Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29569 del 11/12/2017


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Civile Ord. Sez. L Num. 29569 Anno 2017
Presidente: AMOROSO GIOVANNI
Relatore: NEGRI DELLA TORRE PAOLO

ORDINANZA

sul ricorso 15018 – 2012 proposto da:
E.C.A.P.

AGRIGENTO,

in

persona

del

legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata
in ROMA, VIA E. MANFREDI 11, presso lo studio
dell’avvocato GIULIO VALENTI, rappresentata e difesa
dall’avvocato IGNAZIO VALENZA, giusta delega in atti;
– ricorrente contro
2017
2977

– C.G.I.L. – CAMERA CONFEDERALE DEL LAVORO AGRIGENTO,
in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA PANTALEO 3,
presso lo studio dell’avvocato FAUSTO MARIA AMATO,
rappresentata e difesa dall’avvocato ROSA PANARISI,

Data pubblicazione: 11/12/2017

giusta delega in atti;
– C.G.I.L. – CONFEDERAZIONE GENERALE ITALIANA DEL
LAVORO SICILIA, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata
in ROMA, PIAZZA SAN PANTALEO 3, presso lo studio

e difende, giusta delega in atti;
– controricorrente nonchè contro

DIANA CALOGERO;
– intimato –

avverso la sentenza n. 395/2011 della CORTE D’APPELLO
di PALERMO, depositata il 26/05/2011 R.G.N. 372/2009.

dell’avvocato FAUSTO MARIA AMATO, che la rappresenta

y

15018/2012

Premesso
che con sentenza n. 395/2011, depositata il 26 maggio 2011, la Corte di appello di
Palermo, in riforma della sentenza di primo grado, ha ritenuto obbligato al pagamento dei
compensi spettanti a Calogero Diana per l’attività di docente svolta nell’anno 1997 per

Licata, in luogo della C.G.I.L. – Camera Confederale del Lavoro, l’E.C.A.P. di Agrigento;
che, a sostegno della decisione, la Corte ha rilevato come la delibera in data 5/5/2000,
con la quale il Comitato Direttivo della C.G.I.L. Sicilia aveva deciso la cessazione di
E.C.A.P. – Sicilia e stabilito che i debiti del proprio ente di formazione, per le attività
svolte dalle sue articolazioni provinciali, sarebbero stati assunti dalle Camere del Lavoro
territoriali, non aveva natura vincolante, stante l’autonomia giuridica e amministrativa di
queste ultime; ha rilevato, inoltre, esclusa la configurabilità nella specie di una promessa
dell’obbligazione o del fatto del terzo (art. 1381 c.c.), come l’unico soggetto tenuto al
pagamento dei debiti dell’ente cessato dovesse considerarsi l’E.C.A.P. di Agrigento, in
qualità di suo successore, come da deliberazione del 23/6/2000 del Comitato Direttivo e
atto, in pari data, di costituzione dell’Ente;
che nei confronti di detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione E.C.A.P. Agrigento
con tre motivi;
che la C.G.I.L. – Camera Confederale del Lavoro di Agrigento e la C.G.I.L. – Sicilia hanno
resistito con controricorso;

rilevato
che, con il primo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per non avere
accolto l’eccezione di carenza di legittimazione passiva e per avere escluso l’applicabilità
nella specie dell’art. 1381 c.c.; con il secondo, la censura per omessa motivazione e per
violazione e falsa applicazione dell’art. 2498 c.c., avendo la Corte erroneamente ritenuto
che i rapporti tra il ricorrente e l’articolazione territoriale di Agrigento di E.C.A.P. – Sicilia
fossero riconducibili ad un’ipotesi di trasformazione, nonostante che un corretto esame
della documentazione inserita nel fascicolo di primo grado dovesse portare ad escludere
la ricorrenza di tale vicenda giuridica; con il terzo, la censura nuovamente per vizio di
motivazione, non avendo il giudice di appello verificato, dopo avere ritenuto sussistente
un fenomeno successorio tra enti diversi, se nella specie vi fosse stata una successione a
titolo universale ovvero a titolo particolare e, nel secondo caso, in quali posizioni il nuovo
ente fosse succeduto al primo;

1

l’Ente Confederale di Addestramento Professionale (E.C.A.P.) – Sicilia presso il Comune di

osservato
-cfieil primo motivo è inammissibile, in quanto l’Ente si limita a ripercorrere, con il motivo
in esame, lo svolgimento del processo e a esporre i fatti di causa, senza formulare alcuna
censura alla sentenza di appello che sia riferibile ad uno dei vizi di cui all’art. 360 c.p.c.;
che il secondo e il terzo motivo, da esaminarsi congiuntamente, non possono essere
accolti;
che, infatti, anche volendo trascurare le contraddittorie premesse di tali motivi, che, da

trasformazione e, dall’altra, un’ipotesi di successione tra enti diversi, resta che l’Ente non
ha trascritto, né riportato, quanto meno nei punti o nei passi salienti, in violazione del
principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, né il contenuto della delibera in
data 23/6/2000 del Comitato Direttivo della C.G.I.L. – Sicilia, né il testo dell’atto notarile
con cui l’Ente è stato costituito (come di alcun altro documento o atto), pur a fronte di
motivazione che a tale documentazione ha fatto riferimento, là dove ha accertato nel
ricorrente la qualità di successore del cessato E.C.A.P. – Sicilia (peraltro senza richiamo
all’art. 2498 c.c.), e che espressamente viene censurata per avere trascurato di compiere
un’esatta ricognizione delle risultanze di essa e, più in generale, del materiale di prova
documentale acquisito al giudizio;
che, infatti, è consolidato il principio, per il quale “il ricorrente che, in sede di legittimità,
denunci il difetto di motivazione su un’istanza di ammissione di un mezzo istruttorio o
sulla valutazione di un documento o di risultanze probatorie o processuali, ha l’onere di
indicare specificamente le circostanze oggetto della prova o il contenuto del documento
trascurato od erroneamente interpretato dal giudice di merito, provvedendo alla loro
trascrizione, al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività dei
fatti da provare, e, quindi, delle prove stesse, che, per il principio dell’autosufficienza del
ricorso per cassazione, la S.C. deve essere in grado di compiere sulla base delle
deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini
integrative. (Principio affermato ai sensi dell’art. 360 bis, comma 1, cod. proc. civ.)”:
Cass. n. 17915/2010 (ord.);

ritenuto
conclusivamente che il ricorso deve essere respinto;
che le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo

p.q.m.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente
giudizio di legittimità, liquidate per ciascuno dei controricorrenti in euro 200,00 per
2

una parte, attribuiscono alla sentenza di appello di avere ritenuto ricorrente un’ipotesi di

rsi e in euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese generali al
/o e accessori di legge.

Così deciso in Roma nell’adunanza camerale del 28 giugno 2017.

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