Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29580 del 14/11/2019

Cassazione civile sez. I, 14/11/2019, (ud. 12/09/2019, dep. 14/11/2019), n.29580

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14800/2018 proposto da:

T.S., rappresentato e difeso dall’avvocato Maira Raimondo

giusta mandato in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di MILANO, depositato il 23/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12/09/2019 dal Cons. Dott. PARISE CLOTILDE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.Con decreto n. 1626/2018 depositato il 23-4-2018 e comunicato il 26-4-2018 a mezzo pec il Tribunale di Milano ha respinto il ricorso di T.S., cittadino del (OMISSIS), avente ad oggetto in via gradata il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria. Il Tribunale ha ritenuto che fosse non credibile la vicenda personale narrata dal richiedente, il quale riferiva di essere fuggito perchè accusato di furto di mucche appartenenti a persona molto importante, violenta e pericolosa. Il Tribunale ha ritenuto che non ricorressero i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione, avuto anche riguardo alla situazione generale e politico-economica del Gambia, descritta nel decreto impugnato, con indicazione delle fonti di conoscenza.

2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno, che è rimasto intimato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta “Motivazione apparente: il Giudicante ha pretermesso del tutto la indicazione degli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento, ovvero li ha indicati senza compierne alcuna approfondita disamina logica e giuridica”.

2. Con il secondo motivo lamenta la “Violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8,D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2,3,5,6,8 e 14 e omesso esame di un fatto decisivo del giudizio in relazione alla mancata valutazione della situazione attualmente esistente in Mali (rectius Gambia)”. Nell’illustrare congiuntamente i primi due motivi, deduce il ricorrente che il Tribunale ha omesso di valutare che in tutto il territorio del Gambia si realizza un contesto di guerra ed ha erroneamente ritenuto non credibile la vicenda personale narrata, omettendo di accertare officiosamente la veridicità e attualità della situazione di pericolo rappresentata dal richiedente, il quale ha riferito di un solo episodio di violenza nei suoi confronti, ma da inquadrare in un contesto di guerra che da anni caratterizza il Gambia.

3. I primi due motivi, da esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, sono inammissibili.

3.1. Questa Corte ha chiarito che “il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità” (Cass. ord. n. 3340/2019). Inoltre il giudice del merito, nel valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, deve attenersi anche a comuni canoni di ragionevolezza e a criteri generali di ordine presuntivo, non essendo di per sè solo sufficiente a fondare il giudizio di credibilità il fatto che la vicenda narrata sia circostanziata. Il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, infatti, obbliga il giudice a sottoporre le dichiarazioni del richiedente, ove non suffragate da prove, non soltanto ad un controllo di coerenza interna ed esterna, ma anche ad una verifica di credibilità razionale della concreta vicenda narrata a fondamento della domanda (da ultimo Cass. n. 21142 del 2019; Cass. n. 20580 del 2019). La suddetta verifica è sottratta al controllo di legittimità al di fuori dei limiti di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito. Quanto alla domanda di protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), l’accertamento della situazione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, che sia causa per il richiedente di una sua personale e diretta esposizione al rischio di un danno grave, quale individuato dalla medesima disposizione, implica un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, non censurabile in sede di legittimità al di fuori dei limiti di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. n. 32064 del 2018 e Cass. n. 30105 del 2018).

3.2. Nel caso di specie, il ricorrente deduce genericamente la violazione di norme di legge, attraverso il richiamo alle disposizioni che assume disattese e tramite una ricostruzione della fattispecie concreta, quanto al giudizio di non credibilità e quanto alla situazione del Paese di origine, difforme da quella accertata nel giudizio di merito.

Il Tribunale ha espresso, con adeguata motivazione, la valutazione di non credibilità, in dettaglio indicando le parti del racconto ritenute contraddittorie, confuse ed implausibili per illogicità (pag. n. 6 e 7 del decreto impugnato in particolare: a) sulla conoscenza della provenienza illecita del bestiame venduta dal ricorrente; b) sull’accanimento da parte del proprietario delle mucche nei confronti anche del ricorrente; c) sul fatto che il ricorrente fosse ricercato dalla Polizia solo a fini di chiarimenti, stante la sola responsabilità dello zio, arrestato, per aver affidato abusivamente al nipote funzioni non delegabili – riscossione di tasse governative; d) sul ruolo, rilevante nel racconto perchè avrebbe consentito al ricorrente la fuga, di sua madre, collocata in Senegal, in base ad una prima versione, e di seguito in casa dello zio, che avrebbe sposato dopo essere rimasta vedova).

Inoltre il Giudice di merito, citando le fonti di conoscenza (sito ministero degli esteri viaggiaresicuri e altri siti internet – pag. 8 decreto impugnato), ha escluso situazioni di violenza indiscriminata e conflitto armato interno o internazionale nel paese d’origine con motivazione adeguata e descrizione dettagliata dell’attuale situazione politica e generale del Gambia.

Le censure si risolvono, quindi, in una generica critica del ragionamento logico posto dal giudice di merito a base dell’interpretazione degli elementi probatori del processo e, in sostanza, nella richiesta di una diversa valutazione degli stessi, ipotesi integrante un vizio motivazionale non più proponibile in seguito alla modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, apportata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito in L. n. 134 del 2012 (v. Cass., sez. un., n. 8053/2014).

4. Con il terzo motivo denuncia la “Violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19,D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32,D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, art. 3 della CEDU, direttiva 2004/83/CE, del D.L. n. 416 del 1989, art. 1 quater, comma 4, conv. nella L. 39 del 1990, introdotto dalla L. n. 189 del 2002, art. 32, lett. b) e dal D.P.R. n. 303 del 2004, art. 15, comma 2, lett. c), D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in relazione all’omessa valutazione in merito al riconoscimento di un permesso per motivi umanitari”. Il ricorrente, nel richiamare la giurisprudenza della Corte di Giustizia e di questa Corte, assume che in Gambia sussista una situazione di instabilità in un contesto di grave emergenza umanitaria, idonea a pregiudicare la possibilità di esercizio dei diritti fondamentali. Lamenta pertanto l’errata valutazione sia del quadro complessivo di conflitto nel Paese di origine, sotto il profilo oggettivo, e sia del quadro della personalità del ricorrente, sotto il profilo soggettivo.

5. Il motivo è inammissibile.

5.1. In ordine alla protezione umanitaria, secondo la giurisprudenza di questa Corte la valutazione deve essere autonoma, nel senso che il diniego di riconoscimento del diritto al permesso di soggiorno per ragioni umanitarie non può conseguire automaticamente dal rigetto delle altre domande di protezione internazionale, essendo necessario che l’accertamento da svolgersi sia fondato su uno scrutinio avente ad oggetto l’esistenza delle condizioni di vulnerabilità che ne integrano i requisiti (Cass. n. 28990/2018). Ciò nondimeno il ricorrente ha l’onere di indicare i fatti costitutivi del diritto azionato ed il potere istruttorio ufficioso può esercitarsi solo in presenza di allegazioni specifiche sui profili concreti di vulnerabilità (Cass. n. 27336/2018).

5.2. Nella fattispecie in esame il diniego è dipeso dall’accertamento dei fatti da parte dei giudici di merito, che hanno escluso l’esistenza di fattori particolari di vulnerabilità con idonea motivazione, valutando le allegazioni del richiedente e le informazioni sul Paese di origine. Le doglianze sono formulate genericamente, senza indicare alcun profilo di vulnerabilità specifico, nè sono state specificatamente censurate le argomentazioni di cui al decreto impugnato, secondo cui la vulnerabilità è stata, motivatamente, esclusa sotto ogni profilo e il quadro socio-politico del Gambia è radicalmente mutato in senso favorevole.

L’accertata assenza di vulnerabilità rende recessivo il fattore costituito dal percorso di integrazione (Cass. n. 4455/2018).

Le doglianze si risolvono, inammissibilmente, in una ricostruzione dei fatti difforme da quella accertata dal giudice di merito.

9. Alla stregua delle considerazioni espresse nei paragrafi che precedono il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, nulla disponendosi sulle spese del presente giudizio, atteso che il Ministero è rimasto intimato.

10. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto che sussistono nella specie i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso per cassazione, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, il 12 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 14 novembre 2019

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