Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2963 del 07/02/2018


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Cassazione civile, sez. lav., 07/02/2018, (ud. 13/09/2017, dep.07/02/2018),  n. 2963

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza 7 maggio 2012, la Corte d’appello di Ancona accertava l’irregolarità del contratto di somministrazione di lavoro per il quale M.M. aveva prestato attività lavorativa in favore dell’utilizzatrice Poste Italiane s.p.a. dal 1 dicembre 2005 al 15 febbraio 2006, costituiva un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato tra le parti e condannava la società datrice alla riammissione in servizio del lavoratore nella filiale di Ancona o in quella più vicina, con mansioni proprie dell’area operativa e al pagamento, in suo favore a titolo di indennità omnicomprensiva ai sensi della L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 5 di otto mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, oltre accessori di legge: così riformando la sentenza di primo grado, che aveva invece rigettato le domande del lavoratore, sul rilievo della sua deduzione di vizi esclusivamente del contratto di lavoro e non di somministrazione.

Preliminarmente disattesa l’eccezione di inammissibilità dell’appello per la ravvisata specificità dei motivi, la Corte territoriale escludeva la dimostrazione di ricorrenza della causale, giustificante la stipulazione del contratto per la somministrazione di lavoro temporaneo stipulato il 24 novembre 2005 tra Poste Italiane s.p.a. e Kelly Services s.p.a. (per l’utilizzazione di 24 lavoratori nel periodo 1 dicembre 2005 – 15 febbraio 2006 con mansioni di addetti allo sportello per “punte di più intensa attività cui non sia possibile far fronte con le risorse normalmente impiegate”, in dipendenza della scadenza del pagamento dell’Ici nel dicembre 2005), nell’unità produttiva in cui il lavoratore era impiegato, in quanto caratterizzata da un effettivo, concreto e specifico fabbisogno di personale ulteriore.

Sicchè, essa riteneva l’irregolarità della somministrazione di lavoro e la conversione del rapporto tra le parti in uno subordinato a tempo indeterminato e l’applicabilità, ratione temporis, dell’indennità omnicomprensiva introdotta dalla L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 5 in via esclusiva e liquidata nella misura suindicata, non sussistendo i presupposti per la dimidiazione prevista dal comma 6.

Con atto notificato il 7 (14) novembre 2012, Poste Italiane s.p.a. ricorreva per cassazione con sette motivi, richiamati con memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c., cui resisteva il lavoratore con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 434 c.p.c., comma 1, artt. 342 e 346 c.p.c., per inammissibilità del ricorso in appello del lavoratore, siccome privo della specifica indicazione dei motivi di impugnazione e introduttivo di nuove eccezioni in ordine al contratto di somministrazione tra le società utilizzatrice e somministratrice.

2. Con il secondo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 20, art. 21, comma 1, lett. da a) ad e), art. 27 e art. 112 c.p.c., per vizio di ultrapetizione della sentenza impugnata, per la pronuncia di irregolarità del contratto di somministrazione di lavoro temporaneo in questione, a fronte della deduzione del difetto di specificità delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo per esso previste in riferimento, nel ricorso del lavoratore introduttivo del giudizio, al solo contratto di assunzione dalla società utilizzatrice e non anche di somministrazione tra questa e la fornitrice Kelly Services s.p.a., se non nel ricorso in appello e pertanto tardivamente.

3. Con il terzo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 20, art. 21, comma 1, lett. da a) ad e), art. 27 per la specifica indicazione, erroneamente esclusa dalla Corte territoriale, delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo (individuate nelle “punte di più intensa attività cui non sia possibile far fronte con le risorse normalmente impiegate”) nel contratto di somministrazione di lavoro temporaneo stipulato, integralmente trascritto.

4. Con il quarto, la ricorrente deduce omessa e insufficiente motivazione sul fatto controverso e decisivo della mancata valutazione delle istanze istruttorie formulate in primo grado (e reiterate in appello) debitamente trascritte, in una con la documentazione relativa ai volumi di allibramento del CUAS Marche nei mesi di dicembre 2005 e gennaio 2006 (pure trascritta), riguardanti la prova dell’effettiva ricorrenza della causale giustificante il ricorso alla somministrazione di lavoro temporaneo nell’unità produttiva di utilizzazione del lavoratore, esclusa dalla Corte territoriale con argomentazione assolutamente inidonea.

5. Con il quinto, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 416 c.p.c., D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 20 e art. 2697 c.c., per la generica contestazione dal lavoratore dei dati relativi all’effettiva sussistenza della causale in questione, da ritenersi pertanto provata.

6. Con il sesto, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 27 per la ricorrenza dei requisiti prescritti per la stipulazione del contratto di somministrazione di lavoro a tempo determinato e comunque esclusa, in caso di sua eventuale irregolarità, la conversione del rapporto di lavoro in uno a tempo indeterminato, dovendo piuttosto farsi luogo alla sostituzione dell’utilizzatore al somministratore della titolarità anche formale del rapporto, invariato nella temporaneità.

7. Con il settimo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 183 del 2010, art. 7 per incongruità della determinazione dell’indennità, in ogni caso da dimidiare per la presenza di accordi stipulati con le organizzazioni sindacali, a norma del sesto comma della norma denunciata.

8. Il primo motivo, relativo a violazione e falsa applicazione dell’art. 434 c.p.c., comma 1, artt. 342 e 346 c.p.c. per inammissibilità del ricorso in appello del lavoratore, siccome privo della specifica indicazione dei motivi di impugnazione e introduttivo di nuove eccezioni, è inammissibile.

8.1. Esso difetta di specificità, sotto il profilo dell’inosservanza del principio di autosufficienza, per omessa trascrizione dell’atto di appello denunciato di genericità. Benchè integrante un error in procedendo, per la pertinenza della carenza di specificità dei motivi di appello a un difetto di attività del giudice o delle parti, ossia proprio ad un fatto processuale, sul quale il giudizio verte e del quale la Corte di cassazione deve necessariamente poter prendere cognizione (poichè esso si colloca all’interno di una vicenda tuttora in corso di sviluppo, sia quando ancora si stia svolgendo nella fase del giudizio di merito sia quando sia transitata nel giudizio di legittimità, che pur sempre nel medesimo rapporto processuale s’inserisce; e ciò per la fondamentale unitarietà del procedimento, pur nei diversi gradi e fasi in cui si svolge, che ne rende il vizio sempre attuale, ove sia tale da incidere sulla decisione della causa e da compromettere la realizzazione del “giusto processo”: Cass. s.u. 22 maggio 2012, n. 8077; Cass. 21 aprile 2016, n. 8069), proprio perchè la rottura della corretta sequenza procedimentale investe anche il medesimo giudizio di cassazione, chi vi è preposto al suo diretto accertamento, la censura deve essere proposta dal ricorrente in conformità alle regole fissate al riguardo dal codice di rito: e quindi, in particolare, in conformità alle prescrizioni dettate dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 (Cass. s.u. 22 maggio 2012, n. 8077).

8.2. Peraltro, essa è stata pure non correttamente formulata come error in iudicando, anzichè in procedendo, per le ragioni dette: comunque inconfigurabile per l’assoluta mancanza di riferimento alla nullità della sentenza, che costituisce il proprium sostanziale della denuncia di omessa pronuncia.

E ciò, pur senza accedere al più rigoroso indirizzo di deduzione, anche formale, di censura dell’omessa pronuncia su alcuni dei motivi di appello e in genere su una domanda, eccezione o istanza ritualmente introdotta in giudizio, esclusivamente ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 (Cass. 15 maggio 2013, n. 11801; Cass. 27 ottobre 2014, n. 22759; Cass. 16 marzo 2017, n. 6835), ma secondo quello più flessibile: che esclude la necessaria adozione di formule sacramentali o l’esatta indicazione numerica di una delle censure espressamente e tassativamente previste dall’art. 360 c.p.c., comma 1; con la conseguenza che, ove il ricorrente lamenti l’errore processuale consistito nell’aver ritenuto ammissibile una domanda in violazione delle preclusioni processuali ovvero in un’omessa pronuncia, non sia indispensabile l’esplicita menzione della fattispecie prevista dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, con riguardo alla norma processuale violata, purchè il motivo rechi univoco riferimento alla nullità della decisione derivante dalla relativa violazione (Cass. s.u. 24 luglio 2013, n. 17931; Cass. 31 ottobre 2013, n. 24553; Cass. 28 settembre 2015, n. 19124; Cass. 29 novembre 2016, n. 24247).

9. Il secondo motivo, relativo a violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 20, art. 21, comma 1, lett. da a) ad e), art. 27 e art. 112 c.p.c., per vizio di ultrapetizione della sentenza impugnata, è pure inammissibile.

9.1. Anch’esso è carente di specificità, sotto il profilo dell’inosservanza del principio di autosufficienza, in violazione della prescrizione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, per omessa trascrizione dei ricorsi del lavoratore di primo grado e di appello (Cass. 9 aprile 2013, n. 8569; Cass. 16 marzo 2012, n. 4220; Cass. 17 luglio 2007, n. 15952): sicchè non consente a questa Corte l’esame diretto delle deduzioni denunciate come rispettivamente omesse e tardivamente formulate.

10. Il terzo motivo (violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 76 del 2003, art. 20, art. 21, comma 1, lett. da a) ad e), art. 27 per la specifica indicazione delle ragioni tecniche, produttive, organizzative o sostitutivo nel contratto di somministrazione di lavoro temporaneo stipulato) può essere congiuntamente esaminato con il quarto (omessa e insufficiente motivazione sul fatto controverso e decisivo della mancata valutazione delle istanze istruttorie formulate, in una con la documentazione in relazione alla prova dell’effettiva ricorrenza della causale per la somministrazione di lavoro temporaneo), per ragioni di stretta connessione.

10.1. Essi sono fondati.

10.2. Secondo indirizzo consolidato di legittimità, meritevole di continuità per la sua condivisa correttezza, si reputa che, in tema di somministrazione di lavoro, la causale giustificativa indicata in “punte di intensa attività derivanti dalla acquisizione di commesse che prevedono inserimento in reparto produttivo” sia assistita da un grado di specificità sufficiente a soddisfare il requisito di forma sancito dal D.Lgs. 9 ottobre 2003, n. 276, art. 21, comma 1, lett. c); fermo restando l’onere per l’utilizzatore di fornire la prova dell’effettiva esistenza delle ragioni giustificative in caso di contestazione (Cass. 6 ottobre 2014, n. 21001; Cass. 3 aprile 2013 n. 8120; Cass. 21 febbraio 2012, n. 2521).

10.3. E la dimostrazione dell’effettiva esistenza di tali ragioni, ben verificabile dal giudice per il suo compito di controllo della loro effettività, senza con ciò alcuna estensione al sindacato delle scelte tecniche, organizzative e produttive dell’utilizzatore (Cass. 27 ottobre 2015, n. 21916), è stata offerta dalla ricorrente: con la deduzione di specifici capitoli di prova (debitamente trascritti nella tempestiva istanza di ammissione in primo grado e nella reiterazione in appello: a pgg. 22, 29 e 30 del ricorso) insieme con la documentazione relativa ai volumi di allibramento del CUAS Marche nei mesi di dicembre 2005 e gennaio 2006 (pure riprodotta a pgg. 24 e 25 del ricorso).

10.4. Ma di tale offerta di prova alcun riscontro è stato dato, tanto meno sia pur succintamente argomentato, dalla Corte territoriale: che si è limitata ad una laconica esclusione della prova di effettiva ricorrenza della concreta ricorrenza della causale del contratto di somministrazione in riferimento “alla unità produttiva di utilizzazione del lavoratore” (come osservato dall’ultimo capoverso di pg. 5 al primo di pg. 6 della sentenza).

10.5. Ed allora, deve ritenersi integrato anche il vizio di motivazione omessa o insufficiente. Esso si configura in particolare qualora dal ragionamento del giudice di merito, come risultante dalla sentenza impugnata, emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione (Cass. 25 ottobre 2013, n. 24148), ovvero il medesimo non abbia tenuto conto alcuno delle inferenze logiche che possano essere desunte degli elementi dimostrativi addotti in giudizio e indicati nel ricorso con autosufficiente ricostruzione, essendosi limitato ad assumere l’insussistenza della prova, senza compiere una analitica considerazione delle risultanze processuali (Cass. 2 marzo 2012, n. 3370), ovvero se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o deficiente esame di punti decisivi della controversia (Cass. 18 marzo 2011, n. 6288).

11. Dalle superiori argomentazioni, assorbenti l’esame dei residui motivi dal quinto al settimo, discende allora coerente l’accoglimento del terzo e quarto motivo di ricorso, inammissibili i primi due ed assorbiti gli altri. Ciò che comporta la cassazione della sentenza, in relazione ai motivi accolti, con rinvio, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Ancona in diversa composizione.

P.Q.M.

LA CORTE

accoglie il terzo e il quarto motivo; dichiara inammissibili i primi due, assorbiti gli altri; cassa la sentenza, in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per la regolazione delle spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Ancona in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 13 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 7 febbraio 2018

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