Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29572 del 29/12/2011

Cassazione civile sez. trib., 29/12/2011, (ud. 05/10/2011, dep. 29/12/2011), n.29572

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE DOGANE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

CPM GESTIONI TERMICHE SRL in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA P.ZZA A. MANCINI 4, presso

lo studio dell’avvocato CECINELLI GUIDO, rappresentato e difeso

dall’avvocato LEO MAURIZIO, giusta delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 185/2006 della COMM. TRIB. REG. di ANCONA,

depositata il 10/01/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/10/2011 dal Consigliere Dott. ANTONIO VALITUTTI;

udito per il ricorrente l’Avvocato ALBENZIO, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il resistente l’Avvocato CECINELLI, delega Avvocato LEO che

ha chiesto il rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAETA Pietro, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

1. Con sentenza n. 185/1/06, depositata il 10.1.07, la Commissione Tributaria Regionale delle Marche accoglieva l’appello proposto dalla C.P.M. Gestioni Termiche s.r.l. avverso la decisione di primo grado, con la quale era stato rigettato il ricorso proposto dalla contribuente nei confronti dell’avviso di pagamento, emesso dall’Agenzia delle Dogane – Direzione Regionale di Ancona. Con tale atto impositivo, infatti, l’amministrazione aveva ritenuto applicabile, all’accisa sugli oli minerali di cui alla L. n. 448 del 1998, art. 8 (c.d. carbon tax) ed al D.P.C.M. 15 gennaio 1999, l’aliquota di accisa più elevata dipendente dall’uso non industriale del combustibile effettuato dalla società contribuente.

2. La CTR riteneva, per contro, – smentendo la decisione di prime cure – che la C.P.M. Gestioni Termiche s.r.l. svolgesse un’attività industriale diretta alla produzione del “bene calore”, garantito ai committenti, per cui dovesse fruire dell’aliquota di accisa agevolata di cui alla normativa suindicata.

3. Per la cassazione della sentenza n. 185/1/06 ha proposto ricorso l’Agenzia delle Dogane articolando due motivi, ai quali l’intimata ha replicato con controricorso.

Diritto

1. Con il primo motivo di ricorso, l’Agenzia delle Dogane deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 448 del 1998, art. 8 e del D.P.C.M. 15 gennaio 1999, art. 1 nonchè del D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 26 e art. 14 preleggi, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

1.1. Osserva, invero, l’amministrazione ricorrente che il giudice di appello avrebbe del tutto erroneamente ritenuto che l’impiego di oli combustibili a basso tenore di zolfo (BTZ), da parte della C.P.M. Gestioni termiche s.r.l., rientrasse sempre tra gli usi industriali e dovesse, pertanto, fruire dell’aliquota di accisa agevolata, prevista dalla L. n. 448 del 1998, art. 8 (c.d. carbon tax), nonchè dal D.P.C.M. 15 gennaio 1999, art. 1. La società contribuente eserciterebbe, infatti, a parere dell’Agenzia delle Dogane, una semplice attività di gestione di impianti termici, che si concreta nella prestazione di servizi finalizzati a consentire, a soggetti pubblici e privati, l’erogazione di calore ad una determinata temperatura, mediante impiego anche di beni di proprietà degli stessi committenti.

Per il che l’utilizzo del BTZ, da parte della C.P.M. Gestioni Termiche s.r.l., non potrebbe essere fatto in alcun modo rientrare nel concetto di uso industriale, di cui alle norme suindicate, atteso che il predetto olio minerale non viene, nella specie, affatto impiegato nel processo produttivo di beni o di servizi, bensì utilizzato direttamente come “bene calore” da parte dei consumatori.

1.2. Del tutto inammissibile, poi, sarebbe – ad avviso dell’amministrazione – il richiamo, operato dalla CTR in via analogica, alla disciplina di cui al D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 26 (in tema di accise sul gas metano), e segnatamente al ed.

teleriscaldamento, trattandosi di disposizioni agevolative eccezionali, in quanto tali certamente sottratte alla possibilità di applicazione analogica dall’art. 14 preleggi.

Ed invero, a parere dell’Agenzia delle Dogane, la normativa sopra richiamata è riferita a sistemi di produzione dell’energia termica dotati di peculiari caratteristiche sul piani tecnico, e certamente non si attaglierebbe alla mera attività di gestione delle caldaie di riscaldamento, espletata dalla C.P.M. Gestioni Termiche s.r.l. nel caso concreto, trattandosi di ipotesi del tutto estranea alla ratio della predetta normativa agevolativa.

2. Con il secondo motivo di ricorso, l’Agenzia delle Dogane deduce, inoltre, la carenza di motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.

2.1. La CTR avrebbe, invero, fondato la propria decisione esclusivamente sulle allegazioni della contribuente, senza porle in confronto con le contestazioni dell’Ufficio, e senza motivare in alcun modo sul diniego di nomina di un consulente tecnico d’ufficio, richiesto dall’amministrazione appellata.

3. Il primo motivo di ricorso, ad avviso della Corte, è palesemente fondato.

3.1. Va osservato, invero, che l’obiettivo che il legislatore – sulla scorta di determinazioni adottate a livello internazionale – ha inteso perseguire con la finanziaria per l’anno 1999 (L. n. 448 del 198, c.d. carbon tax), è quello, enunciato dalla legge suindicata, art. 8, comma 1 della “riduzione delle emissioni di anidride cartonica derivanti dall’impiego di oli minerali, secondo le conclusioni della Conferenza di Kyoto”.

3.1.1. A tal fine, pertanto, la disciplina degli oli minerali – desumibile dal combinato disposto della L. n. 448 del 1998, art. 8, comma 5 e del D.P.C.M. 15 gennaio 1999, art. 1 – ha operato una netta distinzione sul piano del regime fiscale, destinata – nelle intenzioni del legislatore – a disincentivare l’impiego di oli minerali per usi diversi da quelli produttivi, sì da ridurre significativamente l’emissione di anidride carbonica nell’ambiente, in ottemperanza del Protocollo di Kyoto dell’11.12.97, ratificato in Italia con la L. n. 120 del 2002.

Nell’ottica summenzionata, pertanto, le aliquote di imposta (accisa) sugli oli combustibili sono state graduate sulla base di una fondamentale distinzione, che – in coerenza con gli scopi suesposti, perseguiti a livello nazionale ed internazionale – tiene conto dell’utilizzo effettivo che del prodotto il consumatore intenda effettuare. In particolare, per quanto concerne l’olio combustibile a basso tenore di zolfo (BTZ), che viene in considerazione nel caso concreto, l’aliquota prevista per l’olio combustibile usato per riscaldamento” è assai più elevata (più del doppio) rispetto a quella applicabile all'”olio combustibile per uso industriale”.

Sicchè, è del tutto evidente che, a tenore delle disposizioni summenzionate, l’applicazione dell’accisa maggiorata – applicata nella fattispecie concreta alla contribuente – dipende esclusivamente dall’uso finale al quale il prodotto è destinato, essendo sottoposto a ben più forte tassazione il solo olio combustibile utilizzato dai consumatori come riscaldamento, e non quello adoperato come materia prima impiegata nel ciclo produttivo industriale.

3.1.2. Ciò posto, non può revocarsi in dubbio che, ai fini di operare un corretto discrimine tra le due diverse tipologie di utilizzazioni suindicate, da cui consegue la l’applicabilità, o meno, dell’aliquota di accisa agevolata prevista per l’uso industriale degli oli combustibili, occorre certamente fare riferimento alla nozione di attività industriale quale si desume dall’art. 2195 c.c.. Ebbene, per tale deve intendersi, a tenore della norma sopra richiamata, quella rivolta alla produzione di beni o servizi, a differenza dell’attività commerciale, che ha ad oggetto la mera intermediazione e distribuzione dei prodotti (Cass. 23516/08, 7626/10).

E tuttavia – contrariamente a quanto ha fatto, nel caso di specie, la CTR – siffatta qualificazione di industriale non può essere riferita all’attività svolta dal contribuente – nella specie dalla C.P.M. Gestioni termiche s.r.l. – consistente nella produzione del “bene calore”, mediante un processo di trasformazione degli oli minerali di tipo industriale.

E’ fin troppo evidente, infatti, – ed in ciò non può non concordarsi pienamente con quanto sostenuto, sul punto, dalla difesa erariale – che il calore costituisce sempre il risultato di un’attività produttiva; ma non per questo ogni attività volta alla produzione di calore deve essere considerata, in ogni caso, attività industriale. Diversamente opinando, invero, verrebbe ad essere del tutto priva di significato la stessa distinzione tra “uso industriale” ed “uso per riscaldamento”, che pure la normativa di settore – come visto – pone nell’ambito degli oli destinati alla combustione. La produzione di calore costituirebbe, difatti, sempre – come in modo del tutto incongruo ha ritenuto il giudice di appello – un’attività industriale, per il solo fatto di essere il prodotto di un’operazione di trasformazione.

3.1.3. Per converso, è di tutta evidenza che laddove la disciplina, di cui al combinato disposto della L. n. 448 del 1998, art. 8, comma 5 e del D.P.C.M. 15 gennaio 1999, art. 1 opera una distinzione, sul piano impositivo, tra “uso industriale” ed “uso per riscaldamento”, l’elemento decisivo ai fini dell’applicabilità, in concreto, dell’una o dell’altra aliquota è costituito dall’uso finale cui il prodotto è destinato.

Ed invero, se quest’ultimo entra nel ciclo produttivo come materia prima, potrà certamente ritenersi che il medesimo sia destinato ad usi industriali, e di conseguenza il contribuente potrà beneficiare della tassazione agevolata. Per converso, qualora l’olio minerale combustibile, ancorchè sottoposto a processo di trasformazione che venga ad attribuirgli la valenza del “bene calore”, sia utilizzato come riscaldamento da parte dei consumatori, allora questi ultimi non potranno che essere sottoposti all’accisa maggiorata, connessa all’uso civile del prodotto.

3.2. Nel caso concreto, dall’esame dell’impugnata sentenza, si evince che l’attività di impresa svolta dalla C.P.M. Gestioni Termiche s.r.l. “si estrinseca nella fornitura del bene calore prodotto e garantito attraverso un processo di produzione industriale”, e posto a disposizione di diversi soggetti pubblici e privati mediante “contratti di appalto”, aventi ad oggetto “l’erogazione di calore alla temperatura costante di 20 gradi centigradi”.

La CTR ne ha tratto, pertanto, la convinzione che la società contribuente “svolga un’attività industriale attraverso un processo produttivo volto ad ottenere il bene calore garantito ai committenti mediante contratti di appalto all’uopo stipulati”.

E tale conclusione non sarebbe, peraltro, neppure inficiata dalla considerazione che siffatta attività di produzione sia in concreto svolta dalla contribuente, in buona parte, mediante beni di proprietà degli stessi committenti, soccorrendo all’uopo, a parere della CTR, le considerazioni operate da questa giurisprudenza di legittimità in tema di tassazione dei gas petroliferi, ai sensi della L. n. 504 del 1995.

4. Le conclusioni cui è pervenuto il giudice di appello si palesano, peraltro, a giudizio della Corte, palesemente destituite di fondamento e non possono, pertanto, essere condivise.

4.1. La CTR ha ritenuto, infatti, applicabile l’aliquota agevolata per uso industriale, riferendo siffatta qualificazione dell’attività alla produzione del “bene calore” da parte della C.P.M. Gestioni Tarmiche s.r.l., e non – come avrebbe dovuto, per le ragioni suesposte – all’uso finale che il consumatore fa del prodotto soggetto all’accisa (BTZ), e che – come risulta del tutto pacifico tra le parti – è quello del riscaldamento. La stessa decisione impugnata riferisce, per vero, che “l’oggetto del contratto è l’erogazione di calore” ad una temperatura costante, e che tale calore viene fornito, mediante contratti di appalto relativi alla manutenzione delle caldaie e degli impianti dei committenti, a “soggetti privati e pubblici, quali case di riposo, amministrazioni comunali, provinciali istituti di ricerca ed altri”.

Sicchè, è di tutta evidenza – a parere della Corte – che la C.P.M. gestioni Termiche s.r.l. si limita ad una mera attività di gestione di impianti termici, diretta a garantire un “uso di riscaldamento” dell’olio combustibile, al quale è applicabile – in forza delle disposizioni summenzionate – l’accisa maggiorata, oggetto dell’avviso di pagamento impugnata dalla contribuente. Da tale attività esula completamente, infatti, l’utilizzo del prodotto – sia pure trasformato in energia calorifera – nel ciclo produttivo aziendale, che sola può consentire l’applicazione dell’accisa agevolata, connessa all'”uso industriale” dell’uso combustibile.

4.2. D’altro canto, va osservato al riguardo che anche la normativa – impropriamente richiamata dalla CTR – sul regime fiscale dei consumi di metano, desumibile dal D.Lgs. n. 504 del 1995 (recante il testo unico delle imposte sulla produzione e sui consumi, c.d. t.u. sulle accise), assume come elemento determinante, ai fini della tassazione, la destinazione-utilizzazione del prodotto.

Basti por mente al fatto che l’aliquota agevolata, prevista per gli usi industriali, viene riconosciuta – dal predetto t.u., all’art. 26 – anche a talune attività, come quella di ristorazione la cui qualifica come industriale era in passato controversa, ed è stata formalmente attribuita solo dalla L. n. 488 del 1999, ma solo a condizione che l’impiego del prodotto non avvenga in locali diversi da quelli nei quali venga svolta l’attività produttiva. E’ di chiara evidenza, infatti, che in tale ultima evenienza l’uso del metano è innegabilmente quello per riscaldamento, e non di certo quello industriale (cfr. Cass. 10279/07, 14096/07, 14802/10).

4.3. L’unica eccezione alla suindicata, generale, ratio impositiva è costituita, in relazione all’uso del combustibile per riscaldamento, dalla fattispecie (anch’essa disciplinata dal D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 26) del c.d. teleriscaldamento, che fruisce del medesimo trattamento fiscale agevolato concesso all’uso industriale del prodotto, pur essendo – per definizione – la destinazione ultima del materiale combustibile quella del riscaldamento.

E tuttavia, va osservato in proposito che, in siffatta ipotesi, l’uso del combustibile a fini di riscaldamento postula – in applicazione delle norme in materia di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia, di cui alla L. n. 10 del 1991 – l’uso di un impianto centralizzato che effettua la somministrazione del calore a distanza, attraverso tubature che collegano la centrale agli edifici degli utenti, in sostituzione dei tradizionali impianti di riscaldamento domestico. Ne discende che, trattandosi di disposizione agevolativa di stretta interpretazione, non è possibile ampliare il concetto di teleriscaldamento – come nella specie ha fatto il giudice di appello – fino a ricomprendervi qualsiasi vettore termico indipendentemente dall’uso che possa esserne fatto dall’utente (v.

Cass. 6523/09).

Del tutto incongruo, ed in contrasto con le previsioni di cui alle menzionate norme del D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 26 della L. n. 10 del 1991, art. 11, comma 2, lett. b) e art. 14 preleggi, si palesa, pertanto, anche il richiamo, operato in via analogica dal giudice di appello, della normativa in tema di c.d. teleriscaldamento.

4.4. Per tutte le ragioni esposte, pertanto, il primo motivo di ricorso va accolto, assorbito il secondo.

5. L’accoglimento del ricorso comporta la cassazione dell’impugnata sentenza, in relazione al motivo accolto. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la Corte, nell’esercizio del potere di decisione nel merito di cui all’art. 384 c.p.c., comma 1, rigetta il ricorso introduttivo proposto dalla contribuente.

6. Le spese del presente giudizio di legittimità vanno poste a carico dell’intimata soccombente, nella misura di cui in dispositivo.

Concorrono giusti motivi per dichiarare interamente compensate fra le parti le spese dei giudizi di merito.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo; cassa l’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente; condanna l’intimata al rimborso delle spese del presente giudizio a favore dell’agenzia delle Dogane, che liquida in Euro 5000,00, oltre le spese prenotate a debito; dichiara compensate tra le parti le spese dei giudizi di merito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione tributaria, il 5 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2011

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