Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29585 del 14/11/2019

Cassazione civile sez. I, 14/11/2019, (ud. 12/09/2019, dep. 14/11/2019), n.29585

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28633/2018 proposto da:

N.C.A., rappresentato e difeso dall’avvocato Grazia

Scurria del foro di Lecco, giusta procura speciale allegata al

ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di MILANO, depositato il 17/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12/09/2019 dal Cons. Dott. PARISE CLOTILDE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto n. 3563/2018 depositato il 17-7-2018 e comunicato il 18-7-2018 a mezzo pec il Tribunale di Milano ha respinto il ricorso di N.C.A., cittadino del (OMISSIS), avente ad oggetto in via gradata il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria. Il Tribunale ha ritenuto che non fosse credibile la vicenda personale narrata dal richiedente, il quale riferiva di essere fuggito in quanto aveva partecipato ad una festa di omosessuali interrotta da un’irruzione della polizia, non era stato arrestato ma aveva il timore di essere ricercato dalla polizia perchè due suoi amici arrestati avevano fatto il suo nome. Il Tribunale ha ritenuto che non ricorressero i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione, avuto anche riguardo alla situazione generale e politico-economica del Senegal, descritta nel decreto impugnato, con indicazione delle fonti di conoscenza.

2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno, che è rimasto intimato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta “Violazione e/o falsa applicazione del disposto del D.Lgs. n. 251 del 2007, con particolare riguardo agli artt. 7 e 8. Omessa e contraddittoria valutazione dei requisiti per la concessione delle protezioni internazionali”. Deduce che il Tribunale ha basato la propria decisione sul pregiudizio che il ricorrente non sia omosessuale e su considerazioni soggettive, mediante riferimento strumentale alle linee guida in materia di protezione internazionale. Afferma che la dichiarazione su una tendenza sessuale è di per sè prova della condizione personale del soggetto, mentre il fatto della mancanza di ferite psicologiche derivanti da violenza fisica, per fortuna mai subita dal ricorrente in Senegal, ha indotto in errore il Tribunale, le cui considerazioni erano state vaghe e basate in modo evidente più su un’impressione soggettiva che sul fatto obiettivo dichiarato dal richiedente. Ad avviso del ricorrente, sussiste il pericolo, in caso di rientro in patria, di suo arresto e sottoposizione alla generalizzata riprovazione sociale o violenze private, essendo stato scoperto e dichiarato il suo orientamento sessuale.

2. Con il secondo motivo lamenta “Omessa valutazione degli elementi di fondatezza per il rilascio della protezione umanitaria in relazione al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5”. Deduce che il Tribunale non ha operato la valutazione comparativa sull’effettiva integrazione del ricorrente nel territorio italiano, che ha documentato (doc. 3) con riferimento all’attività lavorativa, alla disponibilità di un’abitazione condotta in locazione, nonchè alla frequentazione abituale di un circolo sportivo e alla frequenza di un corso di lingua italiana.

3. Il primo motivo è inammissibile.

3.1. Questa Corte ha chiarito che “il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità” (Cass. ord. n. 3340/2019). Inoltre il giudice del merito, nel valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, in base ai parametri dettati dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, lett. c), deve attenersi anche a comuni canoni di ragionevolezza e a criteri generali di ordine presuntivo, non essendo di per sè solo sufficiente a fondare il giudizio di credibilità il fatto che la vicenda narrata sia circostanziata. L’art. 3 citato, infatti, obbliga il giudice a sottoporre le dichiarazioni del richiedente non soltanto ad un controllo di coerenza interna ed esterna, ma anche ad una verifica di credibilità razionale della concreta vicenda narrata a fondamento della domanda (da ultimo Cass. n. 21142 del 2019; Cass. n. 20580 del 2019). La suddetta verifica è sottratta al controllo di legittimità al di fuori dei limiti di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito.

3.2. Nel caso di specie, il ricorrente deduce genericamente la violazione di norme di legge, attraverso il richiamo alle disposizioni che assume disattese e tramite una ricostruzione della fattispecie concreta, quanto al giudizio di non credibilità, difforme da quella accertata nel giudizio di merito, senza neppure specificatamente confutare le dettagliate argomentazioni espresse al riguardo nel decreto impugnato.

Il Tribunale, nel riportare quanto dichiarato dal ricorrente sia in sede di audizione davanti alla Commissione territoriale, sia davanti al Tribunale stesso, nonchè nell’effettuare la valutazione attenendosi alle linee guida redatte da UNHCR con riferimento alle tendenze sessuali che deviano dal modello standard costituito dalla coppia eterosessuale, ha analiticamente indicato le plurime parti del racconto ritenute gravemente contraddittorie, lacunose, confuse ed incoerenti (pag. da n. 2 a n. 11 del decreto impugnato). In particolare, il Tribunale ha evidenziato i seguenti principali elementi di inattendibilità: a) sull’appartenenza del richiedente ad un gruppo di numerosi omosessuali, composto di studenti e professori, che organizzava anche attività sociali, in contrasto con l’affermata assoluta segretezza della sua situazione, riferita come del tutto ignota ai suoi famigliari e amici più cari prima della festa di fine dicembre 2015; b) sulla sua effettiva partecipazione alla suddetta festa, organizzata per il matrimonio di due omosessuali, indicata dal ricorrente come avvenuta prima in uno spazio privato nel quartiere (OMISSIS) e solo successivamente presso un liceo sito nel quartiere (OMISSIS) della stessa città, di cui precisava anche il nome, pur in assenza di domanda del Giudici in tal senso, ove effettivamente, in base a fonti giornalistiche, vi era stato un evento di quel tipo; c) sulle modalità con cui il ricorrente riferiva di essersi allontanato dalla festa, senza avvertire gli altri partecipanti, dopo essersi accorto per caso dell’arrivo della polizia, senza essere stato, quindi, da quest’ultima intercettato; d) sulle modalità con cui si era diffusa la notizia della sua partecipazione alla festa e con cui egli aveva appreso di essere stato denunciato da qualcuno degli arrestati; e) sull’assenza di qualsivoglia elemento di minima problematicità nella scoperta del suo orientamento sessuale e della decisione di non rinnegarlo, richiamate le citate linee guida UNHCR; f) sulle mancate o implausibili giustificazioni fornite dal ricorrente in sede di audizione avanti al Tribunale circa le plurime contraddizioni, incongruenze o mutamenti di versione, contestategli nel corso dell’audizione medesima, dando atto il Tribunale che sia la prima audizione avanti alla C.T. sia la seconda erano avvenute nella lingua prescelta dal richiedente.

Le censure si risolvono, quindi, in una generica ed inammissibile critica del ragionamento logico posto dal giudice di merito a base dell’interpretazione puntuale degli elementi probatori del processo e, in sostanza, nella richiesta di una diversa valutazione degli stessi, ipotesi integrante un vizio motivazionale non più proponibile in seguito alla modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, apportata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito in L. n. 134 del 2012 (v. Cass., sez. un., n. 8053/2014).

4. Anche il secondo motivo è inammissibile.

4.1. In ordine alla protezione umanitaria, secondo la giurisprudenza di questa Corte la valutazione deve essere autonoma, nel senso che il diniego di riconoscimento del diritto al permesso di soggiorno per ragioni umanitarie non può conseguire automaticamente dal rigetto delle altre domande di protezione internazionale, essendo necessario che l’accertamento da svolgersi sia fondato su uno scrutinio avente ad oggetto l’esistenza delle condizioni di vulnerabilità che ne integrano i requisiti (Cass. n. 28990/2018). Ciò nondimeno il ricorrente ha l’onere di indicare i fatti costitutivi del diritto azionato ed il potere istruttorio ufficioso può esercitarsi solo in presenza di allegazioni specifiche sui profili concreti di vulnerabilità (Cass. n. 27336/2018).

5.2. Nella fattispecie in esame il diniego è dipeso dall’accertamento dei fatti da parte dei giudici di merito, che hanno escluso l’esistenza di fattori particolari di vulnerabilità con idonea motivazione, valutando le allegazioni dello stesso e le informazioni sul Paese di origine. Le doglianze sono formulate genericamente, senza indicare alcun profilo di vulnerabilità specifico, nè sono state specificatamente censurate le argomentazioni di cui al decreto impugnato, secondo cui la vulnerabilità è stata, motivatamente, esclusa sotto ogni profilo. L’accertata assenza di vulnerabilità rende recessivo il fattore costituito dal percorso di integrazione (Cass. n. 4455/2018), che è stato in ogni caso esaminato, in comparazione, dal Tribunale.

Anche le doglianze espresse con il secondo motivo, oltre che genericamente formulate, si risolvono, inammissibilmente, in una ricostruzione dei fatti difforme da quella accertata dal giudice di merito.

6. Alla stregua delle considerazioni espresse nei paragrafi che precedono il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, nulla disponendosi sulle spese del presente giudizio, atteso che il Ministero è rimasto intimato.

7. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto che sussistono nella specie i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso per cassazione, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, il 12 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 14 novembre 2019

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