Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29576 del 22/10/2021

Cassazione civile sez. II, 22/10/2021, (ud. 28/05/2021, dep. 22/10/2021), n.29576

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BELLINI Ubaldo – Presidente –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11065/2016 proposto da:

ASCO SIRACUSANA COSTRUZIONI SRL, elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZA ESCHILO 33, presso lo studio dell’avvocato MANUELA DI SARIO,

rappresentata e difesa dall’avvocato SERGIO FONTANA;

– ricorrente –

contro

SAIPEM SPA, AMEC FOSTER WHEELER ITALIANA SRL, rappresentate e difese

dall’avv.to CORRADO V. GIULIANO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 57/2016 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 12/01/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

28/05/2021 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. L’ingegnere S.U. conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Siracusa la società Isab Energy s.r.l. ed il consorzio Snamprogetti-Foster Wheeler Energy deducendo di essere creditore delle società convenute per aver svolto in loro favore attività di direttore dei lavori nell’ambito della realizzazione di un complesso sistema industriale denominato “Integrated Gasification Combinated Cycle Power Plant”, con richiesta di condanna della somma di Lire 1.687.380.000.

1.1 Il consorzio convenuto, nel costituirsi in giudizio, eccepiva il proprio difetto di legittimazione passiva, deducendo che non era mai intercorso alcun rapporto contrattuale con l’attore e chiedeva di essere autorizzato a chiamare in causa la ASCO Siracusana Costruzioni s.r.l sulla quale ricadeva l’onere economico relativo all’attività professionale svolta dall’ing. S.U..

1.2 La ASCO Siracusana Costruzioni costituitasi in giudizio chiedeva dichiararsi inammissibile in rito la citazione in garanzia.

1.3 Il Tribunale di Siracusa ordinava l’estromissione della suddetta società.

1.4 Il consorzio Snamprogetti promuoveva allora un autonomo giudizio per sentire dichiarare che la convenuta in virtù del regolamento negoziale intercorso tra le parti era tenuta a garantire il consorzio contro gli effetti dell’eventuale accoglimento della domanda dell’ingegnere S..

1.5 I due giudizi venivano riuniti e l’attore rinunciava alla propria domanda nei confronti delle convenute a seguito di una transazione.

2. Il Tribunale di Siracusa preliminarmente richiamava l’art. 5 dei contratti intercorsi tra le parti (nn. 301440/IEC/5033 e 301440/EC/5043), il quale prevedeva due distinte figure di direttore dei lavori, quello nominato dalla committente e quello nominato dall’appaltatore e che, almeno 20 giorni prima dell’inizio dei lavori, l’appaltatore doveva comunicare per iscritto alla committente il nominativo del direttore dei lavori proposto, al fine di ottenere l’approvazione della committente e, ottenuta detta approvazione, doveva comunicare per iscritto all’autorità il suddetto nominativo del direttore dei lavori dell’appaltatore, assicurando nel contempo che l’appaltatore designato avesse piena conoscenza delle norme contenute nel contratto e che, qualora la committente non avesse accettato il nominativo proposto dall’appaltatore, quest’ultimo avrebbe dovuto sottoporre all’approvazione della committente un altro nominativo.

Ciò premesso, il Tribunale evidenziava che, con lettere datate 7 febbraio 1997 e 8 marzo 1997 con riferimento ai contratti sopra menzionati, la ASCO Siracusana Costruzioni aveva comunicato al consorzio Snamprogetti il nominativo del direttore dei lavori responsabile del progetto, indicando l’ingegner S.U.. Ai sensi dell’art. 35 del contratto n. (OMISSIS) e dell’art. 36 del contratto n. (OMISSIS), erano posti a carico dell’appaltatore tutti gli oneri necessari per l’esecuzione dei lavori con la sola eccezione di quelli espressamente indicati a carico della committente. In particolare, a carico dell’appaltatore erano gli oneri relativi alle prestazioni del personale tecnico-amministrativo per l’esecuzione la direzione e la sorveglianza dei lavori, nonché quelli relativi all’impegno in modo continuativo del personale direttivo e di supervisione dell’appaltatore durante l’esecuzione dei lavori. Sulla base di tali argomentazioni e delle testimonianze assunte nel corso dell’istruttoria il Tribunale riteneva fondata la domanda spiegata dal consorzio essendo provato che la figura del direttore dei lavori della subappaltatrice ASCO Siracusana Costruzioni era diversa da quella del direttore dei lavori della subcommittente e che l’ingegnere aveva rivestito la funzione di direttore dei lavori per conto della subappaltatrice. Dunque, la ASCO Siracusana Costruzioni era obbligata a tenere indenne il consorzio nei limiti di quanto sarebbe spettato all’ingegner S. in esito al giudizio da lui promosso indipendentemente dalla transazione intercorsa.

3. La società ASCO Siracusana Costruzioni proponeva appello avverso tale sentenza.

4. La Corte d’Appello rigettava l’impugnazione. Il primo e il secondo motivo di appello avevano ad oggetto il vizio di extra petizione e la mancanza di interesse ad agire in relazione alla domanda di garanzia spiegata dal consorzio, avendo l’attore originario rinunciato agli atti del giudizio con accettazione delle altre parti. Secondo l’appellante, infatti, oggetto della domanda era unicamente la domanda di garanzia per essere il consorzio manlevato di quanto fosse eventualmente stato condannato a pagare a causa dell’azione giudiziaria dell’ingegner S..

4.1 La Corte d’Appello, in proposito, riteneva che permanesse l’interesse ad agire del consorzio anche dopo l’intervenuta transazione e che non vi fosse vizio di ultra petizione. In particolare, il consorzio aveva spiegato contro la ASCO Siracusana Costruzioni, in via subordinata, una domanda di garanzia volta ad essere manlevata da quest’ultima di quanto fosse eventualmente tenuto a pagare a favore del S. ed avendo, per di più, proposto contro la medesima ASCO Siracusana Costruzioni domanda di risarcimento del danno derivante dalla subita azione giudiziaria.

Inoltre, la Corte d’Appello, riteneva che la statuizione con cui il giudice di primo grado aveva dichiarato la ASCO Siracusana Costruzioni obbligata a tenere indenne il Consorzio nei limiti di quanto spettava all’ingegner S. non fosse in violazione del principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato ex art. 112 c.p.c.. La domanda di garanzia spiegata dal consorzio nei confronti della ASCO Siracusana Costruzioni, infatti, trovava il suo fondamento nei regolamenti contrattuali e non rilevava il fatto che il pagamento era stato eseguito dal consorzio a seguito di accordo transattivo invece che a seguito di pronuncia giudiziale di condanna.

4.2 Quanto al merito, dall’analisi dei regolamenti contrattuali emergeva che con contratti n. (OMISSIS) del 16 gennaio 1997 e n. (OMISSIS) del 3 marzo 1997 il Consorzio Snamprogetti subappaltava alla ASCO Siracusana Costruzioni le opere civili inerenti l’appalto conferito al consorzio giusta contratto del 23 luglio 1996 intercorso con la società Isab Energy. L’art. 5 dei contratti citati prevedeva due distinte figure di direttore dei lavori, uno nominato dal committente (così era denominato nei contratti il Consorzio Snamprogetti) e uno nominato dall’appaltatore (così era denominata la ASCO Siracusana Costruzioni) con funzioni e responsabilità di direttore dei lavori per i lavori di competenza di quest’ultima. Il medesimo articolo cinque prevedeva, altresì, che la Società ASCO Siracusana Costruzioni, almeno 20 giorni prima dell’inizio dei lavori, doveva comunicare per iscritto alla committente il nominativo del direttore dei lavori ai fini dell’approvazione. La ASCO Siracusana Costruzioni, facendo esplicito riferimento ai contratti sopra menzionati, aveva comunicato al consorzio il nominativo del direttore lavori responsabile del progetto, indicandolo nella persona dell’ingegner S.U..

L’art. 35 del contratto n. (OMISSIS) e l’art. 36 del contratto n. (OMISSIS), sotto la rubrica “oneri a carico dell’appaltatore” prevedevano che fossero a carico della ASCO Siracusana Costruzioni gli oneri necessari per l’esecuzione dei lavori, con la sola eccezione di quelli espressamente indicati a carico della committente e che, in particolare, fossero a carico dell’appaltatore le prestazioni del personale tecnico ed amministrativo per l’esecuzione, la direzione e la sorveglianza dei lavori oggetto del contratto, nonché gli oneri relativi all’impegno in modo continuativo del personale direttivo e di supervisione dell’appaltatore durante l’esecuzione dei lavori. Pertanto, sulla base del regolamento contrattuale vigente tra le parti, risultava provato che la ASCO Siracusana Costruzioni aveva contrattualmente assunto l’obbligo di nominare il direttore dei lavori con onere a proprio carico e che la stessa aveva nominato l’ingegner S..

Secondo la Corte d’Appello, pertanto, non vi era stato alcun errore interpretativo del giudice di primo grado a causa dell’ambiguo utilizzo nei contratti intercorsi tra le parti del termine “direttore lavori dell’appaltatore” e che lo stesso non poteva essere inteso come direttori di cantiere, mero ausiliario dell’appaltatore, ruolo in concreto assunto dallo stesso amministratore unico legale rappresentante della società appellante munito della qualifica professionale di geometra. Secondo la Corte d’Appello il testo contrattuale era chiaro e non lasciava adito a dubbi circa la previsione che in capo alla ditta subappaltatrice, la ASCO Siracusana Costruzioni, sorgeva l’obbligo di nominare un vero e proprio direttore dei lavori in possesso delle necessarie capacità professionali e delle qualifiche richieste dalla legge per lo svolgimento della funzione e di assumere l’onere economico inerente il relativo compenso. Non assumeva alcun rilievo il fatto che l’ingegner S. avesse svolto delle attività anche per conto del Consorzio o della committenza del Consorzio in quanto l’attività oggetto della richiesta di pagamento era quella che aveva svolto come direttore dei lavori nominato dalla ASCO Siracusana Costruzioni,come risultava anche dalla consulenza tecnica espletata nel giudizio di primo grado.

5. La ASCO Siracusana Costruzioni ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di quattro motivi.

6. Saipem s.p.a. e Amec Foster Weehler Italiana s.r.l. hanno resistito con controricorso e, in prossimità dell’udienza hanno depositato memoria insistendo per il rigetto del ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione delle norme interpretative dei contratti ex art. 1362 c.c. e segg., in relazione alle disposizioni di legge che regolano la figura del direttore dei lavori nelle opere edili L. n. 1086 del 1971 (artt. 2, 3, 5,6 e 15) e dell’art. 1665 c.c..

La società ricorrente ritiene che la Corte d’Appello abbia erroneamente interpretato il regolamento contrattuale, confondendo la figura del direttore dei lavori con quella del direttore di cantiere, ed abbia equivocato la figura del committente e quella dell’appaltatore. In altri termini, la Corte catanese sarebbe incorsa in un errore di interpretazione in virtù del quale avrebbe confuso la figura del direttore dei lavori dell’appaltatore, ponendo il relativo onere economico svolto per conto della committente a carico dell’appaltatore.

2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: omesso esame di un punto decisivo oggetto di discussione tra le parti anche come conseguenza della violazione di legge di cui al primo motivo.

La Corte catanese avrebbe del tutto omesso di esaminare, come punto decisivo della controversia, il fatto che la pretesa vantata dall’ingegner S. era proposta nei soli confronti di I. NRG e del consorzio Snamprogetti Foster Wheller Energy rispettivamente committente e appaltatore per l’attività di direzione dei lavori svolta nell’esclusivo interesse della prima ma con accollo del relativo debito a carico dell’appaltatore-consorzio. La Corte d’appello avrebbe, dunque, omesso ogni esame sul fatto che la pretesa dell’ingegnere S. era fondata sulle prestazioni quale direttore dei lavori della committente in ordine alle quali l’onere economico esclusivo era a carico dell’appaltatrice (Consorzio Snamprogetti – Foster Wheller Energy).

2.1 I primi due motivi di ricorso, che stante la loro evidente connessione possono essere trattati congiuntamente, sono inammissibili.

Si legge nella sentenza impugnata che con contratti n. (OMISSIS) del 16 gennaio 1997 e n. (OMISSIS) del 3 marzo 1997 il Consorzio Snamprogetti subappaltava alla ASCO Siracusana Costruzioni le opere civili inerenti l’appalto conferito al medesimo Consorzio con contratto del 23 luglio 1996 intercorso con Isab Energy.

Il ricorrente, con i motivi in esame, ripropone l’interpretazione dei suddetti contratti sostenuta nei gradi di merito. La Corte d’Appello e prima ancora il Tribunale, tuttavia, hanno motivato analiticamente in ordine all’interpretazione degli stessi e hanno chiarito come l’art. 5 prevedesse due distinte figure di direttore dei lavori, uno nominato dal committente e uno nominato dall’appaltatore. Sul punto, la Corte d’Appello ha ulteriormente chiarito che nel regolamento contrattuale il Consorzio Snamprogetti era denominato “committente” e la ASCO Siracusana Costruzioni era denominata “appaltatore”. L’ingegnere S. era stato nominato dalla ASCO Siracusana Costruzioni ai sensi del citato art. 5 con funzioni e responsabilità di direttore dei lavori per i lavori di competenza di quest’ultima. Inoltre, ai sensi degli artt. 35 e 36 dei contratti di subappalto sopra citati, il pagamento per l’opera prestata dal suddetto direttore dei lavori era a carico della ASCO Siracusana Costruzioni.

Il ricorrente, dunque, si limita a proporre una diversa interpretazione delle clausole contrattuali, senza tuttavia indicare quale sia stato l’effettivo canone interpretativo violato dal giudice del merito.

Deve richiamarsi in proposito il consolidato orientamento di questa Corte secondo il quale: quando con il ricorso per cassazione sia contestata l’interpretazione attribuita dal giudice di merito al contratto intercorso tra le parti le relative censure non possono risolversi nella mera contrapposizione tra la volontà dei contraenti così come ritenuta dal ricorrente e quella invece accertata dalla sentenza impugnata, ma debbono essere proposte o sotto il profilo della mancata osservanza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, delle norme che fissato i criteri ermeneutici di cui agli artt. 1362 c.c. e segg., ovvero, a norma dell’art. 360 c.p.c., n. 5, nel testo in vigore ratione temporis, del vizio di motivazione consistito nell’omesso esame di un fatto decisivo.

L’interpretazione di un atto negoziale, del resto, è un tipico accertamento in fatto riservato al giudice di merito, normalmente incensurabile in sede di legittimità, salvo che, come accennato, nelle ipotesi di omesso esame di un fatto decisivo e oggetto di discussione tra le parti, alla stregua del c.d. “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, nella formulazione attualmente vigente, ovvero, ancora, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale, previsti dagli artt. 1362 c.c. e segg. (Cass. n. 14355 del 2016, in motiv.).

Il sindacato di legittimità può avere, quindi, ad oggetto solamente l’individuazione dei criteri ermeneutici del processo logico del quale il giudice di merito si sia avvalso per assolvere i compiti a lui riservati, al fine di verificare se sia incorso in vizi del ragionamento o in errore di diritto (Cass. n. 23701 del 2016). Pertanto, al fine di riscontrare l’esistenza dei denunciati errori di diritto o vizi di ragionamento, non basta che il ricorrente faccia, com’e’ accaduto nel caso di specie, un astratto richiamo alle regole di cui agli artt. 1362 c.c. e segg., occorrendo, invece, che specifichi, per un verso, i canoni in concreto inosservati e, per altro verso, il punto e il modo in cui il giudice di merito si sia da essi discostato (Cass. n. 7472 del 2011; più di recente, Cass. n. 27136 del 2017). Ne consegue l’inammissibilità di motivi di ricorso che, come quelli in esame, pur denunciando la violazione delle norme ermeneutiche o il vizio di motivazione, si risolvano, in realtà, nella mera proposta di una interpretazione diversa rispetto a quella adottata dal giudice di merito (Cass. n. 24539 del 2009), così come è inammissibile ogni critica della ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito che si traduca nella sola prospettazione di una diversa valutazione ricostruttiva degli stessi elementi di fatto da quegli esaminati (Cass. n. 2465 del 2015, in motiv.). In effetti, per sottrarsi al sindacato di legittimità sotto i profili di censura dell’ermeneutica contrattuale, quella data dal giudice al contratto non dev’essere l’unica interpretazione possibile o la migliore in astratto, ma solo una delle possibili e plausibili interpretazioni, per cui, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni (plausibili), non è consentito alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito dolersi in sede di legittimità del fatto che sia stata privilegiata l’altra (Cass. 16254 del 2012; conf., più di recente, Cass. 27136 del 2017).

La censura di violazione della L. n. 1086 del 1971, artt. 2,3,5,6 e 15, è anch’essa inammissibile vista la sua genericità e il fatto che il ricorrente ha richiamato le suddette norme al fine di proporre una diversa interpretazione dei contratti in relazione alla figura del direttore dei lavori, ma come si è detto, non indicando un effettivo canone interpretativo violato dalla Corte d’Appello, né elementi dai quali trarre un omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

3. Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: violazione o falsa applicazione di norme di diritto, violazione art. 100 c.p.c., anche in relazione alle disposizioni di legge che regolano la figura del direttore dei lavori nelle opere edili L. n. 1086 del 1971 (artt. 2, 3, 56 e 15) e art. 1665 c.c..

A parere della ricorrente, l’illegittima equiparazione della figura del direttore dei lavori nell’interesse del committente con quella che opererebbe nell’interesse dell’appaltatore si sarebbe riverberata sul giudizio – di fatto – e sull’interesse ad agire. Infatti, a seguito della transazione, la domanda oggetto del giudizio poi riunito si era estinta per sopravvenuto difetto di interesse e, dunque, erroneamente la Corte d’Appello aveva ritenuto permanere l’interesse ad agire del consorzio nei confronti della ASCO Siracusana Costruzioni nonostante l’avvenuta transazione intervenuta con la committente e con l’appaltatore che si era accollato il relativo onere economico.

4. Il quarto motivo di ricorso è così rubricato: violazione o falsa applicazione di norme di diritto in relazione al principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, art. 112 c.p.c., anche in relazione alle disposizioni di legge che regolano la figura del direttore

dei lavori nelle opere edili n. 1086 del 1971, artt. 2, 3, 5 6 e 15).

Secondo il ricorrente se la ASCO Siracusana Costruzioni fosse stata realmente l’unica obbligata al pagamento dei compensi professionali dell’ingegner S., la domanda di quest’ultimo avrebbe dovuto essere rigettata perché spiegata solo nei confronti di soggetti ritenuti non obbligati. Pertanto, se i convenuti dall’ingegner S. non avessero transatto, la domanda del S. sarebbe stata rigettata. L’ingegnere S. non aveva citato in giudizio la ASCO Siracusana Costruzioni, per questo motivo si sarebbe concretizzata una violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, avendo il giudice del merito pronunciato oltre i limiti delle pretese fatta valere dal S..

La Corte d’Appello avrebbe erroneamente accolto la domanda di manleva del consorzio Snamprogetti per un credito al S. nei confronti di E.I. del quale unico obbligato era il consorzio Snamprogetti, non essendo stato detto onere economico.

4.1 Il terzo e quarto motivo di ricorso, che stante la loro evidente connessione possono essere trattati congiuntamente, sono infondati.

Anche in questo caso il ricorrente ripropone le medesime questioni sollevate nel giudizio di merito, relativamente alla mancanza di interesse ad agire del Consorzio e alla violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.

Nella specie, il Consorzio Snamprogetti, citato in giudizio dall’ingegnere S., ha chiamato a sua volta la ASCO Siracusana Costruzioni per dichiarare l’assoluta estraneità del consorzio alle rivendicazioni dell’ing. S. e per accertare che l’onere economico relativo all’attività professionale svolta da quest’ultimo fosse da addebitarsi interamente alla chiamata e, in ogni caso, con richiesta di essere tenuta indenne in caso di accoglimento della domanda del direttore dei lavori. La ASCO Siracusana Costruzioni costituitasi in giudizio ha chiesto dichiararsi inammissibile in rito la citazione in garanzia. Il Tribunale di Siracusa ha ordinato l’estromissione della suddetta società. Il Consorzio Snamprogetti ha promosso un autonomo giudizio per sentire dichiarare che la convenuta in virtù del regolamento negoziale intercorso tra le parti era tenuta a garantire il consorzio contro gli effetti dell’eventuale accoglimento della domanda dell’ingegnere S. e per l’effetto condannare la ASCO al pagamento di quelle somme eventualmente accertate e liquidate in corso di causa in favore dell’ing. S., nonché per sentire condannare la ASCO al risarcimento del danno sofferto dal Consorzio a causa della subita azione giudiziaria (pag. 3 sentenza impugnata). I due giudizi sono stati riuniti e l’ingegner S. a seguito di una transazione con il Consorzio ha rinunciato alla propria domanda.

Da quanto sopra riportato risulta che il Consorzio abbia svolto una duplice domanda nei confronti della Asco Siracusana Costruzioni, una prima di chiamata in causa con indicazione della società chiamata come unico soggetto tenuto a rispondere della pretesa dell’attore e una seconda volte ad essere tenuta indenne e ad ottenere il risarcimento del danno. La prima domanda del Consorzio ha determinato l’estensione automatica di quella dell’ingegner S., mentre quella successiva di manleva e di risarcimento del danno è una c.d. chiamata in garanzia impropria, in ragione dell’autonomia sostanziale dei due rapporti, ancorché poi confluiti in un unico processo.

Il principio dell’estensione automatica della domanda dell’attore al chiamato in causa da parte del convenuto trova applicazione allorquando la chiamata del terzo sia effettuata al fine di ottenere la liberazione dello stesso convenuto dalla pretesa dell’attore, in ragione del fatto che il terzo si individui come unico obbligato nei confronti dell’attore ed in vece dello stesso convenuto, il che si verifica quando il convenuto evocato in causa estenda il contraddittorio nei confronti di un terzo assunto come l’effettivo titolare passivo della pretesa dedotta in giudizio dall’attore (Sez. L, Sent. n. 12317 del 2011).

Infatti, qualora il convenuto, nel dedurre il difetto della propria legittimazione passiva, chiami un terzo indicandolo come il vero legittimato, si verifica l’estensione automatica della domanda al terzo medesimo, con la conseguenza che il giudice può direttamente emettere nei suoi confronti una pronuncia di condanna anche se l’attore non ne abbia fatto richiesta, senza per questo incorrere nel vizio di extrapetizione (Sez. 2, Ord. n. 22050 del 2018).

Viceversa, in caso di chiamata in garanzia impropria, il vincolo di dipendenza tra la causa principale e la causa di garanzia impropria, che si verifica allorché il convenuto intenda esser rilevato dal garante per quanto sia eventualmente condannato a pagare all’attore, continua a sussistere fino a quando sia in discussione il presupposto della domanda di rivalsa. Il terzo chiamato in garanzia impropria, infatti, è legittimato a svolgere le sue difese per contrastare non solo la domanda di manleva ma anche quella proposta dall’attore principale, e può autonomamente impugnare le statuizioni della sentenza di primo grado relative al rapporto principale, sia pure al solo fine di sottrarsi agli effetti riflessi che la decisione spiega sul rapporto di garanzia (Cass. n. 3969 del 2012).

In caso di chiamata in garanzia impropria, invero, essendo l’azione principale e quella di garanzia fondate su titoli diversi, le due cause, rimangono distinte e scindibili, con la conseguenza che, ove manchi da parte del convenuto rimasto soccombente l’impugnazione sulla domanda principale, il giudicato che si forma sulla stessa non estende i suoi effetti al chiamato in garanzia impropria in ordine al rapporto con il chiamante, ed il chiamato può impugnare la statuizione sul rapporto principale solo nell’ambito del rapporto di garanzia e per i riflessi che la decisione può avere su di esso (Cass. n. 2557 del 2010). L’impugnazione proposta dal chiamato in garanzia impropria, quindi, pur quando investa, come nella specie, il rapporto principale, non può impedire che, tra le parti dello stesso si sia formato, con la mancata impugnazione della relativa pronuncia da parte della convenuta soccombente, il giudicato (Cass. n. 14813 del 2006).

Nel caso in esame si è verificata una situazione analoga, in quanto non vi è stata una sentenza passata in giudicato tra attore (ingegner S.) e convenuto-chiamante in causa (Consorzio Snamprogetti) a seguito di una transazione intercorsa tra le parti, e nel processo, sin dal primo grado, è rimasta solo la richiesta del Consorzio di essere tenuto indenne dal pagamento di quanto riconosciuto spettante al S.. La ASCO Siracusana Costruzioni non ha svolto alcuna difesa sulla pretesa dell’ingegner S. oggetto della transazione con il Consorzio e anche con i motivi di appello si è limitata a sostenere che, sulla base dell’interpretazione dei contratti intercorsi con il Consorzio Snamprogetti, fosse a carico di quest’ultimo l’onere economico per l’attività prestata dal direttore dei lavori.

Risulta evidente, pertanto, che sussista l’interesse ad agire del Consorzio con riferimento al terzo motivo e che non vi sia stata alcuna violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato con riferimento al quarto motivo. Infatti, anche a seguito della transazione, la domanda del Consorzio di manleva doveva essere esaminata e, per quanto si è detto con riferimento ai primi due motivi, doveva essere anche accolta.

5. Il ricorso è rigettato.

6. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

7. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 9000 più Euro 200 per esborsi.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 28 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 ottobre 2021

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