Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29565 del 11/12/2017


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Civile Ord. Sez. L Num. 29565 Anno 2017
Presidente: NOBILE VITTORIO
Relatore: SPENA FRANCESCA

ORDINANZA

sul ricorso 28532-2012 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA VIALE MAZZINI 134, presso lo
studio dell’avvocato LUIGI FIORILLO, che la
rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– ricorrente contro
2017

CAIZZI ROSARIO C.F. CZZRSR71E25F839H;
– intimato –

2891

Nonché da:
CAIZZI ROSARIO C.F. CZZRSR71E25F839H, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA PANAMA 74, presso lo studio

Data pubblicazione: 11/12/2017

dell’avvocato

GIANNI

EMILIO

IACOBELLI,

che

lo

rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– controricorrente e ricorrente incidentale contro

POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585;

avverso la sentenza n. 4174/2012 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 19/05/2012 R.G.N.
1156/2007.

– intimata –

PROC. nr . 28532/2012 RG

RILEVATO
che con sentenza del 9-19 maggio 2012 ( nr, 4174/2012) la Corte
d’Appello di Roma ha riformato la sentenza del Tribunale della stessa sede,
che aveva respinto la domanda del lavoratore e per l’effetto ha dichiarato
la nullità del termine apposto al contratto di lavoro stipulato tra ROSARIO
CAIZZI e POSTE ITALIANE spa nel periodo dal 3 ottobre al 31 dicembre

straordinario conseguenti a processi di riorganizzazione, ivi
ricomprendendo un più funzionale riposizionamento di risorse sul territorio,
anche derivanti da innovazioni tecnologiche, ovvero conseguenti
all’introduzione e/o sperimentazione di nuove tecnologie, prodotti o servizi
nonchè alla attuazione delle previsioni di cui agli accordi del 17, 18 e 23
ottobre , 11.12.2001, 11 gennaio 2002»;

che avverso tale sentenza ha proposto ricorso la società POSTE
ITALIANE spa, affidato a sette motivi, al quale ha opposto difese ROSARIO
CAIZZI con controricorso contenente altresì ricorso incidentale, articolato
in un unico motivo;

che sono state depositate memorie da ROSARIO CAIZZI;

CONSIDERATO
che la società POSTE ITALIANE ha dedotto:
-con il primo motivo— ai sensi dell’articolo 360 nr. 5 cod.proc.civ.—
omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio nonché — ai sensi
dell’articolo 360 nr. 3 cod.proc.civ— violazione e falsa applicazione
dell’articolo 434 cod.proc.civ.: ha censurato la sentenza per non avere
esaminato la sollevata eccezione di inammissibilità dell’appello proposto dal
CAIZZI per genericità dei motivi di impugnazione;
– con il secondo motivo— ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ.—
violazione e falsa applicazione degli articoli 1372
co.1,1175,1375,2697,1427,1431 cod.civ. e dell’articolo 100 cod. proc.civ.;
la censura ha per oggetto la statuizione di rigetto della eccezione di
risoluzione del rapporto di lavoro per mutuo consenso nonostante la
prolungata inerzia del lavoratore ( tre anni tra la cessazione del contratto e

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2002 per «esigenze tecniche, organizzative e produttive anche di carattere

PROC. nr . 28532/2012 RG

la notifica del ricorso introduttivo del giudizio), la accettazione del TFR e
della altre indennità di fine rapporto senza riserve, la prestazione di lavoro
subordinato presso terzi datori di lavoro ;
-con il terzo motivo — ai sensi dell’articolo 360 nr. 3 cod.proc.civ.—
violazione e falsa applicazione dell’art. 11 D.Lgs. 368/2001 e dell’articolo 25
del CCNL 2001, in vigore sino al 31.12.2011, per avere il giudice

D.L.gs. 368/2001 laddove all’epoca di stipulazione del contratto erano
ancora in vigore le clausole dell’articolo 25 CCNL, la cui sopravvivenza era
stata disposta dall’articolo 11 del D.L.gs. 368/2001;
– con il quarto motivo: ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ.,
violazione e falsa applicazione degli artt.1,co.1 e 2 D.L.gs. 368/2001, 4
co.2 D.L.gs. 368/2001, 12 disp.prel. cod.civ., 1362 e ss. cod.civ., 1325 e
ss. cod civ., per avere la sentenza ritenuto la genericità della causale senza
considerare la specificazione compiuta per relationem, in riferimento al
contenuto degli accordi sindacali indicati in contratto;
-con il quinto

motivo —ai sensi dell’art. 360 nr. 5 cod.proc.civ.—

omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, sempre sul punto della
affermata genericità della causale, che era stata ritenuta anche per la
presenza di più ragioni giustificative e senza esaminare il contenuto degli
accordi richiamati nel contratto di lavoro;
-con il sesto motivo— ai sensi dell’art. 360 nr.3 cod.proc.civ.—
violazione e falsa applicazione degli articoli 4 co.2 D.L.gs. 368/2001, 2697
cod.civ., 115,116,244,253,421 co.2 cod.proc.civ., per avere la sentenza
posto a carico del datore di lavoro l’onere di provare la sussistenza delle
ragioni legittimanti la clausola del termine, prova che comunque era stata
offerta con la produzione degli accordi richiamati in contratto e con la
richiesta della prova orale, reiterata in appello, diretta ad evidenziare che i
processi organizzativi avevano coinvolto anche l’unità produttiva di
applicazione del lavoratore. In ogni caso, la valutazione sulla specificità dei
capitoli di prova doveva essere compiuta avendo riguardo al complesso
delle allegazioni difensive ed agli atti di causa e tendendo conto della facoltà

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dell’appello fatto erroneamente riferimento alla disciplina dell’articolo 1

PROC. nr . 28532/2012 RG

del giudice di chiedere chiarimenti ai testi nonché di integrare gli atti
istruttori ex officio ;
-con il settimo motivo — ai sensi dell’articolo 360 nr. 5 cod.proc.civ.—
omesso esame circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ed
oggetto di discussione tra le parti nonché— ai sensi dell’articolo 360 nr. 3
cod.proc.civ.— violazione e falsa applicazione degli artt. 253, 421 e 423

processi hanno indotto numerosi squilibri nella distribuzione sul territorio del
personale e situazioni di temporanea carenza di organico, incidenti sul
regolare funzionamento dei servizi che hanno investito la stessa unità
produttiva cui l’istante è stato addetto»), che comunque, al limite, in caso di
implicita statuizione di genericità, avrebbe potuto essere integrato per
iniziativa del giudice, nell’esercizio dei suoi poteri di approfondimento della
prova ex art. 253 cod.proc.civ. o di istruzione d’ufficio ex art. 421 cod.
proc.civ.;
che con l’unico motivo del ricorso incidentale il lavoratore ha
denunziato — ai sensi dell’articolo 360 nr. 3 e nr.5 cod.proc.civ.— violazione
e falsa applicazione degli articoli 111 e 24 Cost., dell’articolo 336
cod.proc.civ. e dell’art. 32 co.5 L. 183/2010 nonché contraddittoria ed
insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio,
per avere la sentenza ritenuto che la indennità di cui all’articolo 32 comma
5 della legge 183/2010 coprisse il danno sofferto dal lavoratore per tutto il
periodo decorso fino alla pronunzia della sentenza laddove una
interpretazione della norma orientata dai principi di cui agli articoli 24 e 111
della Costituzione avrebbe impedito una interpretazione che addossava al
lavoratore il rischio derivante dai tempi del giudizio. Il ricorrente incidentale
ha assunto che la indennità copriva il solo periodo intercorso fino alla
domanda giudiziaria ovvero fino alla sentenza di primo grado— sostituita ex
articolo 336 cod.proc.civ. dalla sentenza di appello— mentre nel periodo
compreso tra la domanda (ovvero la sentenza di primo grado) e la
sentenza di appello decorreva il diritto del lavoratore a percepire le
retribuzioni, secondo i comuni principi civilistici;
che il ricorso principale è infondato;

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cod.proc.civ. per mancato esame del capitolo di prova nr. 11 («i descritti

PROC. nr . 28532/2012 RG

che, infatti:
– il primo motivo è inammissibile ; il vizio di omessa pronunzia su di una
eccezione, in violazione dell’articolo 112 cod.proc.civ., si qualifica infatti
come vizio di nullità della sentenza, ex articolo 360 nr. 4 cod.proc.civ.
Tale vizio non è stato dedotto; le Sezioni Unite di questa Corte (Cass.
civ. Sez. Un. 24 luglio 2013 nr. 17931) hanno chiarito che nel caso in

sentenza, in ordine ad una delle domande o eccezioni proposte, non è
indispensabile che faccia esplicita menzione della ravvisabilità della
fattispecie di cui al n. 4 del primo comma dell’art. 360 cod. proc. civ.,
con riguardo all’art. 112 cod. proc. civ. purché il motivo rechi univoco
riferimento alla nullità della decisione derivante dalla relativa omissione,
dovendosi, invece, dichiarare inammissibile il gravame allorché il
ricorrente sostenga che la motivazione sia mancante o insufficiente o si
limiti ad argomentare sulla violazione di legge;
– con il secondo motivo— nonostante la impropria denunzia di un vizio di
violazione di norme di diritto— si deduce un vizio di motivazione della
sentenza impugnata giacchè si censura il concreto accertamento del
giudice del merito della assenza della volontà del lavoratore di risolvere il
rapporto di lavoro. La censura è tuttavia inammissibile per difetto di
specificità, in quanto si riferisce a circostanze esaminate in sentenza
(decorso del tempo, pari a poco più di due anni dalla messa in mora,
percezione del TFR, conclusione di nuovi contratti di lavoro subordinato)
e non specifica gli elementi di fatto, introdotti in causa ed aventi rilievo
decisivo, non esaminati dal giudice del merito (quali la natura e la
durata dei contratti di lavoro conclusi dal lavoratore successivamente
alla scadenza del termine) né le ragioni della insufficienza e
contraddittorietà della motivazione;
– il terzo motivo è infondato giacchè la sentenza ha correttamente
statuito che l’articolo 11 del D.Lgs. 368/2001 prevede la ultrattività delle
ipotesi di assunzione a termine previste dal contratto collettivo, ai sensi
dell’articolo 23 L. 56/1987, soltanto fino alla scadenza dei contratti
collettivi in essere alla data di entrata in vigore della stessa legge. Nella

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cui il ricorrente lamenti l’omessa pronuncia, da parte dell’impugnata

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fattispecie di causa è pacifico che il CCCNL POSTE ITALIANE del 2001
aveva scadenza il 31.12.2001 mentre il contratto a termine è stato
stipulato nell’anno 2002;
– il quarto, il quinto, il sesto ed il settimo motivo possono essere
esaminati congiuntamente, in quanto afferiscono alle due autonome e
concorrenti rationes decidendi della sentenza impugnata:
la genericità della causale del termine indicata nel contratto di
lavoro (motivi quarto e quinto)

la mancanza di prova del collegamento tra le esigenze di
riorganizzazione dedotte nel contratto e la assunzione operata
(motivi sesto e settimo).

I motivi sesto e settimo sono infondati. Questa Corte si è già
ripetutamente pronunziata nel senso che l’onere di provare le ragioni
obiettive poste a giustificazione della clausola appositiva del termine
grava sul datore di lavoro e deve essere assolto sulla base delle istanze
istruttorie dallo stesso formulate ( Cass. n. 10742/2016; Cass. n.
2279/10; Cass. 21 maggio 2008 n. 12985), rilevando come anche
anteriormente alla esplicita introduzione del comma «premesso« dalle L.
24 dicembre 2007, n. 247, art. 39 (secondo cui «il contratto di lavoro
subordinato è stipulato di regola a tempo indeterminato») il D.Lgs. n.
368 del 2001, art. 1, ha confermato il principio generale secondo cui il
rapporto di lavoro subordinato è normalmente a tempo indeterminato,
costituendo pur sempre l’apposizione del termine una ipotesi
derogatoria.
Il giudice del merito ha affermato che le allegazioni difensive di POSTE
ITALIANE e le istanze istruttorie non dimostravano il collegamento fra la
assunzione dell’appellante e la situazione di riorganizzazione
rappresentata giacchè carenti di ogni riferimento alla posizione del
lavoratore ed alla situazione esistente nella unità periferica in cui egli era
stato assegnato. Il giudizio di fatto così espresso non è stato censurato
con la allegazione di un preciso fatto storico decisivo non esaminato in
sentenza —ovvero esaminato in modo insufficiente e contraddittoriogiacchè anche il capitolo di prova nr. 11, trascritto nel settimo motivo,

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PROC. nr . 28532/2012 RG

non contiene la indicazione della situazione organizzativa dell’ufficio di
adibizione del lavoratore, che il giudice del merito, nell’esercizio del suo
potere discrezionale, ha ritenuto necessaria ad assolvere al requisito di
specificità delle istanze di prova testimoniale. Il giudicante non era poi
tenuto a supplire alla genericità dei capitoli di prova con l’esercizio dei
suoi poteri ufficiosi di integrazione della prova, che nella specie si

piuttosto che nella ricerca della verità materiale in presenza di
significativi dati di indagine.
Dal rigetto del sesto e del settimo motivo deriva la inammissibilità dei
motivi quarto e quinto, per difetto di interesse della parte ricorrente
all’esame; essendo divenuta definitiva una

ratio

della sentenza

autonomamente decisiva, dall’eventuale accoglimento delle suddette
censure non potrebbe comunque derivare la cassazione della sentenza;

che il ricorso incidentale deve essere dichiarato inammissibile.
La parte controricorrente ha prodotto in questa sede unicamente la
ricevuta di spedizione della raccomandata con la quale il difensore ha
effettuato la notifica del controricorso contenente il ricorso incidentale e
non anche l’avviso di ricevimento. In caso di notifica a mezzo del servizio
postale l’avviso di ricevimento prescritto dall’art. 149 c.p.c. è il solo
documento idoneo a provare sia l’intervenuta consegna, sia la data di
essa, sia l’identità della persona a mani della quale è stata eseguita; ne
consegue che, ove tale mezzo sia stato adottato per la notifica del
controricorso e del ricorso incidentale in esso contenuto, la mancata
produzione dell’avviso di ricevimento comporta non la mera nullità, bensì
l’inesistenza della notificazione ( della quale, pertanto, non può essere
disposta la rinnovazione ai sensi dell’art. 291 c.p.c.) e l’inammissibilità
del controricorso e del ricorso incidentale (Cassazione civile, sez. lav.,
28/03/2001, n. 4559).

che le spese si compensano per la reciproca soccombenza;

PQM

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sarebbero risolti nella sostituzione ad una attività processuale di parte

PROC. nr . 28532/2012 RG

La Corte rigetta il ricorso principale. Dichiara inammissibile il ricorso
incidentale. Compensa le spese.
Così deciso in Roma, il 22 giugno 2017

IL PRESIDENTE

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