Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29582 del 24/12/2020

Cassazione civile sez. I, 24/12/2020, (ud. 06/11/2020, dep. 24/12/2020), n.29582

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21642/2018 proposto da:

Fideuram – Intesa Sanpaolo Private Banking S.p.a., nuova

denominazione della Banca Fideuram S.p.a., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Corso

Trieste n. 95, presso lo studio dell’avvocato Garone Gianfrancesco,

che la rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

S.G., M.A.M., elettivamente domiciliati in

Roma, Via C. Amiterno n. 3, presso lo studio dell’avvocato Notarmuzi

Stefano, rappresentati e difesi dall’avvocato Morichi Sergio, giusta

procura in calce al controricorso;

– controricorrenti –

e contro

Si.St., elettivamente domiciliato in Roma, Via Cratilo

di Atene n. 31, presso lo studio dell’avvocato Vizzone Domenico,

rappresentato e difeso dall’avvocato Binetti Domenico, giusta

procura in calce al controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

S.G., M.A.M., elettivamente domiciliati in

Roma, Via C. Amiterno n. 3, presso lo studio dell’avvocato Notarmuzi

Stefano, rappresentati e difesi dall’avvocato Morichi Sergio, giusta

procura in calce al controricorso al ricorso incidentale;

– controricorrenti al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 966/2017 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

pubblicata il 21/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

06/11/2020 dal Cons. Dott. DI MARZIO MAURO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Fideuram S.p.A. ricorre per cinque mezzi, nei confronti di Si.St., contro la sentenza del 21 giugno 2017 con cui la Corte d’appello di Ancona ha per quanto rileva così provveduto: “in parziale accoglimento dell’appello incidentale condanna l’istituto di credito a corrispondere agli appellanti incidentali ( S.G. e M.A.M.: n.d.e.) la maggior somma di Euro 190.207,29, oltre accessori come determinati nella sentenza impugnata; in parziale accoglimento della sentenza impugnata condanna Si.St. a corrispondere all’istituto di credito il 50% di quanto da questo dovuto agli appellanti incidentali”.

2. – Si.St. ha resistito con controricorso e proposto ricorso incidentale per due mezzi.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il ricorso principale contiene cinque motivi:

i – omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in ordine alla asserita mancanza di informazioni al cliente.

ii – nullità della sentenza in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 2, per motivazione inesistente e/o solo apparente in sede di rigetto del primo motivo di appello relativo alla errata individuazione della legittimazione passiva di Fideuram.

iii – nullità della sentenza in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 2, per motivazione inesistente e/o solo apparente in sede di rigetto del quinto motivo di appello relativo alla errata individuazione della base di calcolo di rivalutazione e interessi.

iv – nullità della sentenza in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 2, per motivazione inesistente e/o solo apparente in sede di accoglimento parziale dell’appello incidentale dei sigg.ri S. e M., all’esito del quale il danno patito dagli attori è stato rideterminato in Euro 190.207,29.

v – omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in sede di valutazione dei rapporti fra Banca Fideuram ed il sig. Si.St., rappresentato dalla sentenza n. 82/2010 del Tribunale di Pesaro. Connessa violazione e/o falsa applicazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, dell’art. 2055 c.c..

2. – Il ricorso incidentale contiene due motivi.

Il primo motivo denuncia vizio di omessa pronuncia sulla questione del giudicato sostanziale, nullità della sentenza per violazione dell’art. 360 c.p.c., come conseguenza della violazione dell’art. 111 Cost. e art. 132 Cost., comma 4.

Il secondo motivo denuncia vizio di violazione di norme di diritto ed omessa valutazione delle risultanze istruttorie, omessa pronuncia sulla questione del giudicato sostanziale, nullità della sentenza per violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, come conseguenza della violazione degli artt. 2055 e 2043 c.c. e art. 113 c.p.c. e art. 116 c.p.c..

3. – Il ricorso principale, nella parte tuttora da esaminare, ossia, come subito si vedrà, limitatamente al quinto motivo, è inammissibile.

3.1. – La vicenda su cui detto ricorso si innesta è la seguente.

S.G. e M.A.M. hanno convenuto in giudizio Fideuram S.p.A. e ne hanno chiesto condanna al risarcimento del danno subito in dipendenza della condotta posta in essere dal suo agente Si.St., che aveva riferito agli attori false notizie sull’andamento dei prodotti finanziari da essi acquistati.

Fideuram S.p.A. ha chiamato in giudizio Si.St. per esserne manlevato.

L’adito Tribunale di Pesaro, in parziale accoglimento della domanda attrice, ha condannato Fideuram S.p.A. al pagamento, in favore di S. e M., della somma di Euro 49.930,76, con accessori e spese, rigettando per converso la domanda di manleva, per essere emerso dagli atti di causa che la banca era a conoscenza del comportamento illecito del proprio dipendente e aveva omesso scientemente di rimediarvi.

Interposto appello principale da Fideuram S.p.A. ed incidentale da S.G. e M.A.M., la Corte di appello di Ancona ha accolto l’appello incidentale, quantificando la somma dovuta nell’importo indicato in espositiva, ed altresì, in parte, l’appello principale in punto di domanda di manleva.

Ha osservato la Corte territoriale:

-) era infondata l’eccezione di carenza di legittimazione passiva spiegata da Fideuram S.p.A. essendo incontestato il rapporto di lavoro tra la banca e il Si. e pacifica la sussistenza del rapporto negoziale tra gli originari attori e la banca, tanto più che essa aveva svolto una difesa contraddittoria, per un verso deducendo la propria estraneità al rapporto tra S. e M., da un lato, e Si., dall’altro, e per altro verso sostenendo di aver correttamente informato i due dell’andamento dei loro investimenti;

-) Fideuram S.p.A. non aveva provato di aver fornito adeguata informazione ai clienti, essendosi limitata alla somministrazione di informazioni solo al momento della conclusione del contratto, lasciando di fatto ogni iniziativa nella gestione delle posizioni degli attori, in seguito, al Si.;

-) quest’ultimo usava consegnare allo S., presso il suo domicilio, una busta chiusa con le rendicontazioni poi risultate false, circostanza, questa, condivisa dalla stessa banca, che su tale presupposto aveva fondato la propria domanda di manleva;

-) la banca era responsabile del comportamento del proprio dipendente, comportamento, peraltro, che era risultato da quest’ultima tollerato, riconoscendo anzi al Si. premi per il raggiungimento di elevati obiettivi di performance;

-) l’evento dannoso era comunque riconducibile al mancato esercizio del potere direttivo e disciplinare della banca;

-) il risarcimento doveva essere quantificato nella misura di Euro 190.227,29, dal momento che la banca aveva prodotto tardivamente la documentazione comprovante pagamenti effettuati in favore degli originari attori;

-) sulla sorte ad essi spettante era dovuta rivalutazione, versandosi in ipotesi di risarcimento del danno da responsabilità contrattuale;

-) la domanda di manleva della banca, a fronte di una responsabilità solidale dell’istituto di credito ed il promotore finanziario, doveva essere ricondotta all’ipotesi del regresso, di guisa che il Si. doveva essere condannato a versare alla banca la metà della somma indicata.

Occorre aggiungere che, proposto ricorso per cassazione, il processo si è estinto per rinuncia accettata nei rapporti tra Fideuram S.p.A. e S. – M., come da decreto numero 11879 del 2020 di questa Corte.

3.2. – I primi quattro mezzi del ricorso principale sono indirizzati contro la statuizione di condanna di Fideuram S.p.A. al risarcimento dei danni subiti da S. – M., sicchè sono travolti dalla menzionata rinuncia.

3.3. – Il quinto mezzo è viceversa rivolto contro il solo parziale accoglimento della domanda di manleva, qualificata come domanda di regresso. La Corte territoriale, secondo Fideuram S.p.A., avrebbe affermato una inesistente tolleranza nei confronti del Si., oltretutto qualificato più volte come dipendente, e ciò sull’assunto che la società non avesse in proposito adeguatamente censurato la sentenza di primo grado, quantunque essa banca, in atto d’appello, avesse richiamato una sentenza del Tribunale di Pesaro, pronunciata su domanda del Si. nei confronti di Fideuram S.p.A., dalla quale risultava il contrario.

Dopodichè, prosegue Fideuram S.p.A., a causa dell’erronea valorizzazione di un inesistente comportamento di tolleranza, la Corte d’appello aveva omesso di applicare dell’art. 2055 c.c., comma 2, in forza del quale, una volta riconosciuto il Si. come unico responsabile dei fatti lamentati da S. – M., avrebbe dovuto condannare lo stesso a rifondere alla banca l’intero importo pagato agli attori.

Non vi era dubbio, d’altro canto, che nei rapporti interni unico soggetto responsabile dovesse essere ritenuto il Si., essendo in sostanza Fideuram S.p.A. chiamata a rispondere di un fatto illecito altrui, sulla base di un criterio di imputazione legale.

Ed ancor più occorreva sottolineare come non si trattasse di fattispecie riconducibile alla materia delle obbligazioni solidali, bensì di ipotesi di responsabilità oggettiva per fatto altrui.

3.4. – Il motivo è inammissibile.

Questa Corte ha difatti più volte avuto modo di affermare che, in tema di intermediazione finanziaria, la società preponente risponde in solido del danno causato al risparmiatore dai promotori finanziari da essa indicati, in tutti i casi in cui sussista un nesso di occasionalità necessaria tra il danno e l’esecuzione delle incombenze affidate al promotore. Questa responsabilità solidale non viene meno per il fatto che il preposto, abusando dei suoi poteri, abbia agito per finalità estranee a quelle del preponente, ma deve essere esclusa quando la condotta del danneggiato presenti connotati di anomalia, vale a dire, se non di collusione, quanto meno di consapevole acquiescenza alla violazione delle regole gravanti sul promotore, palesata da elementi presuntivi, quali il numero o la ripetizione delle operazioni poste in essere con modalità irregolari, il valore complessivo delle stesse, l’esperienza acquisita nell’investimento di prodotti finanziari, la conoscenza del complesso iter funzionale alla sottoscrizione di programmi di investimento e le sue complessive condizioni culturali e socio-economiche (Cass. 22 novembre 2018, n. 30161, tra le tante; di recente Cass. 17 gennaio 2020, n. 857).

Dunque, è errata in diritto la tesi di Fideuram S.p.A. secondo cui la sussistenza di un comportamento asseritamente addebitabile in esclusiva al Si. farebbe venir meno la responsabilità solidale della proponente, giacchè, al contrario, tale responsabilità solidale non viene meno per il fatto che il preposto, abusando dei suoi poteri, come si assume abbia fatto il Si., abbia agito per finalità estranee a quelle del preponente: ed anzi è proprio il comportamento del preposto che, in presenza del requisito, necessario e sufficiente, dell’occasionalità necessaria, fonda la responsabilità del proponente in ossequio al congegno delineato dal combinato disposto degli artt. 1228 e 2049 c.c..

Il che, peraltro, non esclude la configurabilità di una responsabilità diretta dell’intermediario per fatto proprio, ai sensi dell’art. 2055 c.c. (Cass. 31 luglio 2017, n. 18928; Cass. 13 dicembre 2007, n. 26172). Detto questo, vi è anche da aggiungere quanto segue:

-) la sentenza della Corte d’appello, come si è visto in precedenza, era basata sulla tolleranza di Fideuram S.p.A. del comportamento del promotore, e tale accertamento di fatto non è adeguatamente censurato dalla ricorrente;

-) in particolare, non è adeguata la censura basata sulla valorizzazione della richiamata sentenza del Tribunale di Pesaro in un giudizio tra la banca e il promotore: la quale è tutt’altro che decisiva non solo perchè non VI si fa riferimento alla vicenda specifica oggetto del presente giudizio, ma anche perchè non esclude affatto la tolleranza della banca, ma piuttosto l’induzione da parte sua del comportamento illecito del promotore.

4. – Il ricorso incidentale è inammissibile.

4.1. – E’ inammissibile il primo motivo.

La questione del giudicato sostanziale sollevata con la censura riguarda ciò, che in fase di merito esso Si. aveva invocato una sentenza del Tribunale di Pesaro la quale aveva affermato che “il Si. agisse in conformità di direttive dell’Istituto ovvero che comunque la condotta del Si. nei confronti dei clienti rispecchiasse l’indirizzo che la banca, quantomeno implicitamente, lo aveva autorizzato a tenere”: sentenza che il giudice di merito non aveva tenuto in alcun conto, così incorrendo in violazione del giudicato.

Ma le cose stanno in termini tutt’affatto diverse.

Anzitutto l’inammissibilità discende da difetto di autosufficienza, ex art. 366 c.p.c., n. 6, giacchè la questione del giudicato non è punto menzionata nella sentenza impugnata: ed il ricorrente incidentale precisa (sia pure non nello svolgimento del motivo di ricorso incidentale, bensì nella parte narrativa, a pag. 6-7 del controricorso) di aver sollevato l’eccezione con la comparsa di costituzione in appello, della quale però non riporta i passaggi salienti, e tanto basta per dichiarare inammissibile il motivo.

Dopodichè si deve anche aggiungere che la sentenza invocata dal Si. è stata pronunciata nel 2009, ossia in epoca antecedente la pronuncia della sentenza qui impugnata.

Orbene, in materia di valutazione del giudicato esterno formatosi tra le stesse parti in un diverso giudizio, la deducibilità con ricorso per cassazione della violazione dell’art. 2909 c.c., ovvero del vizio di motivazione nei limiti di cui al novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, è possibile solo nel caso in cui il giudice di merito abbia erroneamente accertato ed interpretato il giudicato (Cass., Sez. Un., 28 aprile 1999, n. 277; Cass. 12 dicembre 2006, n. 26523).

Per converso, in tema di impugnazioni avverso la sentenza d’appello che non tenga conto del giudicato intervenuto prima del suo deposito, a differenza di quanto avviene nell’ipotesi di giudicato sopravvenuto rispetto a tale momento, deve essere proposta revocazione ex art. 395 c.p.c., n. 5 e non ricorso per cassazione (Cass. 23 maggio 2019, n. 13987; Cass. 4 novembre 2015, n. 22506).

Detto questo, indipendentemente dal fatto che la Corte d’appello non ha affatto preso in considerazione l’invocato giudicato esterno, ipoteticamente anteriore alla sentenza impugnata, sicchè si verserebbe in ipotesi di revocazione, e non di ricorso per cassazione, sta di fatto che l’invocato giudicato è nel caso di specie palesemente insussistente, giacchè la sentenza in discorso del Tribunale di Pesaro del 2009 non riguarda la condotta mantenuta dal Si. nella vicenda che ha visto coinvolti S. – M., ma altra vicenda, concernente diversi investitori, sicchè le due cause – quella qui in essere e l’altra conclusasi a detta sentenza – differiscono sia per le personae, sia per il petitum, sia per la causa petendi.

4.2. – Il secondo motivo di ricorso incidentale si appunta in breve sull’assunto secondo cui, non avendo S. – M. agito all’origine nei confronti del Si., ma soltanto di Fideuram S.p.A., la Corte d’appello non avrebbe potuto ritenere la solidarietà tra i due: il che è errato, dal momento che – posto che Fideuram S.p.A. e Si. sono debitori in solido, secondo quanto accertato dalla Corte territoriale – la solidarietà comporta che il creditore possa agire a propria discrezione contro quello dei debitori in solido nei confronti del quale intende far valere le sue ragioni: ed infatti l’art. 1292 c.c., stabilisce che l’obbligazione è in solido quando più debitori sono obbligati tutti per la medesima prestazione, in modo che ciascuno può essere costretto all’adempimento per la totalità e l’adempimento da parte di uno libera gli altri.

5. – L’esito del giudizio di legittimità giustifica compensazione integrale delle relative spese. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso principale e l’incidentale e compensa interamente tra le parti le spese del giudizio di legittimità, dando atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente principale e incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 6 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 dicembre 2020

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