Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29583 del 14/11/2019

Cassazione civile sez. I, 14/11/2019, (ud. 12/09/2019, dep. 14/11/2019), n.29583

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21781/2018 proposto da:

D.L., rappresentato e difeso dall’avvocato Bardi Leonardo del

foro di Milano giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di MILANO, depositato il 15/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12/09/2019 dal Cons. Dott. PARISE CLOTILDE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto n. 2661/2018 depositato il 15-6-2018 il Tribunale di Milano ha respinto il ricorso di D.L., cittadino del Gambia, avente ad oggetto in via gradata il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria. Il Tribunale ha premesso che non era stata fissata l’udienza di comparizione in quanto non essenziale ai fini della decisione in ragione dell’esaustività della documentazione offerta e delle dichiarazioni rese dal richiedente dinanzi alla Commissione territoriale come da verbale prodotto. Il Tribunale ha affermato che non fosse credibile la vicenda personale narrata dal richiedente, il quale riferiva di essere fuggito perchè minacciato dal nuovo capo villaggio, uomo autoritario e temuto che pretendeva la restituzione di un terreno dato in concessione al richiedente stesso. Il Tribunale ha ritenuto che non ricorressero i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione, avuto anche riguardo alla situazione generale e politico-economica del Gambia, descritta nel decreto impugnato, con indicazione delle fonti di conoscenza.

2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno, che è rimasto intimato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta “Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis comma 11, lett. a) e b), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”. Il ricorrente, dopo aver premesso di aver chiesto giudizialmente solo il riconoscimento della protezione umanitaria, lamenta che il Tribunale abbia omesso di disporre la comparizione delle parti. Denuncia la violazione della norma indicata in rubrica, atteso che, seppure non esista più l’obbligo di fissare l’udienza, qualora, come nella specie, la videoregistrazione non sia disponibile, il giudice deve garantire il rispetto del contraddittorio e il diritto di difesa del richiedente, nonchè deve procedere ad accertare la situazione attuale di vulnerabilità, anche in presenza di elementi sopravvenuti, quali quelli allegati nella fattispecie, ossia il lungo tempo trascorso dalla fuga dal Gambia (quattro anni), gli importanti contrasti con i concittadini e la situazione di indigenza in cui il ricorrente si verrebbe a trovare in caso di rimpatrio, anche a seguito della morte del padre.

2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione e deduce che l’omessa istruttoria non ha consentito al Tribunale di accertare l’inserimento sociale del ricorrente in Italia e la situazione generale del Paese di origine, caratterizzata da grave instabilità politica e di violenza sociale.

3. Il primo motivo è fondato nel senso di cui appena di seguito si dirà.

3.1. Secondo costante orientamento di questa Corte, a cui il Collegio intende dare continuità, nel giudizio di impugnazione della decisione della Commissione territoriale innanzi all’autorità giudiziaria, in caso di indisponibilità della videoregistrazione del colloquio, il giudice deve necessariamente fissare l’udienza per la comparizione delle parti configurandosi, in difetto, la nullità del decreto con il quale viene deciso il ricorso, salvo che il richiedente non abbia dichiarato di non volersi avvalere del supporto contenente la registrazione del colloquio (tra le tante Cass. n. 27182 del 2018; Cass. n. 17717 del 2018; Cass. n. 17076 del 2019). In tale ipotesi il decreto che decide il ricorso è nullo per violazione del principio del contraddittorio, non rilevando in contrario la circostanza che il ricorrente abbia omesso di prospettare anche le ragioni per le quali l’erronea applicazione della regola processuale abbia comportato un pregiudizio per la decisione di merito, in quanto la mancata videoregistrazione del colloquio, incidendo su un elemento centrale del procedimento, ha palesi ricadute sul suo diritto di difesa (Cass. n. 10786 del 2019 e Cass. n. 5973 del 2019). E’ obbligatoria la fissazione da parte del Tribunale dell’udienza di comparizione delle parti, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, anche nel caso in cui sia stato redatto il verbale dell’audizione, non essendo questo idoneo a rendere percepibili nella loro integralità le dichiarazioni dell’istante (Cass. n. 32073 del 2018).

3.2. Nel decreto impugnato il Tribunale dà atto della mancata fissazione dell’udienza di comparizione delle parti, in quanto ritenuta non essenziale ai fini della decisione in ragione dell’esaustività della documentazione offerta e delle dichiarazioni rese dal richiedente dinanzi alla Commissione territoriale, come da verbale prodotto. Tuttavia la produzione del verbale di audizione non è sufficiente ad elidere l’obbligatorietà della fissazione dell’udienza, in base ai principi di diritto suesposti.

Pertanto se la videoregistrazione non è disponibile, non vi è alcun margine di diversa valutazione, anche se all’obbligo del giudice di fissare l’udienza di fissare l’udienza di comparizione delle parti non consegue automaticamente quello di procedere all’audizione del richiedente, purchè sia garantita a costui la facoltà di rendere le proprie dichiarazioni, o davanti alla Commissione territoriale o, se necessario, innanzi al Tribunale (Cass. n. 17717 del 2018 e Cass. n. 5973 del 2019 già citate).

Nella specie ricorre, dunque, la denunciata violazione, nel senso precisato, del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35-bis, come inserito dal D.L. 17 febbraio 2017, n. 13, convertito con modificazioni dalla L. 13 aprile 2017, n. 46.

4. Dalle considerazioni appena espresse discendono l’accoglimento del primo motivo di ricorso, restando assorbito il secondo, e la cassazione del decreto impugnato con rinvio al Tribunale di Milano, sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del giudizio di cassazione.

PQM

accoglie il primo motivo di ricorso nei sensi di cui in motivazione, assorbito il secondo, cassa il decreto impugnato e rinvia al Tribunale di Milano, sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea, in diversa composizione anche per la decisione sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 12 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 14 novembre 2019

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