Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29599 del 11/12/2017

Civile Ord. Sez. 6 Num. 29599 Anno 2017
Presidente: AMENDOLA ADELAIDE
Relatore: SCODITTI ENRICO

ORDINANZA
sul ricorso 18806-2016 proposto da:
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A.A., sia in proprio che nella
qualità di figlio ed erede di B.B., nonché quale
erede del fratello S.S.(già anch’egli erede di
B.B.,)

ricorrente –

contro
UNIPOLSAI

ASSICURAZIONI

S.P.A.(già

MILANO

ASSICURAZIONI)p.i. 00818570012, in persona del legale
rappresentante pro tempore, nonché G.T.T. – Gruppo Torinesi
Trasporti S.P.A., in persona del suo Presidente ed Amministratore
Delegato p.t., elettivamente domiciliate in ROMA, VIA SALARIA

Data pubblicazione: 11/12/2017

n.292, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO BALDI,
rappresentate e difese dall’avvocato ALFREDO SAVIA;

– controricorrenti contro

– intimato avverso la sentenza n. 87/2016 della CORTE D’APPELLO di
TORINO, depositata il 20/01/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 08/11/2017 dal Consigliere Dott. ENRICO
SCODITTI.

Ric. 2016 n. 18806 sez. M3 – ud. 08-11-2017
-2-

M.M.;

Rilevato che:

A.A. e S.S.
convennero in giudizio innanzi al Tribunale di Torino M.M., GTT Gruppo Torinese Trasporti e Milano Assicurazioni
s.p.a. chiedendo la condanna al risarcimento del danno nella misura

attrice che in data 14 agosto 2002 il M.M., alla guida di
autobus, non avvedendosi della presenza di B.B., madre
degli attori, la quale stava sollecitando l’apertura delle portiere
laterali per effettuare la salita sul mezzo, aveva ripreso la marcia,
causando la caduta della B.B. e calpestandone gli arti inferiori.
Aggiunse che, rimasta la B.B. intrappolata sotto i pneumatici
dell’autobus, il M.M. poneva in essere manovre di spostamento
che avevano cagionato l’aggravamento delle lesioni e che in data 4
settembre 2002 la B.B. era entrata in stato di corna, restandovi
fino al 26 marzo 2009, giorno del decesso. Il Tribunale adito rigettò
sia l’eccezione di prescrizione sollevata dalla parte convenuta che la
domanda. Avverso detta sentenza proposero appello A.A. e S.S.. Con sentenza di data
20 gennaio 2016 la Corte d’appello di Torino accolse l’appello
incidentale, dichiarando l’estinzione del diritto azionato dagli attori
nella qualità di eredi, e rigettò l’appello principale.
Osservò la corte territoriale, per quanto qui rileva, che,
trattandosi di lesioni colpose, e non di omicidio, il termine di
prescrizione di cinque anni era decorso e che inapplicabile era l’art.
2942 n. 1 cod. civ., non trovandosi B.B. in alcuna delle
ipotesi indicate dalla norma. Aggiunse che, sebbene emergessero
profili di responsabilità concorrente, la domanda risarcitoria proposta
in proprio e relativa alla perdita del genitore non era accoglibile per
carenza di prova del danno, stante l’assenza di un rapporto effettivo
della B.B., donna sola e sofferente, con i figli, da cui l’assenza

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di Euro 2.378.023,08 oltre interessi e rivalutazione. Espose la parte

della prova della sofferenza derivata dalla morte del congiunto.
Osservò in particolare il giudice di appello quanto segue: la teste
Caterina Messa aveva dichiarato che la B.B. era sempre in strada
e dormiva nel dormitorio, faceva uso di stupefacenti ed era
alcolizzata; A.A. aveva dichiarato che di tanto in tanto

settimane – un mese, e di essere stato all’estero dal 2003 al 2008 e
di avere appreso dell’incidente a fine 2008 «perché cercavo mia
madre»; B.B. aveva dichiarato di essere stata affidata ad
una famiglia da quando aveva tre anni e di avere iniziato a sentire la
madre, raramente e telefonicamente, dall’età di dodici anni; S.S. aveva dichiarato di essere stato allontanato dalla madre dall’età
di tre mesi e che fino ai venti anni la vedeva «abbastanza», poi meno
(la incontrava nei pressi della stazione ferroviaria); i convenuti
avevano prodotto messaggio di posta elettronica di data 15
settembre 2009 inviato da A.A., che comunicava di
avere appreso in quei giorni della morte della madre; nella cartella
clinica della B.B. risultavano solo i dati della sorella, indicata
quale persona da contattare in caso di necessità.
Ha proposto ricorso per cassazione A.A.
sia in proprio che nella qualità di erede di B.B., nonché
quale erede del fratello S.S., sulla base di tre motivi e
resiste con controricorso Unipolsai Assicurazioni s.p.a. (già Milano
Assicurazioni s.p.a.). Il relatore ha ravvisato un’ipotesi di manifesta
infondatezza del secondo motivo e di inammissibilità del primo
motivo, con assorbimento del terzo motivo di ricorso. Il Presidente ha
fissato l’adunanza della Corte e sono seguite le comunicazioni di rito.
E’ stata presentata memoria.
Considerato che:
con il primo motivo si denuncia omesso esame di fatto decisivo
per la controversia e violazione dell’art. 2947, comma 3, cod. civ..

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si era informato della salute della madre, vedendola ogni tre

Osserva il ricorrente che il giudice di appello non aveva tenuto conto
della relazione del CTU, la quale aveva ricondotto sul piano eziologico
l’evento morte alla condotta posta in essere dal M.M., e che
quindi il fatto, ai fini della durata della prescrizione, aveva natura di
omicidio colposo e non di lesioni colpose.

in quanto tale, non integra l’omesso esame circa un fatto decisivo
previsto dalla norma, quando il fatto storico rappresentato sia stato
comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché questi non
abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente
rilevanti (Cass. s.u. 7 aprile 2014, n. 8053).
L’omesso esame di elementi istruttori può integrare pertanto
l’omesso esame circa il fatto storico quando quest’ultimo non sia
stato preso in considerazione dal giudice. Resta tuttavia fermo che,
anche per ciò che concerne la doglianza sul mancato esame degli
elementi istruttori secondo la nuova disposizione dell’art. 360 n. 5
c.p.c., deve essere osservato il principio di autosufficienza del ricorso,
essendo inibito al giudice di legittimità l’accesso agli atti del processo
in presenza di vizio che non sia quello di cui all’art. 360 n. 4 c.p.c.. Il
ricorrente ha l’onere di indicare specificamente le circostanze oggetto
della prova o il contenuto del documento trascurato od erroneamente
interpretato dal giudice di merito, provvedendo alla loro trascrizione,
al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività
dei fatti da provare, e che, per il principio dell’autosufficienza del
ricorso per cassazione, deve essere in grado di compiere sulla base
delle deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è consentito
sopperire con indagini integrative (Cass. 3 gennaio 2014, n. 48; 31
luglio 2012, n. 13677; 30 luglio 2010, n. 17915). Tale onere risulta
non assolto, essendosi il ricorrente limitato ad affermare che il
consulente tecnico aveva concluso nel senso della riconducibilità sul
piano eziologico dell’evento morte alla condotta posta in essere dal

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Il motivo è inammissibile. L’omesso esame di elementi istruttori,

M.M., e non ha, in omaggio all’art. 366, comma 1, n. 6, cod.
proc. civ. trascritto le circostanze di cui il giudice di merito avrebbe
omesso l’esame.
In secondo luogo non è stato indicato in modo specifico il fatto
storico di cui il giudice di appello avrebbe omesso l’esame, ma è stato

consulente tecnico. In tale modo non risulta formulata la denuncia di
vizio motivazionale alla stregua della vigente disposizione dell’art.
360 n. 5 c.p.c..
Con il secondo motivo si denuncia omesso esame di fatto decisivo
per la controversia e violazione dell’art. 2942 n. 1 cod. civ.. Osserva il
ricorrente che la B.B., essendo caduta in coma ventuno giorni
dopo il sinistro, non poteva assumere alcuna iniziativa, né alcun altro
soggetto avrebbe potuto esercitare il diritto di chiedere il risarcimento
in sua vece, non potendo la B.B. medesima conferire alcuna
procura e non potendosi fare ricorso all’art. 78 cod. proc. civ..
Conclude nel senso dell’applicabilità dell’art. 2942 n. 1 cod. civ..
Il motivo è manifestamente infondato. Benché nella rubrica risulti
indicato anche il vizio di motivazione, contenuto della censura è
quello di violazione di legge. Tutte le norme, contenute nel codice
civile o in altre leggi, che prevedono la sospensione della prescrizione
(come, ad esempio, l’art. 2941 cod. civ.), integrano disposizioni di
carattere eccezionale, a norma dell’art. 14 delle cosiddette preleggi,
con la conseguenza che non sono suscettibili di applicazione oltre i
casi e i tempi in esse considerati (Cass. 4 giugno 2007, n. 12953). Il
fatto, così come accertato dal giudice di merito, non è sussumibile in
alcuna delle ipotesi previste dall’art. 2942 n. 1 cod. civ.
Con il terzo motivo si denuncia omesso esame di fatto decisivo
per la controversia e violazione dell’art. 116 cod. proc. civ.. Osserva il
ricorrente, circa la mancanza di prova del danno da perdita del
rapporto parentale, premesso che le circostanze evidenziate nella

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denunciato solo il mancato recepimento delle conclusioni del

testimonianza di C.C. rilevano eventualmente solo in
relazione al danno patrimoniale di B.B. chiesto in via
ereditaria, che l’intensità del vincolo familiare è già di per sé utile
elemento presuntivo circa la prova del danno in discorso e che la
circostanza della mancanza di convivenza è solo un elemento

Va dichiarato l’assorbimento del motivo. Benché nella rubrica
risulti indicato anche il vizio di motivazione, contenuto della censura è
quello di violazione di legge. Lamenta in particolare il ricorrente il
mancato rispetto del principio di diritto secondo cui il fatto illecito,
costituito dalla uccisione del congiunto, dà luogo ad un danno non
patrimoniale presunto, consistente nella perdita del rapporto
parentale, allorché colpisce soggetti legati da uno stretto vincolo di
parentela, la cui estinzione lede il diritto all’intangibilità della sfera
degli affetti reciproci e della scambievole solidarietà che caratterizza
la vita familiare nucleare (Cass. 16 marzo 2012, n. 4253). La censura
deve ritenersi assorbita per effetto dell’inammissibilità del primo
motivo. Presupposto della risarcibilità del danno da perdita parentale
è che l’evento morte sia riconducibile alla condotta illecita della parte
cui l’attore ascrive la qualità di danneggiante. Nel caso di specie,
stante l’inammissibilità del primo motivo, resta accertato, ai fini
dell’identificazione del termine di prescrizione, che il M.M. è
stato responsabile non di omicidio colposo, ma di lesioni colpose. Il
giudice di merito ha quindi accertato che la perdita del congiunto non
è imputabile ad un omicidio di cui sarebbe autore il M.M..
L”inammissibilità dell’impugnazione di tale accertamento comporta
l’assorbimento del presente motivo.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo,
seguono la soccombenza.
Non sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell’art. 1,
comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il

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indiziario da cui desumere un più ridotto danno morale.

comma 1 – quater all’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio
2002, n. 115, della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte
della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, stante
l’ammissione del ricorrente al patrocinio a spese dello Stato.

Rigetta il secondo motivo, dichiara inammissibile il primo motivo
ed assorbito il terzo motivo di ricorso. Condanna il ricorrente al
pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio
di legittimità, che liquida in Euro 10.000,00 per compensi, oltre alle
spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in
Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento,
da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma il giorno 8 novembre 2017
Il Presidente
Dott. ssa Adelaide Amendola

P. Q. M.

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