Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 296 del 10/01/2017

Cassazione civile, sez. lav., 10/01/2017, (ud. 26/10/2016, dep.10/01/2017),  n. 296

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – rel. Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 30647-2011 proposto da:

M.L.M. C.F. (OMISSIS), + ALTRI OMESSI

– ricorrenti –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE C.F. (OMISSIS), in

persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

Avvocati SERGIO PREDEN, GIUSEPPINA GIANNICO, ANTONELLA PATTERI,

LUIGI CALIULO, giusta delega in atti;

– controricorrente

e sul ricorso 1660 – 2012 proposto da:

T.D. C.F. (OMISSIS), MA.FE. C.F. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CARLO POMA 2 SC. B/6, presso

lo studio dell’avvocato CARLO FALZETTI, rappresentati e difesi dagli

avvocati GIANMATTEO DI FRONZO, LORENZO VALENTI, giusta delega in

atti;

– ricorrenti –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE C.F. (OMISSIS), in

persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

Avvocati SERGIO PREDEN, ANTONELLA PATTERI, GIUSEPPINA GIANNICO,

giusta delega in atti;

– controricorrente-

nonchè contro

C.A., G.G., V.F.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 454/2011 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 13/09/2011 R.G.N. 539/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/10/2016 dal Consigliere Dott. DORONZO ADRIANA;

udito l’Avvocato ANTONIETTA GIANNUZZI per delega Avvocato DI FRONZO

GIAMMATTEO;

udito l’Avvocato PREDEN SERGIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MASTROBERARDINO PAOLA che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. – La Corte d’appello di Ancona, con sentenza pubblicata in data 13 settembre 2011, ha rigettato gli appelli proposti, con separati ricorsi poi riuniti, da M.L.M. e da altri ricorrenti- tutti lavoratori alle dipendenze della Sicit-Ipisystem s.p.a. di (OMISSIS) e addetti a vari reparti e zone dello stabilimento in cui si eseguiva la produzione di pannelli in cemento amianto per l’edilizia – contro la sentenza del Tribunale di Pesaro, di rigetto delle loro domande, aventi ad oggetto il riconoscimento della maggiorazione contributiva prevista dalla L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8 e successive modifiche, in conseguenza dell’esposizione all’amianto subita nei periodi indicati in ricorso.

2.- La Corte territoriale ha esaminato la posizione dei vari lavoratori con riguardo alle mansioni espletate ed ha ribadito – alla luce della consulenza tecnica d’ufficio elaborata dal collegio peritale composto dai dottori Ca.Ro. e O.G.L., reputata come la più completa ed esauriente rispetto alle altre disposte nei giudizi di primo grado, – che l’esposizione all’amianto accertata per i singoli lavoratori non superava secondo un criterio di verosimiglianza scientifica il valore di soglia minimo previsto per legge.

3. – Contro la sentenza, i lavoratori M., + Altri propongono ricorso per cassazione sostenuto da due motivi; anche T. e Ma. propongono ricorso sulla base di un unico motivo. L’Inps resiste con separati controricorsi.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Preliminarmente, deve darsi atto dell’avvenuta riunione d’ufficio dei due distinti ricorsi, iscritti nel registro generale con due distinti numeri, trattandosi di impugnazioni contro la medesima sentenza (art. 335 c.p.c.).

Con il motivo comune a tutti i ricorrenti (primo e unico motivo del ricorso di T. e Ma., e primo motivo del ricorso degli altri), si censura la sentenza per “falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c., e comunque insufficiente, contraddittoria motivazione in ordine ad un punto decisivo della controversia ex art. 360 c.p.c., n. 5.” In sintesi, i lavoratori ricorrenti lamentano che il giudice di appello non avrebbe fatta corretta applicazione del “metodo induttivo”, pur asseritamente utilizzato, non considerando che in ragione delle mansioni espletate, quali addetti al controllo qualità e falegnami, questi ultimi utilizzati anche per lavori sulle lastre di amianto (taglio, carteggiatura e rifinitura dei pannelli in amianto, foratura delle lastre), e della loro vicinanza alla macchina – sezionatrice B. (ritenuta la principale responsabile della produzione di polveri di amianto), essi erano sottoposti ad un’esposizione attiva e diretta alle fibre nocive di intensità notevole. Inoltre, l’unicità dell’ambiente lavorativo e la diffusione degli elementi inquinanti non consentiva di operare una distinzione tra le varie postazioni dei lavoratori e, quindi, una diversa esposizione al rischio.

2. – Con l’altro motivo (il secondo), i ricorrenti (eccetto T. e Ma.,) censurano la sentenza per la falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c.. Dopo aver precisato che il motivo riguarda essenzialmente la posizione dei ricorrenti che svolgevano le mansioni di falegname ( A., + ALTRI OMESSI

3. – I motivi, che si affrontano congiuntamente per l’evidente connessione che li avvince, sono infondati.

4. – Questa Corte ha più volte affermato che il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione. Il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o – contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (cfr. al riguardo: Cass., 26 marzo 2010, n. 7394). Inoltre – che il vizio di violazione o falsa applicazione di norma di diritto, ex art. 360 c.p.c., n. 3, deve essere dedotto, a pena di inammissibilità del motivo giusta la disposizione dell’art. 366 c.p.c., n. 4, non solo con la indicazione delle norme violate, ma soprattutto mediante specifiche argomentazioni intese a dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o – con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass., 8 marzo 2007, n. 5353; Cass., 19 gennaio 2005, n. 1063; Cass., 6 aprile 2006, n. 8106).

5. – Con specifico riguardo all’art. 116 c.p.c. (norma che sancisce il principio della libera valutazione – delle prove, salva diversa previsione legale), questa Corte ha poi affermato che la sua violazione, idonea ad integrare il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 4, è prospettabile solo quando il giudice di merito disattenda tale principio in assenza di una deroga normativamente prevista, ovvero, all’opposto, valuti secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza probatoria soggetta ad un diverso regime (Cass. 10 giugno 2016, n. 11892 Cass. 19 giugno 2014, n. 13960).

6. Applicando questi principi alla fattispecie concreta, deve escludersi che la corte territoriale sia in – corsa nella denunciata violazione di legge. Dalla lettura della sentenza impugnata non emergono affermazioni in contrasto con la norma che si assume violata nell’interpretazione che – ne dà questa Corte, nè per il vero tali affermazioni risultano evidenziate nei motivi di ricorso, sicchè la denunciata violazione di legge è del tutto insussistente.

Per contro, risulta palese che, nonostante la formale intestazione, i motivi proposti sono essenzialmente incentrati nella denuncia di difetti di motivazione.

7. – Ora, è altrettanto pacifico che il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione denunciabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, si configura solo quando nel ragionamento del giudice di merito sia riscontrabile il mancato o insufficiente esame di punti decisivi della controversia, ovvero un insanabile contrasto tra le argomentazioni adottate tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione.

8 – Tali vizi non possono consistere nella difformità dell’apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte, spettando solo al giudice individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, mentre alla Corte di Cassazione non è conferito il potere di riesaminare il merito della causa, bensì solo quello di controllare, sotto il profilo logico e formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione compiuti dal giudice del merito (cfr. ex plurimis, Cass., sez. un., Sez. Un., 25 ottobre 2013, n. 24148; Cass., 18 marzo 2011, n. 6288; Cass., 2 luglio 2008, n. 18119; Cass., 11 luglio 2.007, n. 15489).

9. Anche sotto tale profilo, i ricorsi sono infondati.

La Corte territoriale ha compiutamente esaminato i fatti di causa e le prove raccolte e ha ritenuto, con un giudizio congruo, esaustivo e aderente a quanto è emerso dall’istruttoria, che i ricorrenti non sono stati esposti all’amianto nella misura superiore al valore soglia previsto dalla legge.

In particolare, ha accertato, sulla base della consulenza tecnica d’ufficio elaborata da un collegio peritale, ritenuta maggiormente “completa ed esauriente”, e della prova per testi assunta, che i lavoratori addetti al controllo della qualità del prodotto solo saltuariamente si recavano nel reparto pannelli ed altrettanto ha ritenuto per i lavoratori addetti al reparto falegnameria. Con riguardo a questi ultimi, la Corte ha esaminato le varie deposizioni testimoniali raccolte in primo grado e, nel confronto tra le stesse, ha ritenuto di privilegiare le dichiarazioni rese dal teste m., in quanto più qualificate (essendo questi responsabile del reparto pannelli) oltre che riscontrate da altre testimonianze, a fronte invece della imprecisione e della genericità delle dichiarazioni rese dai testi c. e S., ritenute pertanto “recessive” ossia di minor peso probatorio.

10. – Rimane così compiutamente assolto l’obbligo di motivazione, il quale se, impone l’indicazione della fonte dell’apprezzamento espresso, non richiede la confutazione dettagliata delle contrarie argomentazioni della parte, da ritenersi implicitamente disattese -(Cass. 23 novembre 2005, n. 24589).

Conseguentemente, non è configurabile il vizio di motivazione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, (nel testo anteriore alle modifiche apportate dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134), giacchè la parte sostanzialmente pretende una rivalutazione degli elementi istruttori acquisiti, prospettando una soluzione diversa da quella cui è pervenuto il giudice di merito e ad essa più favorevole. Rivalutazione inammissibile in questa sede (cfr. da ultimo, Cass. 3 luglio 2014, n. 15205).

11. – Deve, per completezza, rilevarsi un profilo di inammissibilità del motivo del ricorso nella parte in cui fa riferimento sia alla consulenza tecnica disposta in altro giudizio, e di cui la Corte non avrebbe tenuto “immotivatamente” conto, sia alla relazione di chiarimenti dei c.t.u. ca. e Or., dal momento che la parte ne trascrive solo brevi stralci, ma non provvede a depositare i detti documenti unitamente al ricorso per cassazione nè offre specifiche e puntuali indicazioni per un loro facile reperimento nei fascicoli di parte o d’ufficio delle precedenti fasi del giudizio. In tal modo la parte non rispetta il disposto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, (v. Cass., 12 dicembre 2014, n. 26174; Cass., 7 febbraio 2011, n. 2966).

12. In definitiva, il ricorso deve essere rigettato. Poichè i giudizi sono iniziati tutti nell’anno 2004 (come indicato nel ricorso per cassazione), ossia in data posteriore alla riforma dell’art. 152 disp. att. c.p.c., e le parti hanno reso l’autodichiarazione prevista dalla norma come riformata, necessaria per usufruire del beneficio della esenzione dalle spese processuali, non deve adottarsi alcun provvedimento al riguardo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 26 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 10 gennaio 2017

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