Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2961 del 10/02/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 2961 Anno 2014
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: FORTE FABRIZIO

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 27619 del Ruolo Generale degli affari
civili dell’anno 2008, proposto:
DA
LEONARDA PAOLUCCI e COSTANZA PAOLUCCI,
mayer deceduta il 21 giugno 2005,

quali eredi di Costanza

PAOLA DB LAURENTIIS e PIETRO DE

LAURENTIIS, quali eredi di Giovanna Mayer deceduta il 18 maggio
2000, MICHELANGELO MAYER, ELVIRA MAYER, GUGLIELMO MAYER, ETTORE

VISCA e MARIA GRAZIA VISCA,

tutti elettivamente domiciliati in

Roma in Via Circonvallazione Trionfale n. 123 presso l’avv.
Andrea Di Renzo e rappresentati e difesi dall’avv. Augusto La
Morgia da Pescara, per procura in calce al ricorso notificato a
mezzo posta il 21- 22 novembre 2008.

LA

Data pubblicazione: 10/02/2014

RICORRENTI

CONTRO
TELECOM ITALIA s.p.a.,

in persona del procuratore speciale dr.

Guglielmo Bove (atto notar Maria Bellezza in Milano del 4

calce al controricorso notificato il 30 dicembre 2008, dall’avv.
Camillo Tatozzi che elettivamente domicilia in Roma, alla Via N.
ricciotti n. 11, presso l’avv. Michele Sinibaldi.
CONTRORICORRENTE

avverso la sentenza della Corte d’appello dell’Aquila, sez. civ.,
n. 773/2007 del 6 marzo – 10 ottobre 2007. Udita la relazione del
Cons. dr. Fabrizio Forte e sentiti l’avv. Felice Mayer, per
delega dell’avv. La Morgia, per i ricorrenti e il P.M., in
.

persona del sostituto procuratore generale dr. Lucio Capasso, che
conclude per l’accoglimento dei primi due motivi di ricorso, con
assorbimento degli altri.
Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 6 aprile 1993, Giovanna
Mayer, Costanza Mayer, Michelangelo Mayer, Elvira Mayer,
Guglielmo Mayer, Ettore Visca e Maria Grazia Visca convenivano in
giudizio, dinanzi al Tribunale di Pescara, la S.I.P. s.p.a.
divenuta in corso di causa Telecom Italia s.p.a., deducendo di
essere proprietari di due fondi in Pescara Porta Nuova (in C.T. a
F. 31, P.le 230 e 113), ove la convenuta aveva collocato e
interrato alcuni cavi telefonici con le relative condutture,

2
.

novembre 2005 Rep. 69768), rappresentato e difeso, per procura in

costruendo nella P.la 230 un manufatto in c.a. con tombino di
ispezione, e chiedevano quindi la condanna della convenuta a
rimuovere le opere di cui sopra e a risarcire i danni.
Con sentenza del 28 giugno 1998, il Tribunale di Pescara
condannava la S.I.P. s.p.a. a pagare agli attori £. 172.600, con

data della sentenza, sul presupposto che la canalizzazione
interrata avrebbe impedito l’uso, ai fini edificatori, dei
terreni degli attori, determinando una perdita di valore di essi
per effetto della occupazione illecita con i manufatti costruiti
senza autorizzazione dei proprietari, costituenti un asservimento
permanente illecito, dovendosi escludere un’occupazione
acquisitiva, per non esservi stata alcuna trasformazione
irreversibile dei luoghi il cui godimento risultava solo limitato
dalla servitù di fatto di cui sopra.
Ad avviso del Tribunale di Pescara, il danno consisteva nel lucro
cessante provocato dal manufatto realizzato illecitamente fino
alla rimozione di esso, dovendosi ai titolari del fondo il solo
risarcimento del danno da costituzione illecita di una servitù di
fatto, che aveva impedito l’uso delle aree occupate solo per i
venti giorni necessari ai lavori, per ognuno dei quali erano
dovuti gli interessi al tasso di legge del valore delle aree
occupate, e quindi complessivamente la somma di £. 172.600 cui si
perveniva dividendo il valore venale del terreno asservito per
365 (giorni dell’anno) e moltiplicando il quoziente ottenuto per
20, pari al numero dei giorni nei quali erano durati i lavori.
La Telecom proponeva appello avverso tale pronuncia con
3

rivalutazione monetaria di tale somma dall’8 maggio 1985 alla

citazione notificata il l ° settembre 1999, con cui deduceva che,
con decreto del l ° luglio 1999, il Prefetto di Pescara aveva
costituito sul terreno dei ricorrenti una legittima servitù di
linea telefonica, per cui era da dichiarare improponibile la
domanda di rimozione di detta linea divenuta lecita.

la linea telefonica non era edificabile, per essere stato
annullato il P.R.G. di Pescara con sentenza dei giudici
amministrativi del 14 maggio 1987 n. 270 e per essersi calcolato
male il danno, non tenendosi conto degli interessi legali sul
valore del fondo ma solo di quest’ultimo, con la conseguenza che
le controparti avevano ricevuto una somma maggiore di quella loro
spettante.
Ad avviso degli appellati, invece, nessuna sanatoria vi era stata
dell’illecita costituzione di servitù, non potendo il tardivo
decreto prefettizio sanare il pregresso illecito della SIP e
spettando ai proprietari un’indennità di asservimento maggiore di
quello di £ 8.000.000 fissata dal Prefetto, ai sensi dell’art.
234 del D.P.R. 29 marzo 1973 n. 156.
Per i titolari del fondo servente andava liquidato, a titolo
risarcitorio, con il corrispettivo per l’asservimento, anche il
danno connesso all’occupazione illecita del terreno dal 1985 al
1999, da quantificare sul presupposto della natura edificabile
dell’area anche in base al nuovo P.R.G., con ogni effetto che da
tale qualifica derivava alla quantificazione dei danni da
risarcire a favore dei proprietari del terreno asservito.
La Corte d’appello, con sentenza non definitiva del 12 novembre
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La società appellante affermava inoltre che l’area su cui correva

2002, ha dichiarato improponibile la domanda di rimozione della
servitù, per esservi stato un legittimo provvedimento
amministrativo del Prefetto di Pescara che aveva asservito l’area
alla linea telefonica che l’attraversava e, con pronuncia
definitiva n. 773 del 10 ottobre 2007, ha accolto parzialmente il

4,45, da rivalutare annualmente in base agli indici ISTAT di
incremento dei prezzi al consumo, il risarcimento del danno
spettante agli attori a decorrere dall’8 maggio 1985 fino al
decreto prefettizio di asservimento del 1999, rigettando quello
incidentale dei danneggiati e compensando le spese di causa,
ordinando la prosecuzione in separato giudizio dell’opposizione
alla stima di £. 8.000.000 di cui al decreto prefettizio di
costituzione di servitù sul suolo degli appellanti incidentali.
Per la cassazione della sentenza della Corte di appello dell’
Aquila di cui sopra, Leonarda e Costanza Paolucci, eredi di
Costanza Mayer con Paola e Pietro De Laurentiis, eredi di
Giovanna Mayer, e con Michelangelo Mayer, Elvira Mayer, Guglielmo
Mayer, Ettore e Maria Grazia Visca, hanno proposto ricorso di
cinque motivi, notificato il 22 novembre 2008, contrastato da
Telecom Italia s.p.a. con controricorso notificato il 30 dicembre
successivo.
Motivi della decisione
1.1. Il primo motivo del ricorso dei Paolucci, dei De Laurentiis,
dei Mayer e dei Visca deduce falsa applicazione degli artt. 2043
e 2055, 1226, 832 e 1440 c.c., in relazione all’art. 360, 1 °

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gravame principale di Telecom Italia s.p.a. e determinato in

comma, n. 3, c.p.c., per avere la Corte di merito escluso lo
spossessamento continuato dei fondi oggetto di occupazione con la
linea telefonica e la permanenza di quest’ultima, a causa dei
manufatti necessari a esercitare la servitù a decorrere dal
maggio 1985 fino al 1 ° luglio 1999.

rilevato che l’illecito sarebbe durato 20 giorni, cioè per il
tempo necessario alla sola costruzione della linea telefonica
intubata e interrata e quindi, per la sola fase dei lavori a tal
fine eseguiti, dovendosi risarcire invece tutti i pregiudizi da
loro subiti non solo per il tempo necessario alla messa in opera
delle condutture telefoniche ma anche per i danni prodotti dalla
illecita compressione dei diritti di godimento dei proprietari
anche successivamente alla fine dei lavori per costruire la linea
telefonica e il tombino d’ispezione.
Infatti la proprietà dell’area dei ricorrenti risultava asservita
dall’occupazione complessiva di mq. 18, destinati ai cavi in P.la
1978 e di mq. 27 per quelli che, con la cameretta di ispezione,
erano stati collocati nella P.la 230 ed era ancora in corso dopo
il periodo di venti giorni necessario all’escavazione dell’area e
alla costruzione dei manufatti interrati destinati all’esercizio
della servitù e costituenti un peso per la proprietà.
Solo dopo la condanna in primo grado al risarcimento della
Telecom, questa aveva chiesto la costituzione coattiva della
servitù di passaggio della linea telefonica con atto
amministrativo allorché già i manufatti necessari al passaggio
della linea telefonica, avevano dato luogo alla costituzione di
6

Deducono i ricorrenti che la Corte di merito ha erroneamente

fatto ed illecita della servitù relativa, anche con la cabina di
ispezione di detta linea in funzione dal 1985 e ancora in
esercizio.
L’occupazione del sottosuolo per il passaggio della linea
telefonica aveva cagionato un danno permanente ai ricorrenti con

che consentivano l’esercizio della servitù di linea telefonica; i
danneggiati chiedevano quindi che la società telefonica occupante
fosse condannata a pagare i danni cagionati dalle opere da essa
realizzate per l’intero periodo di occupazione ancora in corso,
costituendo la condotta di controparte un illecito permanente
effetto dello spossessamento continuativo del terreno su cui
passava la linea telefonica.
Il quesito conclusivo chiede a questa Corte di affermare che la
Telecom s.p.a. era tenuta a risarcire tutti i danni prodotti dai
suoi manufatti con l’occupazione non autorizzata dei terreni dei
ricorrenti durante e dopo la esecuzione degli scavi per far
passare la linea telefonica sul suolo dei ricorrenti, costituendo
tale linea, come detto, un illecito permanente, dalla data della
sua costruzione fino a quella del decreto prefettizio che aveva
costituito la legittima servitù.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso si deduce violazione degli
artt. 2697, 2043, 2056, 1226, 832 e 820 c.c. in rapporto all’art.
360 n. 3 c.p.c., per avere la Corte d’appello escluso, nel caso,
che il danno da occupazione illecita sussistesse per l’intero
terreno dei danneggiati solo per la occupazione di parte di esso
con la linea telefonica, da qualificare invece danno
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in re

le opere, in parte interrate e in parte costruite in superficie,

ipsa e da liquidare equitativamente in base al valore locativo
dei fondi oggetto di asservimento.
La Corte di merito doveva riconoscere il danno in re ipsa per la
illecita presenza, dal 1985 al 1999, della linea telefonica
interrata, senza tener conto dei pretesi mancati guadagni effetto

necessari a esercitare la linea telefonica costituiva di per sé
illecito permanente da risarcire, anche se successivamente era
stata sanata la condotta ingiusta della occupante con il consenso
dei proprietari, per la costituzione con decreto prefettizio
della servitù di passaggio della linea telefonica.
Il danno doveva liquidarsi sul piano figurativo e tenendo conto
del valore locativo delle aree occupate, da valutare in £ 70.000
a mq., ove non fosse stata possibile la rimozione forzata dei
manufatti realizzati sul terreo dei ricorrenti.
Era da considerarsi errata la determinazione del danno in base
alle coltivazioni perse dei suoli occupati, la cui natura
edificabile impediva di ipotizzare tale tipo di godimento
agricolo delle aree stesse e di collegare ad esso la
reintegrazione per equivalente dei mancati guadagni.
Il quesito conclusivo del secondo motivo di ricorso chiede alla
Corte di rilevare l’esistenza di un danno in re ipsa, per effetto
dei manufatti interrati o in superficie necessari all’esercizio
della linea telefonica e che di per sé hanno impedito un
godimento pieno delle aree

de quibus, determinando un danno

figurativo da liquidare in via equitativa.
1.3. In terzo luogo si denuncia la disapplicazioe degli artt.
8

di tale occupazione; la permanenza non autorizzata dei manufatti

2043, 2056, 1226 e 2697 c.c., e degli artt. 69 e 71 delle legge
n. 2359 del 25 giugno 1865, in relazione all’art. 360 n. 3
c.p.c., per avere la Corte di merito adottato il criterio
residuale degli interessi sul valore venale dell’area, per
quantificare il danno da occupazione illegittima, calcolato negli

occupate, per l’intero periodo in cui in queste era stata
sistemata e interrata la linea telefonica.
E’ errato limitare il risarcimento al solo periodo di occupazione
per l’esecuzione dei lavori di circa 20 giorni, dovendosi tenere
conto invece dell’intero periodo in cui le aree erano state
occupate dalla linea telefonica, anche indipendentemente dalla
fase in cui esse erano state detenute dalla SIP al fine di
costruire la linea telefonica.
Il quesito finale del motivo di ricorso chiede alla Corte di
cassazione di liquidare equitativamente il danno negli interessi
legali sul valore del fondo occupato, per l’intero periodo di
durata dell’occupazione fino al momento della costituzione per
provvedimento amministrativo della servitù.
1.4. Si deduce poi la carenza motivazionale della liquidazione
solo per il periodo limitato della durata dei lavori per
costruire la linea telefonica, senza tener conto della
compressione del diritto di proprietà anche oltre tale fase di
venti giorni destinati a realizzare la linea telefonica
interrata, affermandosi che, dopo l’esecuzione dell’opera, i
terreni erano stati restituiti alla disponibilità dei
proprietari, senza vincoli per costoro.
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interessi legali su tale valore delle piccole porzioni di aree

La Corte d’appello ha affermato che la realizzazione della linea
telefonica aveva dato luogo ad un illecito permanente durato fino
al completamento dei lavori, restituendo all’esito di questi
ultimi la Telecom ai proprietari dei suoli le superfici occupate
per i lavori e facendo cessare l’illecito permanente.

dal 1985 al 1999 e i manufatti della Telecom costituivano la
servitù che incideva negativamente sulla loro proprietà, ledendo
tale diritto, non solo con la costruzione della linea ma anche
con il permanere della stessa nei terreni dei ricorrenti.
Non erano liquidati i danni provocati dal permanere dell’illecita
linea telefonica interrata con i pozzetti di ispezione esterni e
visibili costruiti nelle aree de quibus, con compressione per
tale profilo delle facoltà d’uso del terreno per i proprietari.
Il quesito conclusivo chiede di rilevare l’illecita liquidazione
dei danni limitata ai venti giorni di esecuzione dei lavori e non
estesa a tutti gli anni in cui la linea interrata aveva occupato
i suoli dei ricorrenti, dal maggio 1985 al l ° luglio 1999, data
del decreto prefettizio costitutivo della legittima servitù.
1.5. Il quinto motivo di ricorso deduce la contraddittorietà
della sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c., per
avere collegato il pregiudizio sofferto dai proprietari alla
diminuzione del valore dei fondi e al corrispettivo consistente
nell’indennità di asservimento, per liquidare il dovuto nei soli
interessi di legge sul valore delle superfici occupate,
identificate nelle piccole porzioni occupate materialmente dai
manufatti, collegando solo al valore di queste ultime e non
10

L’illecito, secondo gli appellanti, non era durato 20 giorni ma

dell’intera area dei ricorrenti, gli interessi da computare a
titolo risarcitorio e domandando di rilevare la illegittimità di
tale modo di quantificare i danni, di cui alla decisione oggetto
di impugnazione.
2. Preliminarmente va confermata la legittimazione attiva di

titolari della proprietà del terreno su cui si deduce essersi
realizzata la linea telefonica in difetto del loro consenso
all’asservimento con tale opera dei suoli dei ricorrenti.
2.1. I primi due motivi del ricorso sono fondati e possono
esaminarsi unitariamente per la chiara continuità argomentativa
che li caratterizza, tendendo entrambi ad evidenziare la
esistenza di una servitù di fatto creata senza il consenso dei
titolari del fondo servente con la costruzione della linea
telefonica oggetto della causa.
Effettivamente la Corte d’appello ha rilevato la sussistenza di
uno spossessamento limitato, ma incidente sull’intera area dei
ricorrenti per effetto della collocazione dei cavi interrati
telefonici nei suoli di cui sopra, che da tale condotta e per la
realizzazione del pozzetto di ispezione affiorante all’esterno,
ha subito un servitù di linea telefonica di fatto non solo per i
venti giorni di durata dei lavori ma per tutto il tempo
dell’esistenza della linea telefonica di cui sopra.
La Corte d’appello ha erroneamente escluso che mancasse nella
fattispecie la prova dei danni arrecati ai terreni in proprietà
dei ricorrenti, essendo ovvia sul piano logico e giuridico
compressione delle facoltà di godimento dei proprietari un
11

Costanza e Giovanna Mayer che hanno dimostrato di essere le

volta ultimati i lavori di impianto della linea telefonica, danno
da qualificare in re ipsa (in tal senso, tra molte, le recenti
Cass. 7 giugno 2013 n. 14422, 5 novembre 2012 n. 18396, a partire
dal S.U. 24 giugno 1994 n. 6082).
Il danno permanente da liquidare deriva dallo stesso impianto

telefonica, che determinano la impossibilità di godere e
sfruttare le superfici dei ricorrenti conformemente alla loro
natura e destinazione urbanistica, stante l’imposizione e
l’esercizio della c.d. servitù di fatto.
Gli altri motivi di ricorso restano assorbiti dall’accoglimento
dei primi due, il terzo per essere condizionato (pag. 20 del
ricorso), mentre il quarto e il quinto in quanto deducono censure
sulla durata dell’illecito permanente e sullo spossessamento
provocato ai ricorrenti, cui si è già risposto con l’accoglimento
dei primi due motivi di impugnazione.
La stessa sentenza chiarisce che ai proprietari del fondo
occupato con la linea telefonica spetta sia “l’indennità prevista
dall’art. 234 del D.P.R. n. 156 del 29 marzo 1973 per la
costituzione coattiva della servitù” che “il risarcimento per i
pregiudizi subiti a causa dell’occupazione dei loro terreni nel
periodo antecedente alla imposizione della medesima servitù” con
decreto del Prefetto, così implicitamente riconoscendo il danno
illecito per il tempo tra la costruzione della linea del maggio
1985 e il provvedimento di asservimento del l ° luglio 1999, per
il quale erroneamente esso non si è liquidato.
Secondo la Corte di merito, non avendo gli attori provato ai
12

delle opere necessarie all’esercizio della servitù di linea

sensi dell’art. 2697 c.c. i danni conseguenti all’illecita
costituzione della servitù telefonica, nulla potrebbe liquidarsi
in danno degli istanti, che hanno correttamente richiamato il
criterio forfettario di liquidazione del danno corrispondente
agli interessi legali del valore venale delle arre occupate o

fatto, da calcolare sulla base del valore venale del suolo (£
3.150.000) per i giorni dell’anno (365), giungendo ad una perdita
complessiva di £. 8620 (e 4,45) in rapporto ai soli venti giorni
che precedono; di tale misura dei danni pari a £ 431 per ogni
giorno di durata dell’illecita compressione, non contestata dalla
Telecom rimasta contumace e contro la quale non vi è impugnazione
dei ricorrenti, può quindi partirsi, per liquidare il
risarcimento dovuto per l’intera maggiore durata dell’illecito
permanente e decidere la causa ai sensi dell’art. 384 c.p.c.
3. Il danno da compressione dei diritti dei ricorrenti al 1985
era quindi di £ 431 al giorno e di £. 157.315 all’anno; di
conseguenza, per i quattordici anni e due mesi dal maggio 1985
al luglio 1999, tale danno ammontava £ 2.228.629 (£ 2.202.410 per
i quattordici anni + £. 26219 per i due mesi di cui sopra).
Tale somma corrisponde al risarcimento spettante ai ricorrenti al
1985 e tenuto conto che esso doveva liquidarsi anno per anno con
gli indici di svalutazione che dal 1985 al 1999 è di circa il 90%
ed equitativamente consente di liquidare le perdite di cui sopra
al 1999 in

e 4.234.395 (2.228.629 + 2.005.766); trattandosi di

debito risarcitorio e di valore la somma che precede deve
comunque

attualizzarsi applicando
13

un

indice

di

asservite, per l’intero periodo di durata di tale asservimento di

svalutazione medio dal 1999 ad oggi del 35% (pari a £.
1.482.038), pervenendosi alla complessiva liquidazione di un
danno di £. 5.716.433 pari ad C 2.954,00 che la Telecom dovrà
corrispondere ai ricorrenti, con gli interessi ad un tasso
prefissato del 3% sulla stessa a decorrere equitativamente dal

le perdite e i mancati guadagni subiti dai ricorrenti per il
ritardo del pagamento del dovuto rispetto all’epoca del danno
ingiusto oggetto di causa.
4. In conclusione i primi due motivi di ricorso devono essere
accolti, con assorbimento degli altri, e la sentenza impugnata
deve essere cassata; decidendo la causa nel merito la Telecom
deve esser condannata a corrispondere, a titolo risarcitorio per
la illecita limitazione di fatto del diritto di proprietà dei
ricorrenti dal 1985 al 1999, la somma di C. 2.954,00, oltre agli
interessi come sopra precisato.
Le spese del giudizio di cassazione e di quello di appello devono
porsi, per la soccombenza, a carico della controricorrente
liquidandosi in favore dei ricorrenti ai sensi del D.M. 12 luglio
2012 n. 140, da applicare anche per le prestazioni professionali
eseguite nel vigore delle già vigenti tariffe non più applicabili,
come chiarito da S.U. 12 ottobre 2012 n. 17405. sto.
P.Q.M.
La Corte accoglie i primi due motivi del ricorso, dichiarando
assorbiti gli altri e cassa la sentenza impugnata; decidendo sul
ricorso ai sensi dell’art. 384 c.p.c., liquida il risarcimento

gennaio 1992 al saldo, dovendosi ritenere così reintegrate pure

dovuto in E 2954,00, e condanna la controricorrente a pagare ai
ricorrenti tale somma, con gli interessi nella misura e con la
decorrenza di cui un motivazione.
Condanna la controricorrente a pagare ai ricorrenti in solido
le spese del presente giudizio di cassazione e quelle del

2.200,00 per compensi oltre agli esborsi per C. 200,00, quelle
per il giudizio di appello in C 1.500,00 e infine quanto dovuto
per la causa dinanzi al Tribunale in C 1.200,00, a titolo di
compenso oltre ad C 200,00 per diritti per ciascuno dei gradi di
merito da ultimo richiamati.
Così deciso 1’8 gennaio 2014 nella camera di consiglio della
prima sezione civile della Corte suprema di cassazio
Il

dente

giudizio di appello; liquida le spese per questo giudizio in E

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