Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29592 del 11/12/2017


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 29592 Anno 2017
Presidente: D’ASCOLA PASQUALE
Relatore: GIUSTI ALBERTO

ORDINANZA
sul ricorso 2280-2017 proposto da:
D.F. SRL, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEL VIMINALE
43, presso lo studio dell’Avvocato FABIO LORENZONI,
rappresentata e difesa dall’Avvocato FRANCESCO GRIGNOLIO;

– ricorrente contro
AGECONTROL SPA;

– intimata avverso la sentenza n. 978/2016 della CORTE D’APPELLO di
FIRENZE, depositata il 14/06/2016.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
30/11/2017 dal Consigliere ALBERTO GIUSTI.

Data pubblicazione: 11/12/2017

Ritenuto che con sentenza n. 56/10, emessa in data 24 giugno 2010,
il Tribunale di Firenze, sezione distaccata di Pontassieve, ha rigettato
l’opposizione proposta dalla s.r.l. D.F. avverso l’ordinanza-ingiunzione
emessa nei suoi confronti dalla s.p.a. Agecontrol, con la quale era stato
intimato il pagamento della somma di euro 17.616,03 a titolo di

dicembre 2002, n. 306 (Disposizioni sanzionatorie in attuazione del
regolamento CE n. 1148/2001 relativo ai controlli di conformità alle
norme di commercializzazione applicabili nel settore degli
ortofrutticoli freschi, a norma dell’articolo 3 della legge 1° marzo 2002,
n. 39), per la vendita di prodotti ortofrutticoli privi della indicazione,
nei cartellini esposti al pubblico, del luogo di provenienza dei prodotti
venduti allo stato sfuso;
che la Corte d’appello di Firenze, con sentenza pubblicata il 14
giugno 2016, ha rigettato l’appello della s.r.l. D.F.;
che per la cassazione della sentenza della Corte d’appello la s.r.l.
D.F. ha proposto ricorso, con atto notificato il 18 gennaio 2017, sulla
base di due motivi;
che l’intimata non ha resistito con controricorso;
che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ.,
è stata comunicata alla parte ricorrente, unitamente al decreto di
fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.
Considerato che con il primo motivo la ricorrente deduce violazione
e/o falsa applicazione dell’art. 8, primo comma, della legge 24
novembre 1981, n. 689, lamentando che la Corte di Firenze abbia
escluso che l’apposizione di sedici cartellini senza tutte le indicazioni
obbligatorie possa considerarsi un’unica condotta omissiva;
che ad avviso della ricorrente, il comportamento

contra legern

sarebbe in realtà unico (omessa indicazione relativa all’origine nei
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sanzione amministrativa per la violazione dell’art. 4 del d.lgs. 10

prodotti ortofrutticoli), al di là del fatto che si sia manifestato su uno,
due o più qualità di prodotti, sicché avrebbe dovuto applicarsi, in
punto di determinazione della sanzione, la disciplina del concorso
formale;
che il motivo è infondato;

irrogata una sola sanzione in relazione ai fatti contestati, che a suo
avviso avrebbero integrato un’unica violazione, e non applicarsi il
criterio del cumulo, seguito dall’autorità amministrativa e confermato
dalla sentenza impugnata;
che si tratta di tesi non condivisibile, posto che correttamente la
Corte d’appello ha rilevato che “l’apposizione di sedici cartellini senza
tutte le indicazioni obbligatorie non può in alcun modo considerarsi
un’unica azione”;
che infatti, la

ratio

della disposizione sanzionata risiede

nell’esigenza (derivante da obblighi comunitari: v. regolamento CE n.
2200/96 del Consiglio del 28 ottobre 1996) di mettere in condizione
l’acquirente-consumatore del prodotto ortofrutticolo di essere
informato dell’origine del prodotto medesimo, sicché la condotta
sanzionata va individuata, non nella predisposizione unitaria e
generalizzata di cartellini privi delle indicazioni prescritte nei locali
destinati alla vendita al minuto, bensì nell’omessa apposizione, su
ciascun tipo di prodotto ortofrutticolo posto in vendita, di un
cartellino recante anche l’origine del prodotto, il che concreta la
consumazione dell’illecito;
che poiché nella disciplina dell’illecito amministrativo non sussiste,
come si desume dall’art. 8 della legge n. 689 del 1981 — che, al comma
1, prevede la diversa ipotesi del concorso formale, eterogeneo o
omogeneo (ricorrente quando le diverse violazioni siano commesse
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che la ricorrente sostiene la tesi secondo cui avrebbe dovuto essere

con unica azione o omissione, nella specie non configurabile), ed al
secondo, eccezionalmente, quello della continuazione, limitatamente
alle violazioni in materia di previdenza ed assistenza obbligatoria — una
disciplina del tutto analoga a quella dettata dall’art. 81 cod. pen. (Cass.,
Sez. II, 4 marzo 2011, n. 5252; Cass., Sez. VI-2, 16 dicembre 2014, n.

cumulo materiale della sanzioni, corrispondente alla somma di quelle
previste per ciascuno degli illeciti consumati, disattendendo la richiesta
di cumulo giuridico, essendo sedici i prodotti ortofrutticoli rilevati privi
della indicazione, nei cartellini esposti al pubblico, del luogo di
provenienza dei prodotti venduti allo stato sfuso;
che con il secondo motivo si denuncia la violazione e falsa
applicazione dell’art. 11 della legge n. 689 del 1981, sul rilievo che la
sentenza impugnata avrebbe ritenuto congrua la sanzione applicata in
considerazione della presunta molteplicità delle violazioni, ma non
avrebbe tenuto conto della recente apertura dell’attività ai fini della
valutazione della personalità del soggetto sanzionato e delle oggettive
ragioni per le quali si è verificata la violazione della norma;
che il motivo è infondato;
che — premesso che il d.lgs. n. 306 del 2002 ha previsto, per la
violazione contestata, una sanzione compresa tra un minimo di euro
550 ed un massimo di euro 15.500 — nella specie la sanzione è stata
irrogata in un importo pari al doppio del minimo edittale (curo 1.100),
poi moltiplicato per ciascuno dei sedici prodotti ortofrutticoli rilevati
privi della prescritta indicazione;
che la Corte d’appello, nel rigettare il corrispondente motivo di
gravame, ha affermato che la commisurazione della sanzione nel
doppio del minimo (in un excurus che andava, nel massimo, a quasi
trenta volte il minimo) è adeguata alla circostanza dell’omissione di una
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26434), correttamente il giudice di merito ha confermato l’operato

sola delle tre indicazioni obbligatorie e giustificata dalla molteplicità
delle infrazioni, escludendo del pari che abbia rilevanza la recente
apertura del reparto;
che il giudice del merito è pervenuto ad un apprezzamento della
congruità della sanzione irrogata, condotto con adeguata motivazione

dall’art. 11 della legge n. 689 del 1981;
che la statuizione sul punto del giudice a quo si sottrae alla censura
articolata con il motivo, posto che in tema di sanzioni amministrative
pecuniarie, ove la norma indichi un minimo e un massimo della
sanzione, spetta al potere discrezionale del giudice determinarne
l’entità entro tali limiti, allo scopo di commisurarla alla gravità del fatto
concreto, globalmente desunta dai suoi elementi oggettivi e soggettivi;
peraltro, il giudice non è tenuto a specificare nella sentenza i criteri
adottati nel procedere a detta determinazione, né la Corte di cassazione
può censurare la statuizione adottata ove tali limiti siano stati rispettati
e dal complesso della motivazione risulti che quella valutazione è stata
compiuta; ove poi l’infrazione non abbia caratterizzazioni specifiche
che possano indurre a maggiore o minor rigore, deve ritenersi corretto
il riferimento alla misura deducibile dall’art. 16 della legge n. 689 del
1981, che prevede il pagamento in misura ridotta pari alla terza parte
del massimo edittale o, se più favorevole, al doppio del minimo (Cass.,
Sez. I, 24 marzo 2004, n. 5877; Cass., Sez. V, 17 aprile 2013, n. 9255);
che il ricorso è rigettato;
che non vi è luogo a pronuncia sulle spese, non avendo l’intimata
svolto attività difensiva in questa sede;
che ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002
(inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012), applicabile
ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30
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sulla base di una valutazione globale e complessiva dei criteri stabiliti

gennaio 2013), ricorrono i presupposti per il raddoppio del versamento
del contributo unificato da parte della ricorrente, a norma del comma

1-bis dello stesso art. 13.
P. Q. M.
rigetta il ricorso;

inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228/12 — la sussistenza dei
presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il
ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta-2 Sezione
Civile, il 30 novembre 2017.

dichiara — ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del d.P.R. n. 115/02,

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