Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29588 del 11/12/2017


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Civile Ord. Sez. L Num. 29588 Anno 2017
Presidente: D’ANTONIO ENRICA
Relatore: CALAFIORE DANIELA

ORDINANZA

sul ricorso 10292-2012 proposto da:
GORINI SARA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
GERMANICO 197, presso lo studio dell’avvocato MAURO
MEZZETTI, che la rappresenta e difende unitamente
all’avvocato FRANCO NOBILI, giusta delega in atti;
– ricorrente –

contro
ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA

I.N.P.S.
203.7

3362

SOCIALE

C.F.

80078750587

in

persona

dei

suo

Presidente e legale rappresentante pro tempore in
proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A.
Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S.
C.F. 05870001004 in persona del legale rappresentante

Data pubblicazione: 11/12/2017

pro tempore elettivamente domiciliato in ROMA VIA
± CESARE BECCARIA 29 presso l’Avvocatura Centrale
dell’Istituto rappresentato e difeso dagli avvocati
ANTONINO SGROI, CARLA D’ALOISIO, LELIO MARITATO,
giusta delega in atti;

avverso la sentenza n. 1264/2011 della CORTE
D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 23/12/2011 R.G.N.
144/10;

– controricorrente

r.g.n. 10292/2012
Gorini/Inps

RILEVATO
Che, con sentenza depositata il 23.12.2011, la Corte d’appello di
Firenze ha rigettato l’appello proposto da Sara Gorini avverso la
sentenza del Tribunale di Livorno di rigetto dell’opposizione a cartella
esattoriale con cui le era stato ingiunto di pagare all’INPS somme
per contributi omessi in danno di tre associate in partecipazione

che avverso tale pronuncia ha interposto ricorso per cassazione
in proprio e n.q. di socia accomandataria della cessata “La Fenice di
Gorini Sara & C. s.a.s.”, proponendo tre motivi di censura, illustrati con
memoria;
che I’INPS ha resistito con controricorso;
CONSIDERATO
Che l’eccezione di difetto di capacità processuale attiva e passiva della
Soc. La Fenice di Gorini Sara & C. S.a.s., sollevata solo con la memoria
illustrativa con riferimento alla circostanza che la cartella impugnata fu
emessa contro la società e non contro i soci e fu notificata il
19.11.2004 su ruolo reso esecutivo il 13 settembre 2004 nonostante la
società fosse stata cancellata dal registro delle imprese dal 24 luglio
2002, è inammissibile perché estranea al contenuto dei motivi di
ricorso, fondata su fatti mai dedotti nei gradi di merito che si pretende
di provare con richiamo a documento prodotto in primo grado e non
depositato unitamente al ricorso ai sensi dell’art. 369 n.4) cod.proc.civ.
a pena di improcedibilità;
che, in particolare, questa Corte di cassazione ha ripetutamente
affermato che nel giudizio di legittimità non è consentito, con le
memorie di cui all’art. 378 c.p.c. e con quelle omologhe di cui all’art.
380-bis c.p.c., specificare od integrare, ampliandolo, il contenuto delle
originarie argomentazioni e dedurre nuove eccezioni o sollevare
questioni nuove, violandosi, altrimenti, il diritto di difesa della
controparte ( Cass. 3471/2016; 26332/2016);
che, peraltro, è la stessa ricorrente a dare atto, addebitando la
circostanza a mero errore materiale di cui non fornisce prova, che la

I

ritenute lavoratrici sue dipendenti;

r.g.n. 10292/2012

Gorini/Inps
sentenza risulta emessa nei confronti della sola Gorini Sara e che la
cartella oggetto d’opposizione fu notificata anche alla stessa in proprio;
che, dunque, la odierna ricorrente risulta essere stata l’unica parte del
gìudizio di cognizione sulla pretesa contributiva per cui, anche a
prescindere dall’evidente inammissibilità dell’eccezione, va confermato
l’orientamento accolto da questa Corte (cfr. Cass. 17883/2015;
23600/2009, 5763/2002), per il quale l’opposizione avverso la cartella

cognizione su diritti e obblighi inerenti al rapporto contributivo, con la
conseguenza che l’ente previdenziale convenuto ben può chiedere,
oltre che il rigetto dell’opposizione, anche la condanna dell’opponente
al pagamento del credito di cui alla cartella, senza che ne risulti mutata
la domanda e tale diritto resta ferrno ove anche la cartella presenti un
qualche vizio formale, residuando pur sempre anche in tale ipotesi in
favore dell’Istituto, che non può valersi della cartella quale titolo
esecutivo, la possibilità di agire in giudizio nelle forme ordinarie per
l’accertamento dell’esistenza e dell’ammontare del credito.;
che, con il primo motivo, la ricorrente denuncia violazione e falsa
applicazione dell’art. 246 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 primo comnna n.
3 cod. proc. civ., per avere la Corte di merito fondato la propria
decisione sulle testimonianze delle presunte lavoratrici senza tener
conto della loro incapacità a testimoniare;
che il secondo motivo, ai sensi dell’art. 360 primo comma n. 5
cod.proc.civ, denuncia l’omessa motivazione sul fatto controverso e
decisivo per il giudizio relativo, nuovamente, alla incapacità a
testimoniare delle asserite lavoratrici;
che con il terzo motivo viene denunciata insufficiente e contraddittoria
motivazione in ordine alla natura giuridica, dipendente o autonoma, dei
rapporti di lavoro oggetto di causa, posto che le dichiarazioni rese dalle
affermate lavoratrici avevano comunque dimostrato la natura
autonoma dei rapporti di lavoro mancando il rapporto gerarchico,
l’orario di lavoro, il potere disciplinare e le direttive dell’imprenditore;
che, il primo ed il secondo motivo da trattarsi congiuntamente in
quanto entrambi dipendentì dall’asserita illegittimità della prova
testimoniale delle asserite dipendenti, sono infondati giacché la

2

esattoriale di pagamento dà luogo ad un giudizio ordinario di

r.g.n. 10292/2012
Gorini/Inps

ricorrente non indica con precisione quando e dove ha sollevato
l’eccezione di incapacità a testimoniare e questa Corte ( Cass.
23896/2016; 21670/2013) ha più volte affermato che qualora, in sede
di ricorso per cassazione, venga dedotta l’omessa motivazione del
giudice d’appello sull’eccezione di nullità della prova testimoniale (nella
specie, per incapacità ex art. 246 c.p.c.), il ricorrente ha l’onere, anche
in virtù dell’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., di indicare che detta

comma 2, c.p.c. subito dopo l’assunzione della prova e, se disattesa,
riproposta in sede di precisazione delle conclusioni ed in appello ex art.
346 c.p.c., dovendo, in mancanza, ritenersi irrituale la relativa
eccezione e pertanto sanata la nullità, avendo la stessa carattere
relativo;
che il terzo motivo è pure infondato posto che costituisce principio
consolidato quello secondo cui il contratto di associazione in
partecipazione con apporto di prestazione lavorativa da parte
dell’associato trova la propria causa nella partecipazione dell’associato
al rischio di impresa e alla distribuzione non solo degli utili, ma
anche delle perdite, di talché, ove sia resa una prestazione
lavorativa inserita stabilmente nel contesto dell’organizzazione
aziendale senza

partecipazione al rischio

d’impresa

e senza

ingerenza ovvero controllo dell’associato nella gestione dell’impresa
stessa, la

collaborazione

ricade

rapporto di lavoro subordinato, in

nella

causa

ragione del

tipica

del

generale favor

accordato dall’art. 35 Cost., che tutela il lavoro «in tutte le
sue forme ed applicazioni”» (cfr. Cass. n. 1817 del 2013);
che,

con

riguardo al

vizio

di

motivazione denunciato,

è

orientamento consolidato di questa Corte il principio secondo cui in
tanto si può censurare una sentenza di merito di omessa, insufficiente
o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo ex
art. 360 n. 5 c.p.c. (nel testo risultante dalla modifica apportata
dall’art. 2, d.lgs. n. 40/2006, e anteriore alla
all’art. 54,

d.l.

quanto il fatto

n. 83/2012, conv.

con

I.

novella di
n.

cui

134/2012) in

su cui la motivazione è stata omessa o è stata

resa in modo insufficiente o contraddittorio sia autonomamente

3

eccezione è stata sollevata tempestivamente ai sensi dell’art. 157,

r.g.n. 10292/2012
Gorini/Inps

decisivo, ossia potenzialmente tale da portare la controversia ad una
soluzione diversa, l’indagine di questa Corte dovendo spingersi fino a
stabilire se in concreto sussista codesta sua efficacia potenziale (cfr.
da ult. Cass. n. 7916 del 2017);
che nella specie parte ricorrente non ha addotto alcun fatto la cui
considerazione da parte del giudice avrebbe di per sé condotto ad
un diverso e a sé favorevole giudizio, limitandosi a evidenziare talune

le concrete modalità di attuazione del rapporto che vedevano la
presenza della madre della ricorrente ( Taiana Giovanna) quale
soggetto titolato ad impartire ordini alle dipendenti, per come
emerse dalle prove testimoniali assunte nel corso del processo)
che non potrebbero non essere valutate comparativamente con
le altre che la Corte territoriale ha valorizzato ai fini del decidere
(ciò che peraltro la Corte medesima ha puntualmente fatto,
svalutando la decisività delle dichiarazioni rese dal consulente fiscale
della ricorrente e qualificando come preposta all’attività commerciale la
madre della stessa, ancorché pervenendo a conclusioni non condivise
da parte ricorrente);
che, anche prima della modifica apportata all’art. 360 n. 5 c.p.c.
dall’art. 54, d.l. n. 83/2012, cit., la censura di vizio di
motivazione non può essere volta a far valere la rispondenza
della ricostruzione dei fatti operata dal giudice del merito al
diverso convincimento soggettivo della parte, né per suo tramite si
può proporre un preteso migliore e più appagante coordinamento
dei molteplici dati

acquisiti, atteso che tali aspetti del giudizio,

interni all’ambito della discrezionalità di valutazione degli

elementi

di prova e dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero
convincimento del giudice e non ai possibili vizi del percorso
formativo di tale convincimento (cfr. da ult. ancora Cass. n. 7916
del 2017, cit.);
che, conclusivamente, il ricorso va rigettato, provvedendosi come
da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, giusta il criterio
della soccombenza;

4

circostanze (e precisamente il nornen iuris attribuito al contratto e

r.g.n. 10292/2012
Gorini/Inps

P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento
delle spese del giudizio di legittimità che liquida in complessivi
C 4000,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, spese
forfettarie nella misura del 15% e spese accessorie di legge.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 19.7.2017.

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