Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29592 del 24/12/2020

Cassazione civile sez. lav., 24/12/2020, (ud. 25/06/2020, dep. 24/12/2020), n.29592

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 58/2020 proposto da:

S.M., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato LOREDANA LISO;

– ricorrente –

contro

COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE

INTERNAZIONALE DI BARI;

– intimata –

e contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i

cui Uffici domicilia in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12, ope legis;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 2398/2019 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 19/11/2019 r.g.n. 2626/2018.

 

Fatto

RILEVATO

che con sentenza del 19 novembre 2019, la Corte d’Appello di Bari, confermava la decisione resa dal Tribunale di Bari e rigettava la domanda proposta da S.M. nei confronti del Ministero dell’Interno, della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Bari con successivo intervento del Procuratore generale presso la Corte “Appello di bari avente ad oggetto il riconoscimento dello status di rifugiato, in subordine la concessione della protezione sussidiaria, in ulteriore subordine, il riconoscimento dello status di asilante ex art. 10 Cost., comma 3, ed, in estremo subordine il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari;

che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto, oltre all’implausibilità del racconto, giudizio già espresso in prime cure e non contestato con conseguente definitività del rigetto della domanda fondata sul rischio con riguardo a quel racconto prospettato della vita o di un ingiusto trattamento, la non riconducibilità dei fatti con il racconto medesimo dedotti ad alcuna delle situazioni legittimanti la concessione della protezione, tenuto anche conto dell’accertata assenza di particolari criticità in relazione al panorama sociopolitico del Gambia, Paese di provenienza, che anzi appare in grado di offrire protezione da persecuzioni e dell’assenza, anche in considerazione del livello minimale di integrazione nel nostro Paese, di ragioni di vulnerabilità attuale o connesse al rimpatrio; che per la cassazione di tale decisione ricorre S.M., affidando l’impugnazione a cinque motivi, in relazione alla quale il Ministero dell’Interno si è limitato a rilasciare delega per la difesa nell’udienza di trattazione mentre la Commissione Territoriale non ha svolto alcuna attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

che, con il primo motivo, il ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, comma 1, lett. e) ed f), artt. 7 e 8, censura la decisione della Corte territoriale in ordine al rigetto della domanda di riconoscimento dello status di rifugiato, assumendo la ricorrenza nella specie del relativo presupposto dato dal fondato timore di una “persecuzione personale e diretta” per essere stata quella nozione assunta dalla Corte stessa in una accezione difforme da quella legalmente posta;

che, con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, comma 1, lett. g) e h) e art. 14, letti in combinato disposto, lamenta l’incongruità logica e giuridica della valutazione in base alla quale la Corte territoriale ha escluso la ricorrenza nella specie di una situazione di fatto consistente in un trattamento degradante foriero di un danno grave rilevante ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria;

che nel terzo motivo la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 150 del 2001, art. 19, comma 8, è prospettata con riferimento all’error in procedendo in cui sarebbe incorsa la Corte territoriale non essendosi avvalsa, come viceversa tenuta, dei propri poteri istruttori d’ufficio;

che, con il quarto motivo il ricorrente denunzia il carattere apparente della motivazione resa dalla Corte territoriale per essere il giudizio di inaffidabilità di quanto dedotto reso in violazione dei criteri di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5;

che con il quinto motivo, rubricato con riferimento alla violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, il ricorrente, il ricorrente censura la pronunzia della Corte in ordine al rigetto della protezione umanitaria, ritenendo la condizione di vulnerabilità, da identificarsi quale presupposto legale per la concessione di tale protezione. Suscettibile di derivare dalla precarietà delle condizioni di vita cui sarebbe riportato;

chela proposta impugnazione deve ritenersi inammissibile nel suo complesso per non essere stata proposta con riferimento alla sentenza che si afferma nell’atto di aver impugnato, risultando il ricorso predisposto inserendo il nome dell’odierno ricorrente in un atto relativo ad una diversa controversia definitiva con altra sentenza, come attesta il riferimento di cui al primo motivo di ricorso (ottava riga di pag. 7 parentesi) ad una situazione di fatto del tutto estranea a quella esposta dal ricorrente innanzi alla Commissione territoriale ed al Tribunale di Bari e la citazione nel quinto motivo (all’inizio dell’esposizione del medesimo a pag. 15) di un passo della motivazione che non trova riscontro nella sentenza che avrebbe dovuto essere oggetto della presente impugnazione;

che, pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile senza attribuzione delle spese per non aver il Ministero e l’altra parte intimata svolto alcuna attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento dal parte del ricorrente pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 25 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 dicembre 2020

 

 

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