Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2963 del 07/02/2020

Cassazione civile sez. I, 07/02/2020, (ud. 14/11/2019, dep. 07/02/2020), n.2963

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. TRIA Lucia – rel. Consigliere –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 36037/2018 proposto da:

S.F., elettivamente domiciliato in Roma V.le B. Buozzi, 19,

presso lo studio dell’avvocato Paola Polano, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato Maria Cristina Faedda;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso la sentenza n. 965/2018 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 12/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

14/11/2019 dal Cons. Dott. LUCIA TRIA.

Fatto

RILEVATO

che:

1. la Corte d’appello di Cagliari, con sentenza pubblicata il 12 novembre 2018, respinge il ricorso proposto da S.F., cittadino del Mali, avverso l’ordinanza del locale Tribunale che ha respinto il ricorso del richiedente avverso provvedimento con il quale la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale ha, a sua volta, rigettato la domanda di protezione internazionale proposta dall’interessato escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione complementare (umanitaria);

2. la Corte d’appello, per quel che qui interessa, precisa che:

a) il richiedente ha dichiarato di avere timore per la propria incolumità a causa di dissidi con lo zio e non poter tornare nel luogo in cui aveva vissuto con la madre prima della scomparsa di lei;

b) si tratta di tristi vicende familiari che, in quanto tali, non consentono di concedere lo status di rifugiato o la protezione sussidiaria di cui alle lettere a) e

b) del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

c) con riferimento all’ipotesi di protezione sussidiaria indicata del medesimo art. 14, lett. c), da fonti accreditate risulta che in Mali il clima generale è instabile e insicuro a causa di molteplici fatti di sangue con attentati dinamitardi nelle principali città, ma questo si verifica nelle zone settentrionali del Paese (da sempre interessate a questo tipo di violenze) e anche nelle zone centrali;

d) peraltro questa situazione non dà luogo ad un conflitto armato interno, che, secondo le indicazioni della CGUE, può portare alla concessione della protezione sussidiaria solamente nella misura in cui si ritenga eccezionalmente che gli scontri tra le forze governative di uno Stato e uno o più gruppi armati o tra due o più gruppi armati siano all’origine di una minaccia grave e individuale alla vita o alla persona del richiedente la protezione sussidiaria, ai sensi dell’art. 15, lett. c), della direttiva, per il fatto che il grado di violenza indiscriminata che li caratterizza raggiunge un livello talmente elevato da far sussistere fondati motivi per ritenere che un civile rinviato nel Paese in questione – o, se del caso, nella regione in questione – correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio di questi ultimi, un rischio effettivo di subire la detta minaccia” (vedi CGUE: sentenza 17 febbraio 2009, Elgafaji, C-465/07, punti 33-35 e 43; sentenza 30 gennaio 2014, Diakitè, C-285/12, punto 30);

e) inoltre il richiedente viene dalla città di (OMISSIS) situata nella regione meridionale del Kayes ove certamente non vi è alcuna situazione di conflitto armato interno;

f) ne deriva l’impossibilità di riconoscere la protezione sussidiaria richiesta;

g) quanto alla protezione umanitaria la copiosa documentazione medica prodotta accerta uno stato di profonda sofferenza emotiva derivata dalla storia personale e dalla mancanza di certezze per il futuro che è comprensibile e insita nella situazione in sè del migrante, sicchè non è sufficiente per accordare la protezione umanitaria, secondo quanto stabilito dalla giurisprudenza di merito in materia;

3. il ricorso di S.F., illustrato da memoria, domanda la cassazione della suddetta sentenza per tre motivi; il Ministero dell’Interno resta intimato.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. il ricorso è articolato in tre motivi;

1.1. con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, commi 2 e 3, per avere la Corte d’appello, senza motivazione, escluso la possibilità di concedere la protezione sussidiaria sull’assunto secondo cui nella regione di provenienza del ricorrente, il Kayes, non si registrano le violenze che caratterizzano la parte settentrionale e quella centrale del Mali, senza considerare che il richiedente viene da (OMISSIS), che è un comune che si trova nella regione settentrionale di Timbuctù;

1.1.1. si aggiunge che le argomentazioni della sentenza impugnata sono anche inidonee, per la loro genericità, ad esplicitare il ragionamento posto a base del rigetto della protezione umanitaria;

1.2. con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 2, per omesso esame di fatti decisivi del giudizio rilevato con riferimento al rigetto della domanda per la protezione umanitaria, nella parte in cui si basa sul richiamo ad una “giurisprudenza di merito” della quale non si indicano nè i contenuti nè i principi affermati;

1.3. con il terzo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, con riguardo all’esclusione della sussistenza delle condizioni per riconoscere la protezione umanitaria statuita senza fare riferimento ai documentati elementi che danno dimostrazione dell’avvenuta positiva integrazione in Italia dell’interessato e senza operare alcun confronto con la situazione di vita nel Paese di origine alla luce della giovane età del ricorrente e dell’assenza di legami familiari e parentali in Mali;

2. l’esame dei motivi di censura porta all’accoglimento del ricorso, nei limiti e per le ragioni di seguito indicati;

3. con riferimento al primo motivo deve essere accolto, in primo luogo, accolto il profilo di censura secondo cui dalla motivazione della sentenza impugnata non si comprende perchè la Corte d’appello, pur essendo pacifico che il richiedente ha deciso di emigrare quando era residente nella città di (OMISSIS) – che si trova nella regione del Tombuctù situata nella parte settentrionale del Mali – ha negato la concessione della protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), considerando come zona di provenienza del ricorrente la regione meridionale di nascita del Kayes – ove la Corte territoriale ha escluso che si registrino le violenze che caratterizzano la parte settentrionale e quella centrale del Mali – senza minimamente dare conto della situazione esistente nel Tombuctù, che invece si trova nella parte più violenta del Paese;

3.1. tale omissione è rilevante perchè, in base alla normativa applicabile ratione temporis, il riconoscimento del diritto ad ottenere una misura di protezione internazionale non può essere escluso, nel nostro ordinamento, in virtù della ragionevole possibilità del richiedente di trasferirsi in una zona del territorio del Paese d’origine ove egli non abbia fondati motivi di temere di essere perseguitato o non corra rischi effettivi di subire danni gravi, atteso che tale condizione, contenuta nell’art. 8 della direttiva 2004/83/CE, non è stata trasposta nel D.Lgs. n. 251 del 2007, essendo una facoltà rimessa agli Stati membri inserirla nell’atto normativo di attuazione della direttiva (vedi, per tutte: Cass. 16 febbraio 2012, n. 2294; Cass. 15 maggio 2019, n. 13088);

4. gli ulteriori profili di censura proposti nel primo motivo nonchè negli altri due motivi di ricorso – da trattare insieme, data la loro intima connessione – sono da accogliere con riguardo alla denunciata sostanziale assenza, e quindi apparenza, della motivazione relativa al rigetto sia della domanda di concessione della protezione sussidiaria sia della domanda di concessione del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, domanda che, in base ad un costante orientamento di questa Corte, deve essere frutto di valutazione autonoma, non potendo il relativo rigetto conseguire automaticamente dal rigetto delle altre domande di protezione internazionale, in quanto è necessario che l’accertamento da svolgere sia fondato su uno scrutinio riguardante l’esistenza delle condizioni di vulnerabilità che integrano i requisiti di tale forma di protezione (vedi, per tutte: Cass. 12 novembre 2018, n. 28990);

4.1. in particolare, come denunciato dal ricorrente, la motivazione risulta del tutto inidonea ad esplicitare le ragioni logico-giuridiche poste a base delle anzidette decisioni, in quanto, per la protezione sussidiaria risulta basata sull’erroneo presupposto sopra indicato, del tutto generica e priva di esatti specifici riferimenti alla situazione personale del richiedente mentre per la protezione umanitaria risulta priva di richiami all’indagine sull’esistenza di una situazione si vulnerabilità idonea a integrare il permesso umanitario riferita al richiedente, risolvendosi in una generica enunciazione dei presupposti che, in astratto, possono portare alla concessione della protezione umanitaria, cui si aggiunge la menzione di una “giurisprudenza di merito” della quale non si indicano gli estremi, i contenuti e i principi affermati;

4.2. deve essere ricordato al riguardo che, per costante giurisprudenza di questa Corte, si è in presenza di una “motivazione apparente” allorchè la motivazione, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non rende tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perchè consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talchè essa non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice. Sostanzialmente omogenea alla motivazione apparente è poi quella perplessa e incomprensibile: in entrambi i casi, invero – e purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali – l’anomalia motivazionale, implicante una violazione di legge costituzionalmente rilevante, integra un error in procedendo e, in quanto tale, comporta la nullità della sentenza impugnata per cassazione (vedi: Cass. SU 5 agosto 2016 n. 16599; Cass. sez. un. 7 aprile 2014, n. 8053 e ancora, ex plurimis, Cass. civ. n. 4891 del 2000; n. 1756 e n. 24985 del 2006; n. 11880 del 2007;n. 161, n. 871 e n. 20112 del 2009);

4.3. nella sentenza impugnata, per quanto si è detto, la – pur graficamente esistente – motivazione risulta poco appagante e inidonea a rendere percepibili le ragioni per le quali nella specie si è esclusa la sussistenza dei requisiti per la protezione sussidiaria e per la protezione umanitaria con specifico riguardo alla fattispecie sub judice e alle condizioni del ricorrente;

4.4. pertanto, la motivazione stessa risulta di fatto omessa, visto che, per un costante e condiviso indirizzo di questa Corte, non adempie il dovere di motivazione il giudice che non formuli alcuna specifica valutazione sui fatti rilevanti di causa e, dunque, non ricostruisca la fattispecie concreta ai fini della sussunzione in quella astratta; in una situazione di tal tipo, infatti, il sillogismo che distingue il giudizio finisce per essere monco della premessa minore e, di conseguenza, privo della conclusione razionale (Cass. 27 maggio 2011, n. 11710; Cass. 30 ottobre 2015, n. 22242);

4.5. per le indicate ragioni la motivazione della sentenza impugnata risulta nulla perchè priva delle ragioni di diritto della decisione stessa, cioè di una esposizione logica e adeguata al caso di specie che consenta di cogliere l’iter logico-giuridico seguito e comprendere se le tesi prospettate dalle parti siano state tenute presenti nel loro complesso;

4.6. si tratta, quindi, di una motivazione che corrisponde perfettamente alla suindicata nozione di “motivazione apparente” perchè pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente tuttavia è del tutto apodittica e tale da rendere impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento effettuato dalla Corte d’appello con riguardo alla anzidetta fondamentale statuizione di carattere decisivo (vedi, per tutte: Cass. 7 aprile 2017, n. 9105);

5. in sintesi, il ricorso deve essere respinto;

6. la sentenza impugnata deve essere, quindi, cassata, con rinvio, anche per le spese del presente giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Cagliari, in diversa composizione, che si atterrà, nell’ulteriore esame del merito della controversia, a tutti i principi su affermati.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, nei limiti di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Cagliari, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 14 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 7 febbraio 2020

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