Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29633 del 22/10/2021

Cassazione civile sez. lav., 22/10/2021, (ud. 23/02/2021, dep. 22/10/2021), n.29633

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – rel. Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29519/2015 proposto da:

D.M.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CONFALONIERI

1, presso lo studio dell’avvocato CARLO CIPRIANI, rappresentata e

difesa dall’avvocato FRANCESCO PANNARALE;

– ricorrente –

contro

REGIONE PUGLIA, in persona del Presidente e legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA NIZZA 53, presso lo

studio dell’avvocato FABIO CAIFFA, rappresentata e difesa

dall’avvocato ISABELLA FORNELLI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2615/2014 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 16/12/2014 R.G.N. 2186/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

23/02/2021 dal Consigliere Dott. FEDERICO BALESTRIERI.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

Con sentenza del 8.9.08 il Tribunale di Bari accoglieva la domanda promossa da D.M.G. e per l’effetto condannava la Regione Puglia al pagamento della somma di Euro 28.549,53 per differenze retributive maturate dal giugno 1999 al febbraio 2005, oltre interessi e spese di lite.

La ricorrente aveva esposto di essere inquadrata nella ctg D/5 del CCNL Comparto Regione – Autonomia Locali; l’inquadramento era stato riconosciuto in base della L.R. Puglia n. 1 del 2005, art. 73, che prevedeva, in sede di applicazione delle disposizioni di cui alla L.R. Puglia n. 14 del 2004, art. 59, che dovevano essere inquadrati nella relativa qualifica funzionale i dipendenti, fra cui la ricorrente, ammessi con riserva al concorso interno (indetto il 30.12.97 ed espletato il 4.6.98 e da cui venne inizialmente esclusa) per titoli ed esame per n. 482 posti di 8Aqualifica;

– con Det. Dirig. n. 1018 del 2000, la Regione Puglia aveva provveduto ad integrare la graduatoria di merito del concorso in parola, inserendo i nominativi dei 17 candidati che medio tempore avevano ottenuto giudizialmente l’ammissione con riserva alla procedura concorsuale, ivi inclusa la D.M.;

– con Det. Dirigente del Settore Personale, Organizzazione e Metodi n. 266 del 16.2.05, in ottemperanza alla L.R. Puglia n. 1 del 2005, art. 73, la Regione aveva inquadrato nella ex 8 qualifica funzionale D3, con decorrenza dal 1.6.1999, i dipendenti di cui all’Allegato A, tra cui l’istante cui era stata poi attribuita, a seguito della sottoscrizione del contratto individuale di lavoro, la ctg. D/5;

– lamentava che non aveva ricevuto, illegittimamente, l’erogazione delle differenze retributive dal 1.6.1999, come gli altri dipendenti vincitori del concorso, a causa di un errore dell’amministrazione nell’inquadramento della ricorrente derivante dal ritardo nell’espletamento delle prove con violazione della par condicio tra i vincitori della stessa procedura.

Tanto premesso, chiedeva la condanna della Regione Puglia al pagamento della somma di Euro 28.594,53 per differenze retributive maturate dal giugno 1999 a febbraio 2005, oltre interessi e spese di lite.

La Regione, costituitasi in giudizio, eccepiva l’infondatezza della domanda precisando che:

– la D.M. aveva presentato domanda di partecipazione pur essendo inquadrata nella VI qualifica funzionale per cui era stata esclusa dal concorso in quanto “priva qualifica richiesta”;

– a seguito della impugnazione proposta dalla medesima avverso il citato provvedimento di esclusione, il Consiglio di Stato aveva disposto, in via cautelare, la sua ammissione allo svolgimento delle prove orali;

– in seguito, con Det. Dirig. n. 1018 del 2000, la Regione Puglia aveva provveduto ad integrare la graduatoria di merito del concorso in parola, inserendo i nominativi dei candidati che medio tempore avevano ottenuto l’ammissione con riserva alla procedura concorsuale, ivi inclusa la D.M.;

– in base alla L.R. Puglia n. 1 del 2005, art. 73, in sede di applicazione delle disposizioni di cui alla L.R. Puglia n. 14 del 2004, art. 59, dovevano essere inquadrati nella relativa qualifica funzionale sia gli originari vincitori di concorso che i dipendenti, fra cui la ricorrente, ammessi con riserva al concorso interno per titoli ed esame per n. 482 posti di 8 qualifica;

– l’inquadramento definitivo della D.M. era avvenuto con Det. del Dirigente del Settore Personale, Organizzazione e Metodi n. 266 del 16.2.2005: con il provvedimento in parola la Regione aveva fissato la decorrenza giuridica dell’inquadramento nella ctg. D3 dal 1.6.1999, coincidente con quella attribuita agli altri vincitori del concorso interno e nella ctg. D5 dal 1.3.2005, non sussistendo il diritto alla progressione economica orizzontale;

Il Tribunale accoglieva la domanda, riconoscendo il diritto attoreo ad ottenere l’inquadramento giuridico ed economico dalla stessa data degli altri vincitori di concorso atteso il sinallagma tra il diritto al trattamento economico e l’effettiva prestazione di attività lavorativa in favore dell’Amministrazione.

La Regione proponeva appello avverso la sentenza; resisteva la D.M. chiedendo il rigetto del gravame.

Con sentenza depositata il 19.12.14, la Corte d’appello di Bari accoglieva il gravame e rigettava la domanda proposta dalla D.M., ritenendo che il trattamento retributivo superiore non poteva spettare se non dall’inizio effettivo della prestazione lavorativa non rilevando invece nella fattispecie il riconoscimento ai fini giuridici della qualifica da epoca anteriore; compensava le spese del doppio grado.

Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la D.M., affidato a tre motivi, cui resiste la Regione con controricorso.

La Procura Generale ha presentato conclusioni scritte con cui chiede il rigetto del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 136 Cost., comma 1 e della L. n. 87 del 1953, art. 30, comma 3 (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3).

Con secondo motivo denuncia la violazione del D.L. 29 dicembre 2011, n. 216, art. 11, comma 6 sexies, inserito in sede di conversione dalla L. 24 febbraio 2012, n. 14, art. 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con terzo motivo denuncia la violazione degli artt. 1336,1375 c.c. e art. 2077 c.c., comma 2, nonché del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 68, comma 1.

Esponeva la ricorrente che la vicenda de qua era stata interessata da un duplice intervento della Corte Costituzionale. Il primo (sent. n. 373/02) dichiarò incostituzionali le norme (L.R. n. 26 del 1984 e L.R. n. 7 del 1997), che erano alla base del Bando, per avere la Regione riservato tutti i posti a concorso ai dipendenti interni, escludendo conseguentemente l’accesso a concorrenti esterni.

Col secondo intervento (Corte Cost. sent. 354/2010) la Corte dichiarò incostituzionali la L.R. n. 14 del 2004, art. 59, comma 3, e la L.R. n. 1 del 2005, art. 73, relativi agli ammessi con riserva.

Dunque gli interventi del Giudice delle leggi erano dapprima caduti sulle norme poste a base del Bando de quo, quindi sulla norme regionali che avevano ammesso con riserva i concorrenti originariamente esclusi.

Esaminando congiuntamente le doglianze, può in sintesi osservarsi che la ricorrente lamenta sostanzialmente che ella aveva diritto, pur essendo stata ammessa con riserva al concorso e quindi all’esito della procedura sopra descritta, a considerarsi ab imis vincitrice del concorso, ed al trattamento retributivo previsto per la qualifica conseguita non tanto in base alle ll.rr. di sanatoria (nn. 14/04 e 1/05, anch’esse dichiarate incostituzionali, circostanza sulla quale si concentrò l’attenzione della Corte barese) bensì in base al D.L. 29 dicembre 2011, n. 216, art. 11, comma 6 sexies (inserito dalla legge di conversione, L. 24 febbraio 2012, n. 14, art. 1) che faceva salve le procedure concorsuali espletate.

Il ricorso è infondato.

L’art. 6-sexies ora citato, invocato dalla ricorrente, stabilisce: “il D.L. 6 luglio 2011, n. 98, art. 16, comma 8, convertito, con modificazioni, dalla L. 15 luglio 2011, n. 111, non si applica alle procedure già fatte salve dal D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, art. 45, comma 12, in data precedente all’entrata in vigore del medesimo comma 8, successivamente definite con la sottoscrizione di contratti individuali di lavoro che hanno determinato e consolidato effetti giuridici decennali.

Il D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, art. 45, comma 12, poi chiarisce: “Sono portate a compimento le procedure di reclutamento per cui, alla data di entrata in vigore del presente decreto (aprile 1998), siano stati emanati i relativi bandi, ovvero (sempre ad aprile 1998) siano stati adottati i provvedimenti autorizzativi da parte dei competenti organi, fermo restando quanto previsto dalla L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 39”.

Ora è evidente che la disciplina invocata non può ritenersi applicabile al caso di specie. Non è infatti contestato che la Regione indisse un concorso interno per la copertura di n. 482 posti di VIII qualifica funzionale, in dichiarata applicazione della L.R. Puglia n. 7 del 1997, art. 32, con provvedimento n. 3 del 4.6.1998 – a firma del Dirigente del Settore Personale, Organizzazione e Metodi.

Premesso infatti che la L. n. 449 del 1997, art. 39, non deroga minimamente alla disciplina esposta, riguardando la programmazione assuntiva delle amministrazioni pubbliche, deve comunque rimarcarsi che la C.Cost. (sent. n. 373/02) dichiarò incostituzionali le norme (L.R. n. 26 del 1984 e L.R. n. 7 del 1997) che erano alla base del Bando, e quindi (sent. 354/2010) l’incostituzionalità della L.R. n. 14 del 2004, art. 59, comma 3 e L.R. n. 1 del 2005, art. 73, relativi agli ammessi con riserva.

Il bando in questione è stato dunque radicalmente espunto dall’ordinamento giuridico (art. 136 Cost., comma 1), sicché nulla ostava a successivi provvedimenti che, non fondandosi più sul bando (e sulla relativa par condicio dei partecipanti vincitori, ma su successive valutazioni della Regione) insediassero il personale, come la D.M., da epoca successiva e con decorrenza economica dal momento dell’effettivo svolgimento delle mansioni superiori, come da consolidato orientamento del Consiglio di Stato (C.d.S. sez VI n. 913/94; C.d.S. sez. VI n. 1460/94; C.d.S. sez. VI n. 1688/96; C.d.S. sez. VI n. 5825/03).

Come osservato correttamente dalla sentenza della Corte di merito, tale principio, che lega all’effettiva esplicazione dell’attività di servizio del pubblico dipendente la corresponsione del relativo trattamento economico, in base al nesso di corrispettività tra le due prestazioni che costituiscono il contenuto essenziale e qualificante del rapporto, subisce deroga nella sola ipotesi di un comportamento illegittimo della pubblica amministrazione (che abbia impedito l’esercizio dell’attività lavorativa nel corso di un rapporto di pubblico impiego già in atto) cfr. C.d.S., sez. IV, n. 1054/96; C.d.S.sez. VI 19 n. 808/94, Cass. n. 23611/13 per il caso di annullamento in via di autotutela da parte della P.A. datrice di lavoro con contestuale reintegra del lavoratore nel servizio, ove si è affermato che la P.A. è tenuta a procedere alla “restituito in integrum” del rapporto anche per quanto concerne le retribuzioni pregresse; ovvero qualora una espressa disposizione di legge riconosca il diritto del dipendente alla retribuzione (integrare o parziale) anche in mancanza di un’attività di servizio (cfr. C.d.S. sez. VI nn. 4/1989 e 378/1986).

In ogni caso la giurisprudenza amministrativa ha osservato che qualora l’Amministrazione sia tenuta a determinare una decorrenza retroattiva del rapporto, non è tenuta altresì alla corresponsione del relativo trattamento retributivo ove la corrispondente prestazione abbia avuto inizio successivamente, e ciò sia quando la decorrenza retroattiva sia dipesa da estensione del giudicato formatasi nei confronti dei terzi a seguito di provvedimenti spontaneamente adottati dalla Amministrazione (C.d.S. sez VI n. 670/92), sia quando ciò avvenga in virtù di una decisione giurisdizionale (C.d.S. n. 1688/96; C.d.S. n. 5825/03). Ne consegue che la retrodatazione di un inquadramento ai fini giuridici, risolvendosi in una fictio iuris, non può comportare alcuna retroattività degli effetti economici, che discendono unicamente dalla data in cui essi sono stati conseguiti quali corrispettivo di una effettiva prestazione lavorativa (C.d.S. sez. V n. 286/00).

Il ricorso deve essere pertanto rigettato.

Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi, Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e c.p.a.. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 23 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 ottobre 2021

 

 

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