditoriali di indipendenza tecnica e amministrativa. Nel caso in esame invece la Corte territoriale avrebbe attribuito la qualità di unità produttiva ad entità costituenti mere articolazioni operative della direzione regionale del Ministero;

2 – violazione degli artt. 22 S.L. e 18 C.C.N.Q. del 7.8.1998 nonchè del D.P.R. 10 giugno 2004, n. 173, art. 20 per non aver tenuto conto, nella individuazione delle unità produttive del Ministero, della concreta organizzazione di questo, quale risultante dal D.P.R. indicato, alla stregua del quale l’unica cui riferire tale nozione sarebbe la Direzione regionale dei beni culturali;

3 – violazione dell’art. 22 S.L. e dell’art. 18 C.C.N.Q. 7.8.1998 anche alla luce dei principi generali che governano il buon andamento e l’efficienza della P.A. ex art. 97 Cost. e dell’equo bilanciamento degli interessi in gioco;

4 – vizio di motivazione della sentenza, laddove erroneamente aveva affermato che la deduzione dell’appellante secondo la quale, a causa del trasferimento, non avrebbe potuto esercitare le proprie funzioni di rappresentanza, non sarebbe stata contestata in giudizio dall’appellato.

Il procedimento, in quanto promosso con ricorso avverso una sentenza depositata successivamente alla data di entrata in vigore della L. 18 giugno 2009 n. 69, è regolato dall’art. 360 c.p.c. e segg. con le modifiche e le integrazioni apportate dalla predetta legge.

Il ricorso, i cui quattro motivi possono essere esaminati congiuntamente, è manifestamente infondato e va pertanto trattato in camera di consiglio per essere respinto.

Va anzitutto premessa l’irrilevanza, sul piano decisorio, del secondo e del quarto motivo di ricorso: il primo in quanto fa riferimento ad un decreto del Presidente della Repubblica successivo ai fatti di causa e di cui non viene sostenuta l’eventuale retroattività; il secondo in quanto investe una considerazione della Corte territoriale ultronea nell’economia del giudizio, ove l’accertamento aveva ad oggetto la violazione di precise norme legislative e contrattuali collettive e con esse la mera possibilità che, per effetto del trasferimento di un componente della r.s.u. non preceduto dal necessario nulla osta sindacale, ne risulti pregiudicata l’azione sindacale sul luogo di lavoro dell’organizzazione di riferimento.

Va inoltre rilevato che mentre la sentenza impugnata fonda la propria decisione sia sul tenore della L. n. 300 del 1970, art. 22 che sulla norma del contratto collettivo citato, il Ministero ricorrente sviluppa le proprie censure unicamente sulla base dell’analisi della nozione di unità produttiva quale dovrebbe risultare dalla prima disposizione, senza alcun cenno al tenore della norma contrattuale – pur sinteticamente richiamato dalla sentenza impu gnata, laddove precisa che ivi si fa riferimento non all’unità produttiva ma alla “sede diversa” di trasferimento – e alla sua eventuale autonoma rilevanza sul piano considerato.

Come ricordato e riprodotto, infatti, nel controricorso, il tenore della norma contrattuale (della quale non è peraltro necessaria la specifica produzione a norma dell’art. 369 c.p.c., comma 1, n. 4, trattandosi di contratto collettivo nazionale di disciplina dei rapporti di dipendenti da Pubbliche Amministrazioni, come precisato dalle sezioni unite di questa Corte nella sentenza 12 ottobre 2009 n. 21558) è diverso da quello della legge (che usa l’espressione “unità produttiva”), in quanto in esso si precisa (art. 18, comma 4) che “Il trasferimento in una unità operativa in sede diversa da quella di assegnazione dei dirigenti sindacali indicati nell’art. 10, può essere disposto solo previo nulla osta delle rispettive organizzazioni sindacali di appartenenza e della R.S.U. ove il dirigente ne sia componente”.

Una tale carenza argomentativa – oltre che da sola decisiva – appare comunque tanto più significativa, in quanto proprio il citato riferimento fatto dalla norma contrattuale alla rappresentanza sindacale unitaria (istituita in luogo della r.s.a. di cui alla L. n. 300 del 1970, art. 19 e segg.) consente di comprendere con esattezza la delimitazione di ambito operativo del divieto di trasferimento da una unità operativa senza nulla osta sindacale – del resto in linea con la indicata rado della stessa norma di legge, diretta ad evitare pregiudizi all’attività sindacale nel luogo di lavoro in cui è chiamato ad operare il componente della r.s.u. interessato al trasferimento -, individuato nella sede di lavoro ove è stata costituita la r.s.u..

Ciò posto, poichè è pacifico che nel caso in esame, la r.s.u.

interessata, di cui era componente il S. al momento del trasferimento, era costituita nell’ambito della soprintendenza per i beni archeologici di (OMISSIS), era questa l’unità produttiva o unità operativa o sede, dalla quale la legge e il contratto collettivo hanno stabilito per il dirigente r.s.u. l’inamovibilità, salvo preventivo nulla osta sindacale.

Ne consegue che il trasferimento del controricorrente da tale unità alla Biblioteca nazionale di (OMISSIS), geograficamente dislocata in una diversa sede nell’ambito del medesimo comune, rientrava nell’ambito della disciplina di cui all’art. 22 S.L. e 18, comma 4 del Contratto collettivo nazionale quadri sulle prerogative sindacali del 7 agosto 1998, così come ritenuto dalla sentenza impugnata.” Sono seguite le rituali comunicazione e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in camera di consiglio.

Il Collegio condivide il contenuto della relazione, rigettando pertanto il ricorso, con le normali conseguenze di legge.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il Ministero ricorrente a rimborsare al resistente le spese di questo giudizio di cassazione, liquidate in Euro 30,00 per esborsi ed Euro 2.000,00, oltre spese generali (12,50%), IVA e CPA, per onorari di avvocato.

Così deciso in Roma, il 14 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2011

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