Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29582 del 16/11/2018

Cassazione civile sez. trib., 16/11/2018, (ud. 23/10/2018, dep. 16/11/2018), n.29582

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. D’OVIDIO Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9828-2013 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

WORLDPHONE SRL;

– intimato –

avverso la sentenza n. 115/2012 della COMM. TRIB. REG. di POTENZA,

depositata il 11/10/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/10/2018 dal Consigliere Dott. GIACOMO MARIA STALLA;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero in persona del

Sostituto Procuratore Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso.

Fatto

RILEVATO

che:

p. 1. L’agenzia delle entrate propone due motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 115/1/12 dell’11 ottobre 2012, con la quale la commissione tributaria regionale della Basilicata, a conferma della prima decisione, ha ritenuto illegittime – salvo che per la somma di Euro 72.475,00 a titolo di Iva 2006 non versata – le cartelle di pagamento notificate alla Worldphone srl a seguito di controllo automatizzato delle dichiarazioni del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54.

La commissione tributaria regionale, in particolare, ha ritenuto che la pretesa impositiva (avente ad oggetto il recupero di crediti d’imposta per investimenti in aree svantaggiate e campagne pubblicitarie indebitamente utilizzati in compensazione dalla società nell’anno 2006, in quanto non indicati nel quadro RU della relativa dichiarazione dei redditi modello Unico) dovesse essere fatta valere non a mezzo di cartella di pagamento all’esito di controllo automatizzato, bensì mediante notificazione di avviso di accertamento.

Nessuna attività difensiva è stata posta in essere, in questa sede, dalla Worldphone srl.

p. 2.1 Con il primo motivo di ricorso si lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis. Per non avere la commissione tributaria regionale considerato che tale disposizione (lett. e)) estendeva i casi di controllo automatizzato e liquidazione diretta mediante cartella di pagamento anche alla riduzione dei crediti d’imposta esposti in misura superiore a quella prevista dalla legge, ovvero non spettanti sulla base dei dati in dichiarazione. Nel caso di specie, il recupero aveva avuto appunto ad oggetto (oltre all’Iva non versata, riconosciuta dovuta dal giudice di merito) crediti non compensabili perchè non indicati in dichiarazione.

Con il secondo motivo di ricorso l’agenzia delle entrate deduce – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, – omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Per non avere la commissione tributaria regionale fornito adeguata motivazione circa l’asserita preclusione all’utilizzo, nella specie, del controllo automatizzato della dichiarazione; nonostante che l’attività di recupero avesse ad oggetto crediti non compensabili non esposti nel quadro RU della dichiarazione dei redditi 2006.

p. 2.2 E’ fondato, con assorbimento dell’ulteriore censura, il primo motivo di ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, l’Amministrazione finanziaria provvede tra l’altro, avvalendosi di procedure automatizzate, a: “e) ridurre i crediti di imposta esposti in misura superiore a quella prevista dalla legge ovvero non spettanti sulla base dei dati risultanti dalla dichiarazione”.

La norma prevede dunque espressamente il ricorso al controllo automatizzato anche in sede di disconoscimento dei crediti del contribuente, a condizione che i presupposti di tale disconoscimento non derivino da un’attività di natura accertativa o rettificativa, ma emergano “sulla base dei dati risultanti dalla dichiarazione”.

Si è in proposito affermato (Cass. ord. 4360/17) che: “in tema di controlli delle dichiarazioni tributarie, l’attività dell’Ufficio accertatore, correlata alla contestazione di detrazioni e crediti indicati dal contribuente, qualora nasca da una verifica di dati indicati da quest’ultimo e dalle incongruenze dagli stessi risultanti, non implica valutazioni, sicchè è legittima l’iscrizione a ruolo della maggiore imposta ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54-bis, non essendo necessario un previo avviso di recupero”.

Nella motivazione della pronuncia in esame si osserva che: “anche di recente le S. U. di questa Corte hanno ribadito che il procedimento di controllo automatizzato dei dati è eseguito senza alcun intervento diretto degli uffici e in forza delle disposizioni di legge di cui ai ricordati artt. 36 bis e 54 bis può essere attivato nei casi di mancata considerazione dei pagamenti effettuati, errata o incompleta trasmissione e/o ricezione dei dati della dichiarazione, errori di compilazione della dichiarazione da parte del contribuente sanabili e facilmente riconoscibili, errata individuazione del contribuente, incoerenza della dichiarazione, eccedenze di imposta non completamente confermate dal sistema informativo (circ. n. 100/E e n. 143/E del 2000; circ. n. 34/E del 2012 e 21/E del 2013), concludendosi la procedura con un atto liquidatorio ai fini dell’iscrizione a ruolo a titolo definitivo (Cass. S.U. n.17758/2016)”. Si aggiunge poi che: “(…) la CTR ha erroneamente ritenuto che l’attività dell’Ufficio correlata alla contestazione di detrazioni e crediti indicati dal contribuente implicasse un’attività valutativa, invece la stessa nascendo da una verifica dei dati indicati dallo stesso contribuente negli anni 2001, 2002 e 2003 e dalle incongruenze dagli stessi risultanti. Sulla base di tali considerazioni, ha dunque errato la CTR nel ritenere non correttamente utilizzato lo strumento di cui ai ricordati artt. 36 bis e 54 bis, potendo peraltro in fase processuale il contribuente pienamente dimostrare l’esistenza dei crediti che l’Ufficio ha disconosciuto sulla base della verifica dei dati esposti dal medesimo nelle dichiarazioni”.

Tale indirizzo interpretativo non contrasta con quanto affermato in altre decisioni, secondo cui: “In tema di accertamenti e controlli delle dichiarazioni tributarie, l’iscrizione a ruolo della maggiore imposta ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, è ammissibile solo quando il dovuto sia determinato mediante un controllo meramente cartolare, sulla base dei dati forniti dal contribuente o di una correzione di errori materiali o di calcolo, non potendosi, invece, con questa modalità, risolvere questioni giuridiche, sicchè il disconoscimento, da parte dell’Amministrazione finanziaria, di un credito d’imposta non può avvenire tramite l’emissione di cartella di pagamento avente ad oggetto il relativo importo, senza essere preceduta da un avviso di recupero di credito d’imposta o quanto meno bonario” (Cass. 14949/18; così Cass. 11292/16).

Va infatti considerato che anche quest’ultimo orientamento subordina la legittimità del controllo automatizzato al carattere meramente cartolare ed avalutativo del disconoscimento del credito d’imposta; potendo, quest’ultimo, appunto dipendere sia da una valutazione giuridica ed accertativa di inesistenza ovvero non compensabilità del credito (ipotesi nella quale il controllo automatizzato non è ammesso), sia dal riscontro puramente obiettivo della dichiarazione (ipotesi nella quale esso è invece consentito).

Nel caso di specie, è pacifico che il disconoscimento sia appunto stato operato non per contestazione di merito, ma sul mero riscontro formale di una carenza della dichiarazione reddituale 2006, il cui quadro RU non faceva menzione dei crediti nondimeno utilizzati in compensazione.

Ne segue dunque l’accoglimento del ricorso, con la cassazione della sentenza impugnata.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto e non essendo state dedotte altre questioni controverse (si rileva dalla sentenza della CTR che la società contribuente, non costituitasi nel presente giudizio, aveva contestato la pretesa solo perchè portata direttamente da cartella, e non da previo avviso di accertamento), sussistono i presupposti per la decisione nel merito ex art.384 c.p.c., mediante rigetto del ricorso introduttivo.

Le spese del presente giudizio di legittimità vengono poste a carico della soccombente, con compensazione delle spese di merito stante il delinearsi soltanto in corso di causa del su riportato indirizzo interpretativo.

P.Q.M.

La Corte:

– accoglie il ricorso;

– cassa la sentenza impugnata e decide nel merito mediante rigetto del ricorso introduttivo della società contribuente;

– pone le spese del presente giudizio a carico di quest’ultima, liquidate in Euro 7.800,00 oltre spese prenotate a debito; compensa il merito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della quinta sezione civile, il 23 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 16 novembre 2018

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