Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29618 del 14/11/2019

Cassazione civile sez. lav., 14/11/2019, (ud. 13/06/2019, dep. 14/11/2019), n.29618

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – rel. Consigliere –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28271/2014 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS), in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro

tempore, in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A.,

Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S. C.F. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli

avvocati ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, EMANUELE DE ROSE, CARLA

D’ALOISIO;

– ricorrenti –

contro

MEC S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G. FERRARI 12, presso lo

studio dell’avvocato ALESSANDRA PARENTE, rappresentata e difesa

dall’avvocato GIORGIO PANERO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 333/2014 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 21/05/2014 R.G.N. 877/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/06/2019 dal Consigliere Dott. UMBERTO BERRINO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato CARLA D’ALOISIO;

udito l’Avvocato MARCO MONTOZZI per delega verbale Avvocato GIORGIO

PANIERO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Oggetto del presente giudizio è stabilire se il termine di decadenza previsto dal D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, comma 2, che garantisce al lavoratore creditore di retribuzioni o di contributi verso l’appaltatore di ottenerne il pagamento anche dal committente, si applichi solo ai lavoratori o anche agli enti previdenziali quando richiedono direttamente il pagamento di premi o di contributi alla parte datoriale inadempiente.

Nella fattispecie la Corte d’appello di Torino (sentenza del 21.5.2014), accogliendo il gravame della società MEC s.p.a., che si era opposta alla richiesta di pagamento della somma complessiva di Euro 44.591,62, quale obbligata in solido con la Scarl L’Idea Lavoro per contributi non versati all’Inps in relazione al periodo febbraio 2008 – gennaio 2009, ha ritenuto che era fondata l’eccezione di decadenza per mancata osservanza, da parte dell’Inps, del termine biennale, di cui alla citata norma, nell’esercizio dell’azione di recupero del predetto credito, per cui ha dichiarato che nulla era dovuto dalla MEC all’Inps per il titolo di cui in premessa.

Per la cassazione della sentenza ricorre l’Inps con un motivo, illustrato da memoria, cui resiste la MEC s.p.a. con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con un solo motivo il ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, comma 2, così come modificato, prima, dal D.Lgs. n. 251 del 2004, art. 6, commi 1 e 2 e, poi, dalla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 911 (art. 360 c.p.c., n. 3).

2. Assume l’Inps che il D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, comma 2, che regola l’obbligo solidale del committente nell’ambito di un appalto di opere e servizi, in relazione alle retribuzioni e contribuzioni dei lavoratori utilizzati nell’appalto, prevede che il detto vincolo perduri durante l’esecuzione dell’appalto e sino a due anni dalla sua cessazione. Tuttavia, aggiunge il ricorrente, quest’ultima limitazione temporale, che causa la decadenza dal diritto di agire nei confronti del committente (e non anche del datore di lavoro), stando al tenore letterale della norma, è limitata ai lavoratori, in quanto manca nel testo ogni riferimento all’esercizio delle loro funzioni agli enti previdenziali. D’altra parte, gli enti previdenziali non possono decadere da alcun diritto connesso all’esercizio delle loro funzioni in quanto allorquando agiscono per ottenere il versamento di contributi esercitano un potere da cui non possono decadere.

3. Il motivo è fondato.

Invero, come da ultimo questa Corte ha avuto modo di ribadire (Cass. Sez. Lav., sentenza n. 18004 del 4.7.2019), “In tema di appalto di opere e servizi, il termine di decadenza di due anni previsto dal D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, comma 2, nella versione anteriore alle modifiche apportate dal D.L. n. 5 del 2012, conv. con modif. dalla L. n. 35 del 2012, non è applicabile all’azione promossa dagli enti previdenziali nei confronti del committente essendo la stessa soggetta al solo termine di prescrizione”.

In effetti, in precedenza si era chiarito (Cass. Sez. Lav. n. 6532 del 20.3.2014) “La L. 23 ottobre 1960, n. 1369, art. 4 (applicabile “ratione temporis”), che pone il termine di decadenza di un anno dalla cessazione dell’appalto per l’esercizio dei diritti dei prestatori di lavoro, dipendenti da imprese appaltatrici di opere e servizi nei confronti degli imprenditori appaltanti – pur facendo riferimento, oltre che ai diritti al trattamento economico e normativo, anche al diritto di pretendere l’adempimento degli obblighi derivanti dalle leggi previdenziali – limita l’ambito di efficacia del suddetto termine ai diritti suscettibili di essere fatti valere direttamente dal lavoratore, non potendosi estendere invece l’efficacia dell’anzidetta disposizione legislativa ad un soggetto terzo, quale l’ente previdenziale, i cui diritti scaturenti dal rapporto di lavoro disciplinato dalla legge si sottraggono, pertanto, al predetto termine annuale decadenziale” (in senso conf. v. Sez. Lav., sentenza n. 996 del 17.1.2007 e n. 18809 del 16.7.2018).

4. In effetti, l’obbligazione contributiva, derivante dalla legge e che fa capo all’Inps, è distinta ed autonoma rispetto a quella retributiva (Cass. n. 8662 del 2019); essa (Cass. n. 13650 del 2019) ha natura indisponibile e va commisurata alla retribuzione che al lavoratore spetterebbe sulla base della contrattazione collettiva vigente (cd. “minimale contributivo”). Dunque, può affermarsi che la finalità di finanziamento della gestione assicurativa previdenziale pone una relazione immanente e necessaria tra la “retribuzione” dovuta secondo i parametri della legge previdenziale e la pretesa impositiva dell’ente preposto alla realizzazione della tutela previdenziale. Proprio dalla peculiarità dell’oggetto dell’obbligazione contributiva, che coincide con il concetto di “minimale contributivo” strutturato dalla legge in modo imperativo, discende la considerazione di rilevo sistematico che fa ritenere non coerente con tale assetto l’interpretazione che comporterebbe la possibilità, addirittura prevista implicitamente dalla legge come effetto fisiologico, che alla corresponsione di una retribuzione – a seguito dell’azione tempestivamente proposta dal lavoratore- non possa seguire il soddisfacimento anche dall’obbligo contributivo solo perchè l’ente previdenziale non ha azionato la propria pretesa nel termine di due anni dalla cessazione dell’appalto. Si spezzerebbe, in altri termini e senza alcuna plausibile ragione logica e giuridica apprezzabile, il nesso stretto tra retribuzione dovuta (in ipotesi addirittura effettivamente erogata) ed adempimento dell’obbligo contributivo, con ciò procurandosi un vulnus nella protezione assicurativa del lavoratore che, invece, l’art. 29 cit., ha voluto potenziare.

5. In definitiva il ricorso va accolto e l’impugnata sentenza va cassata, con rinvio della causa, anche per le spese, alla Corte d’appello di Torino in diversa composizione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte d’appello di Torino in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 13 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 14 novembre 2019

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