Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29613 del 24/12/2020

Cassazione civile sez. I, 24/12/2020, (ud. 24/09/2020, dep. 24/12/2020), n.29613

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – rel. Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso R.G.N. 7550/2019 proposto da:

B.A., rappresentato e difeso, giusta procura speciale

allegata al ricorso, dall’Avvocato Roberto Valenza, presso il cui

studio in Roma, alla Via Cesare Pavese n. 141, è elettivamente

domiciliato;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore;

– intimato –

avverso la sentenza della CORTE DI APPELLO DI ROMA depositata il

22/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/09/2020 dal Consigliere Dott.ssa Irene Scordamaglia.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte di appello di Roma ha rigettato l’appello proposto da B.A., cittadino (OMISSIS) di etnia (OMISSIS), avverso l’ordinanza del Tribunale di quella città del 13 luglio 2017, che aveva respinto il ricorso avverso il provvedimento di diniego della protezione internazionale emesso dalla competente Commissione Territoriale.

1.1. In particolare, la Corte di merito, rilevata l’inattendibilità del racconto del richiedente in ordine alle ragioni che l’avevano indotto ad espatriare – indicate nelle persecuzioni e, comunque, nei trattamenti inumani (sub specie di torture subite in carcere) cui era rimasto esposto in (OMISSIS) in quanto (OMISSIS) e di religione (OMISSIS) -, ha respinto la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato e la domanda di riconoscimento della protezione sussidiaria, aggiungendo, quanto a quest’ultima, che l’appellante non aveva neppure dedotto di aver commesso un qualsiasi fatto criminoso ovvero di essere ricercato dalle forze dell’ordine e che non era dato affermare, sulla base delle fonti di informazione compulsate, che in (OMISSIS) fosse presente una condizione di violenza generalizzata o di conflitto interno o internazionale; ha, altresì, negato al richiedente il riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria, vuoi perchè il rigetto del primo giudice non era stato impugnato con uno specifico motivo di gravame, vuoi perchè dall’esame degli atti non emergevano, comunque, specifici elementi tali da far ravvisare una situazione di particolare vulnerabilità.

2. Per la cassazione della decisione ricorre B.A. sulla base di cinque motivi.

3. L’intimato Ministero dell’Interno non ha spiegato difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine a questione decisiva per la soluzione della controversia. Si deduce che la Corte territoriale, se avesse compiutamente valutato lo scenario di instabilità ed insicurezza politico-sociale esistente in (OMISSIS), con particolare riferimento alla condizione della minoranza (OMISSIS)-(OMISSIS), non avrebbe potuto non riconoscere il più che fondato timore di B.A. di subire, in caso di rientro forzoso in (OMISSIS), un grave danno alla persona, a causa della violazione dei diritti umani, delle detenzioni illegali ivi praticate, dei trattamenti inumani riservati a determinate fasce di popolazione, nell’impossibilità di esprimere liberamente la propria individualità, dell’esistenza di un conflitto locale nel (OMISSIS).

2. Con il secondo motivo si denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 1 della Convenzione di Ginevra del 28.07.1951, ratificata in Italia con la L. n. 722 del 1954, nonchè le norme della Convenzione Europea dei Ditti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali, ratificata in Italia con la L. n. 848 del 1955, richiamato dal T.U. n. 286 del 1998, art. 13 e la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5). Si ascrive alla Corte territoriale di avere respinto la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato, avanzata dal richiedente, che ne avrebbe avuto diritto in ragione delle violenze e dei soprusi, subiti nel Paese di origine (ed ai quali si sarebbe trovato nuovamente esposto in caso di rimpatrio), a causa dell’instabilità ivi esistente per i gravi scontri di carattere etnico e religioso, sulla sola base del giudizio di non credibilità del suo racconto.

3. Con il terzo motivo si denuncia violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 11 e 17; del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6; dell’art. 115 c.p.c.. Si assume che le dichiarazioni del richiedente non sarebbero state vagliate al lume del protocollo valutativo stabilito dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 che impone al giudice di merito di apprezzarle alla luce delle informazioni officiosamente acquisite sul Paese di origine (nel caso al vaglio il (OMISSIS)) e di integrare le carenze probatorie eventualmente riscontrate nella domanda.

4. Con il quarto motivo si denuncia violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 1, e violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Si ascrive alla Corte territoriale di non avere tenuto conto del principio del “non-refoulement”, che vieta il respingimento o l’espulsione dello straniero che possa essere oggetto di persecuzione nel Paese di destinazione o che corra il rischio di essere rinviato in altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione.

5. E’ fondato il primo motivo, con efficacia assorbente sul secondo, sul terzo e sul quarto.

Secondo la giurisprudenza di legittimità, il vizio di motivazione è denunciabile, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, purchè l’anomalia argomentativa, si sia tradotta nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” e si verta dell’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (Sez. U, n. 8053 del 07/04/2014).

Sulla base di queste linee interpretative occorre riconoscere che la censura del ricorrente in ordine all’omesso esame della condizione riservata in (OMISSIS) alle persone di etnia (OMISSIS) coglie nel segno.

La Corte territoriale, non avendo nutrito dubbi in ordine all’etnia (OMISSIS) del richiedente protezione – essendo, invero, del tutto irrilevante l’incertezza in ordine alla regione di sua provenienza -, esercitando i propri poteri-doveri di cooperazione istruttoria, avrebbe dovuto accertare, consultando le Country of Origin Information (COI), se la popolazione di etnia (OMISSIS) sia vittima di persecuzioni in (OMISSIS). In difetto di ragguagli circa tale decisiva questione, la motivazione a corredo del diniego del riconoscimento dello status di rifugiato si rivela apparente perchè del tutto apodittica.

Tanto comporta che in sede di rinvio il giudice di merito colmi la riscontrata lacuna.

6. Con il quinto motivo si denuncia violazione ed errata applicazione della L. n. 1423 del 1956, art. 1 richiamato dal T.U. n. 286 del 1998, art. 13 e, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, violazione del diritto di difesa del richiedente in conseguenza della mancata traduzione in lingua (OMISSIS) del provvedimento di diniego della protezione internazionale.

Il motivo è inammissibile.

Il ricorrente non ha adempiuto all’onere di dimostrare, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di avere eccepito la violazione del diritto di difesa, per mancata traduzione della comunicazione della decisione negativa della Commissione territoriale competente, dinanzi al Tribunale (Sez. 6, n. 18493 del 08/09/2011, Rv. 618980; conf. Sez. 1, n. 16470 del 19/06/2019, Rv. 654638): onere cui non poteva sottrarsi, anche in ragione del silenzio serbato sul punto nella sentenza impugnata.

7. In accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, il terzo e il quarto, dichiarato inammissibile il quinto, la sentenza impugnata va annullata ed il giudizio rinviato alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese della fase di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, il terzo e il quarto e dichiarato inammissibile il quinto, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Roma, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Prima civile della Corte Suprema di cassazione, il 24 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 dicembre 2020

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