Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29620 del 14/11/2019

Cassazione civile sez. lav., 14/11/2019, (ud. 02/07/2019, dep. 14/11/2019), n.29620

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. RAIMONDI Guido – Consigliere –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – rel. Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 29215/2015 proposto da:

M.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEL CORSO

160, presso lo studio dell’avvocato RAFFAELLO ALESSANDRINI, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

BANCA MEDIOLANUM S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANTONIO GRAMSCI 14,

presso lo studio dell’avvocato FEDERICO HERNANDEZ, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MASSIMO GOFFREDO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 913/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 09/06/2015 R.G.N. 8541/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

02/07/2019 dal Consigliere Dott. PAOLO NEGRI DELLA TORRE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato MARCO ALESSANDRINI per delega verbale Avvocato

RAFFAELLO ALESSANDRINI;

udito l’Avvocato GIAMPIERO DINACCI per delega verbale Avvocato

FEDERICO HERNANDEZ.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 913/2015, depositata il 9 giugno 2015, la Corte di appello di Roma ha confermato la decisione di primo grado, con la quale il Tribunale della stessa sede aveva respinto la domanda di M.M. nei confronti di Banca Mediolanum S.p.A. volta ad ottenere, in relazione all’attività svolta nell’anno 2001, il pagamento di un premio in denaro ulteriore rispetto alle normali provvigioni del promotore finanziario, subordinato dalla preponente al conseguimento di determinati obiettivi di raccolta.

2. La Corte, come già il primo giudice, ha ritenuto maturata la prescrizione quinquennale del diritto ai sensi dell’art. 2948 c.c., n. 4, sul rilievo della irrilevanza, ai fini dell’applicazione della norma, tanto della fonte del credito (contratto stipulato dalle parti o promessa al pubblico del datore di lavoro, secondo l’assunto del promotore), quanto del tempo in cui il credito era divenuto esigibile (febbraio 2002), unicamente rilevando la periodicità dei pagamenti e la loro cadenza, che nella specie era da considerarsi annuale, alla stregua della documentazione in atti.

3. La Corte ha inoltre ritenuto a sostegno della propria decisione che il premio reclamato avesse natura provvigionale in senso lato, così da andare soggetto al medesimo termine di cinque anni stabilito per la prescrizione del credito per provvigioni.

4. Ha proposto ricorso per cassazione il M. con due motivi, assistiti da memoria, cui la Banca ha resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, deducendo la violazione e falsa applicazione dell’art. 1748 c.c., il ricorrente censura la sentenza impugnata per avere ritenuto erroneamente che il credito vantato avesse natura provvigionale, in contrasto con il contenuto del documento, costituente promessa al pubblico ex art. 1989 c.c., che ne regolava le condizioni di attribuzione.

2. Con il secondo motivo, deducendo la violazione e falsa applicazione dell’art. 2948 c.c., n. 4, il ricorrente censura la sentenza per avere erroneamente ritenuto che il pagamento del premio dovesse essere effettuato con cadenza annuale, in contrasto, anche su tale punto, con il contenuto del documento negoziale relativo alla sua regolamentazione, da cui risultava che il periodo di riferimento del premio era dato dalla raccolta netta conseguita nel corso dell’anno 2001 ma che la sua determinazione ed il suo pagamento erano effettuati nel febbraio 2002.

3. I motivi così proposti, da esaminarsi congiuntamente in quanto connessi, non possono trovare accoglimento.

4. Il ricorrente si limita, infatti, in entrambi, a contrapporre la propria lettura e interpretazione del contenuto delle fonti negoziali del credito a quella fatta propria nella sentenza impugnata, là dove la Corte di appello, richiamata la documentazione allegata, ha, da un lato, precisato come la scadenza del mese di febbraio 2002 fosse unicamente quella in cui il premio, sussistendone le condizioni, fosse esigibile dal promotore finanziario (p. 3); dall’altro, accertato come il premio partecipasse della stessa natura del credito per provvigioni, risultando, pertanto, soggetto – alla stregua del principio affermato da Cass. n. 11402/2000, in tema di integrazioni provvigionali – alla prescrizione quinquennale stabilita per tale credito ex art. 2948 c.c., n. 4 (p. 4).

5. Come più volte precisato da questa Corte, la parte che, con il ricorso per cassazione, intenda denunciare un errore di diritto o un vizio di ragionamento nell’interpretazione di una clausola contrattuale – vizio a cui sostanzialmente riconducono entrambi i motivi in esame – non può limitarsi a richiamare le regole di cui agli artt. 1362 c.c. e segg. (peraltro nella specie neppure citate) avendo invece l’onere di specificare i canoni che in concreto assuma violati, ed in particolare il punto ed il modo in cui il giudice del merito si sia dagli stessi discostato, non potendo le censure risolversi nella mera contrapposizione tra l’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata, poichè quest’ultima non deve essere l’unica astrattamente possibile ma solo una delle plausibili interpretazioni, sicchè, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che fosse stata privilegiata l’altra (Cass. n. 28319/2017, fra le molte conformi).

6. D’altra parte, è ugualmente consolidato il principio, per il quale le norme sull’interpretazione dei contratti si applicano anche ai negozi unilaterali, nei limiti della compatibilità dei criteri stabiliti dagli artt. 1362 c.c. e segg., con la particolare natura e struttura della predetta categoria di negozi (cfr. già in tal senso, e per una fattispecie di promessa al pubblico, Cass. n. 2052/1969).

7. In conclusione, il ricorso deve essere respinto.

8. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 200,00 per esborsi e in Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 2 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 14 novembre 2019

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