Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29615 del 11/12/2017


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 29615 Anno 2017
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: GHINOY PAOLA

ORDINANZA
sul ricorso 26241-2016 proposto da:
GLM SPA, in persona del legale rappresentante, elettivamente
domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA
della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati
GIOVANNI BATTISTA LUCIANO, MELANIA DELOGU;

– ricorrente contro

.0.-

CARBONI LUSSORIO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
COLA DI RIENZO 212, presso lo studio dell’avvocato
LEONARDO BRASCA, che lo rappresenta e difende unitamente
all’avvocato GIUSEPPINA SORO;

– controricorrente

U

Data pubblicazione: 11/12/2017

avverso la sentenza n. 249/2016 della CORTE D’APPELLO di
CAGLIARI SEZIONE DISTACATA di SASSARI, depositata il
28/07/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 09/11/2017 dal Consigliere Dott. PAOLA GHINOY;

1. la Corte d’appello di Cagliari confermava la sentenza del
Tribunale di Tempio Pausania che aveva dichiarato l’illegittimità del
licenziamento intimato da G.L.M. s.p.a. a Lussorio Carboni con lettera
del 5 ottobre 2010, a seguito di contestazione disciplinare con la quale
:4i ~restava al lavoratore di avere, eott n iiva del 7 nillggio 21)1(),
nonché con dichiarazioni rivolte al responsabile di Olbia e ad altro
dipendente al momento della consegna della medesima, formulato
richieste ricattatorie circa le azioni giudiziarie che egli avrebbe potuto
intraprendere nei confronti dell’azienda per l’ipotesi in cui la società
non avesse accettato le condizioni da lui proposte per le sue dimissioni,
minacciando altresì di rivelare “cose negative” sull’azienda. Riteneva
operante la tutela reale, in luogo della tutela obbligatoria applicata dal
primo giudice;
2. per la cassazione della sentenza la G.L.M. s.p.a. ha proposto
ricorso, affidato ai seguenti motivi:
2.1. violazione dell’art 414 cpc, violazione e falsa applicazione
dell’art 2697 cpc, in relazione all’art. 360 comma I n. 3 cpc, per aver
indebitamente provveduto la Corte adita ad integrare le allegazioni del
ricorrente in ordine requisito dimensionale del datore di lavoro,
richiedendo a parte datoriale una prova su un fatto non introdotto in
causa;
2.2. violazione e falsa applicazione degli artt. 2907 cc, 99, 112 e
115 cpc„ non avendo provveduto la Corte d’appello adita all’esame
Ric. 2016 n. 26241 sez. ML – ud. 09-11-2017
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rilevato che:

delle allegazioni di parte ricorrente e/o a verificare se nel corpo del
ricorso introduttivo di primo grado fosse presente alcun riferimento al
dato dimensionale dell’azienda datrice di lavoro e/o della sede cui era
addetto il Carboni, in tal . modo impedendo qualsivoglia deduzione
istruttoria di parte datoriale in merito ai requisiti dimensionali

era chiesta l’applicazione della tutela reale ed altresì con separate
conclusioni di quella obbligatoria;
2.3. nullità della sentenza per violazione dell’art 112 cpc, non
essendosi il Giudice d’appello pronunciato sulla domanda e su tutte le
eccezioni di parte appellata attinenti il merito della causa, ed in
particolare del capo e) della memoria difensiva laddove si sosteneva la
giustezza della sentenza di primo grado in merito all’applicazione della
tutela obbligatoria;
2.4. violazione e/o falsa applicazione degli artt. 612 cp, 1438 cc,
2119 cc, avendo la Corte d’appello errato nell’interpretazione della
normativa sull’illecito penale ex art 612 cpc., laddove ha ritenuto non
integrare la fattispecie di minaccia la condotta posta in essere dal
lavoratore, ciò che avrebbe comportato come conseguenza la falsa
applicazione dell’art 2119 cc in punto di riconoscimento della giusta
causa di licenziamento;
3. Lussorio Carboni ha resistito con controricorso;
4. G.L.M. s.p.a. ha depositato memoria ex art. 380 bis comma 2
c.p.c., mentre la memoria di Lussorio Carboni è pervenuta
tardivamente; questi ha depositato anche, nella stessa data fissata per
l’adunanza camerale, un’istanza di liquidazione delle spese processuali
affrontate nel procedimento ex art. 373 c.p.c., cui è stato allegato il
fascicolo di parte del giudizio di inibitoria.
Considerato che:
Ric. 2016 n. 26241 sez. ML – ud. 09-11-2017
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dell’azienda, tenendo conto anche del fatto che nel ricorso introduttivo

1. i primi tre motivi di ricorso non sono fondati.
Questa Corte a Sezioni Unite nella sentenza n. 141 del
10/01/2006, componendo il contrasto che si era in proposito
verificato nelle sezioni .semplici, in tema di riparto dell’onere
probatorio in ordine ai presupposti di applicazione della tutela reale o

che “fatti costitutivi del diritto soggettivo del lavoratore a riprendere
l’attività e, sul piano processuale, dell’azione di impugnazione del
licenziamento sono esclusivamente l’esistenza del rapporto di lavoro
subordinato e l’illegittimità dell’atto espulsivo, mentre le dimensioni
dell’impresa, inferiori ai limiti stabiliti dall’art. 18 della legge n. 300 del
1970, costituiscono, insieme al giustificato motivo del licenziamento,
fatti impeditivi del suddetto diritto soggettivo del lavoratore e devono,
perciò, essere provati dal datore di lavoro. Con l’assolvimento di
quest’onere probatorio il datore dimostra – ai sensi della disposizione
generale di cui all’art. 1218 cod. civ. – che l’inadempimento degli
obblighi derivatigli dal contratto di lavoro non è a lui imputabile e che,
comunque, il diritto del lavoratore a riprendere il suo posto non
sussiste, con conseguente necessità di ridurre il rimedio esercitato dal
lavoratore al risarcimento pecuniario. L’individuazione di siffatto onere
probatorio a carico del datore di lavoro persegue, inoltre, la finalità di
non rendere troppo difficile l’esercizio del diritto del lavoratore, il
quale, a differenza del datore di lavoro, è privo della “disponibilità” dei
fatti idonei a provare il numero dei lavoratori occupati nell’impresa”.
Ne consegue che nessun onere, né allegativo né probatorio, fa
carico al lavoratore in relazione al requisito dimensionale, incombendo
entrambi sul datore di lavoro, a fronte di una domanda con la quale
venga chiesta (in via principale od esclusiva) l’applicazione della tutela
reale;
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obbligatoria al licenziamento di cui sia accertata l’invalidità, ha chiarito

3. il terzo motivo è inammissibile.
Occorre premettere che ai fini della legittimità del licenziamento
disciplinare irrogato per un fatto astrattamente costituente reato, non
rileva la valutazione penalistica del fatto, né la sua punibilità in sede
penale, né la mancata attivazione del processo penale per il medesimo

ordine all’ idoneità del fatto a integrare gli estremi della giusta causa o
giustificato motivo del recesso (Cass. n. 37 del 03/01/2011, Cass. n.
20731 del 03/10/2007).
In applicazione dei principi che devono condurre la valutazione ai
fini dell’incidenza della condotta sul vincolo fiduciario, la Corte
territoriale ha quindi valutato l’inserimento della condotta nell’ambito
della situazione lavorativa del Carboni, caratterizzata da conflittualità,
cui la proposta transattiva non accettata voleva porre fine, idonea ad
attenuarne la gravità.
In tal senso, laddove si limita a ribadire la natura effettivamente
minacciosa della condotta, il motivo non coglie la ratio decidendi del
giudice di merito, che ha svolto la sua indagine in coerenza con
l’incidenza della condotta a fini disciplinari;
3.1. deve aggiungersi che la Corte territoriale ha avuto riguardo
anche all’idoneità del comportamento minaccioso concretamente
posto in essere a determinare una coartazione effettiva della volontà
del destinatario, argomentando che una minaccia vaga ed
indeterminata, avulsa dal contesto oggettivo, in difetto di ulteriori
circostanze significative desunte dalla qualità dei soggetti, dai pregressi
rapporti, sia insufficiente ad integrare gli estremi del reato richiamato,
in coerenza con gli approdi della giurisprudenza penale, che valorizza
l’idoneità costrittiva del male minacciato, (v. Cass. pen. n. 40782 del
11/07/2013, Cass. pen. n. 51246 del 30/09/2014), da valutarsi in
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fatto addebitato, dovendosi effettuare una valutazione autonoma in

concreto e con un giudizio “ex ante”, tenendo conto delle circostanze
oggettive e soggettive del fatto (v. Cass. pen. n. 32705 del
17/04/2014). Il motivo sotto tale aspetto chiede quindi una diversa
ricostruzione della condotta quale effettivamente realizzata, idonea a
qualificarla in modo più grave, e quindi un nuovo giudizio di merito,

4. per tali motivi, condividendo il Collegio la proposta del relatore,
il ricorso, manifestamente infondato, va rigettato con ordinanza in
camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375, comma 1, n. 5, cod. proc.
C

;

5.

la regolamentazione delle spese processuali segue la

s occombenz a;
6. non può tenersi conto a tali fini delle spese processuali
sostenute dal Carboni per resistere all’istanza di sospensione
dell’efficacia esecutiva della sentenza impugnata nel procedimento ex
art. 373 c.p.c., oggetto di istanza di liquidazione depositata il giorno
stesso dell’adunanza camerale unitamente alla relativa documentazione
e non notificata alla controparte.
Questa Corte di legittimità ha affermato che «spetta alla Corte di
cassazione adita in sede di ricorso contro la sentenza di appello del
giudice di merito pronunciarsi, ai sensi dell’art. 385 cod. proc. civ., con
la sentenza di rigetto, sul diritto al rimborso delle spese processuali
affrontate dalla parte vittoriosa per resistere all’istanza di sospensione
dell’efficacia esecutiva della sentenza impugnata, proposta in virtù
dell’art. 373 cod. proc. civ., i cui atti relativi al conseguente
procedimento incidentale sono producibili ai sensi dell’art. 372
cod.proc. civ., non potendo essere allegati anteriormente alla
proposizione del ricorso, che costituisce il presupposto logicotemporale del suddetto procedimento » (v. Cass. 7248 del 25/03/2009
Ric. 2016 n. 26241 sez. ML – ud. 09-11-2017
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inammissibile in questa sede;

e successive conformi). Ha però precisato che affinché sia rispettato il
principio del contraddittorio, la richiesta di liquidazione è esaminabile a
condizione che l’interessato produca, nei termini di cui all’art. 372,
secondo comma, cod. proc. civ., una specifica e documentata istanza,
comprensiva dei relativi atti, in modo da offrire alla controparte la

21198 del 20/10/2015, Cass. n. 15905 del 29/7/2016). In particolare,
ha chiarito che anche agli atti del procedimento di cui all’art. 373 c.p.c.
si applica il principio desumibile dall’art. 372 c.p.c., comma 2, secondo
cui degli atti e documenti che vengano prodotti disgiuntamente dal
ricorso o dal controricorso deve farsi notifica di elenco indicante la
loro produzione alla controparte a garanzia dell’ovvio rispetto del
contraddittorio, potendosi ovviare al difetto di notifica solo quando il
contraddittorio sia stato comunque garantito (v. Cass. n. 21729 del
23/09/2013) . Se ne è tratta la conseguenza che la mancata notifica
dell’elenco di tali produzioni le rende inammissibili, a meno che
all’udienza di discussione dinanzi alla Corte, oppure, nel caso di
deposito anteriore alla scadenza del termine per la memoria di cui
all’art. 378 c.p.c. in quest’ultima, la controparte abbia la possibilità di
interloquire sulle stesse. Nella fattispecie esaminata dall’arresto del
2009, la parte aveva depositato l’istanza di liquidazione e la relativa
documentazione unitamente alla memoria ex art. 378 c.p.c., non aveva
provveduto ad alcuna notificazione ai sensi dell’art. 372 c.p.c. e la
controparte non era presente all’udienza; la Corte, ritenendo non
garantito il contraddittorio, stante l’assenza della parte all’udienza, ha
dichiarato inammissibile la richiesta di liquidazione. Al contrario, nei
casi esaminati negli arresti del 2015 e 2016, i documenti erano stati
depositati in cancelleria con la memoria ex art. 378 c.p.c. e la presenza

Ric. 2016 n. 26241 sez. ML – ud. 09-11-2017
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possibilità di interloquire sul punto (Cass. n. 3341 del 11/02/2009, n.

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