Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29611 del 24/12/2020

Cassazione civile sez. I, 24/12/2020, (ud. 24/09/2020, dep. 24/12/2020), n.29611

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 5805/2019 proposto da:

B.N., elettivamente domiciliato in Roma, piazza Cavour, presso

la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’Avvocato Maurizio Sottile;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 66/2019 della Corte d’appello di Bologna,

depositata in data 8/1/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/9/2020 dal cons. Dott. Alberto Pazzi.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. B.N., cittadino (OMISSIS) proveniente dalla regione del (OMISSIS), presentava ricorso avverso il provvedimento emesso dalla locale Commissione territoriale di diniego di riconoscimento del suo status di rifugiato nonchè del suo diritto alla protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex artt. 2 e 14 o a quella umanitaria ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6;

il Tribunale di Bologna, con ordinanza del 29 maggio 2017, rigettava la domanda ritenendo che non sussistessero i presupposti per il riconoscimento di nessuna delle diverse forme di protezione richieste;

2. la Corte d’appello di Bologna, a seguito dell’impugnazione presentata dal richiedente asilo, riteneva che non ricorressero i presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria, dato che in (OMISSIS) era stata abolita la pena di morte e non era in corso alcun conflitto armato; nel contempo la Corte distrettuale reputava che non sussistessero i presupposti per la concessione della protezione umanitaria, poichè nella regione di provenienza del migrante solo saltuariamente si verificavano scontri fra le forze dell’ordine nazionali e i ribelli, dovendosi di conseguenza escludere concreti elementi di pericolo per l’appellante in caso di rimpatrio;

3. per la cassazione della sentenza di rigetto dell’appello proposto, pubblicata in data 8 gennaio 2019, ha presentato ricorso B.N. prospettando tre motivi di doglianza;

il Ministero dell’Interno si è costituito al di fuori dei termini di cui all’art. 370 c.p.c. al fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

Diritto

CONSIDERATO

che:

4.1 il primo motivo di ricorso, sotto la rubrica “violazione ex art. 360, n. 3 in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3,4,5,6 e 14 D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 27 e artt. 2 e 3 CEDU, art. 16 della direttiva Europea n. 2103/32 UE oltre al difetto di motivazione, travisamento dei fatti e omesso esame dei fatti decisivi”, assume che la Corte di merito, pur attribuendo credibilità al ricorrente, non abbia adeguatamente valutato il suo racconto in ordine al timore di subire un danno grave in caso di rientro in patria, per i rischi connessi alla pratiche di stregoneria messe in atto dalla matrigna;

tale valutazione doveva avvenire tenendo conto del livello culturale del migrante e della situazione socio-politica esistente nella regione del (OMISSIS), zona di provenienza del ricorrente;

4.2 il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2 e 14 nonchè l’omessa valutazione di fatti decisivi, perchè la Corte d’appello avrebbe erroneamente omesso di valorizzare, ai fini della concessione della protezione sussidiaria, le persecuzioni messe in atto dalla matrigna e non avrebbe neppure considerato che la sottoposizione a un processo penale ingiusto nell’ambito di un sistema giudiziario debole, e privo di tutele in caso di custodia cautelare in carcere, avrebbe rappresentato una forma di trattamento inumano e degradante;

4.3 il terzo motivo di ricorso lamenta la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19 e l’omesso esame di fatti decisivi rispetto alla condizione di integrazione, in quanto la Corte distrettuale non avrebbe valutato adeguatamente, ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, la situazione di integrazione del ricorrente in Italia, i maltrattamenti da lui subiti da parte della matrigna, il quadro di povertà che coinvolge il (OMISSIS) e la fuga dalla Libia resasi necessaria per salvare la vita;

5. i motivi, da esaminarsi congiuntamente in ragione della loro parziale sovrapponibilità e dei coincidenti vizi che li accomunano, sono inammissibili;

giova premettere che la domanda diretta ad ottenere il riconoscimento della protezione internazionale non si sottrae all’applicazione del principio dispositivo, sicchè il ricorrente ha l’onere di indicare i fatti costitutivi del diritto azionato, pena l’impossibilità per il giudice di introdurli d’ufficio nel giudizio (si veda in questo senso, per tutte, Cass. 27336/2018);

il ricorrente assume che la Corte d’appello non abbia valutato, pur giudicando credibile il suo racconto, il timore di subire danni gravi a causa delle pratiche di stregoneria della seconda moglie del padre e, nel contempo, si duole della mancata considerazione di una serie di circostanze ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria;

la sentenza impugnata tuttavia non fa il minimo cenno a simili questioni, che dalla lettura della decisione non risulta fossero state poste dall’appellante (il quale, a dire della Corte di merito, si sarebbe limitato ad addurre, a giustificazione della propria richiesta di protezione internazionale, una situazione di persistente violazione dei diritti umani in (OMISSIS) e l’esistenza di uno stato di vulnerabilità derivante dal viaggio intrapreso per fuggire);

nè dalla narrativa del ricorso per cassazione, come pure dallo svolgimento dei motivi, risulta specificamente indicato dove il migrante, nel corso del giudizio di merito, avesse allegato i timori per le pratiche di stregoneria della matrigna, la propria condizione di integrazione, le condizioni di povertà esistenti in (OMISSIS) e le ragioni della fuga dalla Libia e come tutte queste questioni fossero state devolute alla conoscenza della Corte d’appello secondo le modalità di cui all’art. 342 c.p.c.;

sicchè trova applicazione il principio secondo cui, qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni comportanti accertamenti in fatto di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, è onere della parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso stesso, indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Suprema Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione (Cass. 2038/2019, Cass. 15430/2018, Cass. 6089/2018, Cass. 23675/2013);

la Corte d’appello ha poi accertato, in fatto e rispetto alle questioni dedotte con l’impugnazione, l’inesistenza per l’odierno ricorrente del rischio di subire danni gravi o di concreti elementi di pericolo in caso di rimpatrio;

a fronte di questi accertamenti – che rientrano nel giudizio di fatto demandato al giudice di merito – la doglianza intende nella sostanza proporre una diversa lettura dei fatti di causa, traducendosi in un’inammissibile richiesta di rivisitazione del merito (Cass. 8758/2017); 6. in forza delle ragioni sopra illustrate il ricorso va dichiarato inammissibile;

la costituzione dell’amministrazione intimata al di fuori dei termini previsti dall’art. 370 c.p.c. ed al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione, non celebrata, esime il collegio dal provvedere alla regolazione delle spese di lite.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 24 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 dicembre 2020

 

 

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