Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29604 del 24/12/2020

Cassazione civile sez. I, 24/12/2020, (ud. 16/09/2020, dep. 24/12/2020), n.29604

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7155/2019 proposto da:

F.A.B., elettivamente domiciliato in Napoli Via G. Porzio 4

Centro Direzionale Is. F12 Int. 23/24, presso lo studio

dell’avvocato Di Rosa Clementina, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di NAPOLI, depositata il 17/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16/09/2020 da Dott. MELONI MARINA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Napoli, sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea, con decreto in data 17/1/2019, ha confermato il provvedimento di rigetto pronunciato dalla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Caserta in ordine alle istanze avanzate da F.A.B. nato in (OMISSIS), volte, in via gradata, ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, del diritto alla protezione sussidiaria ed il riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria.

Il richiedente asilo proveniente dalla (OMISSIS) aveva riferito alla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di essere fuggito dal proprio paese in quanto minacciato di morte dai genitori della sua ragazza rimasta incinta. Il Tribunale di Napoli in particolare ha escluso le condizioni previste per il riconoscimento del diritto al rifugio D.Lgs. n. 251 del 2007, ex artt. 7 e 8 ed i presupposti richiesti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 per la concessione della protezione sussidiaria, non emergendo elementi idonei a dimostrare che il ricorrente potesse essere sottoposto nel paese di origine a pena capitale o a trattamenti inumani o degradanti. Nel contempo il collegio di merito pur ritenendo credibile la vicenda narrata, negava il ricorrere di uno stato di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale nonchè una situazione di elevata vulnerabilità individuale.

Avverso il decreto del Tribunale di Napoli il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.

Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il Collegio ha disposto che la motivazione della presente ordinanza sia redatta in forma semplificata non ponendosi nel ricorso questioni di rilevanza nomofilattica.

Con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251 per non aver il tribunale ritenuto sussistenti i presupposti per concedere la protezione dello status di rifugiato e la protezione sussidiaria in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, lett. C) in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto il giudice di merito, nonostante la situazione di vulnerabilità e le violenze subite dal ricorrente, non ha riconosciuto il diritto alla protezione umanitaria ai sensi della normativa antecedente a quella recentemente introdotta dal D.L. n. 113 del 2018, convertito con modificazioni dalla L. n. 132 del 2018.

I primi due motivi di ricorso sono inammissibili in quanto contengono una serie di critiche agli accertamenti in fatto espressi nella motivazione del Tribunale territoriale e sollecitano un riesame delle valutazioni riservate al giudice del merito, che del resto ha ampiamente e rettamente motivato la statuizione impugnata, esponendo le ragioni del proprio convincimento.

La parte non può, invero, rimettere in discussione, proponendo una propria diversa interpretazione, la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie operate dai giudici del merito poichè la revisione degli accertamenti di fatto compiuti da questi ultimi è preclusa in sede di legittimità (Cass., 07/12/2017, n. 29404; Cass., 04/08/2017, n. 19547; Cass., 02/08/2016, n. 16056).

In riferimento poi ai presupposti per la concessione dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. C) il Giudice ha correttamente ritenuto con motivazione coerente ed esaustiva che i fatti narrati non integravano gli estremi per il riconoscimento dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria stante l’assenza nella vicenda narrata del “fumus persecutionis” nonchè di situazioni di violenza generalizzata ed indiscriminata e conflitto armato interno o internazionale nella zona d’origine del ricorrente proveniente dal (OMISSIS).

In ordine poi alla verifica delle condizioni per il riconoscimento della protezione umanitaria alla luce della disciplina antecedente al D.L. 4 ottobre 2018, n. 13 convertito nella L. 1 dicembre 2018, n. 132, non applicabile alla fattispecie non avendo tale normativa efficacia retroattiva secondo l’orientamento recentemente espresso da questa Corte (Cass. S.U. 2019/29460) il ricorrente censura l’accertamento di merito compiuto dal Tribunale in ordine alla insussistenza di una particolare situazione di vulnerabilità del ricorrente: tuttavia il ricorrente invero, a fronte della valutazione espressa con esaustiva indagine officiosa dal giudice di merito (in sè evidentemente non rivalutabile in questa sede) circa la insussistenza nella specie di situazioni di vulnerabilità, non ha neppure indicato se e quali ragioni di vulnerabilità avesse allegato, diverse da quelle esaminate nel provvedimento impugnato.

Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 riguardo al mancato esercizio dei poteri istruttori in ordine all’accertamento della situazione oggettiva relativa al Paese di origine, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Il terzo motivo è inammissibile in quanto richiede in realtà una differente valutazione su situazioni e circostanze già oggetto di esame da parte del giudice di merito.

In ordine al dovere di cooperazione istruttoria officiosa, così come previsto dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 relativo all’accertamento della situazione oggettiva relativa al Paese di origine occorre considerare che il Tribunale territoriale non è venuto meno al dovere di cooperazione istruttoria, avendo semplicemente ritenuto, a monte, che i fatti lamentati non costituiscano un ostacolo al rimpatrio nè integrino un’esposizione seria alla lesione dei diritti fondamentali della persona tenuto anche conto della dell’assenza di una situazione di conflitto generalizzata ex art. 14, lett. C) nella zona di provenienza secondo le informazioni aggiornate ed i siti on line consultati e citati della cui idoneità non vi è motivo di dubitare e, stante la non credibilità del ricorrente, anche delle ipotesi di cui all’art. 14, lett. A) e B).

Con il quarto motivo di ricorso il ricorrente denuncia omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti per non avere il Tribunale valutato il processo di integrazione del richiedente asilo nel nostro paese testimoniato dal contratto di lavoro con la mansione di aiuto-cuoco in un ristorante in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Il quarto motivo è inammissibile in quanto relativo ad una circostanza dedotta solo con il ricorso in cassazione dato che lo stesso ricorrente non indica di averla già segnalata a suo tempo davanti al giudice di merito.

Riguardo al parametro dell’inserimento sociale e lavorativo e dell’avvenuta integrazione dello straniero in Italia, questa Corte con sentenza Sez. 1 – n. 4455 del 23/02/2018 confermata da S.U. 019/29460 ha precisato che “In materia di protezione umanitaria, il riconoscimento del diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, al cittadino straniero che abbia realizzato un grado adeguato di integrazione sociale in Italia, deve fondarsi su una effettiva valutazione comparativa della situazione soggettiva ed Oggettiva del richiedente con riferimento al Paese d’origine, al fine di verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale, in correlazione con la situazione d’integrazione raggiunta nel Paese d’accoglienza”.

Nella fattispecie l’integrazione raggiunta poteva essere valorizzata come presupposto della protezione umanitaria ma non come fattore esclusivo, in quanto circostanza che può concorrere a determinare una situazione di vulnerabilità personale che, tuttavia, nel caso di specie è stata esclusa.

Per quanto sopra il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Nulla per le spese.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater ricorrono i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile della Corte di Cassazione, il 16 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 dicembre 2020

 

 

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