Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29581 del 24/12/2020

Cassazione civile sez. I, 24/12/2020, (ud. 06/11/2020, dep. 24/12/2020), n.29581

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8630/2016 proposto da:

B.F., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la

Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’avvocato Germani Luigia Carla, giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

Deutsche Bank S.p.a., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via delle Quattro

Fontane n. 161, presso lo studio dell’avvocato Boccia Iolanda, che

la rappresenta e difende unitamente all’avvocato Sessa Gian Carlo,

giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2283/2015 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 01/10/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

06/11/2020 dal Cons. Dott. DI MARZIO MAURO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – B.F. ricorre per un mezzo, nei confronti di Deutsche Bank S.p.A., contro la sentenza del 1 ottobre 2015 con cui la Corte d’appello di Venezia ha respinto il suo appello avverso sentenza del locale Tribunale di rigetto dell’opposizione a decreto ingiuntivo di pagamento dell’importo di Euro 7.106,65 dal medesimo B. spiegata.

2. – Deutsche Bank S.p.A. resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il ricorso contiene un unico motivo svolto alle pagine 51-54 e rubricato: “Nullità della sentenza per omessa pronuncia sull’istanza di sospensione ex art. 295 c.p.c., per pendenza di giudizio relativo alla questione pregiudiziale (querela di falso ex art. 221 c.p.c., sub specie di biancosegno riempito sine pactis da terzi) (art. 112 c.p.c. ed art. 156 c.p.c., in relazione all’art. 360, n. 4”.

2. – Il ricorso è inammissibile per almeno quattro concorrenti ragioni.

2.1. – E’ inammissibile per le modalità di confezionamento, consistenti essenzialmente nella integrale trascrizione dell’atto d’appello – il cui contenuto, vale sottolineare, è pressochè totalmente privo di interesse per la successiva formulazione dell’unico motivo di censura della sentenza impugnata – da pagina 3 a pagina 47, nonchè del verbale del 9 febbraio 2015 da pagina 48 a pagina 50 bis.

E’ difatti cosa nota che non è consentita la riproduzione dell’intero contenuto letterale degli atti processuali, la quale non soddisfa il requisito dell’esposizione sommaria dei fatti di causa, richiesta dall’art. 366 c.p.c., n. 3, ed anzi affida alla Corte la scelta di quanto effettivamente rileva, sicchè si può in tutto equiparare al mero rinvio agli atti stessi, onde rende il ricorso inammissibile (Cass. 18 settembre 2015, n. 18363; Cass. 19 maggio 2017, n. 12641). In particolare è da escludere che il ricorso possa essere confezionato mediante “spillatura” degli atti di causa (Cass., Sez. Un., 17 luglio 2009, n. 16628; Cass. 23 giugno 2010, n. 15180; Cass. 16 marzo 2011, n. 6279; Cass. 25 settembre 2012, n. 16254; Cass. 24 luglio 2013, n. 18020; Cass. 10 febbraio 2015, n. 2527).

2.2. – E’ inammissibile perchè richiama erroneamente il principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato (beninteso, non solo nella rubrica, ma nell’argomentazione della censura), principio la cui violazione, come è noto, non è prospettabile in relazione a domande diverse da quelle di merito, sicchè il mancato esame da parte del giudice, sollecitatone dalla parte, di una questione puramente processuale non può dare luogo al vizio di omessa pronunzia (Cass. 10 ottobre 2014, n. 21424 tra le tante).

2.3. – E’ inammissibile perchè non autosufficiente, giacchè non indica, come imposto dall’art. 366 c.p.c., n. 6, quando sarebbe stato depositato e dove sarebbe reperibile l’atto di citazione volto alla proposizione della querela di falso in via principale contro il modulo di finanziamento denominato “(OMISSIS)”, fatto valere dalla banca a fondamento della pretesa creditoria introdotta con l’iniziale ricorso per ingiunzione: ed anzi, dall’espositiva del ricorso (in particolare dalle conclusioni prese in appello, pagina 49 del ricorso), così come dal motivo, non risulta neppure che detto atto di citazione fosse stato prodotto.

2.4. – E’ inammissibile, in collegamento con la ragione di inammissibilità appena esposta, perchè il giudizio di falso neppure risulta pendente, quantunque questa Corte abbia già chiarito che la sospensione del processo presuppone che il rapporto di pregiudizialità tra due cause sia concreto ed attuale, nel senso che la causa ritenuta pregiudiziale deve essere tuttora pendente, non giustificandosi diversamente la sospensione, che si tradurrebbe in un inutile intralcio all’esercizio della giurisdizione, sicchè, quando una sentenza sia impugnata in cassazione per non essere stato il giudizio di merito sospeso in presenza di altra causa pregiudiziale, è onere del ricorrente provare che la causa pregiudicante sia pendente e resti presumibilmente tale sino all’accoglimento del ricorso, mancando, in difetto, la prova dell’interesse concreto e attuale all’impugnazione, perchè nessun giudice, di legittimità o di rinvio, può disporre la sospensione del giudizio in attesa della definizione di altra causa non più effettivamente in corso (Cass. 21 ottobre 2019, n. 26716).

Le spese seguono la soccombenza. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso, in favore del controricorrente, delle spese sostenute per questo giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 2.000,00 oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dichiara che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 6 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 dicembre 2020

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