Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29592 del 14/11/2019

Cassazione civile sez. I, 14/11/2019, (ud. 16/10/2019, dep. 14/11/2019), n.29592

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. TRIA Lucia – rel. Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10121/2018 proposto da:

B.A., elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Cavour,

presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione,

rappresentato e difeso dall’avvocato Massimo Gilardoni;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’interno;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BRESCIA, depositato il

12/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16/10/2019 dal Cons. Dott. LUCIA TRIA.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. il Tribunale di Brescia, con decreto pubblicato il 12 febbraio 2018, respinge il ricorso proposto da B.A., cittadino del Gambia, avverso il provvedimento con il quale la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale ha, a sua volta, rigettato la domanda di protezione internazionale proposta dall’interessato escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione complementare (umanitaria);

2. Il Tribunale, per quel che qui interessa, precisa che:

a) in assenza di questioni preliminari prospettate dalle parti o rilevabili d’ufficio è possibile esaminare il merito del ricorso;

b) al riguardo va sottolineato che, come rilevato anche dalla Commissione territoriale, il racconto dell’interessato, in riferimento alla sua permanenza nella (OMISSIS) è in contrasto con le COI da cui risulta che nella zona vi è stata una tregua del conflitto per l’indipendenza della (OMISSIS) nel 2014, il che rende assolutamente non credibile che il ricorrente nel 2016 si sia imbattuto nei ribelli ed abbia trovato la situazione descritta;

c) l’inattendibilità della narrazione esclude la possibilità di concedere lo status di rifugiato la protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b) non essendo stato precisato che, in caso di rimpatrio, il ricorrente corra il rischio di subire un “danno grave”, del tipo ivi indicato;

d) con riferimento all’ipotesi indicata nel medesimo art. 14, lett. c), va rilevato che il richiedente non ha fatto alcun cenno ad una situazione di violenza indiscriminata o di conflitto armato – pur nell’ampia accezione indicata dalla giurisprudenza – che possa coinvolgerlo in caso di rimpatrio e, comunque, le notizie raccolte da fonti internazionali affidabili aggiornate portano a concludere che il Gambia si trova in una delicata fase politica di transizione non priva di criticità ma dai report più recenti risulta che non sono segnale situazioni di violenza generalizzata;

e) neppure può essere accolta neppure la domanda diretta ad ottenere la protezione umanitaria, in quanto non sono state allegate o documentate dal ricorrente particolari condizioni di vulnerabilità per motivi personali o di salute;

3. il ricorso di B.A. domanda la cassazione del suddetto decreto per due motivi; il Ministero dell’Interno non svolge attività difensiva in questa sede.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

Profili preliminari.

1. preliminarmente va precisato che sollecitazione a sollevare le tre questioni di legittimità costituzionale indicate nella parte iniziale del ricorso non può essere accolta in quanto, in base ad orientamenti già espressi da questa Corte e condivisi dal Collegio, è stata affermata la manifesta infondatezza:

a) della questione di legittimità costituzionale, sollevata in riferimento agli artt. 77 e 111 Cost. (parametri invocati anche nella specie) del D.L. n. 13 del 2017, art. 21, comma 1, convertito dalla L. n. 46 del 2017, per asserito difetto dei requisiti della straordinaria necessità ed urgenza, considerandosi evidentemente privo di fondamento logico l’assunto del ricorrente secondo cui la previsione di un termine di 180 giorni per l’entrata in vigore del nuovo rito in materia di protezione internazionale denoterebbe l’insussistenza del requisito di urgenza per l’adozione dello strumento del D.L., dal momento che l’esigenza di un intervallo temporale perchè possa entrare a regime una complessa riforma processuale, quale quella in discorso, non esclude affatto che l’intervento di riforma sia caratterizzato dal requisito dell’urgenza (Cass. 5 luglio 2018, n. 17717; Cass. 5 novembre 2018, n. 28119);

b) della questione di legittimità costituzionale, sollevata in riferimento all’art. 3 Cost., artt. 24 e 111 Cost., del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 13, relativa all’eccessiva limitatezza del termine di trenta giorni prescritto per proporre ricorso per cassazione avverso il decreto del tribunale, poichè la previsione di tale termine è espressione della discrezionalità del legislatore e trova fondamento nelle esigenze di speditezza del procedimento;

c) della questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 13, (inserito dall’art. 6, comma 1, lett. g indicato D.L.), per violazione dell’art. 3 Cost., comma 1, artt. 24 e 111 Cost., “nella parte in cui stabilisce che il procedimento per l’ottenimento della protezione internazionale è definito con decreto non reclamabile in quanto è necessario soddisfare esigenze di celerità, non esiste copertura costituzionale del principio del doppio grado ed il procedimento giurisdizionale è preceduto da una fase amministrativa che si svolge davanti alle Commissioni territoriali deputate ad acquisire, attraverso il colloquio con l’istante, l’elemento istruttorio centrale ai fini della valutazione della domanda di protezione” (vedi, per tutte: Cass. 30 ottobre 2018, n. 27700; Cass. 30 maggio 2019, n. 14821; Cass. 13 agosto 2019, n. 21375);

Sintesi dei motivi.

2. il ricorso è articolato in due motivi;

3. con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 14, lett. c), in combinato disposto con il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 perchè il Tribunale non ha concesso al ricorrente la protezione sussidiaria prevista dalla norma invocata sulla base della affermata non credibilità del richiedente e quindi senza attivare i propri poteri istruttori d’ufficio onde esaminare il tema dell’insicurezza tuttora permanente in Gambia, muovendo dalle precise e dettagliate dichiarazioni dell’interessato;

4. con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 14, lett. c), in combinato disposto con il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 2, per avere il Tribunale escluso la concedibilità della protezione umanitaria sull’assunto secondo cui il richiedente non avrebbe allegato fattori di vulnerabilità senza considerare che, in caso di rientro in Gambia, il ricorrente sarebbe privo di una rete familiare e si troverebbe in una condizione tale da emigrare nuovamente;

Esame dei motivi.

5. l’esame dei motivi di censura porta all’inammissibilità del ricorso, per le ragioni di seguito esposte;

6. in linea generale tutte le censure – al di là del formale richiamo alla violazione di norme di legge contenuto nell’intestazione di entrambi i motivi si risolvono nella sostanza nella denuncia di errata valutazione da parte del Giudice del merito del materiale probatorio acquisito ai fini della ricostruzione dei fatti;

7. si tratta, quindi, di censure che finiscono con l’esprimere un mero dissenso rispetto alle motivate valutazioni delle risultanze probatorie effettuate dal Giudice del merito, che come tale è di per sè inammissibile;

8. in particolare, con riguardo al primo motivo a tale conclusione si perviene perchè in base a consolidati e condivisi orientamenti di questa Corte:

a) la valutazione in ordine alla credibilità del racconto della persona che chiede la protezione internazionale costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al Giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c);

b) il suddetto apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito;

c) il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa;

d) invece, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità, sicchè va dichiarato inammissibile il motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 con il quale viene dedotta in modo del tutto generico la violazione di norme di legge, avuto riguardo alla valutazione sulla credibilità del richiedente protezione internazionale, attraverso il richiamo alle disposizioni disattese e tramite una ricostruzione della fattispecie concreta difforme da quella accertata dal tribunale (vedi, per tutte: Cass. 5 febbraio 2019, n. 3340; Cass. 13 marzo 2018, n. 6035);

9. l’attuale ricorrente, nel primo motivo, ha denunciato in modo del tutto generico il mancato rispetto da parte del Tribunale dell’onere probatorio attenuato senza offrire alcun elemento idoneo a superare la valutazione del Giudice di non credibilità e di inverosimiglianza del racconto del ricorrente, considerato motivatamente non inquadrabile in alcuna delle fattispecie della protezione internazionale di inattendibilità delle dichiarazioni del richiedente alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 valutazione che impedisce, di per sè, di procedere ad approfondimenti istruttori officiosi, salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori, in ordine alla sussistenza dei presupposti per la protezione sussidiaria nell’ipotesi di cui all’art. 14, lett. c), (vedi, per tutte: Cass. 19 febbraio 2019, n. 4892), sussistenza che il Tribunale ha motivatamente escluso, sulla base di report aggiornati dell’EASO, del Dipartimento di Stato USA e di Amnesty International, riguardanti la Nigeria e in particolare (OMISSIS) (di provenienza del richiedente);

10. le censure proposte con il suddetto motivo si traducono in sostanza nella richiesta a questa Corte di controllare la correttezza del verifica di credibilità della concreta vicenda narrata a fondamento della domanda quale compiuta dal Tribunale, senza considerare che la suddetta verifica costituisce un apprezzamento di fatto, censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nei limiti delineati dal testo di questa disposizione successivo alla modifica ad opera del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134, applicabile nella specie ratione temporis;

11. anche il secondo motivo è inammissibile in quanto le deduzioni del ricorrente in materia di protezione umanitaria risultano del tutto generiche e non conformi al principio di specificità dei motivi di ricorso per cassazione, tanto che dal ricorso non si riesce a individuare la specifica condizione di vulnerabilità che affliggerebbe il ricorrente e che il Giudice di merito avrebbe trascurato di considerare, perchè nel ricorso si fa esclusivo riferimento all’inadeguatezza delle condizioni di vita di in B.A. in Gambia;

12. in particolare, manca qualsiasi dimostrazione in merito al radicamento in Italia del ricorrente, unitamente con una specifica effettiva condizione di vulnerabilità;

Conclusioni.

13. in sintesi, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;

14. le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza;

15. l’ammissione della parte ricorrente al patrocinio a spese dello Stato determina l’insussistenza – allo stato – dei presupposti processuali per il versamento dell’importo previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, stante l’applicazione della prenotazione a debito derivante dall’ammissione al predetto beneficio (Cass. 22 marzo 2017, n. 7368; Cass. 9 gennaio 2019, n. 284; Cass. 28 febbraio 2019, n. 5973; Cass. 13 marzo 2019, n. 7204; Cass. 24 maggio 2019, n. 14292; Cass. 13 agosto 2019, n. 21375 e n. 21377).

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, liquidate in Euro 2100,00 (duemilacento/00) per compensi professionali, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto che non sussistono – allo stato – i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis sempre che l’ammissione del ricorrente al patrocinio a spese dello Stato non risulti revocata dal giudice competente.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima civile, il 16 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 14 novembre 2019

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