Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29616 del 29/12/2011

Cassazione civile sez. trib., 29/12/2011, (ud. 13/12/2011, dep. 29/12/2011), n.29616

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

R.S.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 204/2007 della COMM. TRIB. REG. di NAPOLI,

depositata il 22/10/2 007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/12/2011 dal Consigliere Dott. ANTONELLO COSENTINO;

udito per il ricorrente l’Avvocato GENTILI, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso per

quanto di ragione.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Agenzia delle Entrate ricorre contro il sig. R.S. per la cassazione della sentenza con cui la Commissione Tributaria Regionale della Campania, confermando la sentenza di primo grado, ha annullato un avviso di recupero del credito d’imposta relativo ad investimenti realizzati dal R. in aree svantaggiate L. n. 388 del 2000, ex art. 8; avviso emesso dall’Ufficio sul presupposto che il contribuente fosse decaduto dal beneficio, a seguito della mancata effettuazione della comunicazione sul contenuto e la natura dell’investimento effettuato prescritta dalla L. n. 289 del 2002, art. 62, comma 1, lett. a).

La Commissione Tributaria Regionale ha ritenuto che il termine del 28.2.03, stabilito per la suddetta comunicazione con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 24.1.03, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del 4.2.03, sia illegittimo per contrasto con la disposizione dettata dalla L. n. 212 del 2000, art. 3, comma 2, secondo cui le disposizioni tributarie non possono prevedere adempimenti a carico dei contribuenti la cui scadenza sia fissata anteriormente al sessantesimo giorno dalla data della loro entrata in vigore o dell’adozione dei provvedimenti di attuazione in esse espressamente previsti; con la conseguenza che dalla mancata osservanza del suddetto termine non potrebbe derivare la decadenza dal beneficio fiscale di cui si discute.

Il ricorso dell’Agenzia delle Entrate si fonda su tre motivi.

Col primo motivo, riferito all’art. 360 c.p.c., n. 3, si denuncia la falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 56, in cui sarebbe incorsa la Commissione Tributaria Regionale accogliendo una doglianza del contribuente (quella relativa all’illegittimità di adempimenti la cui scadenza sia fissata anteriormente al sessantesimo giorno dalla data dell’entrata in vigore delle norme che li impongono) non esaminata dalla Commissione Tributaria Provinciale (che aveva annullato l’avviso di recupero accogliendo l’altra doglianza svolta dal contribuente, relativa alla irretroattività delle disposizione tributarie) e non riproposta dal contribuente in secondo grado.

Col secondo motivo, riferito all’art. 360 c.p.c., n. 4, si denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c., in cui sarebbe incorsa la Commissione Tributaria Regionale omettendo di pronunciarsi sul motivo di appello dell’Ufficio.

Col terzo motivo, riferito all’art. 360 c.p.c., n. 3, si denuncia la violazione della D.L. n. 253 del 2002, art. 1 e L. n. 289 del 2002, art. 62.

Il contribuente non si è costituito.

La causa è stata discussa alla pubblica udienza del 13.12.11, in cui il PG ha concluso come in epigrafe.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il Collegio ritiene necessario esaminare prioritariamente il terzo motivo di ricorso, giacchè esso pone una questione di diritto su cui l’orientamento di legittimità è in via consolidamento.

La ricorrente contesta l’argomento della Commissione Tributaria Regionale secondo cui il termine del 28.2.03 – stabilito dal Direttore dell’Agenzia delle Entrate per effettuare la comunicazione prescritta dalla L. n. 289 del 2002, art. 62, comma 1, lett. a), con provvedimento tempestivamente adottato in attuazione di tale ultima disposizione – sarebbe illegittimo per contrasto con la disposizione dettata dalla L. n. 212 del 2000, art. 3, comma 2, (cd. Statuto del contribuente).

Si osserva al riguardosa con la sentenza n. 3578 del 13.2.09 questa Sezione aveva chiarito che l’imprenditore ammesso a beneficiare, ai sensi della L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 8, dei contributi, concessi sotto forma di credito d’imposta, per l’effettuazione di nuovi investimenti nelle aree svantaggiate del Paese decade da tale beneficio ove abbia omesso di presentare (come previsto dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 62, comma 1, lett. a)), nel termine del 28 febbraio 2003, la comunicazione telematica avente ad oggetto le informazioni sul contenuto e la natura dell’investimento effettuato (cosiddetto “modello CVS”), essendo il suddetto termine previsto dall’art. 62 cit. a pena di decadenza e non avendo, altrimenti, alcun senso la sua previsione ove il beneficio del contributo fosse subordinato alla realizzazione dell’investimento, e non anche all’invio della comunicazione telematica. Lo specifico tema della legittimità del termine del 28 febbraio 2003, in relazione alle disposizione del cd. Statuto del contribuente, è stato poi affrontato nell’ordinanza n. 8254 del 6.4.09, nella quale si è precisato che le norme della L. n. 212 del 2000, emanate in attuazione degli artt. 3, 23, 53 e 97 Cost. e qualificate espressamente come principi generali dell’ordinamento tributario, sono, in alcuni casi, idonee a prescrivere specifici obblighi a carico dell’Amministrazione finanziaria e costituiscono, in quanto espressione di principi già immanenti nell’ordinamento, criteri guida per il giudice nell’interpretazione delle norme tributarie (anche anteriori), ma non hanno rango superiore alla legge ordinaria e, conseguentemente, non possono fungere da norme parametro di costituzionalità, nè consentire la disapplicazione della norma tributaria in asserito contrasto con le stesse. Infine, con la sentenza n. 19627 dell’11.9.09, si è specificamente chiarito che, in tema di contributi concessi sotto forma di credito d’imposta dalla L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 8, per l’effettuazione di nuovi investimenti nelle aree svantaggiate del Paese, l’inosservanza del termine – inizialmente individuato nel 31 gennaio 2003 dal D.L. 12 novembre 2002, n. 253, art. 1, comma 1, lett. a) n. 2, e poi definitivamente fissato al 28 febbraio 2003 dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 62, comma 1, lett. a), – entro il quale i soggetti che hanno conseguito il diritto al contributo anteriormente alla data dell’8 luglio 2002 devono comunicare all’Agenzia delle entrate i dati occorrenti per la ricognizione degli investimenti realizzati, nonchè quelli ulteriori eventualmente stabiliti con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate, comporta la decadenza dal beneficio. In detta sentenza si è infatti precisato che non può attribuirsi alcun rilievo alla circostanza che il provvedimento del Direttore sia stato emesso in data tale da non consentire al contribuente di disporre, rispetto alla predetta scadenza, del termine di sessanta giorni previsto dall’art. 3, comma 3, dello Statuto del contribuente per le norme che introducono adempimenti tributari, in quanto il contribuente è stato posto nella situazione giuridica oggettiva di conoscibilità della scadenza del termine per adempiere il suo onere di comunicazione fin dal 13 novembre 2002, data di pubblicazione del D.L. n. 253 del 2002 (i cui effetti sono stati fatti espressamente salvi dalla L. n. 289 del 2002, art. 62, comma 7), ed il predetto termine è di fonte immediatamente legale, non superabile con una diversa previsione temporale di natura amministrativa.

Il Collegio ritiene di dare conferma e seguito a questo orientamento giurisprudenziale e pertanto la sentenza gravata va cassata, in accoglimento del terzo motivo di ricorso. Restano assorbiti il primo ed il secondo motivo di ricorso e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, si deve decidere la causa nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, respingendo il ricorso del contribuente avverso l’avviso di recupero del credito d’imposta.

Le spese si compensano per i gradi di merito e si pongono a carico dell’intimato per il giudizio di cassazione.

PQM

La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, dichiara assorbiti gli altri e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso del contribuente contro l’impugnato avviso di recupero di credito d’imposta.

Dichiara compensate le spese per i gradi di merito e le pone a carico dell’intimato per il giudizio di cassazione, liquidandole in Euro 1.200 per onorari, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2011

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