Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2961 del 07/02/2020

Cassazione civile sez. I, 07/02/2020, (ud. 14/11/2019, dep. 07/02/2020), n.2961

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. TRIA Lucia – rel. Consigliere –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 35170/2018 proposto da:

S.M., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la

Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’avvocato Claudio Montalto, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– resistente –

avverso la sentenza n. 879/2018 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 22/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

14/11/2019 dal Cons. Dott. LUCIA TRIA.

Fatto

RILEVATO

che:

1. la Corte d’appello di Cagliari, con sentenza pubblicata il 22 ottobre 2018, dichiara inammissibile l’appello proposto da S.M., cittadino del Gambia, avverso l’ordinanza del locale Tribunale che ha respinto il ricorso del richiedente avverso provvedimento con il quale la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale ha, a sua volta, rigettato la domanda di protezione internazionale proposta dall’interessato escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione complementare (umanitaria);

2. la Corte d’appello, per quel che qui interessa, precisa che:

a) il Tribunale ha escluso la sussistenza dei presupposti per la concessione dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria ritenendo che il richiedente non avesse superato il vaglio di credibilità nei termini richiesti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, data la genericità e la vaghezza del suo racconto e l’insussistenza in Gambia di una situazione di violenza indiscriminata ex art. 14, lett. c), dello stesso D.Lgs.;

b) la non credibilità del racconto e la mancanza di situazioni contingenti ha portato il Tribunale ad escludere anche la concedibilità della protezione umanitaria;

c) nell’atto di appello non è censurata, con le modalità richieste dall’art. 342 c.p.c., nell’attuale formulazione, la statuizione con la quale il Tribunale ha considerato del tutto privo di credibilità il racconto del richiedente, sicchè tale statuizione è divenuta definitiva e, di conseguenza, l’atto di gravame va dichiarato inammissibile per la parte relativa al diniego della protezione sussidiaria nonchè a quello riguardante la mancata concessione della protezione umanitaria, anch’essa basata sull’anzidetta inattendibilità del racconto;

d) nell’atto di appello il diniego della protezione umanitaria viene censurato anche sotto il profilo della grave situazione di povertà del Gambia ove non sarebbero garantiti i mezzi di sostentamento per soddisfare i bisogni prima della persona;

e) la censura, così come proposta, è inammissibile perchè formulata per la prima volta in sede di gravame, comunque fa riferimento ad una situazione che non può condurre, da sola, alla concessione della protezione umanitaria richiesta;

3. il ricorso di S.M. domanda la cassazione della suddetta sentenza per due motivi; il Ministero dell’Interno ha depositato solo atto di costituzione ai fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione, cui non ha fatto seguito alcuna attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. il ricorso è articolato in due motivi;

1.1. con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8,D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b), nonchè del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, contestandosi la statuizione con la quale la Corte territoriale ha considerato, ex art. 342 c.p.c., nuovo testo, inammissibile l’atto d’appello nella parte relativa al rigetto del riconoscimento della protezione sussidiaria per mancanza di una censura specifica avverso il giudizio di non verosimiglianza del racconto del richiedente;

1.1.1. si sostiene che, in base alla giurisprudenza di legittimità, la non attendibilità del racconto del richiedente non può essere considerata esclusivo e determinante parametro per escluderne la protezione e quindi per giustificare la mancata attivazione del potere officioso del giudice di cooperazione probatoria;

1.2. con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, nonchè del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, sottolineandosi che le argomentazione svolte per il primo motivo valgono anche con riguardo all’attribuzione del permesso di soggiorno per motivi umanitari e si aggiunge che nella specie la Corte d’appello ha fatto discendere il diniego di tale forma di protezione soltanto dalla ritenuta non credibilità del racconto del ricorrente, senza effettuare una specifica indagine sulle reali condizioni di vita in Gambia dopo la fine della dittatura, caratterizzate da oggettive difficoltà economiche e povertà diffusa;

1.2.1. neppure la Corte d’appello avrebbe dato il giusto rilievo alla perfetta integrazione del richiedente nel tessuto sociale italiano, ove studia, lavora, svolge attività di volontariato ed ha anche intrapreso una relazione sentimentale con una italiana;

2. l’esame dei motivi di censura porta alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso, per le ragioni di seguito esposte;

3. è jus receptum che il ricorso per cassazione non introduce un terzo grado di giudizio tramite il quale far valere la mera ingiustizia della sentenza impugnata, caratterizzandosi, invece, come un rimedio impugnatorio, a critica vincolata ed a cognizione determinata dall’ambito della denuncia attraverso il vizio o i vizi dedotti, con la formulazione di specifiche doglianze avverso le diverse “rationes decidendi” che sostengono la sentenza impugnata (tra le tante: Cass. SU 29 maggio 2013, n. 7931; Cass. 22 gennaio 2018, n. 1479; Cass. n. 389 del 2007; Cass. n. 3386 del 2011; Cass. n. 2108 del 2012);

3.1. a ciò consegue che in caso di omessa impugnazione di una delle plurime rationes decidendi, tutte autonomamente idonee a sorreggere la decisione nel suo complesso ovvero in caso di omessa impugnazione dell’unica ratio decidendi su cui si poggia la decisione (nel suo complesso o in un punto specifico) si verifica l’inammissibilità, per difetto di interesse, del ricorso per cassazione o del singolo motivo, perchè per effetto della suindicata omissione le statuizioni non impugnate divengono definitive e non potrebbe in nessun caso più prodursi il relativo annullamento (vedi, per tutte: Cass. 5 ottobre 1973, n. 2499; Cass. SU 8 agosto 2005, n. 16602; Cass. 7 novembre 2005, n. 21490; Cass. 26 marzo 2010, n. 7375; Cass. SU 29 maggio 2013, n. 7931; Cass. 11 febbraio 2011, n. 3386; Cass. 27 maggio 2014, n. 11827; Cass. 7 settembre 2017, n. 20910; Cass. 3 maggio 2019, n. 11706);

4. nella specie, il suddetto inconveniente si registra per entrambi i motivi di ricorso, in quanto in entrambi non risultano censurate, rispettivamente: 1) la dichiarazione di inammissibilità dell’atto d’appello per genericità della censura riguardante l’affermazione contenuta nella sentenza di primo grado della non credibilità del racconto, affermazione posta a fondamento del rigetto della protezione internazionale e di quella umanitaria; 2) la dichiarazione di inammissibilità del profilo di censura relativo alla situazione di diffusa povertà esistente in Gambia, basata sul carattere di novità in appello di tale profilo di censura, comunque considerato irrilevante ai fini della concessione della protezione umanitaria;

5. le suddette statuizioni – che costituiscono due rationes decidendi idonee da sole a sorreggere la sentenza sui due punti rispettivamente considerati, che sono centrali nell’ambito della sentenza impugnata – non vengono attinte dalle censure qui formulate le quali, invece, si indirizzano inammissibilmente su altri argomenti, che risultano del tutto inidonei a confutare tali affermazioni;

6. di conseguenza il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;

7. nulla si deve disporre per le spese del presente giudizio di cassazione, in quanto la parte intima non ha fatto seguire al deposito dell’atto di costituzione alcuna attività difensiva;

8. si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese del presente giudizio di cassazione.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 14 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 7 febbraio 2020

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