Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29585 del 11/12/2017


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Cassazione civile, sez. lav., 11/12/2017, (ud. 18/07/2017, dep.11/12/2017),  n. 29585

Fatto

RILEVATO CHE:

1. la Corte di Appello di Genova, in riforma della sentenza del locale Tribunale che aveva parzialmente accolto il ricorso, ha respinto tutte le domande proposte da S.G. nei confronti dell’IRCCS – Azienda Ospedaliera Universitaria San Martino – IST Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro ed ha escluso che il rapporto instauratosi fra le parti D.P.R. n. 382 del 1980, ex art. 12 potesse essere qualificato di impiego ed assoggettato, quanto alle ipotesi ed alle modalità del recesso, alla disciplina prevista dal D.Lgs. n. 165 del 2001;

2. la Corte territoriale ha ritenuto, in particolare, che l’incarico continuativo previsto dal richiamato D.P.R., conferibile solo a professori ordinari, straordinari ed associati, fa sorgere fra l’incaricato e l’istituto di ricerca solo un rapporto di servizio, mentre quello di impiego, che ne costituisce il presupposto, intercorre fra il docente e l’Università;

3. il giudice di appello ha, quindi, ritenuto legittimo il recesso dell’IRCCS, sia per il principio generale della libera recedibilità dai rapporti di durata a tempo indeterminato, sia perchè giustificavano l’atto la vicenda penale nella quale lo S. era stato coinvolto ed il provvedimento di sospensione facoltativa adottato dal Rettore dell’Università di Genova;

3. avverso tale sentenza S.G. ha proposto ricorso affidato a cinque motivi, ai quali ha opposto difese l’IRCCS con tempestivo controricorso, illustrato da memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 1.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. il primo motivo denuncia “violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 382 del 1980, art. 12, del D.P.R. n. 3 del 1957, art. 65, del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 53 e dell’art. 11 preleggi” e rileva che la Corte territoriale ha errato nel richiamare il divieto di cumulo di impieghi previsto dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 53 sia perchè l’incarico era stato conferito nel 1996, sia in considerazione della specialità della normativa applicabile, il cui tenore letterale non consente di escludere l’instaurazione di un rapporto di impiego fra il professore e l’ente di ricerca;

1.1. il ricorrente aggiunge che detto rapporto va ravvisato ogniqualvolta il lavoratore viene stabilmente inserito, come nella fattispecie, nell’organizzazione dell’ente pubblico, in favore del quale rende una prestazione di carattere continuativo e con vincolo di subordinazione;

2. la seconda censura, formulata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, addebita alla Corte territoriale di avere erroneamente escluso la natura subordinata del rapporto a prescindere da ogni indagine sulle effettive modalità di svolgimento dello stesso e senza ammettere le prove richieste, che avrebbero consentito di dimostrare l’eterodirezione della prestazione resa dallo S.;

3. il terzo motivo denuncia la “insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, circa la legittimità della risoluzione del rapporto” e sostiene che nessuna rilevanza poteva essere attribuita al provvedimento di sospensione facoltativa adottato dal Rettore dell’Università perchè l’art. 12 non richiede che il professore autorizzato ad assumere l’incarico continui a svolgere l’attività didattica, tanto che consente la richiesta di aspettativa;

4. con la quarta critica, formulata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, il ricorrente si duole dell’omessa pronuncia sul motivo di appello con il quale la sentenza di prime cure era stata censurata nella parte in cui aveva disposto la compensazione fra il risarcimento del danno derivato dalla illegittimità del recesso e quello asseritamente subito dall’Istituto, la cui immagine era stata lesa dalla condotta tenuta dallo S.;

5. il quinto motivo denuncia la violazione dell’art. 92 c.p.c. perchè la Corte territoriale, a fronte della complessità della questione giuridica e dell’infondatezza della “domanda di riconoscimento del danno all’immagine” proposta dall’Azienda Ospedaliera, avrebbe dovuto compensare le spese di lite;

6. il primo motivo è infondato perchè correttamente la Corte territoriale ha escluso che l’incarico di direzione di istituti e laboratori extrauniversitari di ricerca, disciplinato dal D.P.R. n. 382 del 1980, art. 12 comporti l’instaurazione di un rapporto di impiego autonomo e distinto rispetto a quello che intercorre fra il professore e l’università;

6.1. il principio di esclusività del rapporto di pubblico impiego, che trova il suo fondamento costituzionale nell’art. 98 Cost., ispira la disciplina dettata in materia di cumulo di impieghi e di incompatibilità dal D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, che all’art. 65 esclude la possibilità del cumulo, prevedendo la cessazione di diritto dell’impiego precedente ove si instauri un nuovo rapporto, e all’art. 60 fa divieto all’impiegato di esercitare il commercio e l’industria, di svolgere attività professionale, di assumere impieghi alle dipendenze di privati, di accettare cariche in società costituite a fine di lucro “tranne che si tratti di cariche in società o in enti per le quali la nomina è riservata allo Stato e sia all’uopo intervenuta l’autorizzazione del ministro competente”;

6.2. detta disciplina di carattere generale è stata richiamata, anche per l’impiego pubblico contrattualizzato, dapprima dal D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, art. 58 e successivamente dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 53 il cui comma 1 ricalca il contenuto della disposizione previgente;

6.3. per i professori universitari, inoltre, il D.P.R. n. 382 del 1980, oltre a differenziare il regime di incompatibilità per i professori a tempo pieno rispetto a quelli assunti a tempo definito (art. 11), ha richiamato, all’art. 13, comma 1, “le disposizioni vigenti in materia di divieto di cumulo dell’ufficio di professore con altri impieghi pubblici o privati ” e all’art. 14 ha previsto che in caso di assunzione di nuovo impiego presso altra amministrazione pubblica l’aspettativa è concessa limitatamente al periodo di prova necessario per la conferma in ruolo, allo spirare del quale l’interessato, ove non riassuma servizio, decade dall’ufficio di professore;

6.4. l’art. 12, pertanto, va interpretato tenendo conto delle disposizioni sopra richiamate le quali portano ad escludere che l’autorizzazione ad assumere l’incarico di direzione di istituti e di laboratori extrauniversitari di ricerca possa determinare, anche in caso di collocamento in aspettativa, l’instaurazione di un rapporto di impiego autonomo e distinto rispetto a quello intercorrente con l’Università;

6.5. è significativo che l’art. 12, comma 5 ponga a carico dell’ente di ricerca solo “eventualmente le indennità” perchè l’obbligo retributivo resta a carico del datore di lavoro pubblico, fatta eccezione per la sola ipotesi, che qui non ricorre, dell’aspettativa senza assegni;

6.6. il professore autorizzato ad assumere l’incarico viene, pertanto, a trovarsi in rapporto di servizio con l’ente di ricerca ma, anche nei casi di collocamento in aspettativa, il rapporto di impiego non subisce alcuna modificazione soggettiva e resta instaurato solo con l’Università;

7. il secondo motivo è inammissibile perchè formulato senza il necessario rispetto degli oneri di specificazione e di allegazione imposti dall’art. 366 c.p.c., n. 6 e art. 369 c.p.c., n. 4;

7.1. la giurisprudenza di questa Corte, infatti, è consolidata nell’affermare che qualora il ricorrente, in sede di legittimità, denunci il difetto di motivazione su un’istanza di ammissione di un mezzo istruttorio ha l’onere di indicare specificamente le circostanze oggetto della prova, provvedendo alla loro trascrizione, al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività dei fatti da provare, e, quindi, delle prove stesse, che la Corte deve essere in grado di compiere sulla base delle deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative (cfr. Cass. n. 17915/2010; Cass. n. 6440/2007);

8. parimenti inammissibile è il terzo motivo perchè la Corte territoriale a fondamento della ritenuta legittimità della revoca dell’incarico ha richiamato una pluralità di ragioni, ciascuna idonea a sorreggere il decisum, evidenziando che: l’assenza di un termine finale consentiva all’Istituto di recedere ad nutum ex art. 1373 c.c.; le garanzie previste in favore del dipendente pubblico sottoposto a procedimento penale non possono essere estese all’incarico D.P.R. n. 382 del 1980, ex art. 12; alla massima discrezionalità concessa all’Istituto al momento del conferimento dell’incarico si accompagna un’eguale discrezionalità nell’esercizio della facoltà di revoca; la sospensione dall’insegnamento universitario disposta dall’Università degli Studi di Genova aveva determinato il venir meno di una condizione indispensabile ai fini dell’espletamento dell’incarico;

8.1. il ricorso censura solo detta ultima ratio sicchè trova applicazione il principio, consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, alla stregua del quale “ove la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, in nessun caso potrebbe produrre l’annullamento della sentenza ” (Cass. 18.4.2017 n.9752);

9. non sussiste l’error in procedendo denunciato nel quarto motivo perchè la Corte territoriale non ha omesso di pronunciare sui motivi di appello proposti dallo S., bensì ha evidenziato che gli stessi erano basati “su una prospettazione (la sussistenza di un rapporto di pubblico impiego con l’IST) che questa Corte ha ritenuto di disattendere”;

9.1. il vizio d’omessa pronuncia, configurabile allorchè manchi completamente il provvedimento del giudice indispensabile per la soluzione del caso concreto, deve essere escluso, pur in assenza di una specifica argomentazione, in relazione ad una questione implicitamente o esplicitamente assorbita in altre statuizioni della sentenza (Cass. 26.1.2016 n. 1360);

9.2. va, poi, aggiunto che, una volta esclusa la asserita illegittimità dell’incarico e, quindi, il diritto del ricorrente ad essere risarcito dei pretesi danni subiti, non può che venire meno l’interesse alla pronuncia sulla tempestività e sulla ritualità dell’eccezione di compensazione sollevata dalla difesa dell’Istituto;

9.3. infatti nell’ipotesi di assorbimento “la parte soccombente può impugnare la decisione in relazione alla sola questione su cui essa si basa, in quanto, in sede di legittimità, è superfluo enunciare tutte le diverse ed ulteriori questioni assorbite, che non possono formare oggetto di delibazione e su cui non può formarsi alcun giudicato interno, poichè non esaminate nel precedente grado di merito” (Cass. 8.7.2014 n. 15583);

10. manifestamente infondato è il quinto motivo perchè l’art. 91 c.p.c. prevede che le spese processuali debbano gravare sulla parte soccombente, mentre l’art. 92 attribuisce una facoltà al giudice “il quale non è tenuto a dare ragione con una espressa motivazione del mancato uso di tale sua facoltà, con la conseguenza che la pronuncia di condanna alle spese, anche se adottata senza prendere in esame l’eventualità di una compensazione, non può essere censurata in cassazione, neppure sotto il profilo della mancanza di motivazione” (Cass. S.U. 15.7.2005 n. 14989);

11. in via conclusiva il ricorso deve essere rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo;

12. non sussistono ratione temporis le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 4.000,00 per competenze professionali, oltre rimborso spese generali del 15% ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 18 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 11 dicembre 2017

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA