Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29597 del 14/11/2019

Cassazione civile sez. I, 14/11/2019, (ud. 16/10/2019, dep. 14/11/2019), n.29597

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. TRIA Lucia – rel. Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23391/2018 proposto da:

I.D., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la

Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’avvocato Tiziana Aresi e dall’avvocato Massimo Carlo Seregni;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’interno;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BRESCIA, depositato il giorno

08/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16/10/2019 dal Cons. Dott. LUCIA TRIA.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. il Tribunale di Brescia, con decreto pubblicato l’8 giugno 2018, respinge il ricorso proposto da I.D., cittadino della Nigeria proveniente da (OMISSIS), avverso il provvedimento con il quale la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale ha, a sua volta, rigettato la domanda di protezione internazionale proposta dall’interessato escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione complementare (umanitaria);

2. Il Tribunale, per quel che qui interessa, precisa che:

a) la domanda di riconoscimento di una forma di protezione internazionale non può essere accolta perchè la vicenda narrata dall’interessato – anche se si volesse considerare veritiera – non contiene elementi dai quali possa desumersi la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b) non essendo emerso che, in caso di rimpatrio, il ricorrente corra il rischio di subire un “danno grave”, del tipo ivi indicato;

b) infatti, in essa non emerge che siano integrati in concreto gli estremi della effettività del rischio paventato di subire delle persecuzioni da parte della prima moglie del padre del ricorrente, tanto più che risulta che la donna, seguito di una denuncia, attualmente è ricercata dalla polizia nigeriana;

c) con riferimento all’ipotesi indicata nel medesimo art. 14, lett. c, va rilevato che l’unico riferimento contenuto nel ricorso sul punto è rappresentato dall’affermazione – priva di riscontri nel racconto del richiedente – della situazione di “violenza indiscriminata” in cui si troverebbe la zona di provenienza del ricorrente;

d) ma dalle fonti consultate risulta che i conflitti esistenti nella zona Sud.Sud della Nigeria (di provenienza del ricorrente) sono principalmente legati alle compagnie petrolifere e, quindi, non hanno carattere generalizzato;

e) pertanto va affermata l’insussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria ex art. 14, lett. c), cit.;

f) infine, non sono state neppure allegate o documentate dal ricorrente particolari condizioni di vulnerabilità per motivi personali o di salute che consentano di accordare la protezione umanitaria, visto che neppure sono stati denunciati abusi subiti durante il soggiorno in Libia;

3. il ricorso di I.D. domanda la cassazione del suddetto decreto per due motivi; il Ministero dell’Interno non svolge attività difensiva in questa sede.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

Sintesi dei motivi.

2. il ricorso è articolato in due motivi;

3. con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 per avere il Tribunale escluso la concedibilità delle protezione richiesta affermando la non credibilità del racconto reso dall’interessato, senza applicare i parametri normativi indicati dalla norma invocata e senza l’adozione di alcuna iniziativa per approfondire o verificare le dichiarazioni rese dal ricorrente;

4. con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 8 per non avere il Tribunale proceduto ad acquisire informazioni precise ed aggiornate circa la situazione del Paese di origine del ricorrente, visto che in Nigeria la situazione è degenerata nel tempo con atti di violenza indiscriminata;

Esame dei motivi.

5. l’esame dei motivi di censura porta all’inammissibilità del ricorso, in quanto tutte le censure risultano assolutamente generiche e tali da far valere la mera ingiustizia del decreto impugnato, senza alcuna correlazione specifica con le rationes decidendi che sorreggono il decreto stesso;

6. ne deriva che nella sostanza si tratta di censure che finiscono con l’esprimere un mero dissenso rispetto alle valutazioni delle risultanze probatorie effettuate dal Tribunale, oltretutto espresso senza il dovuto rispetto del principio di specificità dei motivi di ricorso per cassazione e che come tali sono di per sè inammissibili, tanto più che sia il mancato rispetto dei parametri di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 (primo motivo), sia la mancata acquisizione di informazioni aggiornata sul Paese di origine del ricorrente (secondo motivo) sono denunciati senza alcun riferimento alla motivazione del decreto impugnato, ma solo attraverso il generico richiamo della giurisprudenza in materia;

7. pertanto, nessuna delle censure attinge le rationes decidendi poste a base del rigetto delle domande del ricorrente – con riguardo alle diverse forme di protezione internazionale e alla protezione umanitaria – visto che nel ricorso si formulano argomenti che risultano privi di specifica attinenza con le suddette statuizioni decisive;

8. tale omessa impugnazione rende inammissibile, per difetto di interesse, tutte le censure, essendo le statuizioni non censurate divenute definitive e quindi non potendosi più produrre in nessun caso il relativo annullamento (vedi, al riguardo: Cass. 7 novembre 2005, n. 21490; Cass. 26 marzo 2010, n. 7375; Cass. 7 settembre 2017, n. 20910; Cass. 3 maggio 2019, n. 11706);

Conclusioni.

9. in sintesi, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;

10. nulla va disposto per le spese del presente giudizio di cassazione, essendo il Ministero dell’Interno rimasto intimato;

11. si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ove dovuto, dell’importo previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Nulla per le spese del presente giudizio di cassazione.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima civile, il 16 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 14 novembre 2019

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