Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29587 del 11/12/2017
Civile Ord. Sez. L Num. 29587 Anno 2017
Presidente: D’ANTONIO ENRICA
Relatore: RIVERSO ROBERTO
ORDINANZA
3)11 rInnrn
11439-2012
RANALDO ALIMENTARI
U-sit
ANTONIO
rappresentante
in persona del legale
S.N.C.,
RANALDO,
elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA CRISTOFORO COLOMBO 348 sc.
int. 14, presso lo studio dell’avvocato PAOLA RUSSO,
rappresentata
e
difesa
dall’avvocato
FRANCESCO
FALLARINO, giusta delega in atti;
– ricorrente contro
2017
3351
I.N.P.S.
ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE C.F. 80078750587, in persona del suo
Presidente e legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE
Data pubblicazione: 11/12/2017
BECCARIA
29,
presso
l’Avvocatura
Centrale
dell’Istituto rappresentato e difeso dagli avvocati
ANTONINO SGROI, CARLA D’ALOISIO, LELIO MARITATO
giusta delega in calce al ricorso notificato;
– resistente con procura-
D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 30/12/2011 R.G.N.
2439/2006.
avverso la sentenza n. 6539/2011 della CORTE
•
G11439/2012
RILEVATO
che a seguito di accesso ispettivo l’INPS notificava un verbale di accertamento alla
Ranaldo Alimentari srl, esercente l’attività di supermercato, nel quale veniva negato il
titolare della società ed affermato in suo luogo un rapporto come collaboratrice
familiare;
che a seguito di opposizione al verbale, il tribunale aveva accolto la domanda della
Ranaldo Alimentari srl e pertanto, previa declaratoria di sussistenza di un rapporto di
lavoro subordinato tra la società ricorrente e Tiziana Messere, aveva dichiarato che
non sussistesse alcun obbligo contributivo a carico della società nei riguardi dell’INPS,
in relazione al verbale ispettivo del 15 marzo 2001;
che la Corte d’appello di Napoli con sentenza numero 5539/2011 ha accolto il
gravame proposto dall’INPS riformando la sentenza e rigettando la domanda della
società;
che a fondamento della decisione la Corte, premesso che tra Tiziana Messere e il
titolare della società Ranaldo Alimentari intercorreva un rapporto di coniugio,
affermava che l’approfondito riesame delle prove assunte in giudizio non consentiva
di ritenere provata con sicurezza la sussistenza del rapporto di lavoro subordinato, ed
induceva piuttosto ad individuare nel caso concreto la fattispecie del lavoro prestato
“affectionis causa” proprio in forza del vincolo coniugale esistente tra le parti;
che contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione la società Ranaldo
Alimentari Snc con un motivo nel quale lamenta la violazione e falsa applicazione degli
articoli 116 c.p.c. e 2697 c.c. in relazione all’articolo 360 n. 3 c.p.c.; e la
consequenziale mancanza, insufficienza e contraddittorietà della motivazione in
relazione all’articolo 360 numero 5 c.p.c.; posto che la corte territoriale ritenendo che
non sussistesse la sicura e tranquillizzante dimostrazione della intervenuta sussistenza
di un rapporto di lavoro subordinato aveva invertito l’onere della prova che nella
fattispecie era posto a carico dell’Inps, ancorché esso fosse convenuto in un giudizio
di accertamento negativo inteso a contestare la pretesa inerente il credito contributivo
contenuto in un verbale ispettivo;
rapporto di lavoro subordinato tra la stessa società e Tiziana Messere moglie del
G 11439/2012
che l’Inps ha rilasciato procura in calce al ricorso notificato;
RITENUTO
che il motivo di ricorso deve ritenersi infondato atteso che la corte territoriale a
seguito di una lunga e puntuale disamina delle prove, ivi comprese le dichiarazioni
rese dalla stessa Messere in sede ispettiva, non ha deciso la causa attraverso la
meccanica applicazione – in danno della parte che non risulta gravata – della regola di
lavoro subordinato; e ,nemmeno ha affermato che nel giudizio di ,accertamento
negativo, promosso contro un verbale ispettivo, l’onere della prova fosse a carico
dell’opponente e non dell’INPS;
che i giudici di appello hanno bensì proceduto all’accertamento della fattispecie
sostanziale alternativa, affermando che nel caso concreto il lavoro, per le sue modalità
e caratteristiche, fosse stato prestato dalla Messere “affectionis causa” proprio in forza
del vincolo coniugale esistente tra le parti, dando così credito alla tesi sostenuta
dall’INPS e posta a fondamento della pretesa contributiva contenuta nel verbale
opposto;
che si tratta di una tesi che non risulta nemmeno investita da uno specifico motivo di
censura, posto che il ricorso nulla dice per contestare la legittimità della conclusione
cui è approdata la sentenza;
che del pari vanno respinte le censure riguardanti gli asseriti vizi di motivazione atteso
che la sentenza contiene una motivazione analitica, priva di vizi logici, e risulta
fondata su una minuziosa disamina delle prove assunte in giudizio, tra le quali
rientrano anche le dichiarazioni rilasciate in sede ispettiva, le quali, benché prive di
fede privilegiata, costituiscono elementi di prova validi, sufficienti ai fini della decisione
della causa, in base al corretto esercizio dei poteri riservati al giudice del merito di
selezionare e valutare il materiale istruttorio ;
che pertanto la sentenza impugnata resiste alle critiche sollevate col ricorso che va
quindi rigettato;
che le spese seguono la soccombenza come da dispositivo;
P.Q.M.
giudizio contenuta del principio dell’onere della prova in relazione alla fattispecie del
RG 1439/2O12
A
-ea Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali liquidate in favore dell’INPS 900, di cui 700 per compensi professionali,
oltre al 15% di spese aggiuntive ed oneri accessori.
Roma, così deciso nella adunanza camerale del 19.7.2017