Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29583 del 16/11/2018

Cassazione civile sez. trib., 16/11/2018, (ud. 23/10/2018, dep. 16/11/2018), n.29583

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. D’OVIDIO Paola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9837-2013 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

D.S., D.A., elettivamente domiciliati in ROMA VIA

NIZZA 63, presso lo studio dell’avvocato MARCO CROCE, rappresentati

e difesi dall’avvocato MARCELLO RUSSO;

– controricorrenti –

e contro

EQUITALIA AGENTE RISCOSSIONE PROVINCIA DI CHIETI;

– intimata –

avverso la sentenza n. 47/2013 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

PESCARA, depositata il 17/01/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/10/2018 dal Consigliere Dott. GIACOMO MARIA STALLA.

Fatto

RILEVATO

che:

p. 1. L’agenzia delle entrate propone un motivo di ricorso per la cassazione della sentenza n. 47/10/13 del 17 gennaio 2013, con la quale la commissione tributaria regionale dell’Abruzzo, in riforma della prima decisione, ha ritenuto illegittima la cartella di pagamento notificata a S. ed D.A. nella loro qualità di eredi di D.E., a seguito di avviso di accertamento di plusvalenza imponibile sulla vendita 13 maggio 1994 (unitamente ad A. e D.G.) di un terreno asseritamente edificabile.

La commissione tributaria regionale, in particolare, ha rilevato che: D.E. aveva proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza n. 256/5/2002 con la quale la commissione tributaria regionale aveva ritenuto legittimo l’avviso di accertamento in questione; – con pronuncia n. 15282/08 la corte di cassazione aveva cassato con rinvio tale sentenza, ma il giudizio non era stato riassunto nei termini; – in conseguenza di ciò doveva ritenersi che, venuto meno ogni effetto interruttivo ex art. 2945 c.c., comma 3, il credito erariale si fosse ormai estinto per prescrizione, dal momento che la cartella opposta era stata notificata (29 dicembre 2010) più di 10 anni dopo la notificazione dell’avviso di accertamento suddetto (27 novembre 2000).

Resistono con controricorso S. ed D.A. i quali ripropongono subordinatamente in questa sede l’eccezione di giudicato esterno già svolta nei gradi di merito (ritenuta assorbita dalla commissione tributaria regionale). Ciò in ragione del fatto che identico avviso di accertamento, emesso nei confronti degli altri comproprietari-venditori A. e D.G., era stato annullato con sentenza n. 150/6/02 del 9 giugno 2002 della commissione tributaria regionale, passata in giudicato per mancata impugnativa; e tale annullamento era stato disposto per l’accertato carattere agricolo, e non edificabile, del terreno compravenduto (con conseguente insussistenza di plusvalenza tassabile).

p. 2.1 Con l’unico motivo di ricorso l’agenzia delle entrate lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 63, e art. 393 c.p.c.. Per avere la commissione tributaria regionale erroneamente esteso al processo tributario, di natura impugnatoria, la disciplina prevista per il giudizio ordinario dall’art. 2945 c.c., comma 3. Contrariamente a quanto affermato nella sentenza impugnata, l’estinzione del processo per mancata riassunzione comportava la definitività dell’atto impositivo, ed il relativo termine prescrizionale non poteva che decorrere dal momento di formazione di tale definitività (id est, dal momento della stessa estinzione del processo).

p. 2.2 Il motivo è fondato.

La tesi di avvenuta prescrizione ultradecennale del credito tributario urta con l’orientamento di legittimità che, prendendo in esame la specificità del processo tributario, è giunta alla opposta conclusione per cui: “nel giudizio tributario, l’omessa riassunzione della causa davanti al giudice di rinvio determina l’estinzione del processo, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 63, comma 2, e la definitività dell’avviso di accertamento impugnato, sicchè il termine di prescrizione della pretesa tributaria, necessariamente incorporata nell’ atto impositivo, decorre dalla data di scadenza del termine utile per la non attuata riassunzione, momento dal quale l’Amministrazione finanziaria può attivare la procedura di riscossione.” (così Cass. 556/16; nello stesso senso: Cass. 19476/16 e Cass. 15480/16).

Si è osservato in Cass.23502/16 (ma la stessa soluzione è stata accolta anche da Cass. 9521/17), che le ragioni che giustificano, nel processo tributario, la deviazione dalla regola generale di cui all’art. 2945, comma 3, (così come interpretato dalla S.C. con riferimento al giudizio ordinario) vanno individuate nei seguenti elementi di specialità: – la natura impugnatoria del medesimo e, in particolare, la natura amministrativa, e non processuale, rivestita dall’atto impositivo, il quale costituisce non atto di impulso del processo, ma il suo oggetto (Cass. 21143/15; 16689/13; 5044/12); – la conseguente definitività che deriva all’atto impositivo dall’estinzione del giudizio di impugnazione contro di esso proposto dal contribuente; – l’irrazionalità di una soluzione che, ritenendo applicabile anche al processo tributario il disposto generale di cui all’art. 2945, comma 3, verrebbe a far decorrere la prescrizione, a carico dell’amministrazione finanziaria, da una data (l’introduzione del giudizio) antecedente alla definitività dell’atto impositivo che realizza (“incorpora”) la pretesa tributaria medesima; con la conseguenza paradossale che il titolo dell’imposizione potrebbe risultare ineseguibile (perchè estinto per prescrizione) ancor prima di essere divenuto definitivo; – l’insussistenza, nel processo tributario, della ratio ispiratrice l’art. 2945, comma 3, dal momento che, proprio per la sua natura impugnatoria e per la definitività che l’atto impositivo assume per effetto dell’estinzione del giudizio in caso di mancata riassunzione, è il solo contribuente ad avere interesse alla riassunzione sicchè, diversamente argomentando sulla base della regola generale, l’eliminazione dell’effetto sospensivo della prescrizione in pendenza di un giudizio tributario che poi si estingua per mancata riassunzione opererebbe a favore proprio della parte processuale (il contribuente) che, mostrando disinteresse per la coltivazione del giudizio, ha consentito che l’atto impugnato divenisse definitivo.

In applicazione di questo ormai consolidato orientamento, va dunque escluso che il credito tributario in questione si sia estinto per decorso della prescrizione decennale, atteso che l’estinzione del giudizio per mancata riassunzione va posta alla data del 27 luglio 2009 (sentenza di cassazione con rinvio del 10 giugno 2008).

p. 3. Esclusa la prescrizione del credito, assume rilevanza quanto subordinatamente eccepito dai contribuenti, fin dal primo grado di giudizio, sul fatto che la cartella opposta si basi su un avviso di accertamento annullato, nei confronti degli altri comproprietari-venditori, con sentenza CTR n. 150/6/02 del 9 giugno 2002, passata in giudicato per mancata impugnazione da parte dell’amministrazione. Tale annullamento, secondo quanto affermato dai controricorrenti, sarebbe stato disposto all’esito di un accertamento di natura non personale, ma oggettiva e comune a tutti indistintamente i co-venditori, insito nella natura agricola, e non edificabile, del terreno compravenduto; risulterebbe appurato, in particolare, che al momento della cessione il piano regolatore generale di competenza non fosse ancora vigente, con conseguente insussistenza di plusvalenza tassabile.

Orbene, la portata di tale accertamento giuridico-fattuale, asseritamente espletato con la sentenza CTR cit. passata in giudicato, dovrà essere accertata dal giudice di merito, al quale la presente causa andrà rinviata.

Questi, in particolare, dovrà verificare l’effettiva rispondenza del giudicato in questione a quanto affermato dagli odierni ricorrenti, senza che a tale verifica osti l’avvenuta definitività dell’atto impositivo.

Va infatti considerato che esso – già costituente la ragione della cassazione con rinvio da parte di Cass. 15282/08 cit., la quale rilevò proprio la necessità di verificare in sede di merito la “suscettibilità di utilizzazione edificatoria dei terreni alienati dal ricorrente”, e ciò “in base alla sopravvenuta definizione legislativa contenuta nel D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 36, comma 2, (convertito dalla L. 4 agosto 2006, n. 248)”, come interpretata da Cass. SSUU 25505/06 – può esplicare effetto preclusivo anche nel presente giudizio, perchè: – basato sull’emersione di un dato obiettivo e non personale, cioè valevole per taluno soltanto dei comproprietari venditori; – concernente un elemento posto invariabilmente a base della pretesa impositiva unitariamente considerata, in quanto afferente al medesimo atto di trasferimento immobiliare pro quota, posto in essere dai tre fratelli E., A. e D.G.; – reso, sebbene su impulso di altri contribuenti, nei confronti della stessa amministrazione finanziaria che ha posto in riscossione tale pretesa (pur dopo aver prestato acquiescenza al suddetto accertamento).

Di esso deve dunque tenersi conto – se di contenuto effettivamente corrispondente a quello rappresentato dai controricorrenti – pur in presenza di un atto impositivo la cui definitività discende quale effetto meramente processuale della mancata riassunzione del giudizio, e non dal formarsi di un opposto giudicato sfavorevole a questi ultimi.

Il giudice di rinvio provvederà anche sulle spese di lite.

P.Q.M.

la Corte:

-accoglie il ricorso;

-cassa la sentenza impugnata in relazione al profilo accolto e rinvia, anche per le spese, alla commissione tributaria regionale dell’Abruzzo, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della quinta sezione civile, il 23 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 16 novembre 2018

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA