Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29632 del 29/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 29/12/2011, (ud. 14/12/2011, dep. 29/12/2011), n.29632

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

D.R. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA VALADIER 53, presso lo studio dell’avvocato ALLEGRA

ROBERTO, rappresentata e difesa dall’avvocato NAVACH MASSIMO giusta

mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS), in

persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, l’AVVOCATURA

CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati PULLI

CLEMENTINA, ALESSANDRO RICCIO, NICOLA VALENTE, giusta procura in

calce al ricorso notificato;

– resistente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE (OMISSIS);

– Intimato –

avverso la sentenza n. 4040/2009 della CORTE D’APPELLO di BARI del

17/11/2009, depositata il 07/12/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/12/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO IANNIELLO;

udito l’Avvocato Navach Massimo difensore difensore della ricorrente

che si riporta agli scritti;

udito l’Avvocato Ricci Mauro delega avvocato Riccio, difensore del

resistente che si riporta agli scritti;

è presente il P.G. in persona del Dott. MARIO FRESA che ha concluso

per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

La causa è stata chiamata alla adunanza in camera di consiglio del 14 dicembre 2011 ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art. 380-bis c.p.c.:

“Con ricorso notificato il 12-18 gennaio 2010, D.R. chiede con un unico motivo, relativo alla violazione della L. 11 febbraio 1980, n. 18, art. 1 e della L. 21 novembre 1988, n. 508, art. 2 nonchè al vizio di motivazione, la cassazione della sentenza depositata il 23 novembre 2009, con la quale la Corte d’appello di Bari ha confermato la decisione di primo grado, di accoglimento delle domanda di indennità di accompagnamento del dante causa della D., B.O., deceduto il (OMISSIS) -, ma con decorrenza dal 1 giugno 2004 anzichè dal primo giorno successivo alla presentazione della domanda in via amministrativa, avvenuta il 29 aprile 2002, come richiesto col ricorso introduttivo del giudizio del 25 novembre 2002.

Nonostante la regolarità della notifica, Ministero non si è costituito in questa sede mentre l’INPS ha depositato la procura al proprio difensore.

Il procedimento è regolato dall’art. 360 c.p.c., e segg. con le modifiche e integrazioni successive, in particolare quelle apportate dalla L. 18 giugno 2009, n. 69.

Il ricorso è manifestamente infondato e va pertanto trattato in camera di consiglio per essere respinto.

Secondo quanto dispone la L. 11 febbraio 1980, n. 18, art. 1 è concessa un’indennità di accompagnamento “ai mutilati ed invalidi civili totalmente inabili per affezioni fisiche o psichiche di cui alla L. 30 marzo 1971, n. 118, artt. 2 e 12 nei cui confronti le apposite commissioni sanitarie, previste dall’art. 7 e seguenti della legge citata, abbiano accertato che si trovano nell’impossibilità di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore o, non essendo in grado di compiere gli atti quotidiani della vita, abbisognano di un’assistenza continua”.

La ricorrente denuncia la violazione di tale norma da parte della sentenza impugnata (il richiamo in rubrica alla L. n. 508 del 1988, art. 2 non viene sviluppato nel corpo del ricorso ed appare comunque ininfluente, in quanto tale articolo riguarda la misura nel tempo e le modalità di corresponsione dell’indennità), col richiamo alla sentenza di questa Corte del 2 luglio 2002 n. 9583, i cui principi la Corte territoriale ha viceversa pienamente osservato.

La decisione invocata ribadisce infatti che la ricorrenza del presupposto della necessità di un aiuto permanente è esclusa quando la malattia accertata sia suscettibile di stabilizzazione ad un livello tale da consentire all’assistito la capacità di svolgere le attività fondamentali (cfr. anche Cass. 10 maggio 2003 n. 7179), escludendo peraltro l’intervento assistenziale dell’indennità di accompagnamento anche nell’ipotesi in cui dalla malattia sia ragionevole prevedere l’esito infausto, salvo che sia possibile formulare un giudizio prognostico di decesso in conseguenza della malattia non solo nell’ai ma anche nel quando, poichè in tale evenienza la necessaria assistenza continua risulta finalizzata non già al compimento degli atti quotidiani bensì a fronteggiare una esigenza terapeutica.

Resta evidente nella logica della decisione citata che, ove non sia prevedibile il “quando” dell’esito infausto della malattia, l’indennità di accompagnamento è dovuta, ma esclusivamente in presenza del presupposto della necessità di un aiuto permanente.

La Corte d’appello ha fatto corretta applicazione dei principi enunciati, rilevando come a seguito dell’intervento chirurgico del novembre del 2001 in relazione ad una grave patologia polmonare, il B., secondo quanto attestato dai C.T.U. nominati sia nel primo che nel secondo grado di giudizio, aveva dimostrato una sufficiente capacità di deambulazione e di capacità ad avere cura di se stesso e goduto di un periodo di relativo benessere, fino al maggio 2004, quando una TAC effettuata in tale mese aveva evidenziato una ripresa violenta della malattia, con gravi ripercussioni sulla sua vita individuale e di relazione dell’assistito.

Esclusa pertanto la pertinenza delle argomentazioni che nel ricorso sostengono la censura di violazione di legge, va rilevato, quanto alla denuncia di vizio di motivazione della sentenza, che la ricorrente si limita a evidenziare la gravità in astratto della patologia tumorale e delle sue conseguenze e ad affermare che ne sarebbe conseguita la ricorrenza dei presupposti di legge per ottenere la richiesta indennità già dalla data di presentazione della domanda in via amministrativa, senza peraltro richiamare adeguati riscontri in fatto di tali affermazioni, già indicati nel giudizio di merito e contrastanti in maniera evidente e decisiva con gli accertamenti compiuti dai c.t.u..

Sono seguite le rituali comunicazione e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in camera di consiglio.

La ricorrente ha depositato una memoria.

Il Collegio, corretto un mero rifuso della relazione, laddove fa riferimento ad una grave patologia polmonare anzichè gastrica (senza che ciò incida in alcun modo sulle argomentazioni svolte), dichiara di condividere il contenuto della relazione e le sue conclusioni, che non appaiono poter essere rimesse in discussione dalla memoria recentemente depositata dalla ricorrente, che ribadisce censure già svolte e che la sentenza impugnata non merita, avendo motivato in maniera adeguatamente argomentata in ordine alla decorrenza del diritto alla indennità di accompagnamento del dante causa della ricorrente.

Il ricorso va pertanto respinto. Nulla per le spese degli intimati, che non hanno svolto difese in questa sede (il sostituto del difensore dell’INPS, comparso in camera di consiglio, si è infatti limitato a chiedere il rigetto del ricorso, mentre il Ministero non è comparso).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 14 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2011

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