Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29591 del 24/12/2020

Cassazione civile sez. lav., 24/12/2020, (ud. 25/06/2020, dep. 24/12/2020), n.29591

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 363/2020 proposto da:

D.M., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR, presso LA

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dagli avvocati TIZIANA ARESI, MASSIMO CARLO SEREGNI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i

cui Uffici domicilia ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI 12;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 3701/2019 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 11/09/2019 R.G.N. 1575/2018.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. la Corte di Appello di Milano, con sentenza dell’11 settembre 2019, ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva respinto il ricorso proposto da D.M., cittadino (OMISSIS), avverso il provvedimento con il quale la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale aveva, a sua volta, rigettato la domanda di protezione internazionale proposta dall’interessato, escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione umanitaria;

2. la Corte ha ritenuto – per quanto qui ancora interessa – che “il quadro che emerge dalle dichiarazioni rese (dal richiedente) non sia connotato da un sufficiente grado di coerenza, con particolare riferimento ai motivi dell’espatrio” che i giudici del merito ravvisano nella “diversità di idee politiche con il governo in carica” piuttosto che in una chiamata alla leva obbligatoria, considerato anche che l’istante risultava già esonerato dal reclutamento per motivi di salute; in merito alla richiesta di permesso di soggiorno per motivi umanitari, la Corte non ha riscontrato situazioni di vulnerabilità nè prove di integrazione in Italia;

3. per la cassazione di tale sentenza propone ricorso il soccombente con 2 motivi; il Ministero dell’Interno resta intimato.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. il ricorso presenta un preliminare profilo di radicale inammissibilità per violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, secondo cui “Il ricorso deve contenere, a pena di inammissibilità… l’esposizione sommaria dei fatti di causa”, interpretato dalle Sezioni Unite di questa Corte come preordinato allo scopo di agevolare la comprensione dell’oggetto della pretesa, l’esito dei gradi precedenti con eliminazione delle questioni non più controverse, ed il tenore della sentenza impugnata in immediato coordinamento con i motivi di censura (Cass. SS.UU. n. 16628 del 2009);

nella specie, subito dopo l’intestazione del ricorso, si passa direttamente all’illustrazione dei motivi, con omissione completa della esposizione dei fatti di causa, neanche in forma sommaria, tanto da generarne l’inammissibilità (cfr. Cass. SS.UU. n. 11308 del 2014);

2. anche i due motivi di ricorso, separatamente considerati, sono inammissibili;

2.1. con il primo si denuncia “violazione dell’art. 360, comma 1, n. 3 (scilicet: c.p.c.) in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 8” lamentando che il provvedimento impugnato non avrebbe valutato “il periodo di permanenza del ricorrente nei paesi in cui è transitato, nè le ragioni che hanno poi indotto lo stesso a fuggire anche da detti paesi”;

la censura è inammissibile per il suo carattere di novità, secondo il noto principio per cui, qualora una determinata questione giuridica – che implichi un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità, per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa (Cass. SS.UU. n. 2399 del 2014; Cass. n. 2730 del 2012; Cass. n. 20518 del 2008; Cass. n. 25546 del 2006; Cass. n. 3664 del 2006; Cass. n. 6542 del 2004);

nella specie, nel motivo non viene finanche detto quali sarebbero questi Paesi in cui il richiedente sarebbe transitato e che avrebbero dovuto costituire oggetto di valutazione da parte dei giudici del merito;

2.2. con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 5 e art. 14, lett. c), sostenendo che la Corte di Appello non avrebbe concretamente valutato il racconto del richiedente protezione con le modalità indicate dalle disposizioni citate e che “il ricorrente teme di non essere protetto dalle forze dell’ordine da parte dei paramilitari russi”;

la censura è inammissibilmente formulata, atteso che, qualora le dichiarazioni del richiedente siano giudicate inattendibili secondo i parametri dettati dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, lett. c), ed in applicazione dei canoni di ragionevolezza e dei criteri generali di ordine presuntivo, l’accertamento così compiuto dal giudice di merito integra un apprezzamento di fatto, riservato al giudice cui esso è devoluto e censurabile in sede di legittimità nei limiti di cui al nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. (v. ex multis Cass. n. 30105 del 2018; Cass. n. 29279 del 2019; Cass. n. 8020 del 2020);

nel caso la doglianza proposta dal ricorrente costituisce una mera contrapposizione alla valutazione che il giudice di merito ha compiuto nel rispetto dei parametri legali e dandone sufficiente spiegazione, neppure adeguatamente censurata sotto il profilo dell’art. 360 c.p.c., n. 5 novellato, così come rigorosamente interpretato dalle Sezioni unite di questa Corte (sentt. nn. 8053 e 8054 del 2014);

3. conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile nulla va liquidato per le spese in quanto il Ministero dell’Interno non ha svolto attività difensiva;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis (cfr. Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 25 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 dicembre 2020

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