Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29589 del 22/10/2021

Cassazione civile sez. II, 22/10/2021, (ud. 22/06/2021, dep. 22/10/2021), n.29589

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – rel. Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25480/2016 proposto da:

I.C., I.A., IE.AN., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA CARLO CONTI ROSSINI, 13, presso lo studio

dell’avvocato IVAN CANELLI, rappresentati e difesi dall’avvocato

LUIGI TREMANTE, giusta delega in atti;

– ricorrenti –

contro

F.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANGELO

EMO, 106, presso lo studio dell’avvocato CIRO CASTALDO,

rappresentata e difesa dagli avvocati MICHELE BOCCIA, GIUSEPPE

BOCCIA, giusta delega in atti;

– controricorrente –

e contro

G.C., G.M., G.R.,

GI.RA., G.A., B.R.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1506/2016 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 14/04/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22/06/2021 dal Consigliere Dott. SERGIO GORJAN.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

I.A., C. ed An. proposero opposizione di terzo, ex art. 404 c.p.c., in relazione a due sentenze emesse dal Tribunale di Nola e provvidero ad evocare in giudizio le parti di detti procedimenti, sostenendo che le statuizioni adottate erano lesive di loro diritti, anche quali litisconsorti necessari.

Delle parti convenuti evocate si costituiva F.C., contestando la domanda attorea, e B.R. – madre degli attori -, mentre i consorti G. rimanevano contumaci.

Il Tribunale nolano ebbe a ritenere in parte inammissibile la svolta opposizione di terzo ed in parte, accolta la stessa e proceduto alla fase rescissoria, ebbe a condannare i figli, unitamente alla madre, all’esecuzione delle opere di risanamento delle parti comuni dell’edificio condominiale.

I.A., C. ed An. proposero gravame avanti la Corte d’Appello di Napoli, che, resistendo la sola F., rigettò l’appello, osservando come correttamente il Tribunale aveva ritenuto inammissibile l’opposizione spiegata contro le statuizioni di rigetto della domanda, svolta originariamente dalla loro madre B.R. di abbattimento della sovraelevazione eseguita dalla F. e come, correttamente in base ai dati tecnici acquisiti in atti, era stata disposta la loro condanna all’esecuzione delle opere di consolidamento, che nella sentenza opposta erano state addossate alla sola loro madre.

Avverso detta decisione I.A., C. ed An. hanno interposto ricorso per cassazione articolato su tre motivi.

Resiste ritualmente F.C., depositando controricorso e nota difensiva, mentre la B. ed i consorti G., benché ritualmente votati, sono rimasti intimati.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso proposto dai germani I. non ha fondamento giuridico e va rigettato.

Con il primo mezzo di impugnazione svolto i ricorrenti deducono violazione delle norme portate negl’artt. 102 e 404 c.p.c. ed art. 1316 c.c., con conseguente nullità, in quanto la Corte partenopea ha confermato la statuizione di inammissibilità, per parte, della loro opposizione ex art. 404 c.p.c., benché tale impugnazione possibile anche ai soggetti non litisconsorti ma comunque lesi nei loro diritti dalla sentenza adottata tra altri.

La censura, siccome articolata nel ricorso, appare inammissibile posto che non viene sviluppato effettivo confronto con la motivazione esposta dalla Corte partenopea sul punto.

Difatti i Giudici napoletani hanno posto in evidenza come l’opposizione di terzo svolta dai consorti I. è stata, per parte, ritenuta inammissibile – domande principali originariamente svolte dalla B. – e, per parte, invece è stata accolta – domande riconvenzionali svolte dai convenuti contro la B. – con il passaggio alla fase rescissoria, la quale tuttavia ha comunque portato alla loro condanna, unitamente alla madre, all’esecuzione delle opere di consolidamento delle strutture dell’edificio comune risultate pericolanti.

Nello svolgimento del motivo d’impugnazione i ricorrenti non chiariscono contro quale delle due statuizioni adottate dalla Corte di merito appuntano la loro critica, posto che espressamente la Corte partenopea dà atto, che con relazione alle domande originariamente svolte dalla F. e da G.V. nei confronti di loro madre e tese all’accertamento della sua responsabilità in ordine a detti dissesti e condanna alle opere di emenda, il Tribunale di Nola accolse l’opposizione e procedette alla fase rescissoria del giudizio, che terminò con l’accertamento della responsabilità di madre e figli in relazione al dissesto e la loro condanna all’esecuzione delle opere di emenda.

Quanto invece alle domande proposte originariamente dalla B. contro i consorti F. – G. e tese all’accertamento della loro responsabilità in ordine al manifestarsi dei dissesti dell’edificio con richiesta di abbattimento delle parti da loro abusivamente sopraelevate, la Corte partenopea ha ritenuto corretta la statuizione di inammissibilità dell’opposizione di terzo, richiamando il consolidato principio di questo Supremo Collegio in forza del quale non concorre alcun litisconsorzio allorquando uno dei comunisti agisca in difesa del bene comune chiedendo l’abbattimento di beni di terzi.

Rispetto a questa statuizione, che parte ricorrente ritrascrive in apertura della sua censura, l’argomentazione critica esposta appare assolutamente aspecifica, posto che si limita a richiamare i principi reggenti l’istituto dell’opposizione di terzo; a lumeggiare la condanna della madre all’esecuzione delle opera di emenda – come visto questione del tutto diversa – e lamentare di non esser potuti intervenire nella fase istruttoria, non già, della presente causa in prime cure, ma evidentemente dell’originario procedimento promosso dalla madre, posto che la fase rescindente di questo procedimento risulta conclusa con la declaratoria d’inammissibilità della loro azione.

A nulla rileva l’osservazione dei ricorrenti che l’opposizione di terzo può esser svolta anche da soggetti non litisconsorti ma il cui diritto risulta, comunque, inciso dalla sentenza resa tra atre parti, poiché astratta e non riferita al caso di specie in quanto nulla impediva ai comproprietari, non parti della lite promossa da uno solo d’essi, di proporre a loro volta controversia di omologo contenuto.

Il rigetto della azione di difesa del ben comune, proposta da uno solo dei comproprietari, non incide in alcun modo sul diritto degli altri comunisti – Cass. sez. 2 n. 4194/1976.

Con la seconda doglianza i germani I. denunziano nullità della sentenza impugnata per omesso esame di fatto decisivo ex art. 360 c.p.c., n. 5, posto che il Collegio partenopeo ha omesso di rispondere alla censura mossa all’osservazione del Tribunale nolano che, comunque, gli odierni impugnanti erano all’epoca stati rappresentati dalla madre in quanto minori.

All’evidenza non concorre il vizio di legittimità denunziato posto che, come dianzi illustrato, la declaratoria di inammissibilità dell’opposizione di terzo, rispetto alle domanda proposte originariamente contro i consorti G. – F., si fonda non tanto sull’osservazione che la madre rappresentava implicitamente anche i figli, bensì che la statuizione di rigetto della domanda da questa proposta non incide in alcun modo sul loro autonomo diritto di difendere, a loro volta, il bene comune.

Di conseguenza detta statuizione della Corte napoletana rende irrilevante in causa la censurata affermazione fatta dal Tribunale, sicché non concorre il requisito della decisività eppertanto inutile risultava ogni esame della stessa in sede d’appello.

Con il terzo mezzo d’impugnazione i consorti I. lamentano nullità della sentenza per violazione delle regolae iuris ex art. 2697 c.c. ed art. 116 c.p.c., in quanto il Collegio partenopeo non ha adeguatamente valutato il materiale documentale da loro dimesso in causa, né proceduto al richiesto approfondimento tecnico della questione.

La svolta censura s’appalesa siccome priva di fondamento posto che le regolae iuris dedotte siccome violate risultano puntualmente osservate invece dalla Corte napoletana.

Difatti il Collegio partenopeo ha giudicato in base ai dati probatori introdotti in causa dalle parti e li ha valutati secondo il suo prudente apprezzamento, sicché la mera contraria valutazione esposta dai ricorrenti non configura la dedotta violazione delle regole codicistiche afferenti la disciplina delle prove.

Per altro la Corte territoriale ha puntualmente esaminato e la sentenza del TAR Campania, richiamata dai ricorrenti, e la consulenza in detto procedimento effettuata, ma versata in questo giudizio solo per alcune pagine – così la Corte di merito -, rilevandone la non concludenza e decisività.

Difatti i lavori ritenuti irregolari – nella decisione del Giudice amministrativo – sono imputati ai ” G. – I.” e che un tanto non sia un errore, come lumeggiato nel ricorso, risulta puntualmente confermato dalla Corte campana quando – ed il punto non risulta attinto con specifica contestazione – precisa che gli I. sono titolari anche di locali siti al primo piano dell’edificio e non solo dei locali terranei.

Al rigetto dell’impugnazione segue la condanna dei consorti I., in solido fra loro, alla rifusione verso la F. delle spese di lite per questo giudizio di legittimità, tassate in Euro 4.200,00 di cui Euro 200,00 pere sborsi, oltre accessori di legge e rimborso forfetario secondo regola di tariffa forense.

Concorrono in capo ai ricorrenti le condizioni processuali per l’ulteriore versamento del contributo unificato.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido fra loro, a rifondere alla resistente le spese di lite di questo giudizio di legittimità liquidate in Euro 4.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre accessori di legge e rimborso forfetario ex tariffa forense nella misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza in Camera di consiglio, il 22 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 ottobre 2021

 

 

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