Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29607 del 11/12/2017


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 29607 Anno 2017
Presidente: AMENDOLA ADELAIDE
Relatore: SCODITTI ENRICO

ORDINANZA
sul ricorso 26330-2016 proposto da:
GRILLO STEFANO, elettivamente domiciliato in ROMA, V. G.
CAMOZZI n. 1, presso lo studio dell’avvocato DELFO MARIA
SAMBATARO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente contro
ROMA CAPITALE (c.f 02438750586), in persona del legale
rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliata in ROI\L-\, VIA
DEL TEMPIO DI GIOVE n. 21, presso l’Avvocatura Capitolina,
rappresentata e difesa dall’avvocato ROSALDA ROCCHI;

– con troricorren te nonché contro
EQUITALIA SUD SPA e COMUNE DI FORIO;

Data pubblicazione: 11/12/2017

- intimate avverso la sentenza n. 3078/2016 della CORTE D’APPELLO di
ROMA, depositata il 13/05/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata dell’08/11/2017 dal Consigliere Dott. ENRICO

SCODITTI.

Ric. 2016 n. 26330 sez. M3 – ud. 08-11-2017
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Rilevato che:
Stefano Cirillo propose opposizione all’esecuzione innanzi al
Tribunale di Roma avverso il fermo amministrativo di veicolo con
domanda di risarcimento del danno. In corso di causa depositò visura
da cui risultava la cancellazione del fermo. Il Tribunale adito dichiarò

spese. Avverso detta sentenza propose appello il Cirillo. Con sentenza
di data 13 maggio 2016 la Corte d’appello di Roma rigettò l’appello,
condannando l’appellante al rimborso delle spese processuali.
Osservò la corte territoriale che la cessazione della materia del
contendere conseguiva all’annullamento del fermo operato dalla P.A.
in sede di autotutela ed alla rinuncia alla domanda risarcitoria e che
era stata disposta correttamente la compensazione delle spese in
presenza di reciproca soccombenza (virtuale), avendo il giudice di
prime cure ritenuta l’infondatezza della domanda risarcitoria per
mancanza di prova.
Ha proposto ricorso per cassazione Stefano Cirillo sulla base di
due motivi e resiste con controricorso Roma Capitale. Il relatore ha
ravvisato un’ipotesi di manifesta fondatezza del primo motivo ed
infondatezza del secondo motivo del ricorso. Il Presidente ha fissato
l’adunanza della Corte e sono seguite le comunicazioni di rito. E’ stata
presentata memoria.
Considerato che:
con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione
dell’art. 91 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod.
proc. civ.. Lamenta il ricorrente che nonostante le parti appellate
fossero contumaci il giudice di appello ha condannato l’appellante al
ristoro delle spese processuali.
Il motivo è manifestamente fondato. Già dall’intestazione della
decisione impugnata si evince che Roma Capitale, il Comune di Forio
e Equitalia Sud s.p.a., parti appellate, fossero contumaci. Ciò

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cessata la materia del contendere disponendo la compensazione delle

nonostante il giudice di appello, rigettando l’impugnazione, ha
condannato l’appellante al pagamento delle spese processuali. La
condanna alle spese processuali, a norma dell’art. 91 cod. proc. civ.,
ha il suo fondamento nell’esigenza di evitare una diminuzione
patrimoniale alla parte che ha dovuto svolgere un’attività processuale

essa non può essere pronunziata in favore del contumace vittorioso,
poiché questi, non avendo espletato alcuna attività processuale, non
ha sopportato spese al cui rimborso abbia diritto (Cass. 19 agosto
2011, n. 17432; 7 gennaio 1999, n. 43; 25 settembre 1997, n.
9419). La sentenza impugnata pertanto deve essere cassata in
relazione al capo sulle spese processuali.
Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione
dell’art. 91 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod.
proc. civ.. Osserva il ricorrente che la compensazione delle spese
disposta in primo grado era ingiusta in quanto per effetto della detta
compensazione il Cirillo, che aveva peraltro rinunciato alla domanda
risarcitoria, era diventato sostanzialmente soccombente, senza alcun
riconoscimento delle spese sopportate per l’impugnazione di un
provvedimento illegittimo, e che le spese dovevano essere
riconosciute anche in relazione all’istanza proposta ai sensi dell’art.
96, comma 2, cod. proc. civ. Aggiunge che, a fronte delle due
soccombenze formalmente attribuibili ad entrambe le parti, il giudice
di merito doveva valutare quale fosse la parte sostanzialmente
soccombente.
Il motivo è manifestamente infondato. Il giudice di appello ha
affermato che ai fini della soccombenza reciproca rileva l’infondatezza
della domanda risarcitoria, corrispondente ad una delle domande
proposte dalla parte. Trattasi di affermazione corretta in diritto. La
nozione di soccombenza reciproca, che consente la compensazione
parziale o totale delle spese processuali, sottende – anche in relazione

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per ottenere il riconoscimento e l’attuazione di un suo diritto; sicché

al principio di causalità – non solo una pluralità di domande
contrapposte, accolte o rigettate, che si siano trovate in cumulo nel
medesimo processo fra le stesse parti, ma anche l’accoglimento
parziale dell’unica domanda proposta, allorché essa sia stata
articolata in più capi e ne siano stati accolti uno o alcuni e rigettati gli

riguardante una domanda articolata in unico capo (Cass. 22 febbraio
2016, n. 3438; 23 settembre 2013, n. 21684 – Cass. 27 settembre
2017, n. 22541, richiamata nella memoria depositata dal ricorrente,
conferma il principio di diritto in discorso).
Per il resto va rammentato che in tema di spese processuali, il
sindacato della Corte di cassazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1,
n. 3 c.p.c., è limitato ad accertare che non risulti violato il principio
secondo il quale le stesse non possono essere poste a carico della
parte totalmente vittoriosa, per cui vi esula, rientrando nel potere
discrezionale del giudice di merito, la valutazione dell’opportunità di
compensarle in tutto o in parte, sia nell’ipotesi
di soccombenza reciproca che in quella di concorso di altri giusti
motivi (fra le tante da ultimo Cass. 31 marzo 2017, n. 8421). Infine,
quanto alla domanda ai sensi dell’art. 96, comma 2, cod. proc. civ., il
ricorso è carente del requisito di cui all’art. 366, comma 1, n. 6 cod.
proc. civ. non avendo il ricorrente indicato specificatamente la sede
processuale ove l’originaria domanda sia stata proposta e se e dove,
in relazione a tale istanza, sia stato proposto appello, esigenza
quest’ultima tanto più avvertita avendo il giudice di appello affermato
che l’impugnazione era stata proposta esclusivamente per il profilo
della compensazione.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo,
seguono la soccombenza e vanno poste a carico di Roma Capitale,
che è l’unica parte intimata cha ha resistito in giudizio.
P. Q. M.

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altri, ovvero una parzialità dell’accoglimento meramente quantitativa,

Accoglie il primo motivo di ricorso e rigetta il secondo motivo;
cassa la sentenza in relazione al capo sulle spese processuali.
Condanna Roma Capitale al pagamento, in favore del ricorrente,
delle spese del giudizio di legittimità, con distrazione in favore del
procuratore anticipatario, e che liquida in Euro 1.800,00 per

agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma il giorno 8 novembre 2017
Il Presidente
Dott.ssa Adelaide Amendola

compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento,

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