Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2960 del 10/02/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 2960 Anno 2014
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: FORTE FABRIZIO

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 8053 del Ruolo Generale degli affari
civili dell’anno 2007, proposto:
DA
DAVIDE BEATRICE,

elettivamente domiciliato in Roma alla Via M.

Mercati n. 51 con l’avv. Luigi M. D’Angiolella, che lo
rappresenta e difende per procura a margine del ricorso
notificato il 9 – 14 marzo 2007 all’Agenzia del Demanio in Roma.
RICORRENTE
CONTRO
AGENZIA DEL DEMANIO,

in persona del direttore generale legale

rappresentante p.t., per legge domiciliato in Roma, alla Via dei
Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato.

Data pubblicazione: 10/02/2014

INTIMATO
avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli, I sez. civ.,
n. 286/2008 del 13 gennaio – 1 febbraio 2006.

D’Angiolella, per il ricorrente, e il P.M., in persona del
sostituto procuratore generale dr. Lucio Capasso, che conclude
per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
Con atto di citazione notificato 1’11 maggio 2001, Davide
Beatrice conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Napoli la
locale Agenzia del Demanio e il Ministero delle Finanze e si
opponeva all’avviso di liquidazione con ordine di pagamento di £.
63.100.000 pretese, a titolo d’indennità, per l’occupazione dal
1985 al 2000 di un suolo erroneamente qualificato come demaniale
di mq. 980, in Mondragone (CE), in C.T., nella più ampia P.la 73
(ora 1050), Mappale 25, di ettari 93 e centiare 40, appartenente
a suo avviso al patrimonio disponibile dello Stato.
Con la citazione, inoltre, il Beatrice deduceva l’infondatezza
dell’avviso impugnato, per non essere demaniale l’area da lui
occupata, in quanto già sdemanializzata con decreto del 3 luglio
1950, con la conseguenza che egli aveva diritto alla
restituzione dei canoni pagati da tale data al 1982, per avere
utilizzato l’area sopra indicata.
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Udita la relazione del Cons. dr. Fabrizio Forte e sentito l’avv.

Lo stesso attore chiedeva inoltre al Tribunale di Napoli di
dichiarare l’avvenuta usucapione della proprietà dell’area in suo
favore, in quanto egli l’aveva posseduta, pacificamente e

prescrizione di ogni eventuale diritto dell’Agenzia ai canoni e
deducendo l’illegittimità dell’avviso di pagamento, perché privo
di ogni riferimento normativo sul calcolo delle somme pretese e
della indicazione dell’Autorità cui proporre ricorso contro di
esso con i termini per ricorrere.
Affermava il Beatrice che l’Agenzia del Demanio era priva di
legittimazione attiva, tanto che il Comune di Mondragone aveva
giù proposto più azioni di rivendica per essere dichiarato unico
proprietario dell’area in base al r.d. 6 giugno 1863 n. 1311,
registrato presso la Corte dei Conti il 17 giugno 1863 n. Reg.
Atti del Governo 29 Ayres; deduceva poi che il r.d. 24 luglio
1930 aveva approvato la liquidazione degli usi civici, in base
alla quale si era operata, in data 15 giugno 1932, la
delimitazione degli arenili, definendo il confine tra territorio
comunale di Mondragone e quello demaniale dello Stato, nel quale
l’area in contestazione non era compresa.
Il Tribunale di Napoli, con sentenza n. 10723 del 28 ottobre
2003, rigettava la domanda del Beatrice nei confronti dell’
Agenzia del demanio, perché infondata e quella contro il
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ininterrottamente, per oltre 40 anni, eccependo poi la

Ministero delle Finanze, per difetto di legittimazione passiva di
questo convenuto.
Il tribunale negava la pretesa avvenuta sdemanializzazione

in realtà risultava classificata come non demaniale nel 1950 con
un decreto successivamente rettificato nel 1961 che l’aveva di
nuovo compresa nel Demanio statale con effetti retroattivi.
Era quindi da negare la stessa usucapibilità dell’area rimasta al
Demanio e doveva escludersi la violazione della legge n. 241 del
1990 nell’avviso oggetto di opposizione, che non era un
provvedimento amministrativo, ma un atto di diritto privato da
qualificare “costituzione in mora” ai sensi dell’art. 1219 c.c.,
con conseguente preclusione della pretesa prescrizione dei
diritti dell’Agenzia del Demanio, per l’esistenza di atti
interruttivi che lo stesso Beatrice aveva prodotto.
Contro la indicata sentenza di primo grado il Beatrice proponeva
appello, con il quale insisteva per una più approfondita
istruttoria sulla sua domanda che nel giudizio dinanzi al
tribunale era mancata.
La Corte d’appello di Napoli, con sentenza del l ° febbraio 2006,
ha rigettato il gravame, rilevando in via preliminare
l’inammissibilità e la inconferenza della prodotta relazione di
un c.t.u. nominato in un’altra analoga controversia tra parti
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dell’area oggetto della domanda, perché la P.la 73 di cui sopra

diverse e relativa ad altro terreno non lontano da quello oggetto
di causa.
La Corte di merito ha ritenuto corretta la qualifica “demaniale”

le aree in contestazione certamente non appartenevano al
patrimonio disponibile dello Stato, il quale incontestatamente ne
era il proprietario e non potevano che appartenere al Demanio.
Alla luce della documentazione prodotta al Tribunale e di quella
depositata in appello emergeva che il terreno

de quo,

pur se

sclassificato nel 1950, era ricompreso nel successivo
provvedimento di rettifica di tale atto, con il quale si era
chiarito che la particella catastale in questione, nella parte
appartenente al patrimonio disponibile dello Stato, era stata
ceduta al Beatrice che aveva chiesto di acquistarla, ma nel resto
era invece del Demanio marittimo, non potendo ritenersi collocata
fuori dall’area demaniale, anche dopo la nuova determinazione del
perimetro di tale proprietà pubblica nel 1961, tanto che lo
stesso appellante aveva pagato, per il godimento di tale area, i
canoni concessori fino al 1982 ed era stato poi condannato più
volte per l’occupazione abusiva della stessa dopo l’anno
indicato.
La sentenza d’appello rilevava pure che, in sede di rettifica dei
confini delle aree demaniali, il terreno in contestazione era
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del terreno di cui sopra riconosciuta in primo grado, in quanto

rimasto con la qualifica di demanio marittimo e come tale era
stato riconosciuto con decreto ai sensi dell’art. 35 del cod.
nav. di natura costitutiva della qualifica delle aree, come

formale e costitutivo della natura attribuita con atto
amministrativo, come il detto decreto, alle aree di cui è incerta
la qualificazione.
Lo stesso Beatrice, ad avviso dei giudici di merito, aveva
riconosciuto la natura demaniale dei beni per i quali aveva
sempre pagato il canone di concessione e chiesto il rinnovo della
stessa, per cui non poteva invocare l’usucapione, dovendosi
escludere che egli fosse possessore uti dominus dei beni di cui
alla domanda.
Era anche respinta l’eccezione di prescrizione del diritto dello
Stato quale concedente ai canoni, a causa degli atti interruttivi
posti in essere dall’amministrazione, che aveva in tal modo
impedito potessero estinguersi i suoi diritti per la sua inerzia,
potendosi compensare le spese di causa per le incertezze che il
comportamento delle parti poteva avere ingenerato.
Per la cassazione della richiamata sentenza della Corte di
appello di Napoli del 1 0 febbraio 2006, il Beatrice propone
ricorso di nove motivi, notificato il 9 – 14 marzo 2007, non
contrastato dall’Agenzia del Demanio, che non si è difesa in sede
6

risulta chiaro dalla norma citata, che valorizza l’aspetto

di legittimità.
Motivi della decisione

1.1. Il primo motivo di ricorso del Beatrice denuncia error in

violazione degli artt. 112 e 210 c.p.c., e deduce che la stessa
è affetta da insufficiente e contraddittoria motivazione ex art.
360, 1 0 comma, n.ri 3 e 5, c.p.c.
Afferma il ricorrente di aver domandato sin dal primo grado la
nomina di un c.t.u. per descrivere i luoghi in contestazione e
giungere alla classificazione dei terreni come non demaniali; la
sentenza impugnata, pur negando rilievo alla produzione di
relazioni dei c.t.u. nominati in altri giudizi analoghi alla
presente causa, non ha dato rilievo alcuno alla mancata nomina di
un consulente di ufficio nel presente giudizio, omissione che
avrebbe violato le specifiche richieste in tal senso prospettate
nel merito dal Beatrice.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso si deducono i medesimi

errores in udicando e procedendo di cui sopra della Corte
d’appello, per avere disapplicato l’art. 35 del codice della
navigazione e insufficientemente motivato sul punto decisivo
della demanialità dell’area.
Afferma il Beatrice che l’art. 35 del cod. nav. disciplina la
sdemanializzazione dei beni ma è inidoneo a creare esso stesso la
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procedendo et in iudicando della sentenza impugnata per

qualifica demaniale, la quale, per il demanio marittimo,
preesiste per la situazione naturale dei luoghi e può essere solo
dichiarata in relazione allo stato dei luoghi, che ne comporti in

Sulla perdita della natura demaniale dei luoghi di causa, la
Corte di merito ha omesso ogni pronuncia.
1.3. In terzo luogo, si denuncia la carente motivazione della
sentenza impugnata relativamente alla nota del 1996, indirizzata
al Beatrice dall’allora responsabile dell’Ufficio tecnico
erariale di Caserta, che esprimeva dubbi sulla correttezza del
decreto amministrativo del 1950, che aveva qualificato
“demaniale” l’area in contestazione.
1.4. Il quarto motivo di ricorso deduce poi violazione e falsa
applicazione degli artt. 1158 e 1159 c.c. e dell’art. 228 c.p.c.,
in relazione all’art. 360, l ° comma, n.ri 3 e 5, c.p.c. rispetto
all’acquisto dell’area in contestazione dallo stesso Beatrice per
usucapione che invano si era chiesto ai giudici di merito di
dichiarare.
Afferma il ricorrente di avere sempre posseduto come proprietario
le aree oggetto di causa, nessun rilievo confessorio a suo danno
potendo avere le richieste di chiarimenti e delucidazioni
all’Amministrazione in ordine alla qualifica delle aree di cui
egli si riteneva proprietario.
8

fatto tale natura, con rilievo anche giuridico.

1.5. Il quinto motivo di ricorso del Beatrice denuncia la
violazione dell’art. 2944 c.c., in relazione all’art. 360, l °
comma, n. 3 e 5, c.p.c., in ordine al valore interruttivo delle

Le richieste di cui sopra da parte del ricorrente non possono
avere rilievo confessorio e qualificarsi come riconoscimento
della natura demaniale dei beni posseduti, non avendo il valore
inequivoco che a tali atti hanno attribuito i giudici del merito,
per negare la demanialità di tali aree.
1.6. Si deduce poi violazione del principio di corrispondenza tra
il chiesto e il pronunciato e degli artt. 112 e 360, 1 0 comma, n.
3 e 5, c.p.c., per non essersi i giudici di appello pronunciati
sulla carenza di potere dell’Agenzia del Demanio in ordine ai
suoli a monte del lungomare, già oggetto di rivendicazione del
Comune di Mondragone.
La rivendica dell’ente locale è infatti incompatibile con la
natura demaniale delle aree oggetto del giudizio.
1.7. Con il settimo motivo di ricorso si denuncia ancora omessa
e/o insufficiente motivazione, in ordine alla corretta
liquidazione delle indennità pretese da parte del Demanio dal
Beatrice, che ha sempre denunciato il travisamento dei fatti a
base dell’avviso di liquidazione oggetto dell’opposizione.
L’opponente ha sempre dedotto errori di calcolo del dovuto negli
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istanze di rinnovo della concessione del Beatrice.

impugnati avvisi di liquidazione ma, su tali sue censure, alcuna
decisione vi è stata dalla Corte d’appello di Napoli.
1.8. Viene poi dedotta dall’ottavo motivo di ricorso l’omessa,

principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato di cui
all’art. 112 c.p.c., con riferimento all’ingiunzione di pagamento
oggetto di opposizione da parte del Beatrice.
I giudici del merito non avrebbero dato adeguate risposte alle
richieste istruttorie dell’opponente, sulle quali avrebbero
omesso ogni decisione, ritenendo che esse avrebbero comportato un
mutamento della domanda originaria di tale parte.
1.9. Ancora vizi motivazionali sono dedotti, con il nono motivo
di ricorso, relativamente alla qualifica demaniale o meno delle
aree in contestazione e alla corretta lettura delle planimetrie
allegate ai decreti del 1950 e del 1961, che confermano, per la
Corte di merito, la natura demaniale dei terreni oggetto di
causa.
2. Il ricorso è infondato e deve rigettarsi.
2.1. Il primo motivo di ricorso non può che rigettarsi.
La nomina del c.t.u. è atto discrezionale del giudice del merito,
che deve motivare solo in ordine alla necessità dell’ausilio del
tecnico per decidere sulla domanda, ma non è in alcun modo tenuto
a procedervi solo perché vi è una richiesta di parte (così di
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insufficiente e contraddittoria motivazione e la violazione del

recente, tra molte altre, Cass. 5 luglio 2007 n. 15219 e 21
aprile 2010 n. 9461).
Deve quindi negarsi che vi fosse alcun dovere di pronunciarsi

solo desumere che il giudice ha escluso la necessità dell’ausilio
del tecnico per la risoluzione della controversia, potendo esso
stesso accertare in base agli atti di causa la natura delle aree
in contestazione sulla base dell’incontestata situazione dei
luoghi, con conseguente implicito rigetto dell’istanza di parte
di nomina del consulente tecnico.
2.2. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile, perché l’art.
35 del cod. nav. prevede solo il decreto di sdemanializzazione di
zone naturalmente demaniali “non … ritenute utilizzabili per
pubblici usi del mare”, che è atto discrezionale e di natura
costitutiva della P.A., cui in alcun modo può surrogarsi il
giudice senza incorrere in eccesso di potere giurisdizionale.
Nel caso quindi il silenzio dei giudici di merito sulla richiesta
del Beatrice di sdemanializzazione le aree per cui è causa,
rileva solo come rigetto di tale domanda, in realtà inammissibile
perché comunque preclusa alla cognizione del giudice ordinario.
2.3. Del tutto irrilevanti ai fini della decisione sono i dubbi
evidenziati sulla demanialità delle aree oggetto di causa da un
funzionario dell’amministrazione, di cui al terzo motivo di
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sulla sollecitazione di parte a nominare il consulente, potendosi

ricorso, in difetto del decreto amministrativo previsto dall’art.
35 del cod.nav., per cui il motivo di ricorso che richiama la
nota con detti dubbi è assolutamente irrilevante per la decisione

merito per la decisione, anche a non considerare la mancanza di
autosufficienza dell’ impugnazione sul punto, dato che in essa
non si riporta il contenuto della nota che pone a base della
censura.
2.4. Il quarto motivo di ricorso è inammissibile, per la parte in
cui non è infondato.
Emerge chiara dalla motivazione della sentenza che le richieste
di concessione dell’area per cui è causa evidenziano, da parte
del Beatrice, la ricognizione della natura demaniale della stessa
superficie e comunque sono incompatibili con un preteso possesso
ad usucapionem di lui.
Il ricorrente non contesta di avere pagato il canone concessorio
fino al 1982 e che l’amministrazione ha posto in essere più atti
di messa in mora per il credito relativo che costituisce il
canone dovuto per l’uso dei beni concessi, con esclusione quindi
di una condotta solo ricognitiva del suo possesso come
proprietario del suolo oggetto di causa.
L’esistenza di atti confessori di una situazione soggettiva di
terzi, poziore rispetto a quella del Beatrice che li ha posti in
12

e, di essa, correttamente, alcun conto ha tenuto il giudice di

essere e preclusiva quindi di un possesso dello stesso uti
dominus (Cass. 25 giugno 2013 n. 15877 e S.U. 25 marzo 2013 n.
7381), esclude che costui abbia potuto usucapire i beni, anche

tale modo di acquisto a titolo originario della proprietà.
1.5. Le richieste di pagamento dei canoni concessori hanno
rilievo di atti interruttivi, anche per i quali correttamente nel
merito si è denegata un acquisto a titolo originario dal
ricorrente dei beni oggetto di causa per usucapione.
Deve quindi rigettandosi anche il quinto motivo di ricorso, che
vorrebbe negare rilevanza alla domanda di rinnovo della
concessione logicamente compatibile solo con la natura demaniale
dei beni cui essa si riferisce, riconosciuta implicitamente
dall’istante con tali condotte confessorie della mancanza di un
suo possesso delle aree demaniali per un diritto che non abbia
titolo nella concessione stessa.
2.6. Anche a non considerare la novità della questione
prospettata con il sesto motivo di ricorso, è palese che lo
stesso attiene al merito delle richieste del Beatrice ed è quindi
precluso in sede di ricorso per cassazione, essendo comunque del
tutto irrilevante la richiamata azione rivendica del Comune di
Mondragone dei suoli oggetto della presente causa per escluderne
la natura demaniale, in difetto della deduzione e prova
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indipendentemente dalla loro natura demaniale incompatibile con

dell’accoglimento di tale domanda.
2.7. In ordine agli errori di calcolo nel computo del canone
concessorio, che il ricorrente avrebbe denunciato nel corso del

chiaro che tali censure del Beatrice confermano il suo obbligo di
pagare le somme che precedono e che sono incompatibili con la
pretesa mancanza di concessione che sussisteva per la natura
demaniale delle aree de quibus.
2.8. Correttamente nel merito si sono rigettate le richieste
istruttorie del Beatrice, che tendevano a far dichiarare la sua
proprietà dei beni in contestazione, non domandata con l’atto
introduttivo del giudizio, con cui egli aveva solo proposto
opposizione alle ingiunzioni di pagamento dei corrispettivi
pretesi dal Demanio per la utilizzazione dei beni in concessione.
2.9. L’ultimo motivo di ricorso deduce questioni di fatto e di
merito il cui esame è precluso in sede di legittimità, per cui
appare chiaramente inammissibile.
In ogni caso il richiamo nel motivo di ricorso a documenti non
trascritti in esso priva lo stesso di autosufficienza e lo rende
inammissibile.
3. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato e nulla deve
disporsi per le spese, non essendosi difesa in questa sede
l’intimata.
14

suo rapporto con la P.A. per l’uso del bene oggetto di causa, è

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

prima sezione civile della Corte suprema di cassazione.

Così deciso 1’8 gennaio 2014 nella camera di consiglio della

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